Fandom: Hannibal (NBC)
Tipologia: One shot
Rating: Ho messo l’arancione anche
se il giallo penso andava bene, ma ci sono vaghi (molto vaghi) riferimenti al
cannibalismo e a qualche uccisione, cosa che non si può di certo evitare visto
il soggetto, quindi mi sono detta che prevenire è meglio che curare.
Genere: Introspettivo, drammatico
(più o meno).
Personaggi: Will Graham, Hannibal
Lecter, Alana Bloom
Pairing: Will/Hannibal con accenni
a Will/Alana e un filino di Hannibal/Alana per complicare il tutto (esistente o
meno :D).
Avvertimenti: slash, anche qui non
so se mettere l’avvertimento OOC, come sempre ho cercato di essere il più
fedele possibile ai personaggi, quindi se non dovesse essere così non mancherò
di aggiungere il suddetto avvertimento ;)
Riassunto: “«Mangiare non è solo
riempire lo stomaco, è aprire la mente alla conversazione, alla conoscenza
degli altri, aprire la propria anima agli altri, bisogna assaporare il proprio
essere e quello di chi ci circonda come si dovrebbe assaporare ogni singolo
boccone di cibo. Sentirne il profumo, degustarne il sapore, il palato è un fine
osservatore, e non inganna come gli occhi, Will»”
Disclaimer: I personaggi
appartengono sempre a Thomas Harris, poi alla famiglia De Laurentis che ne ha
acquistato i diritti, e alla NBC, nonostante continui a volerli entrambi non
sono di certo miei XD
Note: è un continuo di “Dreaming”
che a sua volta è una specie di continuo di “Waiting”,
anche qui consiglio comunque di dare un’occhiata alle altre, giusto per seguire
il filo.
Anche
questa mi è uscita un po’ più lunga di quanto pensassi, ma ultimamente non
riesco ad essere stringata ç__ç
Ok,
lo ammetto, effettivamente non lo sono mai stata, ma voi direte che ci frega,
quindi vi lascio alla storia ;D e come sempre, per qualsiasi cosa vogliate
dirmi non esitate a farlo.
Spero,
buona lettura! ;)
Dimenticavo: i due piatti citati da Hannibal
sono rispettivamente “Fichi arrosto con formaggio di capra” (Figues rôties au fromage de chèvre) e
“Filetto mignon in sfoglia” (Filet mignon
feuilleté), vi assicuro che sono buonissimi, poi se li prepara il dottor
Lecter… magari non con i suoi “ingredienti” XD
Bon
appétit! :D
Eating
Baltimora, Maryland, alcuni giorni prima
"Non
riesco a sopportare quelli che non prendono seriamente il cibo"
(Oscar Wilde)
C’era qualcosa di affascinante in quei giorni che
Hannibal Lecter dedicava a quella caccia,
era come un rito che lo immergeva nella parte più ancestrale di se stesso, quella
parte così oscura eppure così luminosa ai suoi occhi.
Quella parte che componeva pur sempre il suo stesso
essere, perché in lui non esistevano Male e Bene, non esisteva la luce e il
buio, erano soltanto delle convenzioni date dall’uomo stesso per spiegare quel
frammento di noi che non ci piaceva e che ritenevamo responsabile di azioni empie.
Lui, però, era ben consapevole di essere soltanto
Hannibal Lecter, psichiatra che un tempo esercitava con successo la professione
medica, amante dell’Arte, dell’Opera e del Bello e cultore della buona Cucina,
soprattutto la sua.
Era
un’arte che prendeva molto sul serio perché richiedeva molta maestria, era come
essere in una sala operatoria e incidere centimetro dopo centimetro, asportare,
tagliare ancora e cucire, tutto con precisione chirurgica e passione.
Le
stesse che metteva nel preparare i suoi piatti, e sapeva che c’era del fascino
anche nel coltello che affondava nella carne, quando scivolava lento era come
accarezzare la pelle di un’amante, e mentre la lama spariva in quel rosso così
vivo, il profumo si sprigionava e lui non poteva far altro che chiudere gli
occhi e inspirare a fondo l’odore della vita che se ne andava.
