Fumetti/Cartoni americani > Avatar
Segui la storia  |      
Autore: Teddy Mayfleet    26/07/2013    0 recensioni
"cataclisma
[ca-ta-clì-ʃma]
ant. cataclismo
estens. Calamità naturale; catastrofe dovuta a cause naturali"
Era quello che Zira era e quello che avrebbe dovuto affrontare.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I
Percepire il Sole
 Il nuovo, vecchio Avatar

 

  
Mancava solo poco a che il Sole raggiungesse il punto più alto del cielo, nell’arco di quella giornata. Solo pochi minuti, che nel silenzio profondo e vibrante del Tempio sembravano quasi udibili, con il loro lento scorrere. L’aria era calda, calda quanto può esserlo l’aria di un Mezzogiorno di piena estate nella Nazione del Fuoco, e impregnata di quell’afa pesante che ti penetra nei muscoli, te li spossa e ti lascia fiacco in un bagno di sudore. Durante le prime ore dell’alba, una leggera brezza era spirata da Sud e aveva liberato il cielo, portando con sé un vago sentore della freschezza del Polo, ma era calata già da molte ore e adesso di quella frescura non era rimasta alcuna traccia: l’aria era perfettamente immobile. Ci si avvicinava al momento più caldo della giornata, al momento in cui i raggi del sole, con la loro schiacciante perpendicolarità, avrebbero potuto spaccare le pietre con il loro calore. Il Tempio sembrava completamente disabitato. I Saggi del Fuoco si erano probabilmente rintanati all’interno, nelle stanze più fresche, e non si sentiva nessun suono che tradisse la presenza di esseri umani. I grandi tetti rossastri, con le loro falde che risalivano verso l’alto quasi fossero lingue di fuoco rivolte verso il cielo, gettavano ombre corte sul terreno circostante, e le colonne di pietra grigia si restringevano attorno all’ampio cortile quadrangolare al centro. In mezzo ad esso, c’era una pedana rialzata. Era perfettamente circolare, uniforme ed elegante; le mattonelle roventi, di un ocra chiaro, erano incastrate abilmente una con l’altra, levigate da centinaia di piedi che sopra di esse si erano allenati. Era interamente decorata da un mosaico slavato ed eroso, che rappresentava niente meno che il Simbolo della Nazione del Fuoco. Era su quella pedana che si notava il primo segno di vita: sul bordo, dove le mattonelle più scure iniziavano a tracciare la base della Fiamma Simbolo, c’era Zira. Era in piedi, quasi statuaria nel suo essere completamente ferma, le spalle dritte e la posa fiera, le mani abbandonate lungo i fianchi e gli occhi chiusi, quasi serrati. Gli abiti da combattimento che indossava le ricadevano leggeri sul corpo. Non sembrava meditare, sembrava più che altro aspettare qualcosa con una tensione e una concentrazione quasi palpabili. Ogni muscolo del suo corpo attendeva, rilassato ma pronto a scattare, mentre la sua mente si abbandonava lentamente all’istinto e alla percezione.
Il Sole bruciava, e martellava la testa con la sua calura. Mancava poco, le ombre erano quasi annullate. Il viso dell’Avatar si contrasse un istante, mentre inspirava profondamente l’aria torrida dalle narici, e poi tornò impassibile. Un uomo sulla sessantina, piazzato a debita distanza dalla pedana di allenamento, osservava all’ombra di una colonna. Gli occhi scrutavano con attenzione la figura della ragazza. Improvvisamente, il piede destro avanzò rapido di un passo, le mani andarono a congiungersi dinnanzi al volto e l'Avatar, terribilmente secca nei movimenti, fece il saluto tipico della Nazione che preannunciava l'inizio di ogni Quien*. Subito dopo, con la stessa velocità, portò le mani in posizione d'attacco, fletté le gambe, e si stabilizzò nella sua Postura d'Inizio. Aveva ancora le palpebre serrate, ma era pronta. Passò ancora qualche secondo, interminabile ed estenuante. L'uomo che osservava si sporse impercettibilmente più avanti, assottigliando lo sguardo, come se sapesse che stava per succedere qualcosa. Zira espirò di nuovo, un lungo e lento respiro. E il Sole, senza che nessuno se non un Dominatore del Fuoco se ne accorgesse, raggiunse il Mezzogiorno. I suoi raggi la inondarono di un flusso di energia nuova e potente, che la pervase come una fiammata calda e vitale, si concentrò nel suo stomaco e poi si espanse per tutto il suo corpo, rinvigorendolo, caricandolo come una bomba. Quando questa onda di energia arrivò al suo culmine, l'Avatar riaprì gli occhi di scatto, spalancandoli a dismisura, con determinazione.
