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Autore: Keros_    22/07/2013    4 recensioni
[Future!Seblaine]
Blaine, dopo anni di matrimonio con Sebastian e aver messo su una famiglia, decide di divorziare dal marito a causa di un tradimento subito da quest'ultimo. Così va a vivere con suo fratello Cooper e la sua compagna Elizabeth, facendo fare ai bambini avanti e in dietro da una casa all'altra; ma affrontare un divorzio non è mai così facile come si pensa, sopratutto se si provano ancora dei sentimenti profondi verso colui che dovrebbe diventare l'ex.
Abbiamo: Cooper che è stufo d'avere il fratello in giro per casa, Elizabeth che non ne può più di ascoltare i suoi monologhi depressi, Grant che è furioso con entrambi i genitori, Juliette che vuole la felicità dei due uomini, Sebastian che decide di riconquistare Blaine, Tony innamorato di Sebastian, John che vorrebbe creare una relazione con Blaine e quest'ultimo che vorrebbe continuare ad andare avanti con il divorzio.
Ma lo sappiamo tutti, ottenere ciò che si vuole non è mai così facile.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 14

 

 

Quella mattina si alzò stranamente di buon umore.

Sarebbe stata una grande giornata, se lo sentiva. Non c’era un vero perché, lo sapeva bene, ma dopotutto confidava nel il suo sesto senso femminile. Che poi si sa, sono le sensazioni quelle che contano davvero. 

Elizabeth non sapeva spiegarsi perché, ma quel giorno sembrava speciale, senza un motivo valido. O forse sì. Con Blaine non parlava da giorni, Grant e Juliette erano già a scuola e non l’avevano nemmeno svegliata litigando e Cooper era già alle prove. 

Certo, avrebbe voluto passare un po’ più di tempo con lui avendo la casa libera, ma non se ne lamentava, finalmente si era svegliata rilassata dopo mesi, il sole spendeva fuori dalla finestra e quel giorno doveva solo andare in pasticceria per ritirare la torta per il party del piccolo Timothy Logan per cui stava organizzando il sesto compleanno, portarla lì e controllare che  la location fosse addobbata come aveva previsto; fare la organizzatrice di eventi, alcuni giorni, era davvero rilassante. 

Si alzò sulle punte per riuscire ad afferrare il pacco del caffè sulla credenza, poi lo aprì e con il cucchiaino ne mise la giusta quantità nella caffettiera; nonostante le lamentele di Cooper e Blaine riguardo la sicurezza e la bontà del caffè delle macchinette, lei preferiva il metodo tradizionale e soprattutto adorava quando per la cucina si sollevava il profumo della bevanda. 

Lasciò la caffettiera sui fornelli e camminando scalza si diresse all’ingresso per frugare all’interno della sua borsa cercando il telefono, che trovò poco dopo. La prima cosa che controllò fu se c’erano messaggi o chiamate perse; e con grande stupore si accorse che Cooper le aveva mandato un tenero buongiorno e la ragazza che aveva incaricato per i palloncini l'aveva chiamata qualche ora prima, forse per un inconveniente. 

Guardò velocemente l’orario, strabuzzando gli occhi quando si accorse che erano di già le undici passate e senza pensarci due volte rispose al suo compagno, prima di comporre il numero di Marika. 

“Pronto?” La voce della ragazza arrivò dritta e squillante alle sue orecchie.

“Ciao Marika, sono El, ho trovato una chiamata persa nel cellulare da parte tua, è successo qualcosa?” 

“Ohi buongiorno, scusami per prima se ti ho disturbata, ma è successo un casino!”

Lei strabuzzò gli occhi a quelle parole, facendo un respiro profondo; la festa per quello stesso giorno. “Cosa intendi per casino?”

“Beh.. ecco..” tentennò la ragazza dall’altro capo del telefono ed Elizabeth riuscì ad immaginarla nello spostare il peso da una gamba all’altra per l’imbarazzo. “Sai che ogni tanto porto Jasper qui in negozio, no?”

Eccome se lo ricordava, quello stramaledetto gatto bianco era il suo acerrimo nemico. Gliene combinava sempre di tutti i colori quando andava dalla sua proprietaria per ritirare i palloncini e i festoni; parecchie volte le era saltato addosso da sopra le travi in legno del soffitto, altre le aveva strappato i collant nel disperato tentativo di graffiarla e altre ci era davvero riuscito. Era difficile non ricordarsi di quell’ammasso di pelo. 

“Certo, lo ricordo benissimo,” rispose, enfatizzando un po’ di più nell’ultima parola. 

“Beh ecco.. sai che solitamente è dolcissimo e calmo ma..”

“Ma?” La sollecitò Elizabeth, con una bella dose di panico nella voce. Dal tono che stava utilizzando Marika per esprimersi, doveva essere qualcosa di grave. 

“Stamattina l’ho portato in negozio ma poi è passato Mark e mi ha chiesto di prendere un caffè insieme. Tu sai quanto sono stracotta di lui, così gli ho detto di sì e ho lasciato Jasper da solo.”

El spalancò gli occhi mentre sul suo cervello faceva due più due e in quel preciso istante si ricordò di quanto odiasse tutte quelle ragazzette che avevano la metà dei suoi anni: erano così ingenue. 

“Marika, ti prego, dimmi che non ha fatto scoppiare tutti e dico tutti i palloncini.” 

“…Sono sicurissima che non l’ha fatto per male.”

Maledetto gattaccio.

“Dimmi che avevi già qualche altra decorazione pronta per qualche altro compleanno.” 

“In verità no..” 

“Come diamine facciamo?” Sbottò infine, non riuscendo più a trattenersi. Le decorazioni in una festa sono una delle cose principali, soprattutto in quelle a tema come quella per Timothy. Doveva trovare un modo. 

“I-io credo di poter rifarne qualcuna.. ma ha distrutto anche altre cose… credo d’aver bisogno di un tuo aiuto.”

