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Autore: Bab1974    24/07/2013    3 recensioni
Holly e Marc stanno insieme da qualche tempo, appena hanno tempo si raggiungono. Quando Holly sta per partire per il Brasile, da un giorno all'altro, cerca di avvertire Marc a casa ma questo irritato di venire disturbato in casa gli sbatte il telefono in faccia.
Quando si rende conto che Holly di certo aveva cose importanti da dirgli è troppo tardi.
I° classificata a plurimerito al contest di bakakitsune 'Anime, Serie Tv e Sentimenti '.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kojiro Hyuga/Mark, Tsubasa Ozora/Holly, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Addio Volevo solo dirti addio


Marc era in casa con la sua famiglia. Con sua madre, che era appena tornata dal lavoro, indaffarata in casa, e con i suoi fratelli, che studiavano per diventare prima possibile indipendenti e non essere più di peso.
Lui che non era mai stato uno studente modello, riuscendo ad andare avanti più per i suoi meriti sportivi, preferiva dare una mano in casa per alleggerire le fatiche della donna che l'aveva messo al mondo, piuttosto che perdere tempo.
Infatti, nonostante la signora Lenders non volesse assolutamente, si dava da fare con le pulizie di casa e a preparare la cena per la sera.


Fu in quest'occasione che arrivò la telefonata...
La signora Lenders rispose al telefono.
"Pronto, casa Lenders, chi parla?" chiese alla cornetta.
All'altro capo del telefono qualcuno tentennò poi, dopo un pesante sospiro, arrivò la risposta.
"Mi scusi se disturbo, sono Oliver Atton. Avrei bisogno di parlare con Marc, è in casa?" chiese la voce.
Holly Atton? Da quanto tempo erano amici? si chiese la signora Lenders.
"Sì, ora te lo passo." rispose la donna "Attendi un attimo."
Mentre raggiungeva la stanza in cui era il figlio, si chiese ancora cosa poteva legare i due e un dubbio che aveva già fatto capolino alla sua mente ritornò a tormentarla.
Non aveva mai visto il figlio con una ragazza e sperava che fosse solo perché era troppo occupato fra lavoro e sport. Ora quella telefonata le aveva messo ansia ma preferì tenersela per sé: in fondo alla fine l'importante era la felicità dei suoi figli.


Marc era impegnato a pulire in zone della casa che faticava a raggiungere perché troppo in alto o pesanti.
"Tesoro, ti cercano al telefono." disse al ragazzo.
"Ah, e chi è?" chiese Marc.
"Oliver Atton." disse la donna cercando di tenere la voce atona.
La reazione del figlio fu piuttosto violenta.
"Digli che non sono in casa." sbottò gridando.
"Gli ho già comunicato che ci sei." disse  lei che di carattere ne aveva da vendere avendo a che fare con tanti figli "Non mi rimangio la parola passando per maleducata o per demente. Rispondi al telefono e arrangiati."
Marc si diresse al telefono sbuffando molto, molto arrabbiato. Aveva spiegato più di una volta a Holly che non voleva essere disturbato a casa: non gradiva che sua madre capisse che c'era qualcosa tra loro. Aveva anche comprato un cellulare per evitare che succedesse qualcosa del genere. Lo prese dalla tasca.
-Scarico!- pensò -Affare infernale! A che me ne faccio se è inutilizzabile quando serve.-
Arrivò davanti al telefono completamente fuori di sé.
"Pronto." disse cercando di mantenere la calma. Non voleva che la madre lo sentisse urlare.
"Pronto Marc, perdonami se ti ho disturbato a casa ma..." aveva cominciato Holly, ma era stato subito interrotto.
"Quante volte ti ho detto di non chiamarmi a casa?" sbottò Marc, cercando di tenere i toni bassi "Non voglio che mia madre aggiunga altre preoccupazioni a quelle che ha già."
"Lo so ma avevo bisogno di parlarti." si difese Holly.
"Non posso parlarti per telefono." ringhiò Marc.
"Possiamo vederci?" chiese Holly speranzoso.
"Non ora, non voglio che mia madre capisca qualcosa." E buttò giù il telefono.


Holly era rimasto con la cornetta in mano e la fissava: sapeva che sarebbe stato difficile ma lui rendeva sempre tutto più complicato del dovuto. Chiuse la chiamata e aprì la porta della cabina telefonica da cui aveva chiamato. Prima di uscire aprì l'ombrello, pioveva fortissimo. Lanciò un'occhiata alla casa di Marc, poiché aveva chiamato da una cabina telefonica a due passi dal suo domicilio. Non gli sembrava il caso di tentare di suonare il campanello, non avrebbe sopportato una scenata. Prese dalla tasca il portachiavi che si erano comprati insieme: un coniglietto con un pallone da calcio. Lo lasciò cadere a terra e mise una pietra su quello che era stato.
Mentre si allontanava per tornare verso la stazione da cui era arrivato, incontrò qualcuno che conosceva ma non lo riconobbe perché era imbacuccato nel giubbotto per la pioggia.
-Che ci fa Holly Atton da queste parti?- pensò Danny Mellow, prima di proseguire la sua strada.
Holly tornò a casa pensando che in fondo era meglio così: lui e Marc non erano adatti a stare insieme. Erano troppo diversi e si vedevano troppo poco, non c'era futuro per loro.