E
sorrideva. Sorrideva ogni volta.
Quella
volta aveva scelto gli ingredienti
con cura, con moltissima cura, si era assicurato che fossero di primissima
qualità, perché il cibo era una cosa seria per lui, e lo sarebbe diventata
anche per loro, le sue pietanze sarebbero diventate fidati
compagni che scaldavano l’animo delle persone che avrebbe avuto per quella
cena.
E
avrebbero dovuto essergli grati per la scelta che aveva fatto, per la decisione
che aveva preso di renderli parti importanti della sua opera, ne sarebbero stati felici perché sapevano che la loro esistenza
si sarebbe legata per sempre a quell’uomo e a quella donna che più di ogni
altra cosa voleva come sue prede.
E
avrebbe atteso il momento migliore per renderli immortali con la sua arte.
Baltimora, Maryland
La cucina è diventata un'arte, una
scienza nobile; i cuochi sono dei gentiluomini.
(Robert Burton)
Hannibal
Lecter impugnava la lama in modo molto deciso, affondava nel frutto con molta
facilità, lasciando tagli piuttosto precisi e puliti.
Nell’osservare
i suoi movimenti così curati e ricercati, si poteva affermare quasi con
assoluta certezza che fosse piuttosto sensuale. Molti lo avrebbero definito
addirittura erotico.
Persino
Alana Bloom non poteva fare a meno di scrutare con attenzione ogni movimento
del dottor Lecter, come se fosse un pendolo che con le sue oscillazioni avrebbe
indotto un’ipnosi, e guardarlo mentre cucinava, era come entrare in una specie
di trance ipnotica: era difficile distogliere lo sguardo.
Will
Graham l’aveva baciata, e Hannibal non seppe dire con certezza quali fossero le
emozioni riguardanti la donna che in quel momento si agitavano nel suo petto
che all’apparenza sembrava così calmo e rilassato.
Sicuramente
era la cucina a renderlo così in quiete, sentire quegli aromi pervadergli ogni
senso e il riflesso dei suoi occhi sull’affilata lama, lo fece sorridere, un
sorriso disteso, aromatico come il
cibo che aveva tra le mani.
Stringere
quel coltello lo faceva sentire in pace col mondo, come se avesse un potere
enorme tra le dita e allo stesso tempo non fosse nulla in confronto alla
complessità di quell’arte così enigmatica e multiforme.
Tutte
quelle pietanze sembravano quasi lo specchio del suo essere, in un semplice
piatto si poteva vedere tutta la raffinatezza delle mani che lo avevano
composto, quei profumi così intensi raccontavano della sua intelligenza e della
sua grazia.
Alana
Bloom avrebbe affermato, con estrema certezza e semplicità, che Hannibal Lecter
fosse uno degli ultimi gentiluomini rimasti su questo pianeta.
Al
pensiero le sue labbra si stirarono in un ampio sorriso che cercò di nascondere
dietro alla colonna conica contenente la fresca birra chiara che il dottore le
aveva offerto, ancora quasi del tutto piena: le piaceva sorseggiarla lentamente
per gustare ogni singolo aroma che le sarebbe esploso in bocca.
«Sono
divertente mentre cucino?» non aveva neppure alzato lo sguardo verso di lei
quando aveva pronunciato quelle parole, divertito anch’egli, mentre sminuzzava
con maestria del profumato rosmarino.
«Assolutamente
no. Stavo solo pensando che probabilmente sei l’ultimo gentiluomo esistente» questa
volta sollevò il viso e la guardò, regalandogli uno di quei meravigliosi
sorrisi che l’avevano incantata fin da quando era il suo mentore alla Johns
Hopkins.
«Quando
invito delle persone a cena, è mia premura trattarle con il massimo rispetto e
con tutta l’educazione possibile» le rispose fissandola con uno strano
luccichio negli occhi mentre le dita andarono a stringere con maggiore forza il
coltello.
L’ha baciata.
Will è innamorato di lei.
