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Autore: Bakyura_    22/07/2013    6 recensioni
{Sesoo}
❝Do Kyungsoo non era infelice della sua vita. Kyungsoo era solo scontento del modo in cui la viveva.
Da amante smodato dell’ordine, della stabilità e dell’abitudine, prestabiliva in anticipo qualsiasi cosa per aver tutto sotto controllo, sentendosi poi come vuoto perché, sebbene cercasse la stabilità, in cuor suo sapeva d’aver bisogno dell’inaspettato, di uno scossone forte che lo facesse semplicemente vivere.
Oh Sehun- sorprendentemente- era stata la cosa più piacevolmente inaspettata che gli fosse mai accaduta.❞
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chanyeol, Chanyeol, D.O., D.O., Sehun, Sehun
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'angolo del gatto: Sono consapevole d'essere sparita a lungo ma mi spiace dirvi che, proprio come vedete, sono ancora viva!.
Ora, dopo tanto tempo, vi chiedo di concedermi questa breve introduzione.
Premetto subito dicendo che non avrei mai pensato d'arrivare a scrivere qualcosa su questa coppia- mai presa in considerazione-  tuttavia devo ammettere
d'aver imparato ad apprezzarla nella sua stravaganza.
Questa sarà una twoshot senza pretese che però spero vi piaccia, infatti sarei molto felice
se mi lasciaste qualche commento. (tenendo presente che sono arrugginita)
Concludo, dato che mi sto dilungando, ringraziando Angelaproffi, alla quale è dedicata la storia, che è stata così gentile
da fare la cover.
Grazie di cuore~  





©Angelaproffi~  









☂Meetings








Pioveva quel giorno a Seoul, per l’ennesima volta, in una delle più fredde annate mai viste in Corea del Sud. Quell’autunno si stava rivelando come interamente dedicato alla pioggia costante, perenne, non essendoci stato un solo giorno senza acquazzoni, temporali, o eventi metereologici simili. Il sole sembrava voler farsi aspettare più del solito, rendendo però un po’ più difficile la già movimentata quotidianità degli abitanti della grande capitale. La pioggia portava problemi- Do Kyungsoo, per tale motivo, la detestava.
Comportava allagamenti, traffico, guasti e quindi ritardi, e non c’era niente di peggiore per un fresco universitario come lui,che amava prendersi molto sul serio, che ritardare ovunque andasse per via della pioggia e della lentezza generale- globale avrebbe osato dire- che trasportava con sé, goccia dopo goccia.










Pure il diciannove novembre pioveva Seoul, ed era già arrivata la sera quando Kyungsoo, stanco per le lunghe ore dei corsi e per il continuo via vai tra le intricate strade della città, stava finalmente per tornarsene a casa, intenzionato a filar dritto a letto una volta varcata la soglia di quello che era, e che forse sarebbe sempre rimasto, un piccolo appartamentino in una fin troppo silenziosa zona di periferia.
Aveva le gambe a pezzi per quanto aveva camminato. I piedi non se li sentiva nemmeno più.
La mattinata, fortunatamente superata, si era rivelata più difficoltosa e pesante di quanto avesse previsto. Kyungsoo, in fin dei conti, era un semplice studente e non un meteorologo o un indovino, anche se ,effettivamente, avrebbe volentieri sostituito gli “omini” delle previsioni che, ancora, con le loro predizioni sbagliate gli avevano concesso una felice doccia fredda che gli aveva regalato una giornata tutto tranne che positiva.
Kyungsoo iniziava a pensare d’aver commesso qualcosa di sbagliato in qualche sua precedente vita, altrimenti non se la sarebbe spiegata tutta quella sfortuna.
La cosa più bizzarra,poi, è che compariva nei periodi peggiori, proprio quando invece avrebbe dovuto sperare in un po’ di sano culo veniva perseguitato dalla iella. Ripensandoci, in fondo, c’era stato qualcosa di buono quel giorno. Qualcosa che gli avrebbe facilitato il ritorno a casa, ossia la metropolitana era più che attiva, efficiente come al solito dopo i guasti sconvenienti che si erano verificati in quei giorni per via delle abbondanti piogge. Sospirò, perso in quei pensieri veloci che gli riempivano la mente, affollandogliela e rendendogliela confusa, forse più pesante di quanto non lo fosse già per la spossatezza.
Avvertiva gli occhi scuri e grandi bruciargli insistentemente a contatto con la luce chiara e intensa dei numerosi neon accesi all’interno della stazione, illuminata in ogni suo angolo alla perfezione.
Non c’era molta gente quella sera, il che era strano perché di solito Seoul era affollata a ogni ora del giorno e della notte, soprattutto in quel luoghi, invece era circondato da pochissimi individui, tutti presi dai loro affari.
Nessuno che si guardasse, che si calcolasse, ognuno piuttosto andava per la sua via e cercava il punto migliore per poter entrare nel primo treno in arrivo senza dover partire da fondo fila.
Pur rispettandola nessuno aveva voglia d’aspettare e buona parte dei presenti erano quasi tutti possibili studenti e lavoratori di ritorno, stanchi almeno quanto lui.
Senza dare troppo nell’occhio sbadigliò piano, dimostrando i primi segni di cedimento dovuti alla mancanza di sonno, causata principalmente da troppo studio e da conseguenti test da superare ad ogni costo con ottimi risultati.
Da sempre aveva dimostrato una testardaggine e una voglia d’esser primo che lo superava in altezza, sebbene non ci volesse chissà quanto alla fine volendo proprio essere sinceri.