Al ritorno Holly fu accolto dalla madre che sorrideva come sempre.
"Allora, Oliver, com'è andata con Patty?" chiese la donna.
"Con Patty?" chiese Holly stupito. Non capiva che voleva dire.
"Oh, scusa, non era Patty la ragazza cui dovevi dire che fra due giorni partirai per il Brasile?" chiese la signora Atton che ora lo stava quasi deridendo.
"Oh, allora hai capito che dovevo dire addio a qualcuno." mormorò Holly, quasi vergognandosi "No, non era Patty. Comunque non ha molta importanza di chi si tratta. Non è andata molto bene."
"In che senso?" chiese la donna curiosa.
"L'ho chiamatA prima di presentarmi ma non mi ha fatto parlare." disse triste Holly "Mi ha sbattuto il telefono in faccia e allora me ne sono andato."
La mamma si rese conto che Holly era davvero abbattuto e chiese consiglio a Roberto.
"Forse tu potresti trovare le parole giuste per consolarlo." gli spiegò la signora Atton "Di sicuro non puoi peggiorare le cose."


Roberto aveva avvicinato Holly in maniera diversa dal solito. Non sembrava la solita chiacchierata allenatore/giocatore. Holly aveva la sensazione di sapere già il motivo di quella visita, avendo visto lui e la madre confabulare per tutto il tempo della cena e anche dopo.
Ora, che mancava poco per andarsene a letto, Holly era già in pigiama, seduto sul letto e abbracciava il suo pallone con entrambe le braccia, cosa insolita per lui che preferiva prenderlo a calci. Roberto lo notò, sorridendo bonario del gesto ma soprattutto vide lo sguardo abbattuto con cui lo fissava: doveva essere davvero innamorato.
"Holly, posso parlarti?" chiese Roberto, avvicinandosi al ragazzo che annuì senza aggiungere parola.
"Tua madre è molto preoccupata per te." cominciò l'uomo "Vorrebbe che io ti facessi da vicepadre se avessi bisogno di confidarti. Lo sa che ti manca la figura di un uomo in casa e si dispiace di non potere fare di più. Puoi dirmi quello che vuoi."
Holly alzò le spalle.
"Non c'è nulla da aggiungere a quello che ti ha detto lei. Sono stato cacciato in malo modo, non ho potuto dire che ero in procinto di partire, non ho potuto dire addio alla persona che amo." confermò triste Holly.
"Potresti dirmi chi è per cominciare. Magari posso darti una mano. Sai, mi sento in colpa per averti convocato all'ultimo ma anch'io non sapevo nulla fino a qualche giorno fa." si scusò Roberto "L'allenatore della squadra si è fatto male e mi hanno chiamato per sostituirlo ed entro sabato vogliono la rosa al completo e pronta ad allenarsi."
"Beh... ecco... io... potrei... dirtelo, ma..." dopo aver parlato a singhiozzo, s'interruppe e indicò la porta.
Roberto, senza pensarci su due volte, l'aprì e la signora Atton cadde all'interno della stanza.
"Ehm, io stavo passando di qui per caso." si scusò, rossa per l'imbarazzo e corse via.
"Sei un mago!" esclamò stupito Roberto "Come facevi a saperlo?"
"Conosco mia madre. Credo che le dispiaccia che abbia dei segreti per lei, non è mai accaduto." disse Holly, dimostrando una certa psicologia spicciola.
"Davvero bravo! Anche per questo sei un campione. Bisogna capire al volo chi abbiamo davanti." si complimentò Roberto "Ora, però torniamo a noi. Non credo che tornerà a disturbarci, almeno per un po'. Allora chi è lei? Quando mi ha detto che non era Patty ci sono rimasto malissimo. Tutti si aspettano che convoliate a giuste nozze prima o poi, la ragazza per cominciare."
"Lo so, è da quando mi conosce che mi fa il filo." disse Holly sorridendo "Ho cercato di farle capire che per me è solo una cara amica ma non sono certo che mi abbia compreso."
"Quindi?" chiese Roberto.
Holly era imbarazzato, non era certo come avrebbe preso la notizia che era gay.
S'avvicinò all'orecchio dell'amico.
"Sarebbe un problema se NON si trattasse di una ragazza?" gli chiese sussurrandogli all'orecchio. Roberto si discostò e prese Holly per le spalle.
"Hai un ragazzo?" chiese di rimando, fissandolo negli occhi.
Holly annuì.
"Sì." confermò "Anche se è meglio dire AVEVO poiché, dopo che mi ha trattato così, non me la sento di considerarlo tale. Ha davvero un carattere terribile." sbottò alla fine come sfogo.
Intanto Roberto pensava chi potesse essere il ragazzo che aveva trattato Holly in quella maniera, ma non gli veniva in mente nessuno.
"No, se non me lo dici tu, non indovinerò mai." s'arrese infine.
"Ti do un indizio. Ehm, dimmi l'ultimo ragazzo con cui mi vedresti bene assieme." disse Holly, lanciando una specie d'indovinello a Roberto.
"Marc Lenders." rispose d'istinto, poi vide il sorriso di Holly, il suo rossore e capì che aveva detto il nome giusto. "Accidenti, ti sei scelto davvero un ragazzo tosto. Se come avversario è micidiale, come fidanzato dev'essere davvero difficile." disse Roberto, esponendo la sua teoria.
"Non è poi così male." lo difese Holly "Purtroppo ci sono un sacco d'intoppi. Abitiamo lontani e ci vediamo pochissimo e in più la sua famiglia viene prima di tutto. Ho la sensazione che non vorrebbe dare preoccupazioni alla madre e non glielo dirà mai."
"Quindi non l'hai lasciato ufficialmente?" Roberto guardava il soffitto. Pensava a una soluzione per tutto questo. "Puoi fare solo una cosa per non passare nel torto." gli suggerì infine "Per prima cosa gli devi scrivere un biglietto in cui gli spieghi tutto ma visto che lui non vuole che si sappia in giro non puoi spedirglielo o farglielo avere. Dovrà venire a prenderselo quando s'accorgerà che sei sparito nel nulla e non rispondi al cellulare, anzi ti consiglio di lasciare questo a tua madre e fare cambio con il suo. Ah, e confessa tutto alla mamma, sono certo che capirà, e ti aiuterà a consegnare la lettera quando lui verrà a cercarti. E se è un minimo interessato a te, sono certo che lo farà."
Holly sorrise. Era sicuro che sarebbe passata almeno una settimana prima che Marc sentisse la sua mancanza o si accorgesse che era strano che non avesse più richiamato, ma per allora lui sarebbe stato in Brasile ad allenarsi con la sua nuova squadra.


