-Come... come sto?-
Questa domanda
esce dalla mia bocca come un sussurro.
Sto davanti allo specchio, in piedi,
dentro il vestito giallo che mia madre mi ha fatto trovare sopra il
letto per l'occasione.
Scende morbido sui miei fianchi e arriva a
poco meno del ginocchio.
E' il secondo anno che ho il permesso
di uscire la sera fino a tardi e questa sarà la seconda
volta che lo
faccio. Non per mia volontà, ovvio. Harold. E' colpa sua. E'
proprio
da lui trascinarmi in queste feste popolane, io non mi ci trovo per
nulla.
Le altre ragazze della mia età stanno bene nelle loro
pelli, io mi sento di troppo anche a tavola la sera con la mia
famiglia. Molti dicono che sia a causa della timidezza, io fin da
piccola ho sempre pensato che il mio sia un super-potere. Io sono
come i camaleonti, posso diventare invisibile quando più ne
ho
voglia. L'unico problema è che non so ritornare visibile, ma
di
questo non mi preoccupo poiché farlo è compito di
Harold. Sin da
quando eravamo bambini è l'unico con cui il mio grande
potere
fallisce.
Posso essere invisibile anche a mia madre, ma non a
quel ragazzo che ora si trova seduto sul mio letto, le spalle al
muro, e mi sta fissando con un'espressione indecifrabile.
E' lui che dal limbo mi riporta nel
mondo dei vivi ogni volta.
-Bene, come sempre- risponde lui di
fretta senza muovere muscolo -io, però, scioglierei i
capelli-
Alzo lo sguardo e osservo la mia
pettinatura. Ho intrecciato le ciocche chiare color sabbia in una
treccia, come faccio sempre. Odio tenerle sciolte, oltre a dare
fastidio sono, come dire, troppo appariscenti.
Dato che è
abituato a prendere le cose che vuole, il ragazzo castano si alza e,
senza dire niente, senza farmi fare niente, slega i capelli al posto
mio.
Lo lascio fare, tanto ho imparato che non serve a nulla
controbattere tanto è testa calda. Inizia a ravvivarmi i
capelli con
le mani, delicatamente, mentre mi torturo le dita.
Quando finisce
restiamo per circa due minuti in silenzio, io osservo sia me che lui,
mentre il suo sguardo è solo per i miei capelli.
-Allora?- cerco
di rompere il silenzio che sta lentamente iniziando a uccidermi.
La sua risposta arriva con un sussurro,
un bisbiglio impercettibile, che mi lascia vicino all'orecchio, con
fare dolce.
-Sei bellissima-
Un sorriso si apre su mio volto,
involontariamente, spezzando tutte le insicurezze che stavo provando
fino a poco fa.
-Finisci di prepararti, io vado a farmi un giro di
fuori-
Continua lui donandomi un bacio sulla fronte, prima di
abbandonare la mia piccola stanzetta.
Lancio un ultimo sguardo ai
capelli, prendo un profondo respiro e lo seguo, convinta che la
serata sarebbe stata lunga.
***
Non so ballare, non ho
mai provato a farlo. Ecco perché me ne sto sempre in
disparte ai
balli, ecco perché resto sempre con George, mio zio, il
barista,
alle feste. Porta sempre una piccola sedia per me, quando mamma lo
avvisa della mia presenza. E' un uomo che ama parlare, questo capita
bene poiché io amo ascoltare, o almeno lo so fare bene. Mi
parla di
tutto quando sto con lui, della famiglia, del lavoro, dello sport, di
tutto. Passiamo il tempo insieme.
Ma oggi non posso non ballare, a
sentire Harold tutte le diciottenni devono ballare almeno una volta
con il ragazzo che portano nel cuore.
Sono arrossita a
quest'affermazione, dato che io... beh, io non ho un ragazzo,
né
un'innamorato, né un amante segreto. Non ho nulla di tutto
questo.
Conoscendomi ha aggiunto subito dopo che non importava, che avrebbe
ballato lui con me fino a quando non avessi trovato il mio, come lo
chiama il mio amico, principe azzurro. Ha anche aggiunto che avrebbe
ballato con me tutta la vita se lui non si fosse presentato.
Per fortuna siamo al buio, quindi non
si vede il tono di rosso che le mie guance hanno preso in
più.
Meno
male.
Cerco di dire per l'ennesima volta al mio amico che non so
ballare, che non mi va, che preferisco mimetizzarmi seduta con mio
zio George piuttosto che ridicolizzarmi in quel modo, quando lui mi
tira via dal gruppo prendendomi la mano, aprendo le danze.