Elizabeth respirò a fondo, cercando di non farsi prendere dal nervoso. In fondo la pagava profumatamente per ogni ingaggio, le voleva bene, lavoravano quasi sempre assieme, e ovviamente non sarebbero mai arrivate a rifare le decorazioni per una festa con tema i pirati e per più di sessanta invitati. Perché sì, anche una festa di compleanno di un bambino di sei anni, a New York, diventava uno splendido evento mondano. 

“Il tempo di vestirmi, prendere un taxi e sono da te.”

“Perfetto, io sono già a lavoro.” 

“A dopo,” detto questo chiuse la conversazione, battendo in piede per terra. 

Odiava i gatti. 

Però, volendo, la missione non era impossibile; faceva quel lavoro da quasi vent’anni, aveva organizzato feste, matrimoni, ogni tipo di feste per sacramenti religiosi, party lavorativi, serate di beneficenza con cui aveva avuto molti più problemi ed erano riusciti alla grande, quindi non c’era niente di cui aver paura. 

Marika era una ragazza in gamba, aveva ventidue anni ed è concesso essere un po’ ingenui e imbranati, ma aveva anche una gran voglia di fare e soprattutto era piena di risorse; e in qualche modo ce l’avrebbero fatta. 

Elizabeth annuì convinta ai suoi stessi pensieri, prima di riguardare lo schermo del cellulare per cercare di chiedere aiuto per quella situazione a Cooper e a qualche suo dipendente; e in quel momento arrivò proprio un messaggio da parte del suo compagno. 

“Da: Cooper <3 
Amore, visto che sei a casa potresti prepararmi la valigia? Basta che mi metti dentro soltanto dei pantaloni , maglioni per cinque giorni. Mi sono dimenticato di dirti che oggi parto per girare uno spot. Grazie <3”

Perché ovviamente Cooper si dimenticava di dirgli una cosa così importante e gli chiedeva pure di preparargli la valigia. Un classico. Perché aveva scelto di stare con uno con la stessa memoria di un pesciolino rosso? 

Per: Cooper <3
Vedrò che posso fare, oggi è un casino.”

Dopo aver digitato e invitato il messaggio, Elizabeth tornò in cucina con la testa china ancora sull’apparecchio elettronico, cercando di trovare qualche suo dipendente che non fosse già impegnato con qualche altro evento, appuntandosi mentalmente di arrabbiarsi con Cooper quando ne avesse avuto il tempo. 

Elizabeth gestiva e dirigeva una piccola agenzia eventi che aveva da più di sette anni in collaborazione con altri due sue amici; Philip felicemente in vacanza all’estero ed Emily si stava già occupando d’organizzare un’altra festa dall’altra parte della città, già impegnatissima fino al collo, però decise di chiederle lo stesso una mano. 

Appena entrò nel vano, però, la puzza di bruciato le invase le narici, facendola tossicchiare. Alzò gli occhi e vide il caffè tutto colato sui fornelli, un leggero fumo nero che aleggiava nella stanza. 

Una grande giornata, sì. 
 
 
 
 
*
 
Elizabeth uscì da casa venti minuti dopo con i capelli attaccati malamente a una coda alta da dove uscivano parecchi ciuffi, la gonna blu a vita alta le stringeva la stomaco – l’aveva afferrata dall’armadio senza nemmeno guardare e indossandola si era dimenticata che alcuni giorni prima aveva sbagliato il lavaggio e adesso era di una taglia più stretta - i tacchi le stavano già facendo male ai piedi e la borsa era anche parecchio pesante, dato che non aveva avuto nemmeno il tempo di svuotarla di tutte le cose in più di cui non aveva assolutamente bisogno. 

Aveva anche frugato in giro per casa alla ricerca delle chiavi della macchina, ma non ne aveva trovato nessuna traccia; così aveva deciso di prendere un taxi  se non fosse stato che quella mattina sembrava del tutto invisibile agli occhi di tutti: tre persone erano andate a sbattergli contro e aveva tenuto il braccio alzato per tre minuti di fila senza che nemmeno una dannatissima macchina gialla si avvicinasse a lei; poi, quando finalmente un tassista si decise ad accostare al marciapiede, eccolo lì il ruba taxi di turno. E certo, doveva pure aspettarselo. 

Mandando maledizioni a destra e a manca e, soprattutto, a ogni essere vivente sulla faccia della terra, decise di camminare a piedi, tanto per fare due passi fino a una qualsiasi entrata per la metro; ma ovviamente le stazioni che servivano a lei erano bloccate per lavori di manutenzione. Scontato. 

E se di mattina, affacciandosi alla finestra, aveva pensato che quel cielo azzurro e quel sole splendente erano un toccasana per quei giorni di stress, Elizabeth fu costretta a ricredersi: c’era un caldo infernale; e mentre camminava a passo spedito tra i passanti indaffarati, non faceva altro che sudare e lei odiava sudare e sentirsi sporca. 

Quando sentì una piccola gocciolina di sudore partire dall’attaccatura dei capelli e scendere da dietro l’orecchio sinistro, lungo tutto il collo, decise di fermarsi e togliersi la giacca. La stava sfilando da una manica quando il cellulare iniziò a squillare. 
Brontolò qualcosa e restando con un braccio incastrato, l’altro lo infilò dentro la borsa. Prese l’apparecchio  elettronico e senza pensarci troppo rispose. 

“Pronto?”

“Elizabeth, c’è un problema.”

Si, aveva proprio bisogno di sentire quella frase in quel momento. 

“Che è successo?”

“Uno dei due ragazzi che avevano dato la disponibilità per fare gli animatori ha la febbre e non ho nessun altro che possa sostituirla.” 
Calma, calma, calma. Avrebbe trovato qualcun altro, non era la fine del mondo. 

“Sai sicuro di non poter trovare nessuno?”

“Purtroppo no, nessuno è disponibile per oggi, avrei dovuto dirglielo prima, ma la ragazza me l’ha comunicato solo questa mattina.”

“Ok. Bene.” Rispose secca lei, visibilmente irritata e lui piagnucolò qualche scusa indistinta dall’altra parte della cornetta. “Non potresti farlo tu? Sei un capo animatore dopotutto.”

