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Autore: Birra fredda    21/07/2013    1 recensioni
La vita normale non è per tutti. Con vita normale intendo un qualcosa tipo: genitori rompiscatole, non permissivi, che credono i figli adolescenti dai santerelli del sabato sera, scuola odiata, professori visti come satana, compagni di classe con cui combinare solo guai, tanti trip in testa, escogitare modi per andare alla festa del secolo senza dire nulla ai genitori o mettere da parte dei soldi per il nuovo tour degli U2.
Ma io mi chiamo Nicole Haner mica per nulla, eh. E sono la figlia di Brian Elwin Haner Jr., meglio conosciuto come Synyster Gates, chitarrista degli Avenged Sevenfold, mica per nulla.
La mia vita non è normale, e proprio non so come potrebbe esserlo.
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'You will always be my heart.'
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L’aria fresca mi coglie di sorpresa. Ho sceso le scale con una tale rabbia e una tale voglia di allontanarmi il più possibile dal dottor Baker, che probabilmente la signora che ho incrociato sul pianerottolo del secondo piano mi ha preso per un caso disperato del dottore.
Mi sbatto il portone alle spalle e vado a sedermi a una panchina.
Papà mi ha detto che mi sarebbe venuto a riprendere non appena lo avrei chiamato. Ora non mi va proprio per niente di tornare a casa, magari me ne sto un po’ seduta qui e cerco di calmarmi.
“Ciao.”
Lorenz mi siede accanto e mi sorride.
Inarco un sopracciglio. E da quando lui mi sorride? Da quando parliamo se non per insultarci?
Non rispondo al saluto e incrocio le braccia al petto.
Lui sospira ma non si cancella quello stupido sorriso dalle labbra. “Volevo scusarmi con te, Nicole.”
“Scusarti?” chiedo sorpresa, rivolgendogli tutta la mia attenzione.
“Sì” asserisce lui. “Sia per la quasi-rissa che abbiamo sfiorato tempo fa, che per quello che ti ho detto su tuo padre e gli Avenged Sevenfold a maggio.”
Non sta scherzando. Se mi avesse detto le stesse, identiche, parole per telefono avrei preso il tutto per una presa per il culo e mi sarei anche incazzata. Ma Lorenz non sta scherzando, i suoi occhi parlano chiaro. Sono sinceri.
“Scherzi?” gli domando perplessa, anche se so quale sarà la risposta.
“No, non scherzo. Sono cambiato un sacco da quando vengo dal dottor Baker” ridacchia appena. “Accetta le mie scuse.”
“Bé, dato che io ti ho risposto con un pugno, dovrei scusarmi a mia volta” dico sarcastica.
“Non sei obbligata. Penso ancora che tuo padre non sia un bravo chitarrista, ma mi scuso per gli insulti che gli ho rivolto che andavano oltre il mondo della musica. E mi scuso anche per averti provocata in quel modo, diciamo che il pugno che mi hai dato me lo sono meritato.”
Oddio. “Io… io accetto le tue scuse” dico ancora esitante e un po’ sconvolta.
Restiamo in silenzio per qualche secondo, mi chiedo perché ora lui non possa andarsene.
“Ti piace il dottor Baker?” mi chiede Lorenz.
Sta cercando di conversare con me. Oh, che diavolo succede?
“Sì, anche se sono scappata” rispondo.
Mi correggo: che diavolo mi succede?!
“Anche io sono scappato, la prima volta” mi rivela lui, con una scrollata di spalle. “Continuava a cambiare argomento e mi faceva delle domande troppo dirette. A un certo punto mi sono sentito così vulnerabile che mi sono spaventato e sono andat...”
“Nicole!”
Sussultiamo entrambi. Zacky ci viene incontro.
“Forse è meglio se vado” dice Lorenz, alzandosi di fretta.
“Sì, forse è meglio” concordo, alzandomi a mia volta.
Arrossisce appena, un po’ imbarazzato dalla situazione. “Allora… ci vediamo a scuola.”
“Sì, certo” dico con un mezzo sorriso.
Ci salutiamo con un cenno della mano, poi vado da Zacky.
“Non dovevi chiamare Brian?” mi dice immediatamente lui. “E perché stavi parlando con quello?” continua un secondo dopo, alludendo a Lorenz.
“Sono appena uscita e mi sono fermata due minuti a parlare con Lorenz, che è un ragazzo che frequenta la mia stessa scuola” dico, un po’ innervosita. “Stavamo solo parlando dello psicologo, dato che anche lui è il cura da lui” mi affretto a continuare.
Zacky annuisce pensieroso. “Lorenz, hai detto? Credo che Cherie me lo abbia nominato un paio di volte, non mi è nuovo come nome.”
“E quello con cui ho fatto a botte” gli dico con un mezzo sorrisetto.
“Giusto! Ma...” abbozza, alzando un sopracciglio.
“Le persone cambiano” dico, facendo un gesto con la mano che gli fa capire che non deve insistere.
Sorride. “Perché non chiami tuo padre e gli dici che ti porto io a casa?”
 