“L’amore è così fuggevole che spesso ci
inganna facendoci vedere sentimenti dove in realtà ci sono solo senso di colpa
e gratitudine. Restituire un dono con un altro dono.”
«Dov’è
Will?»
La
pianta aromatica finemente tritata sul tagliere, fu spinta dalla mano destra di
Lecter in un piccolo recipiente in cui aveva lasciato del formaggio di capra
semi stagionato a riposare, in quel modo avrebbero potuto prendere l’uno
l’aroma dell’altro, il profumo che emanavano entrambi era inebriante, ed era
come una calda carezza che ti faceva compagnia nella cucina così pulita e
ordinata. Che ti raccontava di Hannibal
Lecter.
Avrebbe
voluto afferrare l’aroma di Alana e piantarlo dentro di sé nella speranza che
Will Graham si fosse fatto prendere da lui, all’improvviso e con impeto.
«Arriverà
presto» il dottore si concesse una breve pausa, prese il calice di vino e bevve
una generosa sorsata, non prima di aver brindato con Alana alzando di qualche
centimetro il vetro e non prima di averne inspirato ogni screziatura aromatica,
immaginando per un attimo le mani che avevano colto quell’uva e quel legno che
aveva accolto quel prezioso liquido per lungo tempo. «Molto presto.»
Wolf Trap, Virginia, qualche giorno prima e Baltimora, Maryland, stesso
giorno
Sì, le tue tenerezze sono più dolci del
vino. Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi, profumo olezzante è il
tuo nome, per questo le giovinette ti amano. Attirami dietro a te, corriamo!
M'introduca il re nelle sue stanze:
gioiremo e ci rallegreremo per te, ricorderemo le tue tenerezze più del vino.
(Cantico dei cantici)
Will
Graham era seduto nella sua cucina a leggere il giornale appena preso in
giardino, almeno cercava di leggerlo, perché la sua mente quella mattina era
altrove, e non aveva nemmeno bisogno di domandarsi dove fosse perché temeva e
conosceva quella risposta.
Stava
lì, con la sola compagnia dei suoi cani che lo guardavano allegri e festosi.
Erano sempre così quando vedevano il loro padrone e amico in quei momenti di
serena e apparente lucidità.
A
volte si chiedeva cosa ne sarebbe stato della sua vita se fosse rimasto in
qualche sperduto porto o semplicemente si fosse dedicato alla riparazione di
barche.
Di
sicuro nella sua vita non ci sarebbe stata Alana Bloom.
Non ci sarebbe stato neppure Hannibal
Lecter a penetrarti l’anima così a fondo.
L’aveva
baciata, e forse ne era innamorato, ma c’era qualcosa che gli sfuggiva, sentiva
come un vuoto nel petto, una crepa profonda che neppure il bel viso di Alana
era in grado di riempire.
Non mentire a te stesso, Will, soltanto
Hannibal è in grado di prenderti il cuore dal petto e farlo suo. Ed è quello
che vuoi, ammettilo.
C’era
qualcosa nel dottor Lecter che lo spingeva ad avvicinarsi e a permettergli di
fare altrettanto, con maggiore intimità di quanto sarebbe mai stato capace di
fare lui stesso.
Ed
era un’emozione che lo spaventava e irretiva al contempo.
Aveva
sognato le labbra di Lecter sulle sue che gli avevano donato un bacio di sangue
disgustoso e desiderato, la sua lingua che gli aveva bruciato la pelle, poteva
sentirne ancora il tocco nonostante fosse stato tutto frutto della sua mente
che non faceva altro che mostrargli incubi.
Gli
aveva strappato il cuore e lo aveva stretto tra le dita ancora pulsante.
All’improvviso
ricevette una chiamata di Jack e uscì da casa, ma nemmeno l’aria gelida
riusciva a rinfrescare il suo cervello che ardeva sempre di più, mandò giù un
paio di pillole, più per abitudine che per il loro reale effetto benefico che
in ogni caso non avevano. Non più ormai.