Ci fu un istante di immobilità assoluta, poi qualcosa scattò in quelle iridi, e con una mossa fulminea la ragazza iniziò il suo Quien. Scivolò in avanti d'improvviso, descrivendo un ampio movimento circolare con le braccia, dinnanzi a sé, e due lunghe fruste di fuoco sferzarono l’aria con il loro sfrigolio. Si dispersero lontano, nel cortile, facendo traballare l’aria con il loro calore, ma Zira non era stata lì a guardarle. Piegandosi sulle gambe, tirò un calcio alto scagliando lontano una palla di fuoco; si bloccò, si abbassò di scatto, e facendo perno con le mani a terra, fece ruotare la gamba, creando un altro arco infuocato nell’aria. Con un passo scivolato, avanzò verso il centro della pedana, e con un movimento repentino saltò in aria creando un potente flusso di fuoco con le mani. Atterrò perfettamente in equilibrio, e non perse nemmeno un secondo: scattò di lato, con una sequenza veloce di calci e pugni di fuoco; si riabbassò di nuovo come se stesse schivando qualcosa e, ginocchio destro a terra, convogliò due potenti flussi di fuoco in uno, intrecciandoli e formando un massiccio fascio a forma di cometa, che ruggendo si alzò verso il sole in tutta la sua forza. La luce di quel colpo le brillò negli occhi, l’aria che la sua energia aveva spostato le frustò i capelli e il suo calore le scottò le guance, mentre rivoli di sudore cominciavano a colare dalla sua fronte. Fulmineamente, l’Avatar si gettò in avanti, e con una capriola si riportò in piedi, abbassandosi sulla posizione di attacco. Due missili rossastri partirono da altrettanti calci in volo, e una muraglia di fuoco si innalzò dinnanzi a lei, proteggendola da un attacco immaginario. Con un movimento tremendamente duro e deciso delle braccia, la estinse, e schizzando di lato con agilità estrema, originò un ampio cerchio di fuoco tra le sue mani. Ispirò intensamente per una frazione di secondo, giusto per caricare il colpo, e poi, con un movimento molto simile a quello che serve per produrre un fulmine, scagliò le fiamme di quel cerchio lontano da sé, aumentandole e facendole espandere, creando un vortice di fuoco che saettò lontano per poi svanire in un mare di scintille poco prima di arrivare a lambire le colonne grigie del Tempio. La ragazza respirò affannosamente per qualche secondo, ma non sembrava mostrare eccessiva fatica. La sua posa era solida e perfetta. Non si concesse più di questo brevissimo riposo, che ricominciò a muoversi veloce.
Era così rapida che era complicato distinguere tecnica da tecnica, in quel turbinio di fuoco e fiamme che era diventato il cortile del Tempio. Si abbassava e si rialzava, senza esitare, portando con sé fruste, palle e getti di un rosso accecante. Sembrava seguire uno schema, e non solo lo schema del Quien che aveva nella mente. Le mosse, le posizioni delle gambe, si succedevano lungo le linee scure del mosaico, lo seguivano come un sentiero; tornata al centro della pedana, ripartiva, le mosse sempre differenti, sempre più complesse. Oramai i respiri erano corti e irregolari, cominciava a percepire la fatica dell’allenamento; i vestiti le si erano tutti appiccicati addosso per il sudore, ma doveva finire. Prese l’ennesimo profondo respiro, e con una serie di mosse brevi si portò al centro della pedana. Le braccia tornarono a muoversi in cerchio, ma questa volta con molta più tensione. Da rossastra che era, l’aria si colorò si quell’azzurrino metallico e sfolgorante dei fulmini e lo sfrigolio dell’elettricità sostituì il ruggito delle fiamme. Zira, concentrata al massimo, caricò il fulmine, e per diversi istanti lo tenne pronto, dandogli forza, potenza… poi, d’improvviso, il braccio scattò verso l’alto, scaricando tutta quell’energia verso il cielo biancastro e lontano. Dopodiché, finalmente, l’Avatar abbassò le mani, e ritornò dritta.
