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Autore: MystMG    25/07/2013    7 recensioni
''Questa è la leggenda di Nightmare, il pokemon maledetto delle catastrofi.
Questa è la leggenda di Maou, il ragazzo maledetto che, ogni notte di luna piena, precede Nightmare con la speranza di ritrovare il suo amico Shiro.
Questa è una leggenda di morte e disperazione, ma allo stesso tempo una crudele verità che non potrà mai essere interrotta.''
Genere: Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Canalipoli è una città famosa per la sua biblioteca, collocata all’estremità della città, dove le acque del fiume confluiscono nel mare, permettendo a numerose navi di passare verso l’entroterra o sostare nell’enorme porto. all’interno di questa enorme struttura a tre piani sono conservati numerosi volumi di ogni genere, dalla cucina all’epica. Per l’appunto la sezione dedicata all’epica è collocata al terzo piano, che ha la particolarità di non avere finestre rivolte verso la città, ma solo un enorme vetrata che fornisce una visione completa del mare e dell’isola distante qualche centinaio di metri dalla costa. A questo genere è stato dedicato un’intera libreria che si erge imponente fino al soffitto. Larga circa nove metri e alta quattro, i suoi volumi sono ordinatamente disposti uno accanto all’altro in ordine alfabetico. Nonostante tutti i libri abbiano una rilegatura pregiata e copertine di pelle, è solo uno quello che salta subito all’occhio di tutti coloro che passano davanti ad esso, ed è posizionato allo scaffale più basso. Il libro è abbastanza sottile, ma la sua copertina è spessa e nera come la notte. Sul bordo risalta una scritta dorata, leggermente rovinata dal tempo, ‘Nightmare legend’’. E’ proprio questa scritta dorata a cogliere l’attenzione di un ragazzo. I suoi capelli sono dorati, dello stesso colore della scritta, e i suoi occhi sono blu oceano. Si china lentamente, estraendo il volume stando attento a non far cadere gli altri. Pensando di essere l’unica persona nella stanza, la percorre passando di fianco alla vetrata, venendo illuminato dalla luce arancione prodotta dal tramonto sul mare, e si siede ad una piccola scrivania, posando delicatamente il libro. Nota subito un piccolo disegno tribale in un angolo della copertina. Nonostante strizzi gli occhi davanti al disegno, il ragazzo non riesce a riconoscere la figura.
-Che Pokèmon è…?-
-E’ un Absol-
Sentendo quella risposta schietta e immediata, il ragazzo si gira di scatto, poiché pensava di essere il solo nella stanza. A parlare è stato un ragazzo, che ha lo sguardo perso nella luce del tramonto che, pian piano, si fa sempre più lieve, permettendo di vedere sempre meglio la luna piena, che sorga maestosa appena sopra l’isola. E’ un ragazzo abbastanza alto, con capelli neri come la notte e occhi di un innaturale color grigio. Indossa T-shirt nera e classici jeans, entrambi inspiegabilmente rovinati e coperti di cenere. Sul volto, tra l’occhio destro e il naso, ha un taglio superficiale, ormai completamente cicatrizzato. L’imbarazzante silenzio che subito dopo si viene a creare viene interrotto quando il ragazzo dai capelli neri si volta in direzione di Brian, che per l’appunto è il ragazzo dai capelli dorati.
-Quel libro non racconta bene la storia, è una vecchia edizione notevolmente modificata rispetto all’originale-
Brian continua a fissare quel ragazzo, che parla con un tono deciso, nonostante muova a malapena le labbra. Ai suoi occhi è un individuo davvero inquietante ma, al posto di stargli alla larga e andarsene subito, decide di non saltare subito alle conclusioni per l’aspetto fisico, e cerca di iniziare un discorso con lui.
-Bhe… sembri un esperto! Se è davvero così inattendibile, perché non mi parli della storia di questo… ehm…-
Dopo aver iniziato un discorso sul libro, si rende conto di non averlo neanche aperto, quindi apre subito la prima pagina per leggere il titolo, ma viene preceduto.
-Nightmare, quel libro parla della leggenda di Nightmare.-
Il ragazzo rivolge nuovamente il suo sguardo all’infuori della finestra e, notando che il sole è ormai completamente scomparso sotto l’orizzonte, inizia ad osservare la luna piena.
-Luna piena… dicono che gli occhi di quel Pokèmon siano identici alla luna, e che appaia solo nelle notti di luna piena, in città vicine al mare-
Dopo aver parlato, il ragazzo si fa sfuggire una leggera risatina, intravedendo dal riflesso nel vetro la faccia del ragazzo.
-Ehm… ma oggi c’è luna piena… e siamo in una città vicina al mare…-
-Ti piacerebbe ascoltare tutta la leggenda?-
Brian è perplesso da quest’improvvisa proposta e, dopo qualche secondo di silenzio, trova il coraggio di rispondere.