“Serve una ragazza, io non posso indossare un vestito del genere!” Controbatté Gordon e Elizabeth avrebbe tanto voluto offenderlo dicendogli che effeminato per com’era, con parrucca e vestito, nessuno si sarebbe accorto che era un uomo in realtà; ma si trattenne, mordendosi la lingua. 

“Tu sei sicuro di non aver-aspetta mi è arrivato un messaggio,” rispose, staccando la frase a metà per comunicargli la nuova notizia quando sentì un piccolo “bip”. Allontanò il cellulare dell’orecchio e guardò lo schermo del cellulare, aprendo il nuovo messaggio.

“Da: Cooper <3 
El, mi metti in valigia anche il maglioncino quello color porpora che mi ha regalato Blaine la settimana scorsa perché aveva sbagliato a prendere la taglia e anche la giacca grigia che ho utilizzato per quando siamo andati al compleanno di Adele? Sono nelle cose sporche. Grazie amore, non saprei cosa fare senza di te <3 
Mi raccomando, lavali a mano, sennò si rovinano!”

 
Elizabeth sbraitò sonoramente e stava per riportare il cellulare all’orecchio quando un gentilissimo uomo d’affari sulla sessantina andò a sbattere contro il suo braccio, quello in cui reggeva la borsa, facendogliela cadere a terra, per poi continuare a camminare senza nemmeno voltarsi a guardarla o domandarle se aveva bisogno una mano. 

Sbraitò di nuovo, insultando quell’idiota per poi constatare che tutti i suoi vari oggetti personali erano finiti sul marciapiede. 

“El, tutto apposto? Perché pensandoci, l’animatrice potresti farla tu!”

Lei si limitò a guardare il cellulare con uno sguardo assassino. 

 
 
 
 
*


“Elizabeth, sei andata a prendere la torta?”

“La torta?” Ripeté con il panico della voce, posando la borsa sulla sedia. 

“Si, la torta! La pasticceria non ti ha chiamata?” 

Brutto presentimento. Bruttissimo presentimento. Senza far capir nulla, scosse il capo con non-calanche lasciò anche la giacca sulla sedia e cercò di togliersi i tacchi. Ancora non ci credeva d’averci corso per New York, averci fatto venti minuti di metrò tra un cambio e l’altro, per arrivare in negozio solo in quel momento. 

“Beh, forse dovresti chiamarli..” le consigliò Marika, prima di allontanarsi da lei il più presto possibile, ed Elizabeth capì che non avrebbe mai retto un’altra brutta notizia. 

“So che ci hai già parlato,” continuò lei, seguendola nel retrobottega dove la ragazza era solita fare le decorazioni che le venivano chieste.
“Che ti hanno detto?”

Lei rimase in silenzio, facendola irritare ancora di più. Aveva bisogno di sapere.

“Marika..” la supplicò, inclinando la testa da un lato. 

“Hanno sbagliato i chili della torta,” mormorò lei in risposta, tornando a gonfiare i palloncini.

“Non sei seria, ti prego, dimmi che stai scherzando.” 

Marika scosse il capo in risposta. 

“Seppelliscimi viva e svegliami direttamente tra due settimane quando anche le lamentele degli ospiti saranno scomparse nel nulla,” piagnucolò Elizabeth, portandosi le mani a coprirsi il viso come se con quel gesto potesse davvero proteggersi da tutto quello che stava accadendo. 

Poi aprì di poco le dita, così da poterci vedere attraverso e chiese: “ti quanto hanno fatto la torta?”

“Ottanta chili.” 

“Ottanta chili?” Chiese sull’orlo di una crisi nervosa. Non ci poteva credere, davvero non ci poteva credere. Sicuramente le stava facendo uno scherzo di davvero pessimo gusto perché non poteva davvero essere vero. Ottanta chili di torta; poteva darla a un esercito, era l’unica soluzione, quella migliore. Il vero problema però non era a chi darla, era come pagarla. Ottanta chili di torta equivalevano a più di mille e duecento dollari. 

Stava per svenire, ne era sicura. 

“M-Mi stai prendendo in giro!?” Disse poi, sperando davvero in un risposta affermativa, ma purtroppo era tutto vero. 

“Insisto: dovresti chiamare alla pasticceria.” 

Elizabeth batté un piede scalzo sul pavimento, prima di tornare indietro a prendere il cellulare. 

 
 
*
 

 
Da: Cooper <3 
Elizabeth, purtroppo non possiamo pranzare insieme, ho le ultime prove prima di partire. Ti dispiace se saltiamo? Sapevo che avresti detto di si. Sono sicurissimo che mi ami da morire, però se me lo ripetessi non sarebbe male.. oggi sei fredda e mi hai risposto male :’(..  


Da: Cooper <3
Ah, mi prenderesti anche le scarpe eleganti lucide? 

 
Per: Cooper <3
Non mi sembra che tu sia stato tutta questa dolcezza, però. 

 
Da: Cooper <3
Ma lo sai che ti amo <3 
Metti anche la camicia bianca con il colletto nero..

 
Per: Cooper <3
Coop, non sono a casa, fattela da solo la valigia!

 
Da: Cooper <3
:O 

 
Da: Cooper <3
Pensavo ti facesse piacere avere l’onore di ordinarmi i vestiti per la mia partenza. Ma certo, anche tu stai complottando contro di me come le riviste di gossip. 

 
Per: Cooper <3
Farò finta di non aver letto NULLA di ciò che hai scritto. E poi non ho capito dove devi andare e perché. 

 
Da: Cooper <3
Sei gelosa?

 
Per: Cooper <3
-.-

 
Da: Cooper <3
Fai bene! Lì ci saranno un sacco di belle ragazze con il fisico da urlo. 

 
Da: Cooper <3
L’ho fatta grossa questa volta, vero?

 
Da: Cooper <3
L’ho fatta decisamente grossa. Però promettimi che i pantaloni azzurri in valigia  me li metti lo stesso!

 
Per: Cooper <3
No, ti metto quelli viola. 

 
Da: Cooper <3
NO, quelli viola NO.

 
Per: Cooper <3
Si. Quelli viola SI. 
 

Inviato l’ultimo messaggio, Elizabeth ghignò soddisfatta. Almeno per lui aveva avuto la sua rivincita. 

