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Autore: Hon_yaku    20/07/2013    2 recensioni
Il nuovo mantello di Gwaine sta tramando contro di lui.
I principali protagonisti sono Gwaine e il suo mantello, con alcune brevi comparse da parte di Merlin, Leon, Lancelot, Elyan e Percival.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Galvano
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Gwaine and the Red Cloak of Peril

Disclaimer: Il testo originale appartiene a EffervescentAardvark, che mi ha dato il permesso di tradurlo.

Autore: EffervescentAardvark

Link all’originale: http://www.fanfiction.net/s/7944627/1/Gwaine-and-the-Red-Cloak-of-Peril




«Sai, potrei organizzare una degna sepoltura, se servisse a farti stare meglio», propose Merlin con gli occhi che luccicavano, mentre Gwaine si costringeva a mollare con riluttanza quel pezzo di stoffa afflosciato e stropicciato e a cederlo a Merlin. Ignorò apertamente il mantello nuovo di zecca che pendeva dallo schienale della sua sedia.

«Non capisco proprio perché mi serva un mantello nuovo», protestò debolmente.

Merlin ridacchiò di nuovo, srotolando quello vecchio e sollevandolo per metterlo in mostra.

«Non posso permettere che i miei cavalieri vadano in giro per la città vestiti come dei mendicanti e dei vagabondi!». Il servitore fece un'imitazione sorprendentemente ben riuscita, catturando perfettamente il tono e l'espressione che Arthur aveva usato quando aveva scoperto che Gwaine indossava ancora il mantello che il Principe aveva ordinato di sostituire più di due settimane prima.

«Comunque», Merlin continuò con la propria voce, «credevo che tu odiassi questo mantello».

Gwaine fece spallucce, sconsolato. «È vero, ma ero quasi riuscito a renderlo confortevole». Sospirò, lanciando un’occhiata al mantello nuovo. «Adesso devo ricominciare tutto daccapo».

Merlin gli diede una solidale pacca sulla spalla. «Lo so, ho lo stesso problema ogni volta che devo procurarmi un fazzoletto nuovo, ma a volte è necessario separarci dalle cose che amiamo. Se finisco di lucidare l'armatura di Arthur in tempo ci vediamo a cena, d'accordo?».

Gwaine annuì distrattamente mentre Merlin usciva dalla sua stanza, portando con sé il vecchio mantello. Una volta solo, Gwaine afferrò il mantello di ricambio dallo schienale della sedia e se lo allacciò al collo. Fece un giro di prova su se stesso prima di sedersi di nuovo sul letto con un sospiro. Non era la stessa cosa…


Quando avevano ricevuto i mantelli da Cavalieri di Camelot per la prima volta, alcuni dei suoi compagni non erano stati molto entusiasti. Elyan aveva borbottato che sarebbero stati d’intralcio durante gli scontri e Percival si sentiva evidentemente a disagio a causa dell’attenzione che il rosso acceso e il sigillo reale gli procuravano.

Gwaine invece era impaziente di provare il suo: si era recato in città ed era entrato nella più vicina taverna appena possibile. Aveva funzionato persino meglio di quanto avesse sperato. Qualche teatrale movimento del mantello al momento giusto e un paio di storie opportunamente inventate, e le donne erano arrivate a frotte. Aveva funzionato anche al mercato: il mantello era un’autentica calamita per ragazze, anche se, ovviamente, si limitava solo ad accrescere il suo naturale fascino.

Qualche settimana più tardi, tuttavia, Gwaine aveva scoperto il primo (dei molti) svantaggi del mantello quando Arthur l'aveva convocato in modo piuttosto preoccupante nella sala del trono e gli aveva descritto con dovizia di particolari e a voce particolarmente alta gli standard di comportamento che ci si aspettava dai Cavalieri del Re, i quali, a quanto pareva, rappresentavano la Corona in ogni istante quando indossavano le loro uniformi. Apparentemente, oltre ad essere una calamita per ragazze, il mantello lo rendeva facilmente riconoscibile a padri, mariti e innamorati incolleriti. Il suo debole tentativo di far notare ad Arthur che lui non era l’unico cavaliere con i capelli neri – suvvia, c'era Lancelot, tanto per cominciare – era stato soffocato dallo sguardo fulminante di Arthur, e Gwaine era sgattaiolato fuori dalla sala del trono, lieto di essere scampato all’umiliazione della gogna ma consapevole che avrebbe dovuto lasciare il mantello a casa in occasione delle successive visite alla taverna.