Una volta giunto il suo turno, entrò con estrema calma all’interno del suo vagone, occupando posto all’istante.
Si sedette in un angolino isolato, ottimo per poter starsene calmo senza attirare l’attenzione, proprio come desiderava.
Lui odiava avere troppi occhi puntati addosso; finiva sempre per sentirsi a disagio incontrollatamente e poi con l’arrossire vistosamente . Era imbarazzante.
Peccato che quel giorno il telefono fosse troppo scarico per concedergli d’ascoltare un po’ di musica ed evitare qualsiasi tipo di scocciatura o scocciatore.
Le cuffie erano un po’ come un “ Non disturbare” attaccato alla porta. Un messaggio non verbale che comunicava visivamente la voglia di stare soli, nel proprio mondo composto da pensieri e riflessioni. Era lì, in quel mondo, che Kyungsoo viveva.
La realtà era solo l’elemento che lo circondava e che per di più aveva il posto di componente peggiore. Do Kyungsoo non era infelice della sua vita. Kyungsoo era solo scontento del modo in cui la viveva.
Da amante smodato dell’ordine, della stabilità e dell’abitudine, prestabiliva in anticipo qualsiasi cosa per aver tutto sotto controllo, sentendosi poi come vuoto perché, sebbene cercasse la stabilità, in cuor suo sapeva d’aver bisogno dell’inaspettato, di uno scossone forte che lo facesse semplicemente vivere.
E a proposito di scossoni, ne ricevette seriamente uno anche se fisicamente.
Un ragazzo altro e magro era entrato all’interno del treno e , in tutta calma, si era avvicinato niente che poco di meno che a lui- il più serio dell’intera metropolitana- muovendosi poi l’aveva colpito un po’ malamente col braccio. Kyungsoo lo guardò, puntandolo coi propri occhi scuri.
Era davvero giovane, probabilmente doveva avere all’incirca la sua età. Anno più anno meno. Era alto e dal fisico asciutto, molto slanciato,e, come se non bastasse, era molto bello. Aveva un viso delicato, da bambino quasi, che stonava con il resto del suo corpo che contrariamente era da uomo. I capelli, inoltre, erano la cosa più bizzarra che avesse mai visto in tutta la sua vita.
Non avrebbe mai creduto di poter imbattersi in una persona simile. Erano multicolore, seriamente! Erano rosa, rossi, gialli canarino, verdi e blu.
Ricordavano come un’intricata spirale, un labirinto di sfumature l’una diversa dall’altra. Aveva borbottato qualcosa dopo l’urto. L’aveva sentito ma era stato talmente distratto da non aver capito nulla. Forse si era solo scusato, era probabile in quella circostanza, tuttavia non rispondere non gli sembrava proprio carino.
«Come scusa? » Fu l’unica cosa che buttò lì mentre si portava una mano alla nuca, piuttosto imbarazzato da tutto quel contatto visivo.
L’altro ragazzo teneva gli occhi puntati nei suoi con una tale intensità e serietà da fargli credere che desiderasse forargli il cranio. Se uno sguardo fosse stato in grado d’uccidere sicuramente si sarebbe potuto considerare trapassato da molto tempo.
Il ragazzo alto non rispose, limitandosi a prendere posto accanto a lui e ad ignorarlo come se fosse stato invisibile. Ma che diamine…
«Non mi sembri rotto. Quindi possiamo benissimo stare in silenzio e non sprecare fiato» Cominciò di colpo lo sconosciuto con un tono di voce alquanto piatto, lasciandolo senza parole.
Avrebbe potuto giurare d’aver intravisto una nota di fastidio nei suoi occhi scuri e stretti, talmente tanto da apparirgli difficili da fissare. Ma in tutta risposta la mandibola di Kyungsoo raggiunse il fondo del treno prima ancora che la sua mente riuscisse ad analizzare logicamente i fatti, anche se , in verità, una logica in quello non c’era.
«C-come prego? »