Poi, sbuffando, si preparò a ricevere un’altra lunga e dolorosa telefonata. 

 
 
 
*

“Elizabeth?”

“Si?”

“Hanno pure detto d’aver rotto il camioncino e non sanno come portarti la torta.” 

“Devo andare a prenderla io, è questo che vuoi dirmi?”

“Si, ma qualcuno verrà con te per aiutarti a caricarla e scaricarla!” 

“Hai qualcuno che ti aiuterà a finire tutto in tempo?”

“Potrei chiedere a Mark di darmi una mano..”

“Marika, confido in te. Se non riesco a tornare, ci vediamo alle quattro alla location.”
 
 
*



El non riuscì a tornare al negozio per dare una mano a Marika, come non riuscì a trattenersi nell’imprecare addosso al proprietario della pasticceria quando arrivò lì e con il fattorino che restò a bocca aperta quando la vide arrivare nel suo vestito argenteo pieno di brillantini che le strisciava a terra, la fascia dello stesso tessuto tra i capelli e i tacchi che le facevano un male cane. 

Ancora doveva capire perché diamine Gordon usasse quel tipo di costumi per i suoi dipendenti. Una spada e una bandana evidentemente non gli andavano bene, doveva pure inscenare scene come 'il pirata che rapisce la principessa.'

Senza ulteriori intoppi, se non cinque minuti buoni in cui ebbe dovuto spiegare a Harry, un amico di Marika che aveva un camioncino a disposizione, dove si trovava il locale, arrivarono a destinazione e proprio mentre i due uomini scaricavano la torta, Elizabeth ricevette un messaggio.

Da: Sconosciuto 
Entrate dalla sala posteriore. 

 
Elizabeth preferì non fare ulteriori domande e sperando che almeno il catering non avesse combinato qualche disastro fece come le era stato scritto nel messaggio. Per poi entrare all’interno della grande sala per metà buia a causa dei raggi del sole che ne illuminavano solo una parte e restare a bocca aperta per l’enorme quantità di palloncini alti mezzo metro sparsi per tutto il pavimento e alcuni che scendevano pure dal soffitto. All’interno sembrava non ci fosse nessuno, tutte le decorazioni erano dello stesso colore del vestito che indossava. 

Harry e il ragazzo posarono l’enorme torta a più piani a terra, al centro della sala, ma Elizabeth non ebbe nemmeno il tempo di chiedergli il motivo di quella decisione che avevano già fatto e il ragazzo la privò pure dello scatolone.

E proprio quando stava per ribellarsi, le persiane delle vetrate da cui entrava la luce si abbassarono di scatto, lasciando per qualche istante il vano nella più completa oscurità, poi si accese un faretto bianco, dritto su Elizabeth, che con i brillantini del vestito sembrava emanare luce propria. Aguzzando la vista, proprio accanto al faro, c’era Cooper vestito da pirata con un microfono in mano. 

“Ma che-?”

“Salve donzella, è inseguita da brutti pirati che cercano di derubarla?” Chiese guardandola con tenerezza, stringendo in una mano una corda che era appesa ai fari che servivano per illuminare la stanza per le feste. 

Lei lo guardò stranita per qualche istante e, dimenticandosi di tutti i problemi che l’avevano afflitta durante la giornata e quelli ancora da risolvere, decise di stare al gioco. “Oh si, ma non è anche lei uno di loro?”

“Oh no, io sono qui per salvarla,” rispose lui, salendo sulla ringhiera e facendo preoccupare immensamente Elizabeth, che però rimase composta. “Sempre se mi è concesso.” 

“Si che lo è,” rispose lei ridacchiando, non sapendo d’aver dato il segnale a Cooper per saltare.

Lei sbiancò di colpo, aprendo la bocca e portandosi due mani su di essa per coprirla, pregando silenziosamente; Cooper invece strinse la corda con due mani e scivolò giù verso di lei e stava per compiere un atterraggio, perfetto se non avesse messo il piede male, cadendo a terra di fondo schiena. 

La stanza si riempì di piccoli risolini ed Elizabeth capì che non erano soli; si sarebbe pure unita a loro per ridere se Cooper non stesse imprecando in quel modo. Così trattenne una risata e tentò di avvicinarsi a lui, ma questi non glielo permise, dicendole di restare lì dov’era prima di alzarsi in piedi a tentoni. 

“Bene,” disse l’uomo, schiarendosi la voce, dirigendosi verso la sua compagna, ma guardando in giro con circospezione. “Bene,” ripeté convinto, alzando il tono della voce per farsi sentire da qualcuno che evidentemente non gli stava dando retta. “Mi sto avvicinando alla fanciulla. Colei che deve essere salvata.” 

A quel punto, la torta iniziò a muoversi pericolosamente ed Elizabeth la guardò spaventata, facendo qualche passo indietro;  poi si ruppe da un lato e si aprì una piccola porticina larga mezzo metro, da dove uscirono altri due ragazzi, vestiti anch’egli da pirati. 

E beh, certo, se lo doveva immaginare che da una torta di ottanta chili, che poi sapeva erano di più, alta quasi due metri e lunga quasi tanto quanto, doveva uscirci qualcuno; cose da tutti i giorni, dopotutto. Normale. 

Gli altri due si voltarono verso Cooper e sguainarono la spada di plastica, pronti ad attaccarlo e lui fece la stessa cosa, avvicinandosi a loro con passo deciso. Elizabeth scosse la testa divertita e in quello stesso istante i tre iniziarono a combattere. 

Lei sapeva di doversi chiedere il perché, di quella, che molti, avrebbero definito soltanto una grossa pagliacciata, ma la sua mente non smetteva un attimo di pensare a quanto Cooper fosse stato tenero, stupido allo stesso tempo e oltremodo romantico senza un motivo ben specifico. 

Si perse a guardarlo mentre colpiva in pieno stomaco uno degli altri due pirati; era davvero bello sotto quella luce abbagliante, con un occhio coperto dalla benda, i capelli tirati all’indietro e la fronte corrugata per ricordarsi quella che sicuramente era una coreografia ben progettata. 