***

 
Non pensavo che avrei mai potuto provare imbarazzo nei confronti di Zacky. Eppure ora sono qui, nella sua auto, seduta al suo fianco, in silenzio e avvolta in una pesante aura di imbarazzo.
L’uomo che guida e che mi sta riportando a casa è la causa della fine imminente del matrimonio dei miei genitori. Zack, che conosco da quando sono nata e che per me è come uno zio, un parente stretto, è colui con cui mio padre ha sempre tradito mia madre. È così strano pensare che l’uomo seduto al mio fianco scopa con mio padre.
E non riesco neanche a pensare che fanno l’amore, riesco solo ad articolare il pensiero del fare sesso, perché il fare l’amore mi sembra un concetto troppo... grande, per una coppia di amanti.
So close no matter how far
Couldn't be much more from the heart
Mi sciolgo un po’ non appena sento l’inizio di Nothing Else Matters, e anche Zacky comincia subito a seguire il testo della canzone mormorando le parole.
“Nicole, possiamo parlare?” mi chiede dopo un po’, quando si trova a sterzare all’incrocio che sta a un centinaio di metri da casa mia.
“Sì” balbetto.
“Io...” sospira, vedo chiaramente che cerca di farsi coraggio. “Mi dispiace, Nicole” sussurra, parcheggiando di fronte casa mia e spegnendo la macchina, così che anche la musica cessi. “Lo so che può sembrarti strano, ma mi dispiace davvero tanto. L’ultima cosa che avrei voluto che succedesse era causare dei danni a voi ragazzi...” Mi guarda di sfuggita negli occhi. “Tu sei così fragile, sei una ragazzina tanto sensibile e ora dovrai dimostrarti forte. Io non vorrei causare tanto dolore, giuro, e mi sembra così strano dover dire a Gena tutto quanto. Preferirei restare nascosto, preferirei vedervi sempre tutti ignari ma felici, tranquilli e...”
“Zack...” mormoro, portando le ginocchia al petto.
“Io lo so che mi odi, Nicole” mi blocca. “E fai bene, non ti biasimo. Però, dannazione, vorrei lasciarti capire che io amo tuo padre. Io amo Brian come non ho mai neanche lontanamente amato Gena. E non posso farci nulla, Nic, non posso farci nulla.”
China il capo sconsolato e questo suo gesto mi fa scattare.
“Se davvero questo amore è così grande, proprio non capisco come abbiate potuto tenerlo nascosto tanto a lungo” dico, cercando in ogni modo di trattenere la rabbia e sporgendomi in avanti, quasi in ginocchio sul sedile. “Perché cazzo vi siete sposati, eh?!” urlo. “Perché cazzo avete permesso a due donne innocenti di amarvi, solo per farle soffrire?! Solo per spezzare il loro cuore?! Se vi amate, cazzo, perché vi nascondete?!”
“Nicole non puoi...” abbozza lui in un bisbiglio.
“Non posso capire?!” grido istericamente. “E allora spiegami tu tutto quanto, cazzo! Perché ci avete fatti crescere in un mare di bugie?! Perché ci avete concepiti con delle donne che non amate?! Noi siamo il frutto di un amore che non esiste! Siamo il frutto di due padri che mentono alle nostre madri da sempre! E ora vieni a dirmi anche che non avresti voluto far del male a noi ragazzi!” strepito, ormai fuori di me. “Dovevate pensarci prima, cazzo! Che genitori di merda siete, davvero. Farvela allegramente chissà quanto spesso e poi tornare a casa sorridenti da una famiglia che vi ha preparato la cena e vi aspetta con ansia. Bel lavoro! Bra... Zack?”
Improvvisamente sono spaventata. Zacky si è portato una mano al petto e respira in fretta, con affanno, come se l’aria nell’auto non fosse sufficiente.
“Cosa cazzo...?”
Zack comincia a tossire e mi fissa con gli occhi spalancati e visibilmente gonfi di terrore. Vedo che si sforza di parlarmi ma non ci riesce.
Cazzo.
Mi fiondo fuori dall’auto di corsa, corro fino al cancelletto e mi attacco al campanello. Non cerco neanche le chiavi nelle tasche dei jeans, troppo occupata a pregare tutti i santi che qualcuno, chiunque, si muova a uscire di casa e venga a vedere cos’ha Zacky.
“Chi cazzo è?!” urla papà nel citofono, incazzato, facendomi smettere di suonare convulsamente.
“Zack sta male” urlo a mia volta. “Esci, cazzo, esci!”
In un secondo papà apre il portone di casa con mamma, Jim e Connor al seguito, corre lungo il vialetto e quasi si getta in auto di testa pur di fare in fretta.
“Che succede?” domanda trafelato a Zacky, staccandogli la cintura e togliendogli di dosso la felpa che porta, quasi strappandogliela, come se in questo modo possa respirare meglio. “Che cazzo sta succedendo? Che hai?!” grida, nervosissimo.
“Non lo so” riesce ad articolare faticosamente Zack, tra un colpo di tosse e un boccheggio, probabilmente spaventato dalla reazione di mio padre.
“Forza, spostati” gli ordina papà, affannandosi sempre di più, “siediti di qua che ti porto in ospedale.”
Lo afferra con forza, abbracciandogli il busto, e lo trascina sul sedile del passeggero, mentre Zack si lamenta che non vuole andarci, in ospedale, e intanto si tiene una mano sul petto e ansima come non ho mai visto nessuno fare prima.
Spaventata, muovo un paio di passi indietro, e mamma mi circonda le spalle con un braccio.
Papà allaccia la cintura a Zacky, gli chiude la portiera dell’auto e poi va di corsa dall’altro lato, si infila al posto del guidatore e in pochi istanti possiamo già vederlo all’incrocio che sfreccia a tutta velocità verso l’ospedale di Huntington Beach.









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Ho adorato scrivere di Brian così preoccupato... okay sono mooolto sadica e ammetto anche di aver adorato scrivere di Zack sofferente :'D

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto :3
Grazie ancora di cuore a tutti quelli che leggono questa storia partorita dalla mia mente malata LOL
Siete bellissimi,
Echelon_Sun
  
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