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Autore: LonelyWriter    24/07/2013    0 recensioni
La lunga pace guadagnata nella terra di Labryn subisce una piccola scossa.
Ma anche attraverso la più piccola crepa, l'acqua si scava un fiume.
Erik è il primo a trovarsi coinvolto. Il destino mette a repentaglio tutto quello che più ama.
Krystal è ormai cresciuta, e le sue azioni tagliano il sottile filo che la manteneva legata alla società in cui viveva.
Qualcuno muove i fili di oscuri eventi che si moltiplicano sulla strada di una sfortunata compagnia di mercenari.
Nessuno di loro sa quanto in realtà siano legate le loro strade.
--
-“Io credo che...”-
-“Silenzio!”- Si scatenò la voce proveniente dalla maestosa figura, immersa nell’oscuritá.
-“Manderò qualcuno a fare il lavoro. Sicuramente cadranno con qualcosa di semplice.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Si trovavano in una città di nome Toran, una città di mercanti e mercenari in cui era sovrano, per le strade, il caos più totale. Bancarelle ovunque, un fiume di gente scorreva lento, 
ognuno spintonando il vicino. Molti odori si confondevano nell'aria; tra spezie di ogni tipo, frutti dai colori intensi e dai profumi ammalianti, droghe, infusi e quà e là, 
odore di fuoco e ferro battuto, dove i fabbri facevano scaturire scintille dagli incandescenti pezzi di metallo, battendo pesantemente con i loro potenti magli.

La compagnia era in cerca di una missione, qualcosa da fare per guadagnare delle monete.
Mentre il sole splendeva ormai a metà del suo percorso, illuminando la penisola di Labryn, il gruppo si faceva largo tra la folla per raggiungere un'osteria dove avrebbero mangiato, 
prima di raggiungere colui che gli avrebbe affidato l'incarico. 
Appena entrati gli odori pungenti dei liquori e della carne arrostita li investì, facendo gorgogliare le loro pance, soprattutto quella di Raven. Trovato un tavolo libero, si sedettero 
e ordinarono birra e carne per tutti ma, al contrario del guerriero, il mago Pewar prese una porzione più piccola, come suo solito.

Dopo essersi rifocillati si infilarono nelle strette vie di Toran per raggiungere una casa quasi decadente che una volta sarebbe dovuta essere bianca, mentre ora risultava 
di rivoltante un ocra chiaro. Raven, che veniva considerato portavoce del gruppo, bussò alla porta, la quale era stata rinforzata con barre d'acciaio e borchie. 
Quasi subito venne aperta da un tipetto alquanto nervoso, che con fare sbrigativo li fece entrare.
Nella stanza regnava la muffa ed il vecchiume. Molte ragnatele ricoprivano gli angoli.
Dietro una tenda, si scorgeva un atrio molto spazioso, con altre stanze che delineavano il fatto che la casa fosse molto più grande di quanto si potesse immaginare dall'esterno.
 
-”Dunque siete qui finalmente. Vi aspettavo con ansia.”- Un tipo alto, anziano e molto grasso uscì da dietro una delle tende.
 
-”Sì. La folla ci....”-
 
-”Capisco! Ma ora veniamo al punto. La missione che vi devo affidare è alquanto delicata ma il compenso è lauto.”- Sbottò l’uomo, interrompendo le parole della muscolosa figura 
che lo pareggiava in altezza.
 
Una ragazza bionda e snella, parte del gruppo, si chiese se quell'omuncolo nervoso fosse mai uscito da quella casa: a giudicare dal suo aspetto sembrava che non vedesse il cielo 
da molti mesi. Osservandolo bene nella penombra notò che aveva un naso sproporzionato e si nuoveva come un epilettico. Un raggio di luce rivelò la sua pelle verde: un Goblin. 
Riportò l'attenzione sulla conversazione.
Raven rispose come se di queste parole ne avesse sentite a centinaia.
 
-”Certamente. Ma esattamente...”- Il barbaro si soffermò per trovare le parole giuste.
 
-”Di quanto stiamo parlando?”- Si affrettò a completare la frase la giovane ladra.
 
In quanto tale era naturalmente legata al denaro, più per piacere personale che per utilizzo, però. Forse lo disse con un po' troppa enfasi perché l'omone scoppiò in una risata 
quasi strozzata, e ricevette un occhiata di rimprovero dal mago.
 
-”Sì, è giusto: sono esattamente trecento pezzi d'oro.”- 
 
Tarol, che stava mangiucchiando una mela, quasi si strozzò. Trecento monete erano molte. Di sicuro ci avrebbero fatto una vita migliore e finalmente Pewar avrebbe potuto comprare 
uno dei suoi tanto sospirati libroni di formule e metodi di studio per la magia. Il mezz’elfo infatti non potè fare a meno di notare l’emozione del giovane mago, che però si affrettò a 
placare.
 