Restando a contemplarlo non si accorse nemmeno che Cooper aveva battuto anche l’altro pirata fin quando non si girò a guardarla e le sorrise dirigendosi verso di lei. Istintivamente trattenne il respiro, restando incantata da tutta quella bellezza. 

“Posso chiederle questo ballo?” Chiese lui quando le fu vicina, tendendole la mano.

“Non sapevo che i pirati si dedicassero alla danza,” incalzò lei, tendendogli la sua mano e facendo un passo avanti. 

“Di tanto in tanto,” rispose lui, alzando le spalle, “quando non saccheggiano si dedicano anche ad altro.” Le mise una mano su un fianco, stringendola a se, prima di chinarsi su di lei per baciarle la guancia mentre le note di 'When you look me in the eyes' si sollevavano nell’aria. 

Cooper fece un passo indietro mentre Blaine iniziava a cantare, conducendo Elizabeth nel ballo. 

“Ricordi quella sera quando abbiamo parlato a letto dopo aver fatto l’amore?” 

Elizabeth aggrottò le sopracciglia a quella domanda, cercando di fare mente locale; l’ultima volta che erano andati a letto insieme e poi avevano parlato era stata la sera precedente ma non avevano parlato un granché perché erano troppo stanchi, poi qualche giorno prima.. ma non erano a letto. E poi.. la verità è che parlavano sempre dopo aver fatto l’amore, ma per non sembrare insensibile agli occhi di Cooper rispose con un: “vagamente.”

“Oh, si certo..” Commentò lui, visibilmente a disagio. Evidentemente si aspettava una risposta positiva. “E-e.. ti ricordi che poi.. aspetta com’era?! Ah si, che abbiamo parlato di Blaine e il suo rapporto con Sebastian?”

“No,” rispose lei con altrettanto disagio, non sapendo bene cosa dire mentre cercava di non cadere nonostante il vestito le si fosse impigliato nel tacco. 

“Del loro matrimonio..?” Azzardò a quel punto Cooper, cercando di farle ricordare qualcosa.

“Oh si! Certo che lo ricordo, per chi mi hai presa? E’ stato perfetto tutto sommato, il catering è stato fantastico, le decorazioni-“

“Elizabeth non ti stai attenendo al copione!” La rimproverò secco, prima di cambiare direzione per fare un giro su loro stessi. 

“Che copione?” Chiese accigliata, sentendo la rabbia montarle dentro. Se era un'altra delle sue prove per i provini poteva davvero ricominciare a definirsi single. “Se ti riferisci a quello del provino in cui ti avevo promesso di aiutarti, mi dispiace tanto ma non l’ho letto e ho pure tanto da fare.” 

“Ma no, certo, tu non puoi saperlo,” disse Cooper scuotendo la testa prima di borbottare tra sé e sé: “mica lo dovevi sapere, sono un idiota.” 

“Si sei un idiota,” asserì Elizabeth, prima di portargli una mano sul viso, per accarezzargli dolcemente lo zigomo destro, “e sai che a me puoi dire tutto, se hai dimenticato di dirmi di prenderlo per metterlo in valigia va bene, chiederò a qualcuno di prenderlo a casa e portarlo, visto che la valigia è già fuori.” 

“Che valigia?”

“Quella che stamattina mi hai chiesto di preparare,” rispose lei, accigliata tanto quanto Cooper in quel momento. “Mi hai pure rotto le scatole per tutto il giorno mandandomi continuamente dei messaggi con le scritto le cose da metterci dentro.”

“Oggi non avevo il cellulare, l’ho dimenticato a casa.” Controbatté lui, guardandola come se fosse stata un alieno. 

“Sei sicuro?”

“Si, avevo chiesto a Blaine di passarmelo, però poi mi sono dimenticato di prenderglielo dalle mani e quindi..”

“E’ rimasto a lui. Mi ha rotto lui le scatole tutto il giorno al posto tuo!” Intuirono finalmente entrambi, mentre le note della canzone si dissipavano definitivamente nel locale. 

Entrambi si voltarono verso un angolo della stanza, da dove fino a poco prima proveniva la voce del minore degli Anderson e sentirono una risata divertita in risposta. 

Ah, quindi lo aveva fatto apposta. 

Elizabeth era pronta ad andare da lui per prenderlo a schiaffi, intuendo che quindi era stato tutto un’enorme complotto verso di lei fin dalla mattina e che quindi era tutta una balla; la festa del piccolo Timothy era ancora perfetta come doveva essere; ma Cooper strinse ancora di più la presa alla sua mano, costringendola a restare ferma ad ascoltarlo. 

“Elizabeth, Da quando TI HO INCONTRATA la mia vita E’ CAMBIATA. IO sono CAMBIATO, beh un PO’, diciamo-“

“Cooper, non recitare; dillo e basta, qualsiasi cosa tu debba dire.” Lo incitò lei, sentendo un moto di felicità riempirle il petto in meno di un nano secondo; certo che quel giorno le sue stati d’animo stavano cambiando davvero molto spesso. Forse le stava per venire il ciclo. 

“Beh, io…” Tentennò un poco, mordicchiandosi l’interno guancia, riflettendo sul da farsi. “Elizabeth,” iniziò infine, cercando di restare composto, “Ci conosciamo da quando siamo giovani, stiamo insieme da allora senza mai esserci lasciati e io.. sono cambiato, finalmente ho capito che per te sposarsi significa molto, me lo hai fatto capire l’altra sera e mentre tu dormivi ci ho riflettuto: Voglio sposarmi. Con te. E quindi, non lo so.. Vuoi sposarmi?”

Elizabeth scoppiò in lacrime proprio nell’istante in cui Cooper si inginocchiò davanti a lei, aprendo la scatolina per mostrarle l’anello. Finalmente dopo anni di speranze Cooper le aveva chiesto davvero di sposarla e lei quasi saltellando sul posto non riuscì a dire altro che un flebile “Si.”

Lui le mise l’anello al dito e mentre ancora lei lo ammirava si alzò in piedi per stringerla forte a sé e baciarle la fronte. “Però la festa ufficiale di fidanzamento la organizzi tu per la prossima domenica, con tanto di lista degli invitati.” 