Qualche giorno dopo era tornato a spuntare il sole. Marc era contento: gli allenamenti sotto l'acqua tempravano il corpo e lo spirito ma erano davvero noiosi. Quando tornò a casa per cena, dopo la scuola, gli allenamenti e il lavoro, notò che la sua sorellina aveva in mano un portachiavi come il suo. Si portò istintivamente una mano in tasca e trovò il proprio al tatto. Sospirò tranquillo, pensava di averlo perso e si sarebbe vergognato a chiederlo indietro. Era singolare però che ne avesse uno uguale.
"Ehi, Azumi, dove hai preso quel coniglietto?" chiese curioso alla sorellina.
"L'ho trovato a terra, accanto alla cabina telefonica qui fuori. Carino, vero?" disse mostrandoglielo.
Marc lo prese tra le mani ed ebbe un brivido: era davvero identico. Per trafugare ogni dubbio lo guardò sotto e rischiò di stare male: c'era un piccolo segno avevano fatto per riconoscerli, l'iniziale propria e quella di Holly.
Per un attimo ebbe la sensazione di svenire e se si trattenne, fu solo perché non voleva che sua madre e i fratelli si preoccupassero. Non s'era accorto, però, di avere lo sguardo fisso nel vuoto.
"Ehm, fratellone," chiese la ragazzina "c'è qualcosa che non va?"
Marc si scosse e restituì l'animaletto.
"No, scusami Azumi." disse Marc cercando di non apparire scosso "mi sono solo perso un attimo nei miei pensieri."
La bambina abbracciò il fratello.
"Devi essere stanchissimo." aveva detto abbattuta "Ma appena avrò compiuto quattordici anni mi troverò anch'io un lavoretto e così potrò aiutare te e la mamma."
"Non è stanchezza, te lo giuro." la consolò il ragazzo "Solo che... solo che..." No, non poteva dichiararle la verità.
"Hai dei problemi con il tuo ragazzo, vero?" chiese sottovoce Azumi.
Marc cambiò colore. Come faceva quella bambina, di appena dieci anni, ad avere capito tutto? Oddio, allora potevano averlo capito anche gli altri! Erano maschi, più grandi e più svegli! E la madre?
Takeshi e Inata cominciarono a ridacchiare, mentre Marc si sentiva sempre più in imbarazzo. Accidenti a loro.
"Ehi, fratellone." lo apostrofò Inata che il secondo della nidiata "Davvero pensavi che non ce ne saremmo accorti? Ultimamente eri così sulle nuvole che ti abbiamo osservato bene e non è stato così difficile capire che non eri interessato alle ragazze." Rise ancora assieme a Takeshi, poi aggiunse in tono più dolce "Non te la devi prendere. Noi ti vorremo bene comunque."
Marc continuava a tenere la testa bassa: cinque giorni prima aveva maltrattato Holly senza sapere che era lì a due passi e la sua famiglia sapeva già tutto.
"Marc, era quello che ha chiamato la scorsa settimana?" chiese la madre, intervenendo nella discussione ma senza fare nomi.
Marc annuì semplicemente.
"Scusami se sono impicciona," continuò la donna "mi puoi dire che cosa voleva. Mi sembrava davvero abbattuto."
Marc alzò lo sguardo verso la sua famiglia li osservò tutti non sapendo come dire loro dell'errore che aveva fatto.
"Ehm, in realtà... non lo so." ammise Marc e spiegò loro la situazione.
"Oddio, poveretto." disse la madre compatendo Holly "Non lo vedo proprio a chiamare a casa senza un motivo valido. Dovresti richiamarlo e chiedere scusa. Sono certa che fosse una cosa molto importante se ha trasgredito a una regola così ferrea."
Sua madre aveva ragione, di sicuro solo Holly aveva avuto una ragione valida per fare una cosa del genere.
"Il fatto è... che era qui a due passi." la voce di Marc era disperata. I suoi famigliari lo osservarono stupiti.
"Ma come fai a esserne certo se non l'hai fatto parlare?" chiese Inata.
Marc, che a quel punto capì che non era più il caso di nascondere nulla, tirò fuori il coniglietto gemello e lo mostrò ai fratelli e alla madre.
"Ma... ma è uguale a questo!" disse la sorellina sorpresa. Capì poi il significato "Oh, vi siete regalati un portachiavi uguale. Che teneri!" esclamò, mentre la sua mente fabbricava cuoricini.
"Non... non esagerare!" si difese Marc, come se fosse attaccato da una decina di difensori nello stesso momento "Era il regalo per il nostro primo anno."
"Uh... quindi è grave che lo abbia abbandonato per la strada." commentò Takeshi.
"Suppongo di sì. Mi chiedo che cosa sia successo?" commentò Marc a mezza voce. Poi si rivolse ai famigliari "Scusatemi, devo chiamarlo ora."
Prese il cellulare e si chiuse in bagno.
"Voi avete capito di chi si tratta?" chiese Takeshi ai fratelli.
I due scossero la testa. Intanto Azumi, cui era rimasto il coniglietto di Holly, cercava di interpretare i segni sotto i piedi.
"Qui ci sono incise le iniziali, dentro un cuore." disse la ragazzina, come se avesse vinto qualcosa "Allora queste ML sono di Marc. Le altre dicono OA. Chi conosciamo che abbia queste iniziali?" si mise a pensare e con lei i suoi fratelli.
Si scervellarono per un bel po'.
"A me viene in mente solo Oliver Atton." disse alla fine Takeshi "Quante possibilità ci sono che sia lui?" chiese ai fratelli che alzarono le spalle, poi si rivolse alla madre che però scosse la testa.
"Non saprete nulla da me." si difese la donna "Dovete aspettare che sia pronto lui. Ora io esco per andare al lavoro."
Marc apparve sulla soglia, barcollando.
La madre accorse e lo fece sedere. Gli diede un bicchiere d'acqua e si fece raccontare ciò che era successo.