Sentì
una musica ovattata, qualcuno stava eseguendo magistralmente Chopin – o almeno
gli sembrava Chopin – e seppe che lui era
lì, quando la sua testa smetteva di muoversi, sapeva che il motivo era soltanto
perché lui gli era vicino.
«Mi
sono permesso di venirti a prendere, Will. Spero che questa intrusione non ti
sia di disturbo» voleva dirgli che non gli serviva il suo permesso per andargli
vicino, che per nessun motivo gli sarebbe dispiaciuta la sua presenza, che
vedere i suoi occhi dissipava gli incubi che aveva. Voleva dirgli tutte quelle
cose, ma non ne ebbe il coraggio e si limitò a sorridergli e a salire sulla sua
macchina senza dire una parola.
Passarono
gran parte del viaggio in silenzio, con gli occhi del tutto fissi sulla strada,
senza mai sfiorare lo sguardo dell’altro.
Chopin
ancora risuonava all’interno della macchina e poco prima dell’arrivo, Will si
voltò verso Hannibal e lo osservò per qualche secondo prima di rompere quel
silenzio irreale seppur piacevole.
«Dov’è
esattamente che stiamo andando?»
«Non
lo so» rispose asciutto il dottor Lecter senza volgere lo sguardo verso di lui,
imperscrutabile e impassibile come sempre. Con lui la sua empatia non esisteva,
era come cercare di guardare al di là di uno specchio e finire per vedere solo
se stessi.
E
nei suoi occhi, Will vedeva soltanto il suo riflesso, nudo, fatto a pezzi e
rimesso in ordine.
«Che
significa non lo sai? Sei partito da Baltimora per venirmi a prendere e poi
portarmi nuovamente a Baltimora.» stavolta Hannibal voltò appena il viso verso
di lui, «Non era più semplice se venivo da solo?» e gli sorrise.
«È
stato Jack a dirmi di venirti a prendere. È preoccupato per te.»
«Talmente
preoccupato che manda te.»
«Sono
il tuo terapeuta.»
«Ciò
non implica l’essere il mio autista.»
La
macchina si fermò e anche la musica cessò di suonare nell’abitacolo e la mente
di Will riprese a fiammeggiare nonostante la vicinanza del dottor Lecter, nonostante
tutti quei vecchi edifici in arenaria gli donavano una certa quiete.
Faceva
freddo a Baltimora, faceva freddo dentro di lui, dove i suoi demoni emettevano
un consistente vapore di ghiaccio che si trasformava man mano in denso sangue,
se osservava bene, poteva vedere Garrett Jacob Hobbs sorridere mentre si
scaldava le mani.
«Ti
ha chiamato per portarmi a casa tua?» chiese Will mentre guardava l’elegante
palazzo dov’erano situati l’appartamento e lo studio del dottor Lecter.
«No.
Assolutamente no. Né tu né io abbiamo fatto colazione, e non intendo rinunciare
a questa buona abitudine» e Will avrebbe rinunciato ad essere messo a nudo da
Lecter? La sua testa bruciava, bruciava, o forse era quella vicinanza a
bruciargli il corpo?
«Come
sai che non ho fatto colazione?»
Hannibal
chiuse gli occhi e ispirò profondamente per catturare ogni singolo aroma
nell’aria, poi lo guardò e gli disse: «Hai l’odore di chi non ha mangiato
ancora nulla.»
Will
Graham non aggiunse nient’altro, entrò nella casa seguendo i passi eleganti di
Hannibal, là dove i suoi demoni smettevano di correre e gli camminavano accanto
lentamente; forse, un giorno, tra quelle mura, sarebbero scomparsi per sempre,
distrutti dallo sguardo di Hannibal Lecter.
O forse sarebbe diventato lui il tuo
demone.
Baltimora, Maryland
Non si dovrebbe mai mangiare troppo
quando si ha l'anima sottosopra. Perché causa vertigini romantiche, slanci
macabri, disperazioni liriche.
(Amélie Nothomb)
Will
era arrivato in ritardo e sapeva che le scuse non sarebbero bastate con
Hannibal, lui che era così – dannatamente
– garbato e un cultore della cortesia ogni oltre limite, non avrebbe di certo
perdonato quella mancanza di educazione.