“Tutto quello che vuoi,” rispose lei in preda all’entusiasmo, prima di asciugarsi il viso con una manica del vestito e alzarsi sulle punte per baciarlo sulle labbra. 

E sì, dopotutto quella era stata davvero una grande giornata che avrebbe ricordata per il resto della sua vita.
Il suo sesto senso non si sbagliava mai. 
 
 
*
 
 

“..E quindi la dobbiamo invitare.”

“Cooper, io non ce la voglio quella poco di buono alla mia festa di fidanzamento. Non se ne parla.”

“Perché non mi ascolti quando ti parlo? Eppure dicono che la mia voce è sexy.” Elizabeth roteò gli occhi al cielo, senza replicare. “Te l’ho appena spiegato: è la fidanzata di Jake e lui dobbiamo invitarlo per forza.”

“Ecco. Bravo, adesso mi devi spiegare pure perché dobbiamo invitare  questo qui che non conosco neanche.” 

Lui la guardò alzando un sopracciglio, “E’ un mio amico dai tempi del liceo.”

“Si, ma quella Tanya ci ha provato con te al party di Megan e no, non la voglio in giro per la nostra festa.” 

“Jake è Jake.” Cercò di farle capire Cooper, mettendo su una faccia da cucciolo che gli aveva insegnato sicuramente suo fratello.

“E va bene,” acconsentì Elizabeth con uno sbuffo, “ma Victor rimane a casa!” 

“No, Victor no! Non sarà divertente senza di lui che combina un bordello! E’ l’anima della festa!” Protestò l’attore. 

“Appunto, Cooper,” intervenne lei, avvicinandosi a lui mentre erano seduti sul divano. “Lui combina bordelli e la mia festa di fidanzamento sarà qualcosa di raffinato e non voglio persone che vadano in giro per la sala in mutande!”

“Ma-“

“No.”

“El-“

“Al suo posto potrai invitare George e Frank.”

“E Joe?” Chiese speranzoso Cooper.

“E Joe,” ripeté Elizabeth per darle il suo assenso. “Ma deve stare a chilometri di distanza dal karaoke o da un microfono semmai ce ne sarà uno.” 

“Grazie,” Disse lui prima di baciarla con gentilezza sulle labbra, facendola scogliere come neve al sole. “Ora dobbiamo passare anche ai parenti?”

Lei annuì sconfitta, prima di spingere Cooper contro il bracciolo del divano per poi sdraiarsi anche lei, rivolta su un fianco per poter guardare in viso il suo futuro marito. 

Quel pomeriggio avevano deciso di dedicarlo alla lista delle persone da invitare alla loro festa di fidanzamento e ovviamente avevano avuto opinioni totalmente diverse per come organizzarlo all’inizio, prima che Elizabeth ebbe la meglio su Cooper, decidendo per uno stile sobrio ed elegante. Di conseguenza questo portava a una netta scelta tra chi invitare e il fatto che fosse anche qualcosa di piccolo non aiutava nemmeno un po’. Per non aggiungere che la data per la festa era solo dopo solo una settimana e mezza e il matrimonio a settembre. 

“Della tua famiglia o della mia?” Chiese Cooper passandole un braccio sulla spalla per stringerla un po’ di più.

“Facciamo la mia, così ci sbrighiamo subito,” rispose lei, sorridendo mentre si accoccolava un po’ a lui. “Allora.. c’è mio padre – che lo mettiamo nel tavolo insieme ai tuoi - mio zio Albert e i miei nonni, dalla parte di papà. Da parte di mamma… mmm.. facciamo che invitiamo la zia Naomi e zio Chuck, con i miei due cugini. E.. Basta.”

“Sicura di non voler invitare anche tuo Zio Robert o altri parenti da parte di tua madre?” Chiese Cooper, costatando che la lista dei parenti della sua compagnia erano davvero povera.

“Sicura, con loro non voglio averci proprio niente a che fare.” 

Cooper preferì non replicare a quella decisione, sapeva che Elizabeth aveva contatti con pochi componenti della sua famiglia, quelli che aveva deciso d’invitare. I suoi nonni, infatti, non avevano mai accettato la relazione tra i suoi genitori e quando Katie, sua madre, rimase incinta di lei divennero freddi e distaccati; poi alla sua morte, che avvenne quando Elizabeth aveva solo sei anni, rimasero accanto a lei e a suo padre, sua zia Naomi, mentre gli altri sembravano essere scomparsi nel nulla e la stessa cosa accadde dalla parte degli altri parenti dalla parte di suo padre dato che i genitori si erano battuti per le decisioni del figlio. 

“Ok” Disse lui dopo un attimo di silenzio, mentre Elizabeth si accoccolava ancora di più contro di lui. “El?”

“Si?”

“Il mio spazio,” la rimproverò, guardandola storta per quella mancanza di spazio personale che gli aveva fatto sentire. Lei borbottò qualche scusa e si allontanò di poco. “Bene, adesso passiamo ai miei… quindi.. direi i miei genitori… dobbiamo invitare anche tutti gli zii e i cugini lontani di cui non ricordo neanche i nomi?”

Lei alzò le spalle, accigliata. “Non ne ho idea, la mia famiglia non è molto.. grande.”

“Uhmm, poi ci pensa mamma,” minimizzò lui, prima di continuare. “Poi c’è Blaine, magari lo infiliam-“

“Dobbiamo invitarlo per forza?” brontolò Elizabeth coprendosi il viso con le mani, sembrando una bambina che fa i capricci, facendo ridere Cooper che le baciò la fronte. 

“Si e poi dovreste smetterla di far finta di litigare ancora, comunque, vi parlate pure e poi vi dedicate ancora più attenzioni per punzecchiarvi quando potreste benissimo dedicarle a me.” 

Elizabeth ridacchiò, dandogli una leggera manata sullo stomaco. “Quanto sei stupido.”

“Io sono serio.”

“Certo,” acconsentì sarcastica, prima di tornare seria. “Ad ogni modo, poi abbiamo Grant e Juliette insieme a lui. Secondo te John viene con lui? Perché così organizziamo anche i tavoli. Cioè tu che dici?”

