Fanfic su attori > Alex Pettyfer
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Autore: Aissela_    23/07/2013    0 recensioni
Jonathan Rider è un comune diciannovenne di Seattle che ama stare in compagnia degli amici e uscire con le belle ragazze il sabato sera. Ma appena i suoi genitori rimangono coinvolti in un incidente mortale, la vita di Jonathan cambia radicalmente. Viene affidato ad uno degli orfanotrofi più duri del Paese, non avendo più nessun parente ancora in vita. Jonathan si trova costretto a fuggire dalla città, a lasciare i suoi amici e a cambiare nome pur di non finire in orfanotrofio. Inizia così un viaggio verso Miami, una delle più grandi città dell'America, piena di misteri e verità con cui Jonathan dovrà fare i conti. E' proprio qui che scoprirà di non essere un ragazzo qualunque, e che alcune persone farebbero di tutto per arrivare a lui.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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3. Un nuovo amico

Finalmente, dopo due stressanti e intensi giorni di viaggio, eccomi a Miami. Non credevo fosse così popolata, grande e colorata. Seattle è completamente diversa. Dopo essere sceso finalmente da quell'autobus pieno di morti che camminano, mi sento finalmente a mio agio. Qui a Miami non mi conosce nessuno, perciò nessuno può giudicarmi. Prendo il mio zaino dal bagagliaio dell'auto e comincio a camminare. Non ho un posto preciso in cui andare, non conosco nessuno che abiti qui che può ospitarmi. Lo so a cosa state pensando: sono un coglione. Ma io sono fatto così. Sicuramente me la caverò, sono uno che se la sa cavare. Arrivato davanti ad un bar, decido di prendermi qualcosa da bere. Entro e sento subito gli sguardi di tutti che mi si incollano addosso. E' un locale abbastanza piccolo ma affollato, pieno di uomini con vestiti arancione fosforescente, tutti sporchi di quello che probabilmente è cemento. Muratori. Forse sono in pausa pranzo. Mi dirigo al bancone dove trovo un signore abbastanza anziano. "Che ti porto, figliolo?" mi chiede gentilmente. "Una birra, grazie." gli rispondo. Sento subito un paio di mani che si posano sulla mia spalla e mi giro di scatto. "Non sei un po' troppo piccolo per bere una birra?" dice un uomo con una folta barba e i capelli sporchi di polvere. Subito fa nascere una risata tra i suoi colleghi, ma decido di ignorarlo. Mi rivolto verso il bancone e prendo la mia birra. L'uomo si siede vicino a me e comincia a fissarmi. "Non sei di qui, vero?" mi domanda subito. "No." rispondo io, freddamente. Intanto il vecchio barista, mentre asciuga un bicchiere con uno straccio logoro, mi scruta da dietro i suoi enormi occhiali. "Si vede, sei così pallido. Qui a Miami è raro trovare uno che non sia abbronzato come un africano." Di nuovo una risata generale. Ma io continuo a bere la mia birra impassibile, continuando a guardare la fila di bottiglie sistemate dall'altra parte del bancone davanti a me. A quel punto il tizio con la barba mi si avvicina e mi toglie la birra dalle mani, la pulisce con la maglietta e ne beve un sorso. Il tutto mai togliendomi gli occhi di dosso, con uno sguardo di sfida. "Lascialo stare dai. Non perdiamo tempo e torniamo a lavorare." dice uno dei muratori seduti dietro di me. Tutti insieme si alzano, mi guardano e poi escono. Tutti tranne l'uomo con la barba, che se ne sta ancora fermo a guardarmi. "Allora? Di dove sei, ragazzino?" mi dice con un sorrisetto sulla bocca. Dopo aver optato per una bugia, gli rispondo: "New York." L'uomo, dopo aver lanciato uno sguardo al barista che stava ascoltando la conversazione, dice: "Se fossi in te me ne tornerei lì. Questa è la periferia di Miami, ragazzino. Ce n'è di gente malata, qui. Tutti criminali, pronti a farti fuori, anche solo per una stupida birra." poi indica la birra che ora tenevo fra le mani. "Se sono tutti come te, allora io non mi preoccuperei." dico subito, con il tono più bastardo che abbia mai usato. A quel punto, sotto gli sguardi increduli dell'uomo e del barista, che sicuramente non si aspettavano una risposta del genere, faccio cadere delle monete sul bancone, afferro lo zaino da terra e mi dirigo fuori, facendo loro un cenno con il capo.

