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Autore: effewrites    24/07/2013    7 recensioni
[2 ANNI SU EFP - buon compleanno a me!]
Quando soffiando la candelina aveva desiderato di poterlo rivedere, anche solo un’ultima volta, Talia si sarebbe aspettata di tutto tranne che questo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Artemide, Sorpresa, Talia Grace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Esattamente due anni fa esordivo come autrice su questo sito pubblicando I will stay, una oneshot Taluke. Da quel giorno è cambiato poco e nulla: ancora scrivo e ancora shippo Taluke come se non ci fosse un domani.
Ho deciso allora di celebrare il mio "anniversario" della prima pubblicazione con una nuova oneshot. Non è propriamente una Taluke, ma dettagli. Ci sono un paio di parallelismi con I will stay, se ci fate caso. 
E nulla, sono in ansia perché temo di non essere stata all'altezza, per cui lascio a voi ogni giudizio.

Effie.






MAKE A WISH.

 
Talia infilò le chiavi di casa nella toppa, sovrappensiero. Quel gesto era entrato silenziosamente a far parte della sua quotidianità; e pensare che i primi tempi a Talia era parso assurdo possedere delle chiavi, figurarsi un intero appartamento nella periferia di New York! Certo, era un’abitazione piccola e modesta, ma rappresentava comunque un grande passo avanti da quando Talia si ritrovava a dormire sotto le stelle invece che sotto un tetto, insieme alle altre cacciatrici.
 
La ragazza sospirò. Una volta dentro casa si liberò con goffaggine di borsa, giacca e scarponi, lasciando il tutto sparso sul pavimento. Avrebbe messo un po’ in ordine la casa la mattina successiva; adesso era troppo stanca per fare qualcosa che non fosse sprofondare sotto le lenzuola e dormire.
 
Erano le undici passate di un sabato sera. Di norma, Talia avrebbe trascorso la sua nottata a fare la spola tra i piccoli e appartati locali della zona, dove si esibivano sconosciute band di rock alternativo senza troppe pretese cui i presenti non prestavano mai troppa attenzione, troppo impegnati a conversare tra di loro. Di norma. Il punto è che non vi era nulla di normale nella giornata che l’aspettava di lì a poche ore.
 
«Ventidue dicembre», mormorò Talia lanciando uno sguardo al calendario appeso al muro della cucina. «Tanti auguri a me».
 
L’indomani sarebbe stato il suo compleanno. Il primo degno di questo nome dopo sedici lunghi anni.
 
Finché aveva fatto parte delle cacciatrici di Artemide, Talia non aveva mai festeggiato i suoi compleanni. Che senso avrebbe avuto? Quando sei immortale ed eternamente giovane, l’età è solo un numero. Ma adesso le cose erano cambiate.
 
Talia ricordava con una chiarezza disarmante il giorno in cui aveva lasciato le cacciatrici, così come ricordava il momento esatto in cui aveva giurato fedeltà ad Artemide stessa. Non in maniera altrettanto chiara, magari. Bla bla bla, lealtà eterna, bla bla bla, i maschi sono il Male, bla bla bla, finché non vi innamorate o non cadete in combattimento. Eh.
 
Effettivamente, ragionò Talia mentre in bagno si spogliava e si lanciava sotto il getto d’acqua bollente della doccia, quel giuramento era una gran fregatura. Un po’ come quei contratti apparentemente perfetti che presentano però delle clausole talmente piccole che si può scambiarle per un’accidentale strisciata di inchiostro lasciata da una penna. Una firma qui, una sigla lì e sei fregato. Hai giurato per ottenere l’immortalità, ma fai attenzione, che se per caso un mostro dovesse staccarti la testa con un morso ci si rivede direttamente ai Campi Elisi!
 