Marc aveva chiamato il numero di cellulare di Holly e aveva atteso pazientemente che rispondesse.
Il suo cuore aveva cominciato a battere più forte quando aveva sentito il click che faceva capire che la telefonata era stata accettata.
"Pronto?" disse una voce femminile al telefono. Marc la riconobbe subito: era la voce della madre di Holly.
"Ehm, signora Atton, è lei?" chiese con voce tremolante.
"Sì, sono io." confermò la voce "Sei Marc, vero? Aspettavo la tua chiamata."
Marc ebbe una bruttissima, anzi pessima sensazione. Il fatto che la signora Atton avesse il telefono di Holly e lo aspettasse non era una buona notizia.
"Signora Atton, che cosa è successo?" chiese Marc preoccupato "Holly sta bene?" La sua mente già immaginava il suo ragazzo steso in un letto ad un passo dalla morte.
"Non preoccuparti, è in piena salute." lo consolò la donna "Solo non è qui." La signora Atton attese un attimo per dare tempo a Marc di fare mente locale "Roberto l'ha convocato all'improvviso per entrare a fare parte di una squadra in Brasile. Ora è là ad allenarsi, è partito tre giorni fa."
"Tre giorni fa?" ripeté Marc meccanicamente.
"Mi dispiace Marc, è successo tutto in fretta." cercò di scusarsi la donna "Holly ti ha lasciato una lettera. Appena avrai tempo di venirla a prendere passa pure ma avvertimi prima."
"La ringrazio signora Atton." disse Marc, cercando di calmare le emozioni che aveva dentro "Potrei venire domani per l'ora di pranzo? Credo di potermi liberare da qualche impegno."
"Va bene, allora ti aspetto per domani." disse e si salutarono.


Marc terminò il racconto con tutti che lo fissavano stupiti.
"Brasile?" chiese Azumi " Piuttosto lontano, direi."
"Sapevo che sarebbe successo, prima o poi." disse Marc "Era il suo sogno ma pensavo che avessimo almeno un altro anno per stare assieme. Ora mi ha lasciato qui da solo e per colpa mia non ci siamo neppure potuti salutare." Marc era davvero abbattuto. Nel frattempo pensava a quanto era stato stupido: doveva sapere che se Holly lo aveva disturbato a casa ci doveva essere un motivo serio. Ora ne pagava le conseguenze.
Avrebbe dovuto saltare l'allenamento per raggiungere casa Atton ma nessuno ci avrebbe fatto caso, gli capitava a volte di farlo per lavorare e non lo rimproveravano per quello.
Prese il treno e mentre il mezzo lo portava verso la città dove abitava Holly pensò a lui e a come, quasi due anni prima, si erano scambiati il primo bacio.