-”Uao! Sono tremia pezzi d’argento!”- Commentò poi, sputando alcuni semi della mela.
 
-”Quale compito dovremmo svolgere per una tale somma di denaro?”- Chiese Raven.
 
-”La missione consiste nel recuperare un prezioso manufatto...ehm..più che altro con un valore affettivo. Vi pago molto più del suo valore in denaro. 
Le mie spie rivelano che i ladri si sono diretti all'incrocio tra le montagne rosse di Quilk.”- Il ciccione sembrava a suo disagio.
 
-”Alle montagne di Quilk?? Ma è lontanissimo!”- S'intromise Tarol.

-”Lo dici proprio tu che hai le gambe migliori di tutti noi messi assieme!”- Lo rimbeccò Diana, sistemandosi i lunghi capelli biondi.

-”La distanza non è il problema. È forse quel che troveremo là a ostacolarci. Vi ricordo che da quelle parti vivono delle tribù nomadi di Colobodi, i quali non sempre sono amichevoli, 
e talvolta sono anche molto numerosi. Inoltre se il manufatto è stato rubato significa che ci sarà qualcuno a proteggerlo.”- Pewar aveva espresso la sua opinione con la sua voce flebile,
e quel suo modo di parlare lento, che faceva sembrare il tempo rallentato.
 
-”Come al solito hai ragione. Abbiamo anche bisogno di soldi per il viaggio: non si sa mai.”- Rispose Raven.
 
Il vecchio disse allora:
-”Io vi posso pagare venti monete d'oro e le restanti..”- esitò un attimo guardando il mago, che alzò un sopracciglio, e si decise a non tirare sulle cifre.
-”le restanti duecentottanta quando tornerete. Va bene? L’oggetto è una grande gemma rossa, ma non vale più di cento monete. Mi interessa perchè...è un regalo di una persona...
molto importante.”-
 
Dopo un breve scambio di opinioni tra di loro decisero di accettare.
 
-”Accettiamo!”- Disse con voce solenne Raven.
 
-”Ottimo! Allora partite subito.”- Disse consegnando le monete al guerriero.
 
Il Goblin saltellò per aprire nuovamente la porta e li fece uscire con una certa fretta. Appena fuori dalla città, nella radura in cui avevano lasciato i cavalli, Pewar disse:
 
-”Questa volta, ci facciamo una fortuna. Richiederà un po’ tempo, ma i colobodi non dovrebbero essere un problema.”-

Partirono con calma, alla sera erano già arrivati alla città marina Dansol, una grande città che sembrava voler bloccare le onde che si abbattevano sulle sue possenti mura. 
Dansol era sempre stata una città di pescatori e marinai che dopo l'arrivo del terribile Heratrox, il tiranno che cercò di conquistare tutta Labryn, si era trasformata in una fortezza 
imponente con enormi navi da guerra, le più temibili. La gente del posto aveva infatti una certa esperienza marittima.
Erano passati molti anni da allora, e chiunque preferiva ancora evitare l’argomento. Diana chiese se si sarebbero fermati per vedere almeno la Grande Statua, ma gli risposero 
che non c'era tempo, e avrebbero proseguito.

Delle molte cittá e luoghi visitati dalla compagnia, la bella Dansol, mancava all’appello.
La Grande Statua era una costruzione imponente, occupava la piazza centrale, ed era un'enorme barca a grandezza naturale completa di equipaggio e truppe. 
Non era questo però ad attirare Diana, bensì ciò che aveva sentito da chi l'aveva vista: la statua era tutta in oro, o altri dicevano che solo ne era ricoperta. 
C'erano voluti due secoli per scolpirla e diversi anni per raccogliere tutto quell'oro e fonderlo. Ci avevano lavorato oltre cinquecento persone, ma quando l'opera fu terminata, 
la città divenne leggenda. A quasi trecento anni dalla grande guerra, la città ferveva nella sua attività commerciale marittima.

Verso sera, in lontananza, si incominciava ad intravedere il fortino sulla collina di Sich, noto per le sue qualità belliche e la birra forte. Il gruppo era stanco e decise di fermarsi per la notte. 
Nella radura che Tarol aveva trovato, il fuoco scoppiettava sotto la pentola di zuppa. La notte calava tranquilla e soffiava un leggero vento fresco proveniente dalle montagne del nord. 
Il gruppo era pensieroso e meditativo. Le fronde degli alberi cantavano nella brezza, formando un atmosfera rilassante e pacata.
  
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