Aveva scoperto un altro svantaggio poco tempo dopo, mentre era di ronda in giro per la città.

Quando le persone vedevano il mantello, questo dava loro delle aspettative. Gwaine era persino stato fermato da una vecchia – e a quanto pareva anche leggermente frastornata – signora che pensava che, siccome indossava il mantello, Gwaine sarebbe stato disposto a tirare giù il suo gattino da un albero! Lancelot lo aveva osservato mentre spiegava alla donna che i gatti avevano gli artigli e Socks era perfettamente in grado di scendere da solo una volta che si fosse stancato di starsene sull’albero. Quando Gwaine aveva cercato di allontanarsi, però, Lancelot si era lanciato in una ramanzina sul Codice dei Cavalieri, l'onore, il servire le persone e altre cose del genere. A dire la verità, Gwaine aveva smesso di ascoltarlo dopo qualche minuto e aveva perso buona parte di quel monotono discorso, ma poi, senza sapere bene come, si era ritrovato a salire su quel maledetto albero e a tirare giù una sputacchiante palla di artigli e denti che gli soffiava contro.

A quel punto, il mantello aveva deciso di dimostrare un altro svantaggio impigliandosi in un ramo e cercando di strangolare Gwaine.

Naturalmente, non appena aveva riconsegnato la bestia infernale alla sua amorevole padrona, questa era magicamente ritornata ad essere un morbido gattino che faceva le fusa.

Dopo aver sopportato gli entusiastici ringraziamenti della vecchietta per qualche minuto, Gwaine aveva continuato la ronda con Lance, e l'espressione sul suo volto aveva fatto riconsiderare all'altro cavaliere l’idea di chiedergli quanto essere cavalleresco l’avesse fatto sentire bene.

Però, Gwaine aveva pensato un po’ malignamente, perlomeno quel dannato mantello aveva sofferto quasi quanto le sue mani e il suo viso a causa degli artigli del gatto ed ora era un po’ meno immacolato rispetto a qualche momento prima. Osservando tutti quegli strappi e squarci, si era chiesto se sarebbe riuscito a farsi venire in mente una storia adeguatamente impressionante da raccontare agli altri cavalieri quando fossero ritornati al castello.


Quell’episodio era accaduto solo qualche giorno prima che il suo mantello tentasse di nuovo di ucciderlo. Quella volta Gwaine era di ronda con Elyan e i due si erano imbattuti in un folto gruppo di briganti nelle foreste a nord di Camelot. Poiché la superiorità numerica dei nemici era schiacciante, avevano deciso che lui sarebbe rimasto nascosto e avrebbe tenuto d’occhio i fuorilegge, mentre Elyan sarebbe ritornato al castello per chiedere rinforzi.

Gwaine si era appena sistemato in un posticino abbastanza comodo in mezzo ad alcuni bei cespugli fitti e stava osservando i briganti accamparsi per la notte, quando si era accorto che uno degli uomini stava fissando proprio lui. Cosa ancora più sconcertante, l’uomo aveva poi detto qualcosa ai suoi compagni, indicando proprio i cespugli tra cui Gwaine era accucciato. Quando tutti i banditi si erano alzati e avevano cominciato ad allungare le mani per afferrare le proprie armi, Gwaine aveva iniziato ad avere una mezza idea di quanto potesse essere difficile passare inosservato in una foresta di verde quando si indossava un mantello rosso sgargiante.

Dopodichè, siccome i briganti si trovavano tra lui e il suo cavallo, si era trattato più che altro di correre – di correre molto, in effetti. Visto che anche i fuorilegge erano a piedi, la situazione era stata piuttosto equilibrata fino a che il miserabile mantello non aveva colpito di nuovo, facendo inciampare il cavaliere quando il suo piede si era impigliato nell’orlo troppo lungo. Cadendo in avanti, Gwaine era atterrato di faccia in uno spiazzo di rovi, ma, quando era finalmente riuscito a liberarsi, i banditi lo avevano ormai raggiunto e la situazione si era fatta improvvisamente molto più seria.

Aveva appena schivato un colpo d’ascia particolarmente vigoroso quando era sopraggiunta la cavalleria, proprio al momento giusto. Una volta ribaltata la situazione a loro favore, non c’era voluto molto per sbarazzarsi dei restanti fuorilegge, anche se Gwaine non aveva potuto fare a meno di sentirsi piuttosto compiaciuto del numero di briganti che aveva già abbattuto da solo.