Questo è pressappoco quello che era successo a lei. Sottolineando il “pressappoco”. Era gennaio e le cacciatrici si trovavano nel Montana, nei pressi del fiume Yellowstone, quando erano state attaccate da due giganti per metà orsi, Agrio e Orico. Talia non conosceva la loro storia, ma dovevano essere particolarmente infuriati con Artemide dal momento che se la presero con le sue seguaci.
 
Inizialmente la situazione non sembrava essere poi così tragica. Insomma, sì, combattere due giganti selvaggi non è esattamente un’impresa da quattro soldi, ma le cacciatrici ce l’avrebbero fatta senza problemi. O almeno, questo era ciò che Talia aveva creduto fino a qualche secondo prima che Orico l’afferrasse e la scagliasse con violenza nel fiume Yellowstone.
 
Nonostante l’acqua calda che le scorreva lungo la schiena nuda, Talia rabbrividì convulsamente al ricordo del gelo che l’aveva avvolta non appena era finita in acqua.
 
Aveva percepito come migliaia di chiodi conficcarsi nella sua pelle; le era parso che i polmoni potessero esploderle nella cassa toracica; non era riuscita a risalire a galla e poco a poco aveva perso la sensibilità alle dita, poi alle braccia, poi ovunque, mentre il peso dell’acqua gelata la schiacciava verso il fondo, sempre più giù…
 
Mentre le cacciatrici continuavano a combattere i due giganti, il cuore di Talia aveva rallentato fino a fermarsi a causa del freddo. Poi, così come si era fermato, aveva ricominciato a battere.
 
Quando Talia aveva riaperto gli occhi, si era ritrovata attorniata dalle sue compagne cacciatrici e sepolta sotto un numero inimmaginabile di coperte. Era stato acceso un gran fuoco, e dei due giganti non era rimasto nulla.
 
Ufficialmente, Talia era morta. Niente luce bianca, niente lungo corridoio da percorrere, ma in sostanza la figlia di Zeus aveva lasciato momentaneamente questo mondo. Per la seconda volta, volendo contare anche quando il suo adorato paparino l’aveva trasformata in un albero, ma questa è un’altra storia.
 
Artemide era sconcertata. Dopo essere riuscita a ridurre in cenere lei stessa Agrio e Orico, si era dovuta occupare di una questione abbastanza spinosa: e adesso?
 
«Il giuramento è chiaro», aveva asserito la dea. «Le fanciulle rimangono cacciatrici finché non muoiono in battaglia. Tu, Talia, ti sei avvicinata all’Oltretomba, sebbene per un brevissimo periodo di tempo. Non fai più parte delle mie cacciatrici, a meno che tu non voglia nuovamente giurarmi fedeltà».
 
La situazione sembrava essersi sistemata, no? A Talia non restava altro da fare che firmare nuovamente il suo contratto con clausole annesse e tornare ad essere una spensierata eterna adolescente che combatte mostri mitologici e porta avanti una campagna diffamatoria contro il genere maschile.
 
E invece no.
 
Dopo quasi un anno, comodamente stravaccata sul divano nel piccolo soggiorno della sua casa, Talia non riusciva a capire che cosa l’avesse spinta a rispondere ad Artemide che non aveva più intenzione di essere una sua cacciatrice, dopo anni e anni di fedele servizio.
 
Forse il problema era che iniziava a sentire di starsi perdendo parecchie cose.
 
Quattro anni prima, suo cugino Percy e la sua migliore amica Annabeth si erano sposati. Talia era stata invitata al matrimonio, ovviamente, ma aveva deciso di non partecipare. Non sarebbe stato rispettoso nei confronti di Artemide, si era giustificata. In realtà era terrorizzata all’idea che Percy e Annabeth, con i quali aveva vissuto tante avventure, fossero divenuti adulti.
 
Poi era nata Sophia.
 
Il nome l’aveva scelto Annabeth — Sophia Hayden era stata la prima donna architetto americana — e Percy non aveva contestato. Quando Talia aveva visto per la prima volta quel visetto con un ciuffo di capelli neri ribelli sulla fronte e gli stessi occhi grigi di Annabeth si era quasi sentita mancare.
 