Erano in ritiro con la Nazionale Giapponese Juniores per una partita amichevole e c'era un'aria abbastanza rilassata. All'arrivo, previsto per la mattinata, mentre la partita era di sera, era previsto un giro turistico pagato dallo sponsor della squadra, un pasto leggero e poi un piccolo riscaldamento prima della partita.
"E l'allenamento?" avevano chiesto quasi all'unisono Holly e Marc.
Tutti, allenatore e tecnici compresi, li avevano fissati un attimo interdetti, poi qualcuno aveva coraggiosamente preso parola.
"Non è una partita vera, è solo un'amichevole." li aveva apostrofati calmo.
Holly, che fino a quel momento era stato piuttosto gioviale, aveva messo su il muso del tipo: non esistono partite del genere.
"Uff, se sapevo che dovevo fare finta di giocare potevate convocare mia madre anziché me." ribatté Holly, quasi deluso dalla risposta avuta.
Marc, che all'inizio si era scocciato di aver avuto lo stesso impulso di Atton, si stupì dalla risposta dura del ragazzo, ma non poté non essere d'accordo.
"Anche se mi dispiace dargli ragione," ammise il ragazzo "Atton è dalla parte del giusto. Se non ci alleniamo potremo fare una pessima figura."
Alla fine di una breve discussione se n'erano andati tutti in visita della città che li accoglieva, esclusi Marc e Holly che erano rimasti per allenarsi. Patty, che si era guadagnata il posto di coordinatrice, si era entusiasticamente proposta per aiutarli nell'allenamento e a fatica Holly l'aveva convinta che non voleva disturbarle la gita.
Alla fine si era lasciata convincere a seguire gli altri anche se di malavoglia.


Marc aveva visto il ragazzo sospirare per lo sforzo che aveva fatto a liberarsi di Patty.
Mentre si cambiavano per allenarsi, dentro lo spogliatoio di un campetto che era a loro disposizione...
"Atton, non vorrei farmi i cavoli tuoi," disse "ma se Patty non t'interessa dovresti dirglielo."
Holly aveva sospirato ancora, pesantemente.
"Hai ragione." ammise Il ragazzo "Purtroppo temo che non ci sia modo di dirglielo senza offenderla. Mi considera di sua proprietà e solo per farla andare via l'ho vista stridere i denti. Non la prenderà bene. Soprattutto finché non mi sentirò di spiegarle perché non posso stare con lei." Alla fine aveva sussultato, si era accorto di essersi sbottonato troppo con Lenders: come avrebbe potuto capire lui i suoi guai?
"Suppongo che sia un motivo grave allora." insistette Marc.
"Lenders, non ti facevo così impiccione." disse Holly con un mezzo sorriso. "Comunque hai ragione, non sono cavoli tuoi."
Avevano finito di cambiarsi ed erano usciti all'aria aperta: cominciarono con il riscaldamento.


Dopo che Marc gli aveva detto quelle cose, Holly aveva cominciato a osservarlo come non gli era mai capitato di fare. Erano sempre o avversari o Marc, e quella volta non era successo forse perché si trattava di una partita singola e non di un campionato, spariva fino alla finale per allenarsi per conto proprio.
Era la prima volta che aveva l'occasione di averlo così vicino per tanto tempo e mentre alle sue spalle faceva qualche esercizio, ogni tanto gli capitava di buttare l'occhio sul fondoschiena fasciato nei pantaloncini, le braccia muscolose, le spalle larghe, le gambe ben disegnate. Doveva ammettere che era davvero un ragazzo bellissimo (pure pieno di ammiratrici) e di sicuro era colpa del suo carattere spinoso se non aveva ancora una ragazza. In fondo aveva qualche anno in più di lui, perciò sarebbe stato normale se avesse frequentato qualcuna.
Era convinto che Marc non si fosse accorto dei suoi sguardi anche perché era attento a fingere di guardare altrove quando lui si voltava.
In realtà il ragazzo aveva avuto più di una volta il dubbio che Holly gli stesse fissando il fondoschiena ma alla fine si era convinto di avere le traveggole: non lo vedeva proprio un ragazzino come lui, che aveva l'aria da perfettino, a sbavare per un uomo. Certo questo avrebbe spiegato il suo comportamento con Patty.
All'ennesima volta, quando erano quasi pronti per passare agli allenamenti con la palla, decise di farglielo notare, al massimo gli avrebbe dato dello stupido.
"Ehm, Atton," cominciò a dire per attirare la sua attenzione "è solo una mia stramba sensazione, o mi stai insistentemente fissando il culo?"
Holly, che non pensava di essere colto in fragranza di reato, arrossì in maniera violenta e s'irrigidì.
La sua mente gli suggeriva: -Su, avanti digli che si è immaginato tutto, con voce sicura.- e fu quello che fece.
"Tu... ti stai... immaginando tutto?" riuscì a dire alla fine. Peccato che la sua risposta fosse tutto fuorché decisa, la sua voce ne uscì tremolante e sembrava più una domanda che una risposta.
Marc lo aveva fissato per un lungo istante, poco convinto.
"Ripetimelo un'altra volta." lo canzonò "Magari se me lo dici bene poi ci credo."
Holly fece un profondo respiro: la sua illusione di poterlo fissare senza che se ne accorgesse era sparita nel nulla.
"Scu... scusami Marc. Cercherò di stare più attento d'ora in poi." poi aveva recuperato la palla e l'aveva lanciata verso il ragazzo. "Credo che sia meglio allenarsi." disse, sperando di aver chiuso quel capitolo pietoso: sciocco che era stato!