-…come mai tutta questa disponibilità…? Insomma, mi hai appena conosciuto.-
-Diciamo che mi ricordi una mia vecchia conoscenza-
-…bhem dovrei tornare a casa adesso, si è fatto abbastanza tard…-
Sena aspettare una risposta, il ragazzo dai capelli neri si schiarisce la voce con un paio di colpi di tosse. Durante la narrazione, Brian lo interrompe molteplici volte per chiedere alcuni chiarimenti o per farsi ripetere qualche pezzo che aveva compreso poco. In sostanza, la leggenda che viene raccontata è la seguente…
 
---Maou è un ragazzo che trova difficile socializzare. E’ indifferente di quello che accade intorno a lui. Non interviene mai in una discussione. Non si fa mai avanti per difendere qualcuno. Non risponde mai alle domande che gli vengono poste. I suoi occhi e i suoi capelli sono neri come la notte, e neri sono anche i vestiti che indossa ogni giorno. Proprio per queste sue caratteristiche i coetanei lo considerano diverso, qualcuno di cui non ci si possa fidare. Lo evitano, lo prendono in giro, e di rado, quando qualcuno trova il coraggio di farlo, viene preso di mira per scherzi o dispetti. Due ragazzi gli buttano addosso una secchiata di vernice verde, girandosi subito per scappare, aspettandosi una ritorsione. Ma, dopo aver percorso una decina di metri, si girano, notando che Maou è ancora li, a levarsi di dosso la vernice non ancora solidificata. Finisce di pulirsi e, con indifferenza, continua a camminare per la sua via, svoltando l’angolo dopo poco e sfuggendo alla vista dei due ragazzi.
-Io non ho diritto di stare a questo mondo, non ho diritto di lamentarmi di quello che mi succede, ne ho diritto di interferire con quello che succede intorno a me-
Questi erano i pensieri del ragazzo mentre entrava in casa ancora sporco di vernice. Almeno se la sua abitazione avesse avuto il diritto di essere considerata una vera casa. Era una struttura con un unico piano e uno scantinato di circa 10 metri quadrati. Era malmessa, con un vetro rotto e un buco nel tetto che faceva entrare acqua ad ogni acquazzone. Sulle pareti erano ancora visibili le macchie nere dell’incendio, la catastrofe che aveva ucciso entrambi i suoi genitori e la sua sorellina, la sua amata sorellina. Lei era l’unica che gli mancasse veramente. Era stato sempre indifferente riguardo alla morte dei genitori. Lui era stato solo un incidente, lo sapeva bene e gli era stato ribadito numerose volte. Per i genitori era solo una bocca in più da sfamare, una valvola di sfogo per il padre ubriaco e la madre depressa. Poi nacque lei, Emily. I suoi occhi erano azzurri come il cielo e, dopo qualche mese, sulla sua delicata testolina iniziarono a crescere capelli dorati come le spighe di grano. All’inizio venne trattata bene, i genitori riposero in lei le loro speranze. Lei era la figlia desiderata, quella che i due avevano programmato di avere. Avrebbe studiato, avrebbe portato in casa i soldi che avrebbero permesso alla famiglia di uscire dalla crisi economica. Lei era bella. Lei era intelligente. Questo si aspettavano i genitori. Ma lei non era niente di tutto questo. Lei era Down. Quando la madre lo venne a sapere non reagì. Lasciò la bambina in braccio al fratellino, che all’epoca aveva circa 11 anni, e si sedette in un angolino, con lo sguardo perso nel vuoto. La reazione del padre fù totalmente diversa. Scattò subito contro la bambina. Maou reagì, dando la schiena al padre. Venne picchiato più violentemente del solito, ma continuò a tenere la sorellina tra le braccia. Lo fece quel giorno, lo fece il giorno seguente, e quello seguente ancora. Due anni dopo, ci fù l’incendio. Lui era fuori, non lo seppe fino al giorno seguente. Quando arrivò a casa trovò un enorme folla davanti a casa sua. La casa aveva resistito, cavandosela con pareti bruciate e un buco nel tetto, ma erano tutti morti. In quel momento non seppe se essere triste o felice. Le persone che odiava di più al mondo erano morte. La persona che amava di più al mondo era morta. Non gli era rimasto più niente. Si convinse di essere un errore. Non aveva diritto di stare al mondo. Iniziò a rinchiudersi in quella casa, abbracciando tutte le notti un lembo del vestito della sorella, scampato all’incendio per miracolo. Tutti lo ignoravano. Poi, come è già stato detto, gli fù fatto il primo scherzo, a cui non reagì. A quello seguì un secondo, poi un terzo. Dopo circa dieci scherzi innocenti, i ragazzi iniziarono a picchiarlo. Ora chiunque nella città avesse un problema sapeva dove andare, era nata la valvola di sfogo del quartiere. Passò un anno in questo modo, senza reagire. Lui pensava