“Penso che potremmo convincere Blaine a farlo venire con lui, dopotutto si sentono da un po’.”

Elizabeth annuì sovrappensiero. “Però.. non credo sia una grande idea metterli nello stesso tavolo con Sebastian. Voglio dire, anche se non venissero insieme, li mettiamo comunque nello stesso tavolo.”

“Sebastian?” Chiese Cooper, alzando un sopracciglio, in un modo così teatrale che l’avrebbe capito anche un cieco che si aspettava benissimo quella considerazione.

“Si, certo: Sebastian Smythe.” 

“Non lo voglio alla mia festa.” 

“Ma Cooper,” iniziò lei, mettendosi a sedere per poi voltarsi verso di lui per guardarlo meglio in volto; perché nonostante si capisse che aveva già preparato quel discorso, in volto era serio come l’aveva visto davvero poche volte in tutti gli anni che erano stati insieme. “E’ il padre di Juliette e Grant, il quasi ex marito di tuo fratello, lo conosciamo da una vita, non puoi non invitarlo.”

“Elizabeth, Sebastian ha tradito Blaine, lo ha preso in giro-“

“Sbaglio o hai avuto tu l’idea di far incontrare John e Blaine per farlo ingelosire e farli tornare insieme?”

Cooper si mise a sedere accanto a lei, prima di guardarla negli occhi per farle capire meglio le sue parole. “Blaine è felice quando è con lui, è vivo  e glielo si legge negli occhi; ma ogni volta che gli sta lontano, che lo ferisce, Blaine muore dentro sempre un po’ di più. E può capitare di far del male a chi si ama, io lo faccio sempre con chiunque, ma non posso accettare che lui lo faccia di proposito.” Fece un attimo di pausa prima di continuare, “So di non essere stato il fratello modello per Blaine o che altro per davvero molto tempo, a volte non lo sono tutt’ora, ma gli voglio bene e ho il compito di prendermi cura di lui. Che è talmente cotto di Sebastian da non rendersi conto del dolore che gli provoca e adesso con John sembrerebbe riprendersi e non voglio che lui lo spezzi un’altra volta.”

Elizabeth non era mai stata più fiera di Cooper in quel momento. E quelle parole dette con lentezza e con le giuste pause erano state così intense da farle venire la pelle d’oca. 

Forse, prima o poi, gli avrebbe detto che per essere intenso non gli servivano dita puntate contro o urlare, ma che doveva soltanto parlare a cuore aperto. 

“Sta tranquilla,” continuò lui, preoccupato perché ancora non aveva replicato. “Non glielo diremo così non saremo obbligati a dirglielo.”

Elizabeth lo guardò un secondo, alzò un sopracciglio e con aria furba disse: “Oh no, caro mio; tu glielo dirai.”

Quello fu l’inizio di una lunga discussione
 
 
 
 
*
 
Erano passate settimane da quando aveva firmato quei dannatissimi documenti, erano pronti, lì, che lo fissavano di rimando sul tavolino del soggiorno. 

Quando Blaine glieli aveva consegnati sentì lo stomaco contorcersi dentro e il senso di colpa gli fece scrivere quel “Sebastian Mattew Smythe”. Adesso invece tutto quel sentirsi colpevole e la voglia di mollare erano spariti misteriosamente. 

Forse perché quella mattina, quando si erano incontrati per sbaglio al bar vicino la scuola dei figli, Blaine era ancora più bello del solito con le guance rosse e i riccioli spettinati mentre arrossiva per i complimenti che le faceva la commessa che forse non aveva ancora ben capito il suo orientamento sessuale. 

Lo aveva guardato senza avvicinarsi fino a quando il moro non uscì dal locale senza nemmeno vederlo, così senza far niente, soltanto perdendosi in quelle sue azioni che ormai prevedeva, quella risata sincera e quella voglia di passare una mano tra quei capelli che ormai gli era raro vederli in quel modo. E nonostante tutto mentre Blaine chiacchierava contento, il suo cuore si scaldava sempre un po’ di più senza che se ne accorgesse. 

E Sebastian non poteva  far altro che sentirsi un coglione mentre si alzava dal divano e afferrava la giacca per andare a prendere Grant e Juliette a casa degli zii. 

Perché era da idioti continuare a evitare Blaine per non dovergli consegnare le carte per il divorzio e sperare allo stesso tempo d’incontrarlo solo per potersi specchiare in quegli occhi caldi; e non importava se ogni volta che incrociava quelle iridi era come una sfilettata al cuore, lui aveva bisogno di incontrare quello sguardo. 

Erano sposati da quindici anni e Sebastin si sentiva come quando ne aveva diciassette e frequentava quello stupido Lima Bean che faceva anche un caffè orribile ma in cui continuava ad andarci solo perché Blaine andava sempre lì con i suoi amici.. e faccia da checca. 

Chissà come gongolava adesso che sapeva che stavano per divorziare e se indossava ancora quegli orrendi vestiti che lo facevano sembrare una lesbica molto effeminata. 

Ad ogni modo, Sebastian decise che proprio non gli poteva interessare ed entrò in macchina buttando sul sedile posteriore la bambolina che Juliette aveva lasciato quella mattina mentre la accompagnava a scuola; mise in moto e si diresse verso casa di Cooper. 
 

Venti minuti dopo, Sebastian aspettava dietro la porta dopo aver suonato il campanello, battendo il piede a terra per ogni secondo che passava; non riusciva proprio ad aspettare. 

“Papà!” Esordì Juliette mentre apriva l’uscio e si fiondava tra le sue braccia, fasciata ancora nel suo tenero pigiama bianco e nero che aveva il compito di farla sembrare proprio un cucciolo di panda. 

“Principessa,” la salutò lui, stringendola a sé mentre la prendeva in braccio. “Stai iniziando a essere pesante, sai?” 

“Non è vero. Tu prendi sempre papà in braccio prima di portarlo in camera da letto e io sono molto più leggera di lui che è grande!”