Marc non si riteneva soddisfatto. Era davvero curioso, come non lo era mai stato.
Avevano cominciato ad allenarsi sui colpi di testa: erano entrambi davvero bravi ed erano arrivati a venti colpi a testa senza far cadere la palla a terra.
"Ehi, Atton, quando l'hai capito?" chiese Marc, dopo aver spedito l'ennesimo pallone verso Holly.
"Capito cosa?" chiese Holly, che cercava di fingere di non comprendere dove voleva andare a parare.
"Beh, che ti piacevano i ragazzi." insistette Marc.
Holly, che sperava che il discorso fosse chiuso, prese il pallone al volo fra le mani e se lo mise sottobraccio, cosa inusuale per lui: persino Marc pensò di non averlo mai visto agguantare la palla.
"Senti Lenders, visto che vuoi proprio parlarne, facciamolo e poi alleniamoci." propose Holly, dandosi ancora dello scemo per essersi lasciato andare "Non credo di riuscirci se mi fai il terzo grado." e si sedette a terra.
Marc lo imitò e si mise accanto a lui.
"Allora, da quanto lo sai?" ripeté visto non era intenzionato a perdere l'occasione di fare quella chiacchierata.
Holly sembrò pensarci un attimo, con un lieve sorriso, cercando le parole giuste per spiegarsi.
"Io credo di averlo sempre saputo. Fino a qualche tempo fa non ci avevo fatto caso ma ora mi rendo conto di non essere mai stato attratto dalle ragazze." disse cercando di essere chiaro.
"Hai mai baciato un ragazzo?" chiese ancora Marc.
"Qui andiamo proprio sul personale!" esclamò Holly, chiedendosi che senso aveva quell'interrogatorio. "Comunque no, non mi è ancora capitato. Non so che scusa potrei addurre per baciare un ragazzo senza conoscere le sue tendenze." Holly stava quasi ridendo: trovava quelle domande un po' sceme ma si rendeva conto che era piacevole parlarne con qualcuno che non fosse 'il suo miglior amico', cioè il pallone.
"Ma come fai a essere certo che ti piacciano i ragazzi, allora?" chiese Marc, stranamente insistente e serio.
"Beh ci sarà un motivo se quando vedo un bel ragazzo mi si rizzano i peli delle braccia e mi batte il cuore più forte e invece quando mi capita di incrociare una ragazza, per quanto bella, non mi fa nessun effetto." disse Holly, portando un esempio per fare capire che diceva sul serio. Uff, era stanco che tutti gli dicessero che aveva la faccia del santarellino.
"Wow, allora ti ho fatto quell'effetto prima?" chiese Marc ridendo.
Holly arrossì ancora, come se fosse stato beccato a combinare una marachella.
"Beh, in realtà quando mi capita di giocare o di allenarmi tutto il resto passa in secondo piano. Non voglio certo che il miglior amico s'ingelosisca." disse mostrando il pallone e tentando di farlo roteare su un dito senza riuscirvi "Sono decisamente meglio con i piedi."
Marc sorrise, poi s'avvicinò, appoggiò una mano sulla spalla di Holly e appena questo si fu girato posò le proprie labbra su quelle del ragazzo. Holly ebbe appena il tempo di stupirsi, che l'altro aveva deciso di approfondire il contatto e sfiorargli le labbra con la punta della lingua.
-Oddio, che sta succedendo? Marc mi sta baciando... ed è bellissimo.- pensò. Nel frattempo però aveva accettato quello che stava succedendo e aveva socchiuso le labbra dando il permesso alla lingua del compagno di accedere alla sua bocca. Velluto liquido, era il primo paragone che fece, la sua lingua era morbida, audace e decisa. S'avvicinarono il più possibile, senza staccare le labbra, poi s'avvinghiarono. Il bacio durò un'eternità e s'interruppe solo quando sentirono dei rumori provenire dall'interno degli spogliatoi. Scattarono guardandosi intorno, poi si fissarono negli occhi.
"Questo non è il posto adatto per fare certe cose. E se tornassimo in albergo?" propose Marc.
"E l'allenamento?" chiese di rimando Holly.
"Sai, credo che i nostri compagni avessero ragione, in fondo non è una partita così vitale e non abbiamo bisogno di allenarci troppo." disse Marc alzandosi e porgendo una mano a Holly perché facesse lo stesso. Holly ci pensò un attimo poi prese la mano di Marc e si alzò.
"Ok, non sarà la morte di nessuno per una volta." disse e dopo essersi ricambiati tornarono all'albergo. Entrarono nella stanza che Holly divideva con Tom Becker e lì ripresero da dove avevano interrotto.
Ripreso a baciarsi con passione. Marc si era fatto all'improvviso più vorace e duro ma Holly non se la sentì di lamentarsi: il piacere che gli davano le sue mani e la sua bocca non aveva paragone con altro che avesse mai provato (a parte giocare a calcio, ovviamente).
Passarono l'intera giornata nel letto a coccolarsi, tranne una breve capatina per comprarsi qualcosa da bere e da mangiare. Era stato piacevole per entrambi. Non avevano fatto sesso, a entrambi sembrava prematuro, ma erano giunti al punto di toccarsi molto intimamente e ognuno aveva aiutato l'altro a raggiungere l'orgasmo. Alla fine, dopo una doccia in cui si erano dati da fare ancora, come se non riuscissero a sfamarsi l'uno dell'altro, si erano addormentati nello stretto letto di Holly, avvinghiati.
Furono risvegliati dal caos che proveniva dai corridoi. I ragazzi stavano tornando dalla loro gita.
"Accidenti è tardissimo!" aveva esclamato Marc. "E ora cosa facciamo? Non mi sembra il caso che mi faccia trovare qui... in queste condizioni." Erano rimasti in boxer.
"Nasconditi da qualche parte, poi mentre Tom si farà una doccia sgattaiolerai fuori." propose Holly.
"Ehm, e dove mi potrei nascondere?" chiese Marc, per nulla soddisfatto di quella situazione.
"Sotto il mio letto o forse è meglio dentro l'armadio dove c'è la mia valigia." disse Holly "Sono separati e lui non ha motivo per frugare tra le mie cose."
"Sì, credo l'armadio andrà bene." accettò Marc con un sospiro rassegnato. Intanto raccolsero alla velocità della luce i suoi vestiti, che furono chiusi con lui nell'armadio.
Holly si levò i boxer e si buttò sotto la doccia, fingendo di essere tornato da poco e di essersi fatto un bagno ristoratore.
Tom entrò nella stanza, vide il letto sfatto, e sentì l'acqua scorrere. Non capì cos'era successo.
"Holly, come mai c'è il letto sfatto?" gridò Tom, immaginandosi che Holly faticasse ad ascoltare quello che era detto con lo scrosciare dell'acqua.
Holly chiuse l'acqua, si mise l'accappatoio e tornò nella stanza.
"Ho fatto un riposino prima di buttarmi sotto la doccia." ammise il ragazzo, sperando che come scusa bastasse.
Doveva assolutamente far uscire Marc dall'armadio prima che soffocasse.
"Tu ti devi fare la doccia prima di andare al campo?" chiese Holly, cercando di sembrare più curioso che pressante.
"Sì, è una fortuna che tu abbia già finito." disse Tom e fece per aprire l'anta dell'armadio dove era rinchiuso Marc, che bloccò il respiro.
"Tom, lì ci sono le mie cose, il tuo armadio è quello vicino." lo bloccò Holly in ansia, poi cercò di stemprare la tensione "Ho appena preso il mio accappatoio da lì."
Tom lo fissò un attimo. Era certo che Holly gli stesse nascondendo qualcosa ma non gli sembrava il caso d'insistere. Prese le sue cose s'avviò verso il bagno e accese l'acqua della doccia.
Nel frattempo Holly aprì l'anta e fece uscire Marc, che fece un profondo respiro.
"Non ne potevo più di stare lì dentro." mormorò mentre si vestiva velocemente. Poi, prima di andarsene, aveva dato un altro lungo, profondo bacio a Holly.
"Beh, ci risentiamo alla prossima occasione." ed era scappato.


