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Autore: Ily Briarroot    24/07/2013    4 recensioni
Due sorelle divise da un destino che le segnerà profondamente. Due cuori profondamente uniti ma costretti a separarsi. Due cuori che battono all'unisono, ma che non sono liberi di farlo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Akemi Miyano | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Secondo capitolo

 

“Akemi, tesoro... “.
Elena prese la mano di sua figlia, facendo in modo che le si avvicinasse. Incrociò l'espressione intrisa di curiosità e confusione sul suo volto e le accennò un sorriso, senza lasciare trapelare neanche un briciolo della tensione e del dolore che provava in realtà.
“Cosa c'è, mamma?”.
La donna si soffermò un istante in più sull'immagine della sua bellissima bambina che aveva compiuto sette anni soltanto qualche giorno prima. Cercò di imprimerla nella mente, per non dimenticarla mai.
“Tesoro... io e tuo padre dobbiamo partire”.
Akemi sgranò gli occhi, senza comprendere fino in fondo. Sentiva ancora la stretta delicata di sua madre sulla pelle.
“Perché?”.
Elena le si inginocchiò accanto, guardandola negli occhi attraverso le lenti scure.
“Perché dobbiamo fare un lavoro importante. Tu e Shiho resterete qui, i signori che ci sono venuti a trovare l'altra volta si prenderanno cura di voi”.
La bambina notò il tremolio lieve nella sua voce e l'insicurezza che le stava trasmettendo. Scosse appena la testa, senza capire.
“Ma avevi detto che ce ne saremmo andati tutti da qui. E poi quei signori non mi piacciono. Mi fanno paura”.
Elena ascoltò attenta ogni minima parola, ma dovette sforzarsi per rimanere sicura. Portò una mano sulla nuca di sua figlia e la strinse a sé in un abbraccio che sperò non finisse mai.
“Torneremo presto. E staremo di nuovo tutti insieme”.
Poco prima di salire a bordo dell'automobile che chissà dove li avrebbe condotti, Elena si voltò verso sua figlia maggiore, inginocchiandosi.
“Prenditi cura di Shiho. Ne ha molto bisogno” le sussurrò, accarezzandole il viso con una mano.
Dopodiché guardò malinconica l'uomo interamente vestito di nero che le intimava di fare in fretta e si sedette a bordo, imitando suo marito.
Quando l'automobile con Elena e Atsushi Miyano partì, Akemi teneva la piccola mano della sorella, cercando di trattenere le lacrime che minacciavano di traboccarle sulle guance rosee.
L'ambiente in cui vivevano non era lo stesso appartamento stretto e umido dal quale aveva sempre voluto andarsene, ma un luogo tetro e buio in cui era facile perdersi.
Lungo il corridoio stretto, le stanze che vi affacciavano erano piccole e completamente bianche. Spesso non si vedeva nessuno e soltanto in quel momento Akemi capì che erano rimaste sole.
Sperava di vedere la sagoma di sua madre comparire davanti a se' per portarle via. L'unica cosa che riusciva a farla vivere davvero, a farla sorridere, a essere sempre solare allo stesso modo, era il ricordo delle parole di Elena.

Torneremo presto.

E lei ci credeva davvero.
Vedeva Shiho crescere, le faceva da tutto ciò che potesse rappresentare una famiglia. La vedeva chiusa, introversa, schiva. Non sapeva parlare, ma rimaneva totalmente silenziosa di fronte agli uomini vestiti di nero che conosceva da sempre, senza una speranza, senza un ricordo di ciò che vi fosse fuori, senza un'immagine di ciò che fosse la vita vera.
Si apriva soltanto in presenza della sorella. Ed erano quelli i momenti in cui, lasciate sole, le mostrava i suoi sorrisi più autentici, i suoi gesti affettuosi. In cui le donava tutto l'affetto di cui era capace. In cui, guardandola, ci si rendeva conto della spensieratezza di una bambina felice ma che non poteva esserlo fino in fondo. Dopodiché, il suo sguardo si rabbuiava e tornava la bambina silenziosa e malinconica di sempre.
Soltanto in quel frangente la sorella maggiore capì cosa avesse voluto dire sua madre, prima di partire.

Prenditi cura di Shiho. Ne ha molto bisogno.

Doveva essere forte e doveva farlo per Shiho. Doveva sopportare i continui trasferimenti da una città all'altra, doveva sopportare di sentirsi strattonare di continuo da persone che neanche conosceva e che continuavano a farle paura. Non si era ancora abituata alla loro presenza.
Tuttavia, niente riusciva a scalfire i ricordi e la fiducia di una bambina solare che aveva conosciuto ciò che esiste all'esterno, il mondo che l'aspettava. Perché, al contrario di Shiho, lei aveva vissuto una vita felice prima di scoprire cosa fosse l'oscurità. Ne aveva avuto l'occasione.
Qualunque cosa fosse successa, sapeva soltanto che doveva riuscire a raggiungere quella realtà dove, ne era sicura, sarebbe stata libera.
Dove avrebbe potuto vivere in pace con i suoi genitori e con sua sorella, una volta che questi fossero tornati a prenderle.
Akemi non perse le speranze neanche quando, qualche mese dopo, una donna dai lunghi capelli biondi le si inginocchiò accanto, una sigaretta spenta tra le labbra curate.
Shiho, seduta sul tappeto, posò di colpo sul pavimento il pupazzo con il quale stava giocando e la scrutò seria.
La donna sorrise amaramente, una mano sulla testa della bambina dai capelli color pece.
“I'm so sorry, my dear”.
Si alzò in piedi, accendendo la sigaretta. Dopodiché incrociò le braccia e riprese.
“I tuoi genitori sono morti. Hanno avuto un incidente”.
Quando Akemi si voltò, aveva lo sguardo basso, le lacrime agli occhi. Ma non pianse, non davanti a lei.
Quando lo fece, sua sorella la guardò negli occhi senza scomporsi, probabilmente senza neanche capire a fondo, realizzando soltanto ciò che una bambina di due anni e mezzo può comprendere.
Fu in quel momento che le si inginocchiò accanto, stringendola forte a se'. Aveva soltanto lei, nulla di più. Shiho era tutto. Shiho era sempre stata tutto.
La motivazione era di colpo diventata più forte. La tentazione e la voglia di scappare via da quel luogo sarebbero rimaste sempre in lei, per tutta la vita. E avrebbe lottato, avrebbe fatto di tutto per riuscirci. 

  
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