di essere niente, pensava che non gli importasse, ma dentro di lui iniziò a crescere un profondo odio verso il mondo. Poi arrivò lui, era il figlio della coppia appena trasferita. La prima volta che si incontrarono Maou era sul ciglio della strada, con un pezzo di pane in mano e l’occhio destro gonfio a causa dei maltrattamenti della settimana precedente. Lui invece era l’opposto. Nonostante appartenesse ad una famiglia povera, nonostante indossasse vestiti rovinati e avesse il volto sporco, agli occhi di Maou era un essere paragonabile a un angelo. I suoi capelli dorati non potevano essere nascosti dalla polvere, e trovavano il modo di risplendere, mentre i suoi occhi erano dello stesso colore dell’oceano. Il giorno dopo, Maou venne picchiato nuovamente. Come al solito chiuse gli occhi. Percepiva i pugni sul suo corpo, ne sentiva addirittura il secco suono. Dopo poco la sensazione di dolore cessò, ma il suon continuava. Mentre apriva gli occhi per capire cosa stesse succedendo, un colpo dietro il collo lo fece svenire. Quando si risvegliò lo fece con una piacevole sensazione di freschezza sul volto. Lui era accanto a lui, osservandolo con i suoi occhi azzurri. Aveva un paio di pezze immerse in una ciotola di acqua limpida, che passava sul volto di Maou per alleviare il dolore e sciacquare le ferite. Erano entrambi feriti, e subito capì che il ragazzo lo aveva difeso.
-Io non ho diritto di vivere, non ho diritto di reagire…-
Questa fù la risposta di Maou quando gli vennero chieste spiegazioni. Per la prima volta nella sua vita, dopo aver ricevuto un incalcolabile quantità di pugni, gli fù dato uno schiaffo. Non era doloroso come un pugno, ma aveva un non so che di diverso: era un colpo per rimproverare, non per causare semplicemente dolore.
-Che cazzo dici?!? Non so cosa ti sia successo, non mi importa! Anche se non sei stato voluto, anche se hai sofferto oltre ogni immaginazione, sei tu che decidi chi sei, sei tu che crei il tuo futuro! Qualcuno non ha il diritto di vivere solo quando lo decide lui, non quando gli viene detto!!-
Il ragazzo, Shiro, questo era il suo nome, afferrò Maou per il colletto della maglietta, portandolo di forza da steso in fronte a lui. I suoi denti erano serrati, e dai suoi occhi scendevano leggere lacrime. Non era arrabbiato, era solo triste e confuso.
-Quindi, tu che cosa vuoi decidere?!?-
Maou non rispose subito. Nella sua mente tutto si fece più confuso. Non pensò più alla sofferenza, ne al dolore carnale. Per un istante non pensò neanche alla sorellina. Guardò quegli occhi azzurri carichi di rimprovero e, per la prima volta nella sua vita, dal suo volto cadde una lacrima di gioia.
Da quel giorno per Maou cambiò tutto. Iniziò a reagire ai soprusi e, data la sua leggera muscolatura, ci riuscì anche bene, così dopo un po’ la gente smise di assalirlo. Passarono anni, iniziò a cacciare nella foresta vicina per sopravvivere, iniziò a frequentare Shiro, e i due diventarono amici inseparabili. SI incontravano, giocavano insieme, ridevano insieme. Tra di loro si formò un legame saldissimo, un legame che solo poche cose avrebbero potuto spezzare.
Quella notte c’era la luna piena. Maou era andato da solo nel bosco poco prima del tramonto. In quel luogo si sentiva libero, e aveva passato numerose notti all’aperto, preferendo l’aria fresca a quella fuligginosa della sua abitazione. Lo vide subito dopo essere entrato in una radura. Gli alberi non osavano crescere in quel luogo a causa del terreno secco per un diametro di circa 10 metri quadrati. Al centro di questa zona si ergeva una collinetta, appena sotto la figura della luna splendente. Inizialmente riuscì a vedere solo la sagoma nera del Pokèmon di fronte al cerchio biancastro della luna ma, appena i suoi occhi si abituarono alla luce, riuscì a vederlo chiaramente. Era un esemplare di Absol, conosceva la specie, ne aveva incontrato uno parecchi mesi prima. Ma questo era diverso. Il pelo, normalmente di colore bianco nella specie, era nero come la notte, nero come i capelli di Maou. Gli artigli e il corno erano di un profondo color rosso sangue. La ‘’creatura’’ emise un lungo ululato dopo aver notato il ragazzo, e si avvicinò lentamente. Rimase pietrificato, quella vista e quel suono avevano inibito tutti i suoi muscoli, impedendoli di muoversi anche di un solo millimetro. Solo quando l’Absol fù a pochi centimetri da lui il ragazzo trovò la forza di tremare. Provò una sensazione diversa da tutte quelle che aveva provato in precedenza. Non era dolore, non era paura di essere picchiato, e ovviamente non era felicità. Era puro terrore.