Non
aveva creduto minimamente alle rassicurazioni del dottore e lo guardava come se
si aspettasse di essere divorato da un momento all’altro, mentre Lecter non
faceva altro che sorridergli, a lui e ad Alana, ma quello che rivolgeva alla
dottoressa Bloom era un sorriso diverso.
Perché la guarda in quel modo? Perché
quel sorriso?
“Ammettilo che hai sempre pensato che
tra i due ci fosse una qualche relazione.”
Stai zitto!
«Cosa
stiamo per mangiare?» chiese Alana dopo che Hannibal l’aveva fatta accomodare
spostandole la sedia e dopo essere ricomparso dalla cucina con tre deliziosi e
profumati piatti di fine ceramica bianca.
«Figues rôties au fromage de chèvre.»
«Sembrano
deliziosi, un giorno o l’altro dovrai svelarmi i tuoi segreti» la dottoressa
Bloom alzò il calice di vino per brindare alla straordinaria bravura di Lecter
che aveva di nuovo uno strano sorriso sulle labbra.
Sì, dovresti proprio svelarle i tuoi
segreti, svelarli ad entrambi.
«Un
cuoco potrà sempre stupire i suoi commensali se non rivela in alcun modo i suoi
segreti, dove risiederebbe il piacere della scoperta, altrimenti?»
Hannibal
Lecter a quelle parole si trovò a fissare Will che non seppe sostenere a lungo
quello sguardo.
Era un mondo da scoprire per
lui? Un tesoro da trovare nella sua testa?
L’aveva
baciata, aveva baciato la donna che gli sedeva di fronte ed era corso da
Hannibal a riferirgli cosa avesse fatto e di quanto fosse stato stupido.
Il
dottore aveva finito per concordare con lui.
Allora
perché si era sentito così tremendamente bene? Come se in quel frangente
null’altro fosse esistito?
Non
lo sapeva, e neppure Lecter era stato in grado di dargli una risposta, ma lui
avrebbe dovuto! Sapeva sempre ogni cosa.
E
avrebbe dovuto dirgli che cosa non andava nella sua testa.
Catturava
mostri, entrava nella loro pelle, ma a quale prezzo? In quei momenti ogni fibra
del suo essere tremava, sentiva il cuore accelerare e battere forte nel petto
fino a fargli male e la testa bruciava sempre di più. Sapeva che presto quel
suo “dono”, come lo chiamavano gli altri, lo avrebbe inghiottito in un profondo
abisso senza mai più risputarlo fuori, e lì avrebbe concluso la sua esistenza,
in un luogo al di là dello spazio e del tempo destinato ai pazzi come lui, a
quelli che assorbivano ogni emozione fino ad esplodere.
Perché
Hannibal o Alana o Jack o qualcun altro non gli dicevano semplicemente cosa
c’era di sbagliato in lui?
«Sai,
Will, ai tempi della Johns Hopkins pensavano che io e Alana avessimo una
relazione» parlò Lecter dopo aver assaporato un boccone della pietanza, il
gusto del miele gli era semplicemente esploso in bocca contrastato dall’amaro
rilasciato dal rosmarino, era davvero un piatto che esaltava ogni singolo
sapore, ma riusciva al contempo a lasciarti sul palato una miriade di
sfumature.
Cosa stai cercando di fare, dottore,
renderlo geloso? Farlo esplodere? Cosa?
Hannibal
Lecter sorrise guardando prima Alana e poi Will che non sapeva a quale gioco
stesse giocando, ma di sicuro non gli piaceva.
Soprattutto
perché una sensazione di gelosia gli strinse lo stomaco e bevve tutto il vino
nel bicchiere per cercare di liberarsi da quell’oppressione che non desiderava
affatto. Non aveva alcun senso essere geloso.
Soprattutto, Will, chi dei due è
l’oggetto della tua gelosia?
Aveva
baciato Alana.
Hannibal
lo aveva baciato e gli aveva stretto il cuore tra le dita.