«Non sai dire altro? » Ironizzò il più alto, senza un minimo accenno d’espressione ma con ostilità. Era il volto più monotono che avesse mai avuto l’onore d’avere davanti: pallido e lungo se ne stava fossilizzato in una quietezza quasi irritante.

«Ti ho fatto qualcosa per caso? » Domandò tranquillamente Kyungsoo, infastidito da tutta quella gratuita scortesia che non pensava di meritare.

«Direi di no. Tu credi d’aver fatto qualcosa? »

D’accordo, sono seduto accanto a un pazzo psicolabile con profondi disturbi della personalità. Bisogna mantenere la calma. <
Ora doveva ricordarsi di spuntare la voce "incontrato psicopatico alla stazione" una volta arrivato a casa. «Non credo » Ribatté l'altro, voltando il capo e smettendo così di guardarlo.
Quello era l’unico modo per evitarlo, ignorarlo e far finta che non ci fosse.
«Bene»
«Bene» Decretarono insieme, dando inizio a un lungo momento di stallo, passato nel più totale silenzio.
Senza l’ausilio della musica e delle cuffie, Kyungsoo si sentiva quasi schiacciare e quel viaggio- che di solito gli era sempre sembrato accettabile- era diventato improvvisamente lungo, talmente tanto da dargli l’impressione di non finire più.
Niente poteva appoggiarlo, sostenerlo, quando intanto la stanchezza cercava di dominarlo, andando a braccetto col rumore cadenzato, pressappoco rilassante, della metropolitana che si muoveva interrottamente.
Si sarebbe addormentato, a testa china e con le cuffie vuote nelle orecchie, di quel passo se la voce bassa e monocorde di prima non l’avesse risvegliato di scatto.

«Com’è che ti chiami? » Aveva chiesto il suo vecchio e poco piacevole interlocutore che, sorprendentemente, era girato nella sua direzione e lo stava deliberatamene guardando con una sfacciataggine unica. Sul momento fu tentato di fingere di non averlo sentito, aveva le cuffie in fin dei conti, sarebbe stato probabile, ma poi fu preceduto e messo palesemente con le spalle al muro da una sola e imbarazzante frase.
«Lo so che mi senti. Il telefono si è spento se non l’avessi notato e- a giudicare dalla tua faccia- non lo hai notato» Con imbarazzo, tornò a ricambiare quello sguardo indagatore-che aveva cercato d’evitare prontamente- mentre tentava disperatamente di nascondere il senso d’imbarazzo che lentamente lo stava logorando da dentro.
Presto sarebbe esploso in un rossore apocalittico, esteso fino alla punta sensibile delle orecchie.
«Do Kyungsoo e D.O per gli amici, per te Kyungsoo »mormorò arrendevolmente, sentendosi un po’ sollevato una volta data la risposta.
«Oh Sehun. É un piacere di conoscerti D.O » Si presentò l’altro, accennando quello che forse sarebbe potuto essere un sorriso o …forse era una smorfia?Una colica? Insomma, fatto stava che aveva utilizzato il suo soprannome nonostante avesse fatto espressamente notare come non lo considerasse un amico, non contando che si “conoscevano” da circa una ventina di minuti e che il loro primo approccio non era stato dei migliori.
A quel punto Kyungsoo non aveva la più pallida idea di come quel discorso, se poteva definirlo così, potesse andare avanti e protrarsi per qualche altro minuto, se possibile, essendo che non sapeva che dire e niente di ciò che gli balzava alla mente era sensato.
«Piacere mio» Rispose un po’ fiacco sia nel tono che nell’espressione, privo di qualsiasi entusiasmo. L’unico a dimostrare un po’ d’interesse era quel, ormai non più sconosciuto, Sehun, che continuava a guardarlo e sembrava più sereno nella sua apatia costante.
«Frequenti l’università, non è vero? si vede lontano un miglio che sei uno studente. Io studio alla facoltà d’arte » Per qualche strano motivo non fu sorpreso nel sentire quelle poche notizie sul suo conto, in fin dei conti bastava guardargli la tavolozza di colori che aveva in testa.
Doveva proprio provare una forte passione per essere arrivato a tingersi in quella maniera. Ma,magari, non era il pazzo psicotico che credeva. Solamente affetto da disturbo bipolare, quello non glielo toglieva nessuno.
«Scusa per prima » Si scusò finalmente, con aria sinceramente dispiaciuta.
«Non è nulla, capita » Lo rassicurò Kyungsoo, provando ad accennare un lieve sorriso, giusto per non sembrare scortese dato che l’altro, o forse avrebbe dovuto dire Sehun, stava cercando d’essere gentile, mettendolo un po’ in difficoltà con quel cambiamento repentino.
«Non ti ho mai visto prima dalle parti della mia università..»
«Nemmeno io se per questo » Il più alto rise.
«Allora questa dev’essere proprio la prima volta che ci vediamo, non credo che se mi avessi visto ti saresti dimenticato facilmente di me»
«Molto probabile» Commentò il più basso e minuto, trasformando quell’accenno di sorriso in qualcosa di più sincero e spontaneo.


