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Autore: Laylath    26/07/2013    8 recensioni
Venerdì sera.
Dopo una pesante settimana passata in ufficio, quello che Roy Mustang desiderava di più era tornare a casa e godersi un weekend di pace e tranquillità
Follia nata da un mio disegno altrettanto folle, assolutamente fuori di testa ^^'
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Tutto nasce da un mio fumetto assurdo, con xingchan che mi dice "potresti farci una ff"
E così, considerato che quando scrivo cose serie, dopo un po' sento il bisogno di scriverne demenziali, ecco qua! XD

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Venerdì sera.
Dopo una pesante settimana passata in ufficio, quello che Roy Mustang desiderava di più era tornare a casa e godersi un weekend di pace e tranquillità. Questa meravigliosa prospettiva gli cinguettava felice nella testa bruna mentre percorreva in macchina le vie di East City: arrivò persino a canticchiare una marcetta trionfale mentre con una mano si allentava il colletto della divisa.
Dolce far niente… la sua massima aspirazione.
Parcheggiò davanti casa e scese dalla macchina senza smettere di sorridere.
Prese la chiave di casa dalla tasca e la infilò nel buco della serratura, dando il fatidico giro: l’uscio si aprì.
Adesso era ufficialmente iniziato il suo finesettimana…
 
“E’ tornato papà!” esclamò una vocetta infantile.
Irrigidendosi, Roy alzò lo sguardo sulle scale che portavano al piano di sopra e vide un bimbetto di quattro anni che scendeva gli scalini con ancora qualche esitazione. Gli occhi scuri dietro gli occhiali erano carichi di aspettativa e persino le punte dei capelli corvini sembravano più dritte del solito.
Questo prima che venisse spinto di lato da una sorta di uragano.
“Spostati microbo!” gridò un bambino molto più grande e robusto del primo, scendendo le scale con agili balzi e andando incontro a Roy per stringergli entusiasticamente la vita con le braccia. Alzando il viso verso il genitore, il ragazzino biondo esibì uno sfacciato sorriso, con gli occhi azzurri che dicevano chiaramente che era successo qualche disastro…
Come l’aver fatto sbattere il fratello minore contro il corrimano della scala, facendolo scoppiare a piangere.
“Sei il solito scemo, Jean. – lo rimproverò un altro ragazzino robusto e dai capelli rossicci, mentre sollevava di malagrazia il bimbo bruno dallo scalino dove si era seduto a piangere – Se cadeva dalle scale poteva farsi davvero male”
“Peggio per lui che stava in mezzo!” protestò il biondo, girandosi per fissare con aria seccata il fratellino più piccolo
“Forse è meglio telefonare alla mamma: - propose un quarto ragazzo, evidentemente più grande, dai capelli bicolore – a Kain sta sanguinando il labbro inferiore. Credo che se lo sia tagliato”
Roy, che era rimasto incredulo a osservare quella scena, si riscosse immediatamente.
“La mamma? No! – esclamò facendosi avanti e inginocchiandosi davanti al piccolo – Non è il caso, Vato… è solo un taglietto, vedi? Vieni Kain, andiamo a disinfettarlo”
“Bisogna disinfettarlo bene: lo sai fare? – dichiarò dubbioso Vato – Altrimenti si infetta e muore tra atroci sofferenze. Ho letto che succede così”
A quelle parole Kain si mise a piangere ancora più forte
“Vuoi dire che si contorce come quel ragno che ho ucciso ieri con lo stuzzicadenti? – chiese Jean con gli occhi azzurri che brillavano di aspettativa – Mitico! Papà, possiamo lasciare che la ferita di Kain si infetti?”
“Non voglio morire!!” si disperò Kain, tanto che Roy dovette prenderlo in braccio per calmarlo il minimo indispensabile
“Non  muore nessuno, Kain; – gli disse – e tu, Jean, vuoi smetterla di spaventarlo, una volta per tutte? Ha quattro anni, porca miseria! Non dieci come te!”
“E’ solo un frignone! – protestò il bambino biondo, mettendo il broncio – Chiede sempre di giocare con me, però la finisce a piangere ogni maledetta volta”
“Beh, se tu lo usi come bersaglio per il tiro a segno…”
“Sta zitto, Heymans!”
“Come bersaglio per il tiro a segno?” impallidì Roy
“Eh… - iniziò a spiegare Jean – mi hai detto tu di arrangiarmi quando si è rotto quello vero… però ho usato una palla invece che le freccette”
“E hai… fatto centro?” chiese il padre, sapendo benissimo che la mira del figlio era fuori dal comune. Con apprensione sollevò leggermente la maglietta del bambino che teneva in braccio, per scoprire un grosso livido sul fianco.
“Credi che la mamma si arrabbierà molto quando lo vedrà?” chiese Vato con innocenza
Sì, si infurierà; ma non con Jean… con me!
 