Controbatté lei  mettendo su un dolcissimo broncio che fece ridacchiare il padre mentre entrava dentro casa, domandandosi mentalmente come sua figlia sapesse certi dettagli visto che prima facevano certe cose quando almeno lei non era nei paraggi, ma decise che proprio non lo voleva sapere per non sentire il cuore stingersi nel costatare che aveva parlato al presente. 

“Ma era un complimento, vuol dire che stai crescendo pure tu come tuo fratello.” 

“Juliette?” Chiamò la voce di  Cooper dal salotto, seguito dal rumore di alcuni fogli che cadevano per terra. 

“Zio CoopCoop è venuto papà!” Rispose lei mentre stringeva il collo del papà che si dirigeva in cucina. 

“Blaine, che hai deciso, quindi? Tu e John vi vedrete direttamente lì insieme o lui viene dopo? Perché non l’ho capito molto bene. Ed

Elizabeth voleva sapere se per i bambini andava bene che ci fosse anche lui nel tavolo con voi e… Sebastian!” Cooper si bloccò restando a bocca aperta nello stesso istante in cui a voltare l’angolo non fu suo fratello ma la figura slanciata del cognato. Rimase per un attimo in quel modo, prima di far finta che niente fosse.

“Dov’è che andranno i bambini con Blaine e John?” Sebastian rimase schifato da solo nel pronunciare quell’ultimo nome, facendo pure una smorfia che fece ridere la bambina. 

“Alla festa di fidanzamento mia e di Elizabeth.” Rispose Cooper con noncuranza, facendo spallucce. 

“Oh,” Sebastian fece scendere Juliette a terra, “e perché non ne sapevo niente?”

“Amore, perché non ti vai a vestire e dici a tuo fratello che è arrivato papà?” Chiese dolce l’attore, guardando la bambina con amore. 
Lei sorrise e annuì prima d’accarezzare la mano del padre e uscire salterellando verso il corridoio. 

“Tu non sei stato invitato.” Tagliò corto Cooper una volta rimasti soli. 

“E immagino che questa decisione l’abbia presa Blaine,” commentò acido Sebastian, facendo finta di non essere stato ferito da quella scelta.

“Ti sbagli,” rispose l’altro, tornando a sistemare i fari fascicoli che erano sparsi un po’ sul tavolino e un po’ sul divano, “questa decisione l’ho presa io e tutti gli altri hanno acconsentito.”

Sebastian alzò un sopracciglio, stupefatto da quella presa di posizione. Eppure non capiva il motivo per cui Cooper si stesse comportando così con lui; erano sempre andati d’accordo fin da quando ci provava spudoratamente con Blaine quando erano al liceo ed era stato il primo a fare da paciere tra suo fratello e lui quando si misero insieme. Addirittura, qualche giorno dopo il tradimento, non gli diede neanche un pugno tanto forte allo stomaco. 

“Perdonami, ma potrei sapere il perché?” Domandò finto dispiaciuto. 

“Perché rovineresti la festa, faresti deprimere o piangere Blaine, faresti infuriare Grant, offenderesti di nuovo John facendo una delle tue scenate e io ed Elizabeth non vogliamo niente di tutto questo.”

“E da quando sei diventato così premuroso?”  Lo canzonò con tono scettico Sebastian, intrecciando le braccia al petto e mettendo su una delle sue solite fecce strafottenti, sicuro d’averlo messo in difficoltà.

Cooper invece fece un sorriso sghembo, per niente turbato. “Si può cambiare.”

“Ma per favore.” Commentò lui con sufficienza, scuotendo la testa. 

Cooper alzò le spalle, formando una pila di fogli. 

Restarono in un silenzio teso per qualche secondo, fin quando un sussurro non lo spezzò: “Non voglio ferirlo più.”

“E io lo voglio vedere di nuovo vivo.” Cooper si sistemò in piedi.

“Lui è vivo con me!” Rispose Sebastian irritato da quell’accusa. 

“Io so solo che ogni volta che ti vede arriva a casa sempre un po’ più distrutto e sinceramente sono stufo di doverlo consolare.”

Quelle parole gli fecero male, molto male; talmente male da costringerlo ad abbassare lo sguardo.

“Voglio vederlo sorridere di nuovo, che ritorni ad essere la persona solare e allegra che era prima. Non so se John ci riesca, ma so soltanto che tu non ci riesci più.”

“Papàààààààààààààà!” 

Entrambi i due uomini si voltarono a guardare verso l’ingresso, da dove poco dopo spuntarono Juliette e Grant che teneva gli zaini di tutti e due. 

“Andiamo?” Chiese quest’ultimo, senza nemmeno salutare Sebastian. 

“Certo,” rispose lui, avvicinandosi ai figli prima di voltarsi a guardare Cooper. “Ti dimostrerò che ti sbagli.”

“Alla festa non sei invitato comunque.” Tagliò corto lui, prima di mandare un bacio alla nipotina. 

Sebastian e Grant gli fecero un cenno del capo per salutarlo e poi tutti e tre uscirono di casa. 
 
 
Ma Cooper non lo sapeva che Sebastian si divertiva sempre di più alle feste in cui non era invitato? 
 




 



Permettetemi di dire tre cose: 
MUAHAHAHAHAHAH e adesso cosa ci sarà nel prossimo capitolo?! 
Ci sarà la festa di fidanzamento dei Coopel... e Sebastian con la rosa tra le labbra. L'avevo detto e ci sarà.
 
La seconda cosa è che: No dai, non potevo lasciarla così la proposta di matrimonio, lo zampino smielato e stronzo da parte di Blaine doveva esserci.
 
La terza: Si, i Jonas Brothers; perché io ci sono ancora fissata e li amo da morire, e le ultime canzoni sono bellissime e mi fanno ritornare ad essere una brava bimbaminchia coi fiocchi. Quindi se non conoscete la canzone (vi ucciderò tutti) la trovateQUI e la dovete ascoltare.
 
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e spero vivamente di far arrivare il prossimo entro questa settimana. 
 
 
 
Ok, Mirma la fangirl se ne va. Un bacione! Prima o poi cambierò pure queste note.
 
Cla, questo è spammare una fanfiction. Ma non è che ho violato qualche regolamento vero?
   
 
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