La verità è che la vita le stava scorrendo davanti come in un film, realizzò. Ogni giorno era identico a quelli che lo avevano preceduto e a quelli che lo avrebbero seguito. Mentre le persone che Talia conosceva crescevano e costruivano la propria vita, Talia rimaneva a guardare.
 
«Non è più così», mormorò con decisione alzandosi dal divano e dirigendosi verso la cucina. Guardò distrattamente l’orologio. Mancavano cinque minuti a mezzanotte.
 
Rincuorata da quel pensiero, Talia aprì il frigorifero e ne tirò fuori una cupcake comprata il giorno prima. Nella confezione si era fatta aggiungere anche una candelina, che piazzò sbilenca sopra la mousse che ricopriva il dolce. Quando mancava meno di un minuto, la accese con un fiammifero.
 
«Esprimi un desiderio, Tals», si disse, poi soffiò.
 

***

 
Talia,
 
sono passati diciassette anni da quando hai potuto celebrare degnamente il giorno del tuo compleanno.
 
So di non essere stato un padre eccellente. No, in sincerità all’eccellenza non sono riuscito neanche ad avvicinarmi. Immagino tu mi abbia disprezzato a lungo per tale ragione; non te ne faccio colpe.
 
Spero, ad ogni modo, che questo mio piccolo regalo serva in qualche modo a riscattare qualunque idea tu ti sia fatta di me.
 
È stato difficile, ma Ade mi doveva diversi favori e non potevo in alcun modo ignorare un tuo desiderio il giorno del tuo primo, vero sedicesimo compleanno.
 
Prenditene cura. Non ci saranno altre possibilità.
 
Zeus.
 
Talia strinse tra le mani la breve lettera, incredula.
 
Non stava succedendo davvero. Non poteva essere possibile.
 
Poggiò le spalle al muro, convinta che di lì a qualche momento le sue ginocchia avrebbero ceduto e il suo corpo si sarebbe schiantato al suolo.
 
Non aveva desiderato questo. O almeno, non aveva preso seriamente il suo desiderio! Era più una speranza, una preghiera, un mantra da recitare ogni qualvolta si fosse sentita sola, spaesata, perduta. Era un qualcosa che l’accompagnava giorno per giorno, spingendola a guardare in volto ogni sconosciuto che le capitasse di incontrare nell’illusione di scorgergli in viso gli occhi di lui.
 
Quando chiedeva di non essere sola, quando sognava di tornare a quegli anni che per lei erano stati i più felici, Talia sapeva che non sarebbe mai stato possibile. 
 
Quando soffiando la candelina aveva desiderato di poterlo rivedere, anche solo un’ultima volta, Talia si sarebbe aspettata di tutto tranne che questo.
 
Forse stava sognando. Forse stava ancora dormendo.

Titubante, la ragazza barcollò sino al divano, accucciandovisi accanto. Avrebbe dovuto chiamare Annabeth. Doveva chiamare Annabeth! Eppure rimase lì, immobile, senza riuscire a muovere neanche un singolo muscolo.
 
Lui era esattamente come lei lo ricordava. Il corpo allenato, troppo lungo per il divano di quella casa, cosicché i piedi finivano per penzolare fuori; la cicatrice biancastra sul lato destro del volto, che l’aveva tanto sorpresa la prima volta che l’aveva rivisto; gli occhi, che seppur chiusi Talia riusciva ad immaginare di un intenso celeste.
 
Allungò la mano fino a sfiorargli il braccio. La sua pelle era morbida, era calda, era reale. Non era un’illusione. Non era un sogno. Era il desiderio di una vita che si era realizzato.
 
«Sei tornato» mormorò Talia.
 
Finalmente, Luke aprì gli occhi.



















 

Se siete arrivati sino alla fine, GRAZIE.
Se in questi due anni avete continuato a leggere le vaccate colossali che spaccio per fanfiction, GRAZIE. 
Sul serio.
  
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