La discussione che nacque da quel momento fu alquanto originale. Lui e quel ragazzo parlarono un po’ di tutto. Scoprì che Sehun era più piccolo di lui, di circa due anni, e che aveva iniziato a frequentare i corsi universitari in quei mesi, affrontando una realtà che lo metteva in forte difficoltà.
Kyungsoo comprese immediatamente come fossero diversi tra loro, opposti in un certo senso, perché mentre lui si poteva definire come la personificazione della calma e del controllo, Sehun era la rappresentazione dell’inaspettato e dell'insolito. E avrebbe anche osato dire dello sbadato.
Avevano parlato un po’ dei loro rispettivi interessi: Kyungsoo si era espresso con naturalezza in quell’occasione, raccontando come la cucina fosse la sua passione più grande.
Il suo sogno era sempre stato quello di diventare un ottimo Chef e di sorprendere le persone attraverso ogni suo piatto. Quello che preparava doveva colpire la gente, lasciar un bel ricordo sotto forma di sapore e che fosse dolce o salato poco importava.
Sehun, invece, gli aveva detto d’essere un disastro ai fornelli, un pericolo pubblico quasi, e di mangiar di rado ciò che gli piaceva poiché- forse era un fattore ereditario-neanche sua madre era una grande cuoca.
Riflettendoci, non avrebbe saputo dire a nessuno come fossero riusciti a parlare così tanto, superando il suo carattere controllato e schivo e quello apparentemente indifferente di Sehun che, almeno inizialmente, era rimasto impassibile nella sua tipica espressione fredda ma che, sorprendentemente, era riuscito a tirargli le parole di bocca, martellandolo con domande e risposte curiose, rese strane all’udito solo dal suo tono di voce basso e piatto.
Nell’ascoltarlo, inoltre, si era reso conto di un suo difetto di pronuncia; aveva difficoltà nel dire la s, molto più sibilata del normale.
Alla fine doveva ammettere d’essere stato un po’ affrettato nel suo giudizio, d’essersi fatto prendere la mano, facendo il ragazzino infantile.
L’aveva malgiudicato. Sehun non gli stava sembrando poi così pessimo e ogni tanto, mentre dialogavano, l’aveva visto accennare persino un leggero sorriso.

Il tempo si era velocizzato in quegli ultimi venti minuti e aveva preso a scorrere più velocemente, portandoli entrambi al momento in cui si sarebbero dovuti separare.
«Penso di dover scendere adesso… » Notò il minore, sentendo l’intera metropolitana arrestarsi a quella che, secondo le sue previsioni, doveva sicuramente essere la sua fermata.