Aveva ragione, quell'uomo. Questa città è piena di delinquenti. Appena messo piede fuori dal bar, entro in una di quelle vie buie da film americano, piene di secchioni dell'immondizia e cianfrusaglie varie. Credevo fosse una buona idea, volevo tagliare la strada per arrivare dall'altro lato della città più in fretta, invece di fare l'intero giro dell'isolato. Ma, a quanto pare, si rivelò un'idea di merda. Vidi da lontano due ragazzi col cappuccio tirato sulla testa che si avvicinavano velocemente. Uno dei due tirò fuori un mini coltellino, ma quando me ne accorsi ormai era troppo tardi. Mi bloccai d'istinto, pronto a correre nella direzione opposta, ma quando mi girai, trovai un'altro ragazzo con il cappuccio che gli copriva gli occhi a pochi passi da me. "Cos'hai nello zaino?" disse quello con il coltellino una volta arrivato davanti a me. "Non molto." risposi abbastanza tranquillamente, ma in quel momento ero tutto tranne che tranquillo. Un'altro ragazzo mi diede uno strattone e mi fece cadere lo zaino a terra. Due di loro cominciarono ad aprire lo zaino e a cercare chissà cosa, mentre il terzo teneva saldamente il coltellino puntato contro di me. Ad un tratto sentii una voce alle mie spalle: "Lasciatelo stare." Era una voce familiare, tranquilla ma profonda. Ci voltammo tutti, e fui molto sorpreso di vedere l'uomo con la barba incontrato nel bar poco prima. Mi scappò un sorriso. Per qualche strana ragione fui contento di vederlo. Non si può dire lo stesso per gli altri tre ragazzi, che scapparono a gambe levate appena lo videro. "Stai bene?" mi chiede lui, più per gentilezza che per interesse. "Si, non mi hanno fatto niente." rispondo io. "Te lo avevo detto che questa città era una merda, ragazzino." dice lui ridendo."John. Chiamami John, no ragazzino." gli faccio capire. Fa una lunga risata e poi dice: "Io sono Vincent, ma puoi chiamarmi Vince. Sei in gamba ragazzino." dice allegramente, scompigliandomi i capelli con un gesto della mano. Rido anche io. Poi raccolgo lo zaino e tutte le mie cose sparse a terra. "Hai un posto dove andare?" domanda lui, come se sapesse già la risposta. "A dire la verità.. No." rispondo con un tono di voce abbastanza preoccupato. "Come immaginavo. Vieni a stare da me allora, finchè non trovi un altro posto in cui stare." Lo guardo. Voglio capire se c'è un trucco nella sua proposta. Questo uomo non mi conosce, non sa la mia storia, non sa nulla di me, se non il nome e il luogo da cui vengo. Quante persone avrebbero ospitato un ragazzo sconosciuto in casa propria? Decido perciò di cogliere al volo l'occasione e di accettare. Mi sembra un tipo apposto e poi, diciamoci la verità, peggio di così non potrebbe andare. In due giorni ho rischiato la vita due volte. Questo viaggio inizia male. Ma in compenso, ho trovato un nuovo amico.







Salve bellissimi :3 Finalmente il nostro John incontra un nuovo amico :') Ma si potrà fidare di lui fino in fondo? Ho deciso di pubblicarvelo adesso il capitolo perché domani vado al mare con i miei e la mia migliore amica e non avrò sicuramente tempo per postarvelo :') Fatemi sapere che ne pensate per ora della storia, io ci metto tutta me stessa per scriverla, dato che adoro farlo. Tocca a voi giudicarla :') Se vi va, mettete la mia storia tra le seguite, ne sarei felicissima :')

Ecco un'altra foto del nostro John *-*

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E questo è il nostro Vince, ovvero Matt Schulze :3

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