Era stata dura vedersi in seguito ma avevano fatto il possibile. Quando si scontravano in campo nessuno avrebbe mai detto che erano amanti tanto erano agguerriti. Il calcio veniva prima di tutto per entrambi, poi per Marc c'erano anche la famiglia, il lavoro. Per fortuna esistevano i cellulari che permetteva loro di poter comunicare senza dare nell'occhio a nessuno.
Holly capiva i problemi che aveva e non era mai stato invadente. Quando era stato il loro primo anniversario erano riusciti a prendersi un'intera giornata da stare da soli. Mentre passeggiavano per una città semisconosciuta con cappellini e occhiali scuri, visto che pur essendo giovani erano piuttosto conosciuti, Holly si era bloccato davanti alla vetrina di un negozio. La sua attenzione era stata attirata da un portachiavi che raffigurava un coniglietto che giocava a calcio. Era carino, a un prezzo abbordabile e poteva anche essere portato da un uomo.
"Ehm, questo lo dici tu." si ribellò Marc "Come posso giustificare la sua presenza?"
Holly fece spallucce, entrò e ne comprò due. Marc, che si vergognava, aveva aspettato fuori. Appena uscito fece vedere all'amico le incisioni che aveva fatto sotto il piede del coniglietto.
"Sotto entrambi ci sono le nostre iniziali dentro un cuore. Che ne dici, non e romantico?" chiese Holly ridendo.
"Molto." rispose Marc in tensione "Questi sì che sarà difficile da spiegare. Spero che nessuno ci faccia caso, non saprei come giustificarlo."
In realtà Marc lo teneva ben nascosto, mentre Holly lo aveva legato alla borsa alla vista di tutti, ma non aveva mai preteso che lui si comportasse in modo diverso.
Più Marc ci pensava, più si sentiva stupido ad aver reagito in quella maniera . Holly lo aveva lasciato con quel gesto di gettare il portachiavi a terra e non era certo di poter rimediare.