È stato un sogno, Will, soltanto un
sogno, e non importa che tu desideri che divenga reale, rimarrà sempre un
sogno.
«Sì,
ma si sbagliavano» s’intromise Alana.
«Certo
che si sbagliavano, come si sbaglia il nostro Will, anche lui pensa che noi due
abbiamo una relazione, e volevo rassicurarlo. Non preoccuparti, Will, puoi
continuare a baciarla senza problemi.»
«Will!»
Alana si voltò verso di lui per guardarlo, sbalordita da ciò che aveva appena
detto il dottor Lecter. «Gliel’hai detto?» chiese confusa, come aveva potuto
correre da Hannibal e dirglielo?
«È
il mio terapeuta, avevo bisogno di dirlo a qualcuno. Qual è il problema?»
«È
una cosa privata, ne avresti potuto parlare con me» replicò Alana sconcertata,
perché glielo aveva detto?
Will
parve notare quella strana espressione sul volto della donna e non sapeva come
interpretarla – o non volevi? –,
buttò giù un altro bicchiere di vino che Hannibal aveva provveduto a riempire,
ma quella sensazione continuava a rimanere lì, a fissarlo con occhi così simili
a quelli di Lecter.
Hannibal
continuava a sorridere, quello stesso e strano ghigno che faceva sempre quando
una preda finiva tra le sue mani
senza avere speranza alcuna e la rendeva speciale,
speciale ai suoi occhi, al suo palato e al palato dei suoi commensali.
«Perché
no? Non volevi che lo sapesse forse perché è vero che avete una relazione!» non
si era reso conto di aver urlato, ma se anche se ne fosse accorto, non gli
sarebbe importato. Dio, come aveva fatto ad essere così stupido?
Adesso
gli era chiaro il motivo per il quale lo aveva respinto, non era la sua mente
il problema, non era il suo essere pazzo,
lei e Hannibal avevano una relazione: Alana voleva soltanto baciare il dottor
Lecter e lui aveva il suo cuore.
Era
così chiaro e, Dio, a guardarli erano così perfetti insieme, come aveva fatto a
non accorgersene prima, lui che sapeva osservare a fondo ogni cosa.
«Hannibal,
non stare muto, digli qualcosa anche tu. Non abbiamo una relazione, Will.»
«Certo
che non abbiamo una relazione, Will, è un pensiero che non deve neppure
sfiorare la tua mente.»
«Io…
io dovrei andare un attimo in bagno» si alzò di scatto non riuscendo a guardare
nessuno dei due e uscì dalla sala mentre Hannibal sorseggiava quello
straordinario vino che si era fatto arrivare dalla Francia, lentamente, come se
volesse tornare, non solo con la mente, in quel meraviglioso paese che lo aveva
formato in molte delle sue arti.
Alana
Bloom lo fissava e i suoi occhi gli stavano dicendo chiaramente che avrebbe
dovuto seguirlo e parlargli. Non avrebbe mai potuto negarsi ad una richiesta di
una donna.
Will
era in piedi davanti allo specchio, ma non riusciva a guardare l’immagine di se
stesso, aveva le mani a coprirgli il volto e l’acqua scendeva adagio tra le sue
dita, lo scroscio proveniente dal rubinetto attutiva ogni altro rumore, per
quello non sentì la porta aprirsi e non si accorse che Hannibal era entrato.
«Non
mi hai mai raccontato i tuoi sogni, Will» il dottore avvicinò le mani alle sue,
stringendole con forza, voleva lasciargli dei segni che gli avrebbero parlato a
lungo di lui, accostò la bocca al suo collo affondando i denti nella carne, in
quel modo avrebbe voluto che si fosse ricordato di lui, del suo tocco, della
sua bocca. Del suo riuscire a penetrarlo così a fondo e turbarlo.
«Non
sono venuto a cena per farmi nuovamente psicoanalizzare, dottore. Per quello ci
sono le sedute se non sbaglio» Will non riuscì a dirgli nient’altro, non
riusciva neppure a scostarlo da sé, dal suo corpo, perché il desiderio di
sentire il suo calore era più forte di qualsiasi altra cosa.