L’Absol aprì la bocca, e il suo respiro, a contatto con l’aria fredda della notte, divenne una nube grigiastra che avvolse il volto del ragazzo. Sentì odore di sangue provenire dai denti rossi del Pokèmon. L’aria divenne tesa, e nessuno dei due si mosse per svariati minuti, minuti che per il ragazzo erano lunghe e terrificanti ore. Osò indietreggiare di un passo, e quel movimento fece scattare la creatura. Con una feroce zampata colpì il ragazzo in volto, lasciando un profondo taglio tra l’occhio destro e il naso. Maou cade a terra, portandosi subito la mano al viso. Ma il sangue ha già iniziato a scorrere, finendo addirittura nell’occhio destro. Con il sinistro cerca di individuare la creatura, ma è già scomparsa. Ma le impronte sono evidenti: si è diretta in città. Corre come un pazzo, senza fare attenzione agli ostacoli del bosco che vengono celati dal buio, che non viene spazzato via dai raggi della luna a causa dell’alta densità di foglie tra i rami degli alberi. Cade numerose volte, e altrettante si rialza. Continua a correre a perdifiato, ignorando il dolore al petto per la troppa fatica. Ma è troppo tardi. Un incendio ha divorato l’intera città. Nessuno è sopravvissuto, è come se tutti si fossero arresi alle fiamme, facendosi divorare da esse senza tentare la fuga. Maou cerca Shiro tutta la notte. Cerca il suo amico, colui che ha dato un senso alla sua vita. Non trova nessuna traccia del suo corpo, ma trova uno specchio che riflette la sua immagine. La sue ferita, che aveva smesso di premere da svariati minuti, si era completamente rimarginata. I suoi occhi si erano spenti, passando dal nero al grigiastro. In quel momento il ragazzo comprese di aver ereditato la maledizione del Pokèmon precedentemente incontrato.---
 
-….è da quel giorno che Maou continua a vagare per il mondo, alla ricerca di una traccia del suo amico…-
Brian continua a sfogliare il libro. In esso è narrata solo la leggenda di Nightmare, un Absol identico a quello descritto dal ragazzo, che appare all’improvviso preannunciando catastrofi inspiegabili.
-Bhe, deve essere un'altra leggenda, in questo libro non è citato un certo Maou e tantomeno Shiro. Comunque, c’è una cosa che non ho capito, Nightmare preannuncia queste catastrofi, o è lui stesso a crearle?-
Per la prima volta, il suo interlocutore non dà una risposta immediata alla sua domanda. Aspetta circa quindici secondi prima di rispondere, e lo fa piangendo.
-…tu assomigli davvero tanto al mio amico Shiro… e pensare che avevo creduto di averlo finalmente trovato…-
Sorpreso da quella risposta, Brian si alza di scatto. Il ragazzo dai capelli neri è cosparso nel nulla, ma Brian vede chiaramente una delle sue lacrime che si infrange velocemente al suolo. Sente uno strano suono provenire da fuori la biblioteca e, avendo un brutto presentimento, corre subito verso l’uscita. Scende le scale saltando i gradini a due a due, ma verso la fine dell’ultima rampa di scale, prova a saltarne cinque insieme, per raggiungere più in fretta l’uscita. Appoggia malamente il piede destro sulla punta dell’ultima scala, scivolando e sbattendo il ginocchio al muro di fronte ad essa. Si rompe il ginocchio, rimanendo per qualche minuto a terra, premendolo per alleviare di poco il dolore. Poi trova il coraggio di alzarsi, dirigendosi zoppicante verso la porta. Quando la spalanca, vede la città divorata da un incendio. Nightmare è li, su un cumulo di macerie, mentre strappa con violenza un braccio da un cadavere. Brian, unico sopravvissuto della catastrofe, non potrà mai dimenticare il ghigno crudele che la bocca di quella creatura produsse non appena si voltò verso di lui, notandolo.
Questa è la leggenda di Nightmare, il pokemon maledetto delle catastrofi.
Questa è la leggenda di Maou, il ragazzo maledetto che, ogni notte di luna piena, precede Nightmare con la speranza di ritrovare il suo amico Shiro.
Questa è una leggenda di morte e disperazione, ma allo stesso tempo una crudele verità che non potrà mai essere interrotta.
  
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