Dopo aver concluso il Quien, Zira prese un sospiro per calmare i battiti del cuore, accelerati dallo sforzo e si voltò verso il Sifu, che aveva osservato le sue mosse a debita distanza con lo stesso sguardo arcigno e impenetrabile di sempre. L’Avatar chinò la testa come conveniva e solo infine alzò lo sguardo verso il viso del suo vecchio maestro. L’uomo non si scompose, la fissò con i suoi lucenti occhi castani e, senza contrarre nemmeno un muscolo del volto sciolse le braccia che fino ad allora aveva tenuto conserte e alzò un pollice in direzione dell’allieva.
La ragazza non sorrise, non fece nulla che potesse tradire quanto fosse compiaciuta, si scostò i capelli neri dal viso e scese dalla pedana per recuperare un po’ il fiato e asciugarsi il viso dal sudore che la fatica, insieme al caldo del sole di quel mezzogiorno d’estate le avevano procurato.
Il Sifu le si avvicinò con il solito passo energico che poco si addiceva alla sua età avanzata, incrociò le braccia nella sua solita posa e le disse, scorbutico come sempre:- Sei migliorata.-
Zira voltò la testa verso di lui, languidamente, le palpebre leggermente abbassate sugli occhi dorati e disse, in tono indifferente:- Grazie.-
L’uomo annuì con un colpo secco del mento. Non l’avrebbe mai ammesso, ma Zira era una delle dominatrici del fuoco più promettenti che avesse mai allenato. Il Quien appena svolto era uno dei più complicati del livello master e la ragazza l’aveva eseguito senza battere ciglio, con appena un po’ di fiato grosso alla conclusione. A dir poco notevole.
Sì, “a dir poco notevole” era l’espressione che meglio caratterizzava l’Avatar Zira. Era una dominatrice del fuoco egregia, una mente brillante e aveva carisma. Esercitava sulle persone un’attrazione particolare, che non era dovuta alla sua bravura,  alla sua intelligenza o al suo status di Avatar.
Il suo fascino non era nemmeno dovuto alla bellezza, che era particolare, di quelle esotiche, che ti colpiscono ma che possono piacerti da impazzire o quasi disgustarti. Inoltre era insolita: le mode che colpivano come una pestilenza le sue coetanee non avevano il minimo effetto su di lei. Portava i lunghi capelli neri completamente sciolti, senza nemmeno preoccuparsi di allontanarli dal volto. Vestiva in modo semplice ed essenziale, come se non le importasse, e per questo spiccava.
Semplicemente, era una persona che attraeva.
Certo, la sua completa freddezza faceva sì che tutti coloro che le stessero attorno, che la adoravano, non le si avvicinassero mai davvero. C’era sempre un velo sottile tra Zira e le persone, che la faceva apparire chiusa. La maggior parte della gente, puntualmente, provava a farla aprire, senza successo alcuno. Quelli che non osavano tentare, come il Sifu, erano le persone che più piacevano alla ragazza; se non tentavano di capirla o di far breccia nel muro che si era costruita attorno, erano semplicemente un problema in meno.
E Zira i problemi li odiava.


 Angolo di Ted e Mayfleet:
Siamo Teddy_Soya_Milk e Lena Mayfleet e siccome adoriamo Avatar abbiamo deciso di scrivere questa storia.
Ci teniamo a precisare che Zira è l’Avatar che precede Yang Chen, quindi nella nostra idea le quattro nazioni sono in pace e i Nomadi dell’Aria sono vivi e vegeti.
Ci farebbe molto piacere sapere che ne pensate.
 
 
*il termine “Quien” non è usato da Mike e Bryan, ma si riferisce a delle successioni di mosse d’attacco e difesa a scopo dimostrativo.


  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Avatar / Vai alla pagina dell'autore: Teddy Mayfleet