Sfortunatamente, tutti i cavalieri erano stati testimoni del suo capitombolo fra i cespugli, perciò i suoi tentativi di far passare i graffi causati dai rovi per ferite di guerra non avevano funzionato, e Gwaine aveva notato una dolorosa mancanza di solidarietà da parte dei suoi compagni dopo che, preso il suo cavallo, aveva appoggiato con cautela il suo posteriore bucherellato sulla sella. In effetti, ci aveva messo settimane a trovare tutte le spine infilate nel suo dannato mantello. Aveva continuato a trovarne di nuove in momenti inopportuni fino a quando non aveva perso definitivamente la pazienza e aveva passato un'intera serata – una serata che avrebbe potuto trascorrere alla taverna – nella sua stanza a ricontrollare il mantello centimetro per centimetro, estraendo l’ultima di quelle ostinate spine.

Aveva anche passato un po’ di tempo ad esporre ad Arthur quelle che pensava fossero delle argomentazioni molto valide nel tentativo di far sostituire il rosso delle livree di Camelot con un più accattivante e pratico nero. Arthur non lo aveva ascoltato, però: aveva continuato a blaterare di centinaia di anni di tradizione e a ripetere che il nero non era un’opzione perché era già stato scelto dai cattivi.

Gwaine aveva lasciato la sala del trono condannato ad una vita, per quanto corta essa potesse essere, fatta di tentativi di aggirarsi furtivamente indossando un mantello rosso sgargiante.


Dopo l’imbarazzante incidente delle spine, per un po' la situazione era rimasta relativamente tranquilla e Gwaine aveva lasciato che il mantello gli facesse credere di essere al sicuro prima che i suoi intenti omicidi riemergessero di nuovo.

Quella volta si trovava con Percival per indagare su un presunto mostro che, stando a quanto si raccontava, stava terrorizzando un vicino villaggio e ne mangiava le pecore. Gli abitanti erano stati entusiasti all’idea di poter raccontare loro della terribile creatura – benché non riuscissero a mettersi d’accordo sul suo aspetto tranne che per il fatto che "aveva dei denti enormi" – e mostrare loro le caverne in cui credevano che la creatura avesse posto la sua tana. Dopodichè, però, pareva che se la dovessero cavare da soli, perché gli abitanti del villaggio avevano tagliato la corda.

Quando Percival aveva sbuffato, contrariato, Gwaine aveva sollevato un sopracciglio, divertito, e si era chiesto cosa l’altro cavaliere si aspettasse – dopotutto, non erano gli abitanti del villaggio quelli con i mantelli che gridavano "Guardatemi, sono un eroe/idiota/bersaglio".

Comunque, se non altro gli abitanti erano stati abbastanza previdenti da lasciare loro una torcia a testa per poter effettivamente vedere il mostro dai denti grandi quando questi avesse attaccato.

In seguito Gwaine avrebbe ammesso che era stata colpa sua. Si era avvicinato troppo a Percival – sembrava nervoso e Gwaine stava cercando di assicurarsi che non si spaventasse, e il fatto che gli stesse così vicino naturalmente non aveva niente a che vedere con i fruscii che avevano sentito nell'oscurità. Sfortunatamente, Percival non si era reso conto di quanto Gwaine si fosse avvicinato, così, quando si era voltato sentendo un suono dietro di sé, la sua torcia era entrata in contatto con il mantello di Gwaine, che aveva colto al volo l’opportunità di ucciderlo di nuovo e aveva preso fuoco con grande entusiasmo.

Aveva dovuto rotolare, calpestare e strillare (anche se Gwaine avrebbe in seguito negato di aver strillato) per spegnere le fiamme. Alla fine sia lui che Percival si erano ritrovati le dita ricoperte di vesciche e il dannato mantello aveva una notevole quantità di buchi dai contorni bruciacchiati e una puzza di fumo che era perdurata per settimane.

A seguito di ulteriori ricerche si era scoperto che il mostro era in realtà una pecora smarrita che durante i suoi vagabondaggi era entrata in quella caverna per trovare riparo dal brutto tempo e non si era ancora decisa ad uscire. Ciononostante, Gwaine era riuscito a convincere Percival ad assecondarlo quando avevano raccontato agli abitanti del villaggio della loro epica battaglia contro il mostro sputafuoco. Percival non era certo che mentire fosse una buona idea, ma alla fine la prospettiva di poter bere birra gratis per una sera lo aveva convinto.