«Cenare
con qualcuno, Will, è come una lunga, piacevole e aromatica seduta di analisi»
e non si era scostato nemmeno quando la sua lingua umida aveva percorso lenta
il suo collo, poteva sentirne il respiro al sapore del miele. «S’impara molto
da ciò che dicono le persone quando le loro menti vengono aperte da un po’ di
generoso vino» non si mosse neppure quando le dita del dottore si posarono sul
suo petto e scesero lente, troppo lente «Il modo in cui una persona tiene le
posate, si porta le pietanze alla bocca o assapora, racconta molto della
persona, si possono persino scoprire i più intimi segreti, Will», fin quando
non arrivarono alla sua cintura e lì rimasero immobili.
«E
cosa dicono di me tutte queste cose?» come immobile era Will.
Alana
era seduta ancora in sala, aspettando che i due uomini fossero tornati, si
sentiva come un terzo incomodo, non come se fosse la persona in più in
compagnia di una coppia, ma semplicemente come se tra quei discorsi lei non
c’entrasse nulla, come se fosse un centro tavola da esibire in un tavolo colmo
di squisite pietanze profumate e dall’aspetto delizioso. E nessuno avrebbe mai
notato quel piccolo decoro nel mezzo.
«Afferri
il coltello come se avessi solo quello per cacciare in una foresta silenziosa e
deserta, una caccia brutale, troppo brutale, senza sapere come catturarne la
bellezza, e ne hai paura, come se potesse farti del male, o, cosa ben peggiore,
come se potesse fare del male agli altri» continuò Hannibal con quella sua voce
carezzevole che sapeva gelarlo e infiammarlo al contempo. Era la sua unica
fonte di calma e l’unica cosa che più delle altre lo rendeva irrequieto. «Sei
insicuro, Will, hai molte paure e debolezze, e non ti fermi a riflettere che
sei tu che lo tieni stretto, sei tu che hai il potere» lui non aveva un bel
niente, era Lecter quello con il potere, era il dottore quello che aveva il coltello
tra le dita e avrebbe potuto infilarlo nella sua carne in ogni momento e lui
non avrebbe avuto nulla da ridire, perché quegli occhi erano il suo desiderio e
il suo tormento ai quali non avrebbe saputo rinunciare mai.
«Mangiare
non è solo riempire lo stomaco, è aprire la mente alla conversazione, alla
conoscenza degli altri, aprire la propria anima agli altri, bisogna assaporare
il proprio essere e quello di chi ci circonda come si dovrebbe assaporare ogni
singolo boccone di cibo. Sentirne il profumo, degustarne il sapore, il palato è
un fine osservatore, e non inganna come gli occhi, Will» le mani di Hannibal si
mossero di nuovo, Will sapeva perfettamente cosa stesse per fare, ma non aveva
nessuna voglia di fermarlo.
Non
aveva la forza di bloccare l’altra mano che gli aveva afferrato la fronte e lo
aveva spinto con forza a reclinare la testa, a permettere che il dottor Lecter
assaporasse meglio il gusto della sua gola.
«Non
ho una relazione con Alana, Will» fu un attimo e Hannibal era già uscito dal
bagno, lasciandolo solo con se stesso e con quei tormenti che gli stavano
bruciando di nuovo la testa.
Con quei tocchi.
Will
Graham avrebbe sentito il sapore e l’odore di Hannibal Lecter sul suo corpo per
molto tempo e non avrebbe permesso a nulla di strapparglielo di dosso.
Alana
e Will erano rimasti in silenzio guardandosi a malapena, mentre Hannibal era
andato in cucina a prendere un’altra pietanza di cui si poteva sentire il
profumo persino da lì.
Will
aveva lo stomaco ormai chiuso, ma continuava a mangiare perché Hannibal avrebbe
pensato fosse molto scortese da parte sua, quel cibo era buono, come ogni cosa
preparata dalle mani del dottore, ma non riusciva a distinguere altro sapore se
non quello di Hannibal stesso, quell’aroma che gli si era attaccato addosso e
gli bruciava la pelle.