-Ti
giuro che non so ballare- sussurro mentre mi costringe ad andare
verso il centro della pista.
-Tu segui me- ribatte lui prendendomi
un fianco, facendomi avvicinare.
-Non farmi cadere- mormoro
sconsolata sapendo fin troppo bene che non mi avrebbe lasciato mai
una via di fuga. Mi dico che se non oppongo resistenza la cosa
passerebbe più indolore.
-Non ti farei mai cadere, anche a costo
della mia vita- mi sussurra seriamente nell'orecchio prima che il
gruppo di musicisti inizia a intonare qualche nota di valzer.
Così
il mio corpo si lascia cullare dalla musica, mentre la mia anima si
lascia cullare da quella di Harold.
***
-Danzare è strano- mormoro
nella notte.
Io e il mio amico siamo vicino a fiume, mi tiene la
mano mentre cerco di camminare sulle pietre, giocando
all'equilibrista.
E' l'una, ma di rientrare proprio non
ne ho voglia. Qualche minuto fa ho chiesto ad Har se potevamo finire
di ballare, che la musica iniziava a darmi alla testa. Mi ha chiesto
se volevo tornare a casa.
Ho risposto di no.
Per la prima volta
ho risposto di no. Per la prima volta nella mia vita preferisco non
arginarmi nei muri casalinghi, ma preferisco stare all'aperto, a
respirare.
L'acqua vicino a me è calmissima, così come il
cielo. Non si vede una nuvola nel raggio di metri.
E la luna è
piena, da qui posso vederlo benissimo.
Sarà il paesaggio,
l'atmosfera, il senso di sicurezza che Har mi infonde ma per la prima
volta nella mia vita sento una profonda quiete dentro.
Sarà che
tutto quel movimento mi ha svuotata.
-Perché dici così?-
-Non... non lo
so. Mi pare strano, tutto qui. E' un istinto- rispondo convinta della
mia affermazione, infondo è quello che provo.
-Ma quanto hai bevuto?- Har si ferma a
guardarmi con fare divertito.
-Io? Nulla, sono stata sempre con
te- replico con l'ingenuità di una bambina. Ha forse dei
dubbi?
-Ed è così che deve essere- risponde
lui riprendendo a camminare.
-Che deve essere cosa?- inizio a non
capirci più nulla della conversazione.
-Tu starai sempre con me
perché solo io ti posso proteggere, capito? Non ti
abbandonerò mai-
pronuncia queste parole con naturalezza, continuando a guardare
dritto davanti a lui.
-Ma cosa vai dicendo...- sussurro con una
lieve punta di imbarazzo nella voce, arrossendo.
-E' la verità. Ti ricordi come ci
siamo conosciuti?- il suo tono anche se naturale sembra dannatamente
serio.
-No...- mento. Certo che me lo ricordo come ci siamo
conosciuti, ma preferisco non parlare troppo dell'argomento.
Preferisco non pensarci.
Si ferma di colpo, ma continua a tenere
lo sguardo fisso nel buio.
-Stavi annegando. Tu... piccola e
fragile stavi annegando. Era pieno di gente ma nessuno ti stava dando
aiuto, nessuno ti vedeva. Eri invisibile agli occhi di tutti, ma non
ai miei. Capito? Io, io solo ti vedevo. Capii in un istante che non
potevo cercare altre soluzioni. Mi sono buttato senza pensarci due
volte... ma io non sapevo- gira la testa, in modo da guardarmi dritto
negli occhi -io... io non avrei mai pensato che quel giorno, facendo
quell'atto che tutti avrebbero fatto se... se solo avessero saputo,
io non sapevo- ingoia la saliva.
Ma cosa diavolo gli sta succedendo? Non
l'ho mai visto così, sembra invecchiato, maturato. I suoi
occhi mi
trasmettono cose che mai mi erano state trasmesse, e inizio a sentire
un vuoto nello stomaco. Qualcosa sta per accadere, lo so.
-Io non sapevo che salvando quella
bambina caduta accidentalmente in acqua, una bambina come tante
altre, né più ne meno, avrei salvato la mia
vita...- le sue pupille
si dilatano e la mia anima inizia a capire cose di cui non conoscevo
prima neanche l'esistenza.
-Perché Annabeth, tu sei la mia vita-
stringe la presa della mia mano.
Il mio cuore perde un battito, due,
forse anche tre. Trattengo il respiro mentre una lacrima inizia a
rigarmi il volto.