Una volta fermatosi il treno, Sehun si mise in piedi senza troppe difficoltà, voltandosi prime di procedere verso l’uscita mentre altri passeggeri si apprestavano a scendere, precedendolo.
Kyungsoo lo vide puntare quegli occhi indagatori sul suo volto e lì per lì non riuscì a capire cosa volesse, cosa stesse aspettando, ma poi il più alto aprì un paio di volta la bocca, boccheggiando indeciso fino a quando non riuscì a parlare.

«Sai, pensavo…»
«Cosa..»
«Mi piacerebbe imparare a cucinare, magari anche solo a scaldarmi il latte senza trasformare la padella in una pentola a pressione vicina ad un’esplosione di carattere nucleare, insomma.. ti andrebbe di darmi qualche lezione? Quando è possibile. Se vuoi ti lascio il mio numero » Gli occhi dell’altro si aprirono in un’espressione evidentemente sorpresa per l’inaspettata richiesta.
Cosa dire? Perché dire sì o perché dire di no? Era indeciso. Si stava cacciando in un guaio, il suo intuito personale parlava chiaro così come la sua faccia poco convinta.
Riflettendo ancora non riusciva a spiegarsi il motivo che in principio l’aveva spinto a essere così scorbutico nei suoi confronti, nonostante avesse pensato che fosse semplicemente lunatico, o qualcosa di analogo, tuttavia nella sua testa c’erano una serie di vorticose domande che esigevano delle risposte; risposte che, in ogni caso, Sehun non sembrava in grado di dare nella sua discreta imperturbabilità.
Forse però quella era l’occasione per far qualcosa di diverso, per conoscere finalmente qualcuno di nuovo dato che, in verità, Do Kyungsoo non aveva chissà che fantastica vita sociale e gli amici scarseggiavano.

«Non sei obbligato» Chiarì Sehun, facendo appena per allontanarsi, avendo interpretato quella sua indecisione come una risposta negativa.
«Aspetta un secondo»Mormorò il maggiore, chinandosi a raccogliere la borsa a tracolla che aveva accuratamente appoggiato accanto ai suoi piedi all’inizio del viaggio, prendendo dall’interno il primo pezzo di carta che gli capitava sotto tiro insieme ad una matita.

Gioendo interiormente, Sehun cominciò a dettargli in fretta i pochi numeri che componevano quello completo del suo telefono, felice di ricordarsi almeno una cosa a memoria ogni tanto, prima di dileguarsi con un saluto composto.
Do Kyungsoo rimase seduto al suo posto mentre lo vedeva uscire e sentiva la metropolitana ripartire una volta che ogni sportello si fu chiuso, e mentre stava riponendo il bigliettino che il ragazzo gli aveva dato nella tasca dei suoi jeans, con la promessa di salvare il numero sul suo cellulare non appena fosse tornato in vita, riprese a osservare ciò che gli scorreva velocemente davanti a gli occhi, proprio come aveva fatto prima dell’arrivo di Sehun, aspettando di arrivare a sua volta verso casa.
Un po’ scombussolato rimuginò sulla sua intera giornata e su come fosse stata insolita con un sorriso inconscio che gli si formava sulla bocca.












«Quindi…hai fatto colpo eh? Ma bravo il mio Kyungsoo! Inizi a darti da fare. E io che credevo che saresti morto vergine.» La voce di Park Chanyeol si diffondeva forte tra le pareti del piccolo locale che, assieme all’immancabile Do Kyungsoo, aveva scelto per quella seratina tra amici, attirando così – in una maniera esageratamente imbarazzante- l’attenzione di buona parte dei presenti.

«La vuoi smetterla di urlare? Ci guardano tutti e vorrei evitare che mezza Seoul venisse a conoscenza della mia scarsa attività sessuale, se non ti dispiace»
«Inesistente, vuoi dire »
«Piantala » Ripeté autoritario il più piccolo, serio come non mai mentre sentiva le guance diventare rosse sotto gli sguardi perplessi dei presenti.

Dalla volta in cui aveva incontrato Sehun, lo sconosciuto dai capelli arcobaleno, nella metropolitana erano passati una serie di giorni, uno più impegnato dell’altro, e non lo aveva ancora contattato come promesso, lasciando che il tempo passasse.
Purtroppo, e Kyungsoo avrebbe dovuto immaginarlo, l’università non gli dava tregua, così come le cose da fare a casa, e alla fine, ogni volta nonostante si ripetesse di ricordarsi, lasciava perdere e se ne dimenticava o , molto semplicemente, non trovava il coraggio per inviargli anche solo un messaggio. Si chiedeva ancora quale forza mistica segreta l’avesse spinto ad accettare quella folle proposta.