«Anche
questo ha un aspetto delizioso, cos’è?» chiese Alana quando vide Hannibal
tornare con tre piatti colmi, interrompendo quel silenzio che era diventato
insopportabile.
«Filet mignon feuilleté.»
L’aspetto
della carne era così delizioso, così rosato che solo a guardarlo veniva
l’acquolina in bocca, ed Alana era sempre così ben disposta alla cucina di
Hannibal, sapeva che ogni cosa sarebbe stata squisita ed era un piacere per
ogni senso sentire quei profumi e assaporare quegli aromi.
«Ho
scelto personalmente l’animale migliore dell’allevamento per questo piatto.»
Aveva corso, eccome se aveva corso, tra
gli alberi guardandosi indietro spesso per controllare quanto fossi distante,
cadeva e si rialzava, si tagliava con i rami, ma tu sapevi che era del tutto inutile
affrettare i tuoi passi perché avevi calcolato con assoluta precisione il
momento in cui sarebbe crollato a terra e sarebbe stato completamente tuo.
Tra le dita ancora scintillava l’ago
della siringa che avevi usato, infilata in un punto in cui quel liquido non
avrebbe rovinato la carne.
E poi era successo: era crollato sul
terreno, avevi la tua preda a pochi passi e potevi finalmente assaporare
quell’aroma che soltanto con la caccia avresti potuto sentire.
L’odore della morte, della vita che si
perdeva.
L’odore di quella carne che presto
avresti stretto tra le dita, tagliata e preparata per quell’occasione speciale
che attendevi da tempo.
«Oh,
Hannibal, riusciresti a trasformare in un piatto eccezionale persino la neve
che cade su Baltimora.»
«Se
è pulita, ci si potrebbe fare un delizioso sorbetto, effettivamente.»
Will
non riusciva a distogliere lo sguardo da quei due che erano così in simbiosi
che sarebbe stato difficile per chiunque negare che avessero un qualche tipo di
legame, e lui non era dell’umore adatto per provare a smentire quella
sensazione che gli parlava dal fondo dell’anima.
La
sua testa aveva ripreso a bruciare in quel bagno e non avrebbe avuto la forza
per contrastare nessun pensiero, tantomeno quel desiderio che gli veniva da
dentro.
«Un
giorno di questi dovresti portarmi in questi allevamenti dove ti rifornisci» fu l’unica cosa che riuscì
a dire, la meno stupida che gli era venuta in mente prima di decidersi ad
alzarsi e lasciarli soli alla loro dannata cena e al loro dannato cibo.
Hannibal
lo fissò per un attimo con uno strano sguardo, i suoi occhi sembravano folli, sembravano stranamente… eccitati, la sua bocca era immobile,
così come le sue mani che stringevano tese le posate.
«Molto
volentieri, Will, sarà un vero piacere mostrarti la mia materia prima» e Will non seppe far altro che sorridergli,
mentre anche le labbra di Hannibal si curvavano appena, quanto bastava per
renderlo ancora più inquieto e impaziente.
Fu
Alana, però, che prima di arrivare all’ultima dolce portata decise di andarsene con una scusa, quella sensazione
di essere di troppo non era svanita per tutta la cena e aveva come
l’impressione che quei due avessero alcune cose da chiarire, senza di lei.
Così
uscì, lasciandoli da soli a scrutarsi l’un l’altro.
E
rimasero immobili per interminabili minuti, nel silenzio di quella stanza così
piena di aromi diversi e intensi, ma Will sapeva di volere soltanto un profumo
addosso, sentiva quel morso bruciargli dentro.
Un
profumo che Hannibal, fermo sulla sua sedia con il bicchiere stretto tra le
dita, non era intenzionato a dargli. Non in quel momento.
Non
finché non fosse stato Will a supplicarlo e Lecter sapeva che prima o poi lo
avrebbe fatto, e come se l’avrebbe fatto.
Hannibal
Lecter rimase immobile e attese.