-Lo sei sempre stata, sempre lo
sarai...- anche i suoi occhi iniziano a diventare lucidi -ed
è per
questo che solo io ti posso proteggere.- Mi guarda con uno sguardo
più intenso, come se potesse imprimermi le sue immagini
nella testa
con la forza del pensiero.
-Hai uno strano potere tu, sai? Sai
scomparire, sai morire in silenzio... e chi potrebbe salvarti allora?
Chi salverebbe la mia vita, così... così fragile?
Ho provato... io,
io ho cercato a trovare altre soluzioni, ma la verità
è che sono
troppo egoista, troppo, per lasciarti andare. E se ti accadesse
qualcosa? Non riesco neanche a immaginarmi come sarebbe la mia vita
senza la tua presenza... forse per il fatto che io non esisterei
senza la tua presenza, io non vivrei, lo capisci?-
Sto piangendo,
sento le lacrime, una ad una, che iniziano ad accarezzarmi le guance
silenziosamente.
-E se tu fossi morta quel giorno? Se
non ci fossi stato io? Io penso di amarti più di quanto
possa amare
qualsiasi altra cosa. Penso di amare il tuo viso, i tuoi sorrisi, i
tuoi occhi, più della mia stessa vita. E non me lo
perdonerei mai se
ti accadesse qualcosa, mai...-
Il mio sguardo diventa offuscato,
i pensieri si fanno chiari e disordinati allo stesso tempo. Inizio a
capire tutto continuando a non capire nulla.
-Hai presente il
principe azzurro di cui ti parlo spesso? Beh, ecco io ho provato a
diventare così. Mi ci sono messo d'impegno, credimi. Il
fatto è che
non posso cambiare, non sarò mai la persona giusta per te. E
questo
mi rende triste... più i giorni passano più mi
cresce la paura che
qualcun altro possa portarti via dalle mie braccia. Ho provato a
convivere con l'idea di stare distante da te, ma nella mia testa
è
una cosa contro natura.-
Resto immobile, respiro in modo lento,
cerco di afferrare ogni parola e di imprimermela nella mente.
-E sai, ti capisco se tu non provi le
stesse cose che provo io, capita. Non so nemmeno perché ti
sto
rivelando tutto in questo preciso momento, in questo luogo...
è solo
che ho capito che nella mia vita sei come un fiore spuntato tra
l'asfalto. Voglio dirti che io ci sarò sempre per te,
qualsiasi cosa
tu abbia bisogno mi troverai al tuo fianco, se mi vorrai.
Perché io
ti amo dal primo momento che ti ho visto, ti amo ogni respiro di
più.
Sei tutto per me, Annabeth, sei tutto.-
Finisce il suo discorso
tutto d'un fiato.
Non riesco a capire come mi sento,
felice? Triste? Forse stordita. Ma importa davvero come mi senti?
L'unico pensiero logico che il mio cervello riesce a formulare
è che
devo dire anche io qualche cosa... ma cosa? Come dire come mi sento
se non ne ho la minima idea?
Lo guardo, cerco la risposta nei suoi
occhi così sinceri e la trovo.
Lentamente mi porto la mano
libera sul viso e mi asciugo le lacrime. Mi avvicino e mormoro piano,
in modo che sia solo lui a sentirmi anche se non vi è
nessuno
intorno.
-Io... io ti appartengo.-
Un secondo, è bastato un solo secondo.
Continuo a guardarlo negli occhi mentre comprende quello che ho
appena detto, mentre anche io lo comprendo.
Un secondo che anche essendo
velocissimo sta durando millenni, per me, per lui.
Poi un sorriso si apre sul suo volto e
agisce d'istinto, come fa sempre.
Mi bacia.
Uno di quei baci
da film. Uno di quei baci cantati dai cantanti e scritti dagli
scrittori.
Un bacio, il nostro.
E capisco che
quel giorno, tanto tempo fa, oltre a salvare il mio corpo, ha salvato
anche la mia anima, che pure lei stava lentamente affogando.
“Ci apparteniamo, Har.”
AngoloAutrice.
Buongiorno lettore che sei
riuscito ad arrivare fino a qui. Per questa faticaccia ti regalo un
biscottino *porge biscotto*
Che dire della storia? boh, nulla. L'inizio l'ho scritto di getto, ieri
sera alle due, quindi non so quanto possa essere decente.
Per il resto vorrei solo dire che è per la mia nuova amica @awshtonirwin di twitter (a proposito, scusa
il ritardo... ehm... sì.)
Va be', dato che ho taaante cose da dire (si vede, vero?) ho
pietà e la finisco qui.
Baci,
M;
(una qualche recensione, positiva, neutrale o negativa che sia, sarebbe
molto piacevole :3)