Alla fine, però, Gwaine e il mantello avevano raggiunto una pacifica tregua, che era stata in parte aiutata dal fatto che, durante un allenamento, Gwaine aveva notato che nessun altro sembrava avere i suoi stessi problemi quando si trattava di evitare di inciampare nel mantello. Poteva capire Percival – il suo mantello gli arrivava appena al polpaccio, dopotutto –, ma gli altri cavalieri non erano tutti alti come lui.

Aveva chiesto a Sir Leon, il quale gli aveva gentilmente spiegato che era possibile far confezionare i mantelli su misura e che, se lo avesse chiesto educatamente a Gwen – come tutti gli altri cavalieri avevano fatto mesi prima, a quanto pareva –, lei sarebbe stata felice di ridurgli la lunghezza del mantello di qualche centimetro.

Una volta fatto, Gwaine non inciampava più in quel dannato mantello e Gwen aveva fatto qualcosa anche al colletto in modo che questo non prudesse più e Gwaine non avesse la sensazione che il mantello lo stesse strangolando.


C’era voluto ancora qualche mese, però, prima che Gwaine e il suo mantello diventassero finalmente amici.

In balia di una bufera di neve con un Sir Leon ferito ad una gamba, Gwaine aveva imparato ad apprezzare veramente le finezze del mantello. Se ne potevano ricavare splendide bende strappando delle strisce di stoffa dall’orlo e arrestando il flusso di sangue con successo; era anche un'ottima coperta per tenere al caldo il ferito durante la notte e, infine, al mattino aveva concluso in bellezza la sua miglior performance stagliandosi contro il paesaggio completamente bianco e consentendo così ai soccorsi di trovarli e riportarli a casa senza rischi.


Dopo quella notte, Gwaine aveva deciso che quel mantello era la cosa più bella del mondo, accanto alla birra… e alle donne… e ad una bella spada comunque, anche se era circa trenta centimetri più corto rispetto al giorno prima.

Sfortunatamente, il giorno successivo Arthur lo aveva visto indossare il mantello mentre era di guardia e, a quanto pareva, oltre a non far infuriare la popolazione maschile della città, i Cavalieri di Camelot non dovevano neanche essere visti mentre indossavano uno straccio pesantemente scolorito, quasi rosa e che puzzava di fumo, era macchiato di sangue e altre innominabili sostanze, era troppo corto e aveva più buchi che stoffa. Il giorno dopo, nella sua stanza era apparso, per Decreto Reale, un nuovo mantello – un mantello che nelle ultime due settimane Gwaine aveva evitato mentre se ne stava lì in tutta la sua rigida, inamidata, scintillante, rossa lucentezza e gridava “Sparatemi pure!”.


Seduto e con indosso il mantello, Gwaine diede uno strattone al ruvido colletto, prima di sospirare ancora una volta e alzarsi in piedi. Prima le cose importanti, immaginò – una visitina a Gwen per vedere quali magie potesse fare per renderlo meno nuovo e più simile al suo vecchio mantello.

Riuscì ad arrivare a metà della scalinata prima che il nuovo mantello facesse la sua prima mossa, impigliandosi sotto il suo piede e facendolo finire addosso a Merlin, che veniva dalla parte opposta, concentrato sul vassoio pieno di cibo che stava portando al Principe.



N.d.T.:

Credo che il trapassato prossimo mi ucciderà, un giorno o l’altro. È praticamente impossibile scrivere un’intera fanfiction usando solo ‘sto benedetto tempo verbale, perché ti incasina anche quelle quattro cose che sai (o che credevi di sapere) sulla consecutio temporum @_@ Perciò sono certa che là dentro ci sia qualche tempo verbale fuori posto (o, come minimo, qualche frase che suona davvero molto, molto strana), e sono ancora più sicura di aver sbagliato un congiuntivo là da qualche parte...

Comunque, ho deciso di tradurre questa fanfiction per il semplice fatto che, come ho detto anche all’autrice, finalmente, finalmente, qualcuno si è reso conto che indossare mantelli lunghi fino a terra e di un bel rosso sgargiante è scomodo e, nella maggior parte dei casi, anche controproducente :/
  
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