Alla fine si era addormentato e al risveglio si era accorto di essere quasi arrivato. Un altro po' e avrebbe rischiato di perdere la giusta stazione.
Da lì alla casa di Holly la distanza era poca, perciò proseguì a piedi. Arrivò davanti alla casa che era ormai ora di pranzo. Suonò il campanello, sperando di non disturbare.
Dopo un attimo la signora Atton aprì la porta con un sorriso solare, molto simile a quello di Holly. Il pensiero lo fece sospirare.
"Buongiorno signora, spero di non disturbarla." disse Marc, cercando di sembrare meno impaziente che poteva. In realtà non vedeva l'ora di ricevere la lettera e leggerla.
"Buongiorno a te, Marc." rispose la signora "E non disturbi affatto, anzi ti stavo aspettando. Sono certa che tu abbia appetito." aggiunse sottintendendo che aveva cucinato per lui.
"Signora Atton, non era necessario." si schernì Marc.
"Su, non puoi essere venuto a trovarmi per poi farmi da mangiare da sola." lo implorò "E poi, ora che anche Holly se n'è andato, questa casa è così vuota."
Marc vide lo sguardo triste della donna e capì che non era il caso di infierire.
"Mi scusi se sono sembrato scortese. Accetto volentieri." disse.
Il sorriso tornò sulle labbra della donna.
"Allora vieni," disse prendendolo sotto braccio. "Accomodati pure, un attimo e sarà tutto pronto."
Marc si sedette, rassegnandosi a una lunga attesa, ma non gli dispiaceva. L'accoglienza che gli aveva dato la madre di Holly lo rinfrancava. Mentre mangiavano, il ragazzo rispose educatamente alle domande su scuola, famiglia , etc. Poi, quando gli consegnò la lettera non lo cacciò e lo lasciò solo, seduto sul divano.
Marc, avuto quello che era venuto a prendere, prese un profondo respiro, poi la aprì e cominciò a leggerla.
'Mio caro Marc,
quando leggerai questa mia sarai già venuto a sapere il motivo per cui ti ero venuto a cercare.
Mi dispiace che si sia svolto in maniera così veloce, tutto è accaduto prima che me ne rendessi conto.
Forse ora ti dispiacerai di non avermi incontrato, ma credo che ragionandoci sopra sia stato meglio così.
Ci siamo risparmiati un sacco di convenevoli che non fanno parte della nostra natura e che ci avrebbero intristiti.
Mi dispiace di come ho reagito, ho perso anche anche il coniglietto in un momento di rabbia e mi manca, come mi manchi tu.
Spero solo che questo periodo che passeremo l'uno lontano dall'altro ci faccia chiarezza sui nostri sentimenti.
Ritieniti libero di fare tutte le esperienze che ti aggradano, non voglio che tu sia impegnato quando è colpa mia che mi sono allontanato.
Perdonami se non ho la forza di proseguire oltre ma sarà di certo un bene per entrambi.
Tuo Holly.'
Marc la rilesse più volte, comprendendo che sarebbe passato un bel po' di tempo prima che avesse rivisto Holly.
La signora Atton rientrò nella stanza e tese a Marc un biglietto con dei numeri di telefono.
"Questi sono i contatti che ho per chiamare Holly." disse la donna "Quando te la sentirai fallo, credo che sia meglio che parliate di persona. E se Holly dice qualcosa dai la colpa a me."
"La ringrazio signora Atton per tutto quello che ha fatto per me." disse Marc prima di andarsene e tornare a casa.



Una settimana dopo Danny Mellow bussò a casa Lenders. Marc non si faceva vedere da allora né a scuola, né agli allenamenti e pure sul posto di lavoro non era più andato. Gli aprì la signora Lenders.
"Signora, mi perdoni, Marc sta male?" chiese alla madre.
La donna scosse la testa.
"Non è la salute il suo problema." disse "Entra pure, magari lo tiri su di morale."
La signora Lenders lo fece entrare, poi annunciò la sua presenza gridando.
"Marc hai visite." poi rivolto a Danny "Vai pure nella sua stanza."
Danny entrò e raggiunse la stanza che Marc divideva con i fratelli. Lo trovò steso sul letto, abbracciato al cuscino e con una pessima cera.
"Marc, ma che hai fatto?" chiese Danny.
Il ragazzo lo guardò scontroso.
"Non dovevi venire qua." borbottò.
"Sono tuo amico, mi preoccupo per te." disse Danny "Sono pronto ad ascoltare qualsiasi cosa tu voglia dirmi."
"Dici?" chiese Marc con tono di sfida "Voglio metterti alla prova. Sono gay."
Danny era rimasto senza parola e alla fine l'unica cosa che era riuscito a dire "Wow, non me n'ero mai accorto."
"Siete proprio ciechi." esclamarono i fratelli di Marc, quasi all'unisono. Danny ricordò solo allora che la stanza era condivisa.
"Già, sembra che non sia stato un buon attore, almeno in casa." disse Marc con un sorriso triste.
"Quindi è perché avevi paura di essere giudicato che ti sei chiuso in casa?" chiese Danny incredulo "Non ti sei fidato di me e mi dispiace."
Marc scosse la testa.
"Non è per quello." borbottò Marc.
"Il suo ragazzo l'ha lasciato." dissero in coro i fratellini.
Marc guardò il soffitto esasperato.
"Tu avevi un ragazzo?" chiese sorridendo Danny "E chi è? Su dai dimmelo."
Azumi s'avvicinò.
"Conosci un OA?" gli disse, lanciandogli il coniglietto.
"Un OA che ti ha lasciato?" mormorò Danny. "Dimmi che non si tratta di Oliver Atton." Lo sguardo abbacchiato di Marc confermò i suoi dubbi. "Avanti non credo che Holly Atton gradirebbe che ti comportassi così. Non so se quando tornerà dal Brasile sarete ancora una coppia ma di certo vorrà vedere se sei migliorato sul campo. Torna ad allenarti."
Marc capì che Danny aveva ragione: la prossima volta lui e Holly avrebbero potuto rincontrarsi per una partita della nazionale e doveva essere pronto.
"Mi hai convinto Danny." disse Marc " Da domani ricomincio la mia solita vita."
Poi Danny fu fulminato dal ricordo di un Holly Atton abbattuto, sotto la pioggia, a due passi da casa Lenders.
"Beh, la prossima volta impari a tenere un segreto con me."gli disse prima di tornarsene a casa.
  
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