« Quante storie, quante storie. » Sventolò una mano per aria Chanyeol, con nolachanche, nel suo solito atteggiamento rilassato.

Park Chanyeol era uno dei suoi migliori amici, tra i pochi che frequentava per la verità, che conosceva praticamente da quando erano stati ragazzi.
Avevano frequentato le superiori assieme e, sebbene avessero due filosofie di vita totalmente differenti, avevano sempre mantenuto buoni rapporti. Chanyeol era uno dei ragazzi più solari e allegri che Kyungsoo avesse mai conosciuto e , nonostante spesso lo facesse arrabbiare come poche persone, superando persino le capacità di suo fratello maggiore, sapeva di volergli un mondo di bene. Spesso si rendeva conto che non sarebbe riuscito ad andare avanti se non ci fosse stato. Loro insieme a Jongin, un altro suo amico di vecchia data, erano un po’ come fratelli.
«Quando hai intenzione di contattarlo? Invecchierà di questo passo e poi ti scaricherà, non funziona così nel corteggiamento. La tattica del “Se mi eviti ti voglio di più” è scientificamente inutile » Aggiunse il ragazzo spropositatamente alto e dalla voce scura, annuendo con aria di chi la sa lunga mentre andava a sorseggiare un po’ della sua cioccolata calda. Kyungsoo sospirò, arreso.
Non sapeva come mettere ben in chiaro nella piccola mente del suo amico che tra lui e, ormai lo chiamava per nome,
Sehun non c’era nulla che potesse accostarsi alle parole “ accoppiamento” “corteggiamento” “relazione” anche se avrebbe dovuto capire che nella sua povera testa – gestita da una scimmietta con dei piattini – non ci fosse niente che andasse oltre a tentativi d’abbordaggio.
«Prima di tutto sono passati solo pochi giorni»

«Una settimana» lo corresse prontamente.

«Una settimana.. » riprese a denti stretti l’altro, guardandolo male « e non c’è nessun proposito malizioso. Vuole semplicemente che gli insegni a cucinare »
«Sì certo. Credici. Sei così ingenuo, Kyungsoo» Lo vide roteare gli occhi e scuotere lentamente la testa con fare rassegnato.
«Tu non li cogli certi messaggi. Tu non conosci il linguaggio criptico dell’amore! » Esclamò teatralmente Chanyeol, gesticolando e muovendo la testa da una parte e dell’altra, seguendo quasi i movimenti delle sue mani. Kyungsoo lo fissò accigliato.

«Affascinante. » Riprese ironico, sentendo improvvisamente il bisogno di scivolare sotto il tavolo e di sparire prima che qualche cameriere li cacciasse fuori a calci dal locale perché spaventavano gli altri clienti.
Kyungsoo lo guardò perplesso.

«Ma per fortuna tu hai me! Io sì che posso aiutarti» A quella frase iniziò a sudare freddo. Tirava una brutta aria. Tutte le volte che Park Chanyeol se ne usciva con quella frase succedevano cose dell’altro mondo.

« Chanyeol.. ecco.»

«Sh, non ringraziarmi. Lo faccio volentieri per te» Io no però.

«Chanyeol, davvero, non è necessario che tu-» Si bloccò quando il più grande gli posò un dito sulla bocca, facendogli segno di stare zitto.

La situazione stava lentamente precipitando e Kyungsoo si stava facendo prendere dal panico nel ricordo di ciò che accadeva tutte le volte che il suo amico provava a rendersi utile. Non che facesse le cose con cattiveria o di proposito, semplicemente creava danno ovunque provasse a riparare.
Era socialmente pericoloso, tutto qui.

« Perché ora non gli telefoni? Gli mandi un messaggio e via. » Propose entusiasta, battendo le grandi mani all’idea.

« Stai scherzando spero… »

«Mai stato più serio» e purtroppo lo era davvero. Kyungsoo non voleva telefonare a Sehun, tanto meno parlargli a voce, nell’imbarazzo perenne che lo attanagliava sin da quando si era trovato addosso quella responsabilità. Immaginava che ignorandolo avrebbe fatto una figuraccia, come minimo, avendo acconsentito quel giorno in metropolitana. Magari Sehun si aspettava che lo invitasse presto per iniziare con le lezioni e lui, invece, si era volatilizzato.
Complimenti Kyungsoo, cento punti per il comportamento affidabile e maturo.Si disse ironico, tra sé e sé, staccandosi dalla realtà e da Chanyeol che continuava a farneticare da solo per qualche istante. Fu sufficiente poco, forse qualche secondo, per permettere al più alto di condannarlo a quello che sarebbe stato il momento più imbarazzante che avesse mai vissuto dopo la cerimonia del diploma, giorno in cui era caduto davanti a mezzo istituto e corpo docenti.
Chanyeol, resosi conto del suo momento di distrazione, ne aveva approfittato e gli aveva gentilmente preso il cellulare, lasciato ingenuamente incustodito sul tavolino del locale.
Gli occhi già grandi di Kyungsoo si spalancarono non appena l’altro si mise in tutta calma a digitare sullo schermo quello che probabilmente era un messaggio da inviare a un destinatario che entrambi conoscevano e del quale avevano parlato.
Cercò di riprenderlo, sbraitando e agitando le mani come un uccello impazzito e tutto paonazzo in volto mentre l’altro, probabilmente divertito, continuava a scrivere con un sorriso a trentadue denti stampato sulla faccia.
«Inviato!» Esclamò trionfante, poggiando l’arnese sul tavolo fino a farglielo scivolare davanti a gli occhi ansiosi.

Kyungsoo l’afferrò tremante, andando velocemente alla ricerca di ciò che gli interessava tra la lista dei pochi messaggi inviati di recente. Lo trovò in fretta e ne fu sollevato, soprattutto quando si rese conto che il contenuto non fosse chissà quanto compromettente. Si trattava di un invito cordiale , accompagnato da delle scuse, per vedersi..

«DOMANI SERA???» Sbottò terrorizzato, con le palpitazioni.
Lo avrebbe ucciso, come minimo. Park Chanyeol non sarebbe uscito da quel cafè con tutti gli organi e arti a loro posto.

«Non urlare, ci guardano tutti!» Lo imitò giocosamente, facendogli segno di rilassarsi.

«Chi ti dice che io domani non abbia da fare?»

«Tu hai sempre da fare, indipendentemente dal giorno, Kyungsoo. Ergo, oggi o domani non cambia nulla.» Disse con quietezza, facendogli notare come effettivamente il ragionamento filasse.
Doveva ammettere che, fastidioso o meno che fosse, non aveva tutti i torti a parlare in quel modo.
Con la scusante dell’essere occupato, dei continui impegni, avrebbe rimandato, rimandato e rimandato ancora, fino a quando probabilmente Sehun non si fosse messo l’anima in pace, dimenticandosi totalmente del loro incontro.
« Uh, guarda. Ti ha risposto» Chanyeol indicò il suo cellulare con l’indice, mostrandosi impaziente di sapere, praticamente quanto lui.
In agitazione, smettendo di dargli troppe attenzioni, prese nuovamente il telefono in mano, andando , una volta acceso il display, tra i messaggi ricevuti. Seguì la lunga lista e si soffermò su ciò che gli interessava, toccando l’icona con un dito. Lesse , apparentemente con calma, in modo da evitare ulteriori spettacoli, mentre sentiva l’agitazione crescere ad ogni parola che incontrava con lo sguardo.
Sehun era stato veloce e coinciso, proprio come se lo era aspettato, ma, con sua grande sorpresa, aveva accettato tranquillamente quello che Chanyeol gli aveva inviato poco prima.
«Beh.. cosa dice?»

«Che ci vediamo domani….» Mormorò, pensando a come sarebbe stato ritrovarsi faccia a faccia e a cosa avrebbero dovuto preparare insieme.


« Call me Cupido~»

« Risparmiami , ti supplico » Sussurrò il giovane Kyungsoo, con aria da vittima, mentre , senza forze per la lunga giornata e pensieroso, finiva di bere la sua di cioccolata calda, che ormai tanto calda non era.
Si accorse solo in quel momento che, sfortunatamente, a Seoul aveva preso a piovere.












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