“Allora, il taglio è disinfettato; – sospirò Roy, facendo scendere Kain dal tavolo dove l’aveva messo seduto – adesso tu farai il bravo bambino… e non dirai niente alla mamma sulla botta che hai sul pancino, va bene?”
“Perché?” chiese Kain, perplesso
“Perché… ecco perché così la mamma non si preoccupa, eh? – sorrise imbarazzato Roy, arruffandogli i capelli corvini – Sarà il nostro piccolo segreto, va bene?”
“Secondo me lo scopre entro poche ore” commentò Heymans, che era rimasto accanto a loro
“Non se stai zitto pure tu, Heymans”
Il ragazzino rosso scrollò le spalle, esprimendo così tutti i suoi dubbi in merito.
“Ma la mamma quando torna?” chiese Kain, aggrappandosi alla mano di Heymans
“Stasera tardi, nano… vieni, andiamo a fare merenda.”
Rimasto solo, nella stanza finalmente silenziosa, Roy guardò rassegnato la cassetta del pronto soccorso ancora sul tavolo.
Come aveva potuto generare quattro demoni come loro?
 
La camera era tranquilla, con solo il rumore degli uccellini del cortile che entrava dalla finestra. Roy si sdraiò nel grande letto, senza nemmeno levarsi gli stivali neri o sbottonarsi la giacca della divisa: l’impatto con la sua vivacissima e rumorosissima prole era sempre devastante, ogni santo giorno che tornava a casa.
Presi uno ad uno erano anche gestibili… no, forse Jean no. Ma tutti e quattro insieme erano al limite della sopportazione. E sembrava che lo facessero apposta a scatenarsi maggiormente quando c’era solo lui. Invece in presenza della madre erano angioletti, sembravano quasi altre persone.
Posseduti dal demonio, ecco cos’erano.
Spostandosi in posizione prona e affondando il viso sul cuscino, decise di abbandonare quei nefasti pensieri e la sua mente scivolò rapidamente nel dolce oblio che tanto aveva bramato. Ma durò solo un’ora.
“Papà… - lo scosse una voce calma – papà?”
Aprendo lievemente gli occhi, Roy si girò di lato per trovarsi faccia a faccia col maggiore dei suoi figli
“Che cosa c’è, Vato?”
“Avevi promesso che mi avresti aiutato con i compiti” dichiarò lui, mostrando i quaderni di scuola
“I compiti?... che compiti?”
“Quelli di matematica” sorrise il ragazzino
“Papà! – esclamò Heymans entrando – La mamma ha chiamato e ha detto che farà più tardi del previsto… la prepari la cena? Io ho fame”
“Papà deve prima aiutare me con i compiti: – dichiarò Vato – me l’ha promesso”
“Ciccio, io ho fame! Me ne frego dei tuoi compiti”
“Te la sai preparare da solo la cena”
“Certo, ma non la preparo per voi altri…”
“Dannazione… finitela! – esclamò Roy, alzandosi dal letto – andiamo a preparare la cena Vato, ti aiuto a fare i compiti in cucina!
 
Equazioni di terzo grado… come diavolo si potevano dare delle equazioni di terzo grado ad un ragazzino di dodici anni?
“No, papà, credo che tu stia sbagliando” lo corresse Vato
E soprattutto perché, ogni volta che aiutava il maggiore dei suoi figli con i compiti, finiva col sentirsi un completo idiota? Perché era chiaro che il ragazzino li sapeva fare per conto proprio e cercava la sua collaborazione solo per passare del tempo con lui… ma era oltremodo umiliante venire corretti da uno che non aveva ancora finito le scuole medie.
“Davvero? – chiese sarcasticamente, posando la penna sul tavolo – Allora provaci tu, mentre io finisco di preparare la cena. E poi me la rispieghi”
“Va bene” sorrise lui
Ecco, una delle doti apprezzabili di Vato era il fatto di non essere capriccioso e rumoroso. Un minimo di maturità in quella gabbia di matti era certamente gradito. Il vero problema con lui era che leggeva troppo e parlava sempre a sproposito… come era successo prima col taglio di Kain. Porca miseria, eppure l’aveva detto a Riza che, forse, per un ragazzino di dodici anni andavano meglio letture meno “adulte”.
“Allora papà, è pronto?” chiese Heymans entrando in cucina
“Quasi… visto che ci sei potresti anche apparecchiare, che ne dici?”
“Nessun problema”
Oh certo, a Heymans bastava dare da mangiare ed il gioco era fatto. Anche il secondogenito tutto sommato era gestibile, sebbene fosse maledettamente sarcastico… Dieci anni e una sagacia degna di miglior causa.
“Se ti levi dal tavolo mi fai un favore, Vato… va bene che sei magro, ma sei comunque d’intralcio”
Appunto, il sarcasmo. Forse l’aveva preso proprio dal padre, ma tendeva ad esasperarlo davvero troppo.
Ma almeno riusciva a tenere a freno, seppure un minimo, i fratelli minori, dato che Vato, spesso e volentieri, se ne stava per conto suo.
“Papaaaaà! Quello scemo di Kain sta piangendo perché dice che gli ho rotto l’orsetto di peluche! Ma non è vero!”
Quell’urlo accompagnato dal pianto del piccolo di casa, fecero piombare Roy nella più completa depressione. Perché era quello il vero dramma: Jean e la sua mania di prendersela con Kain.
Nonostante avesse pure lui dieci anni, (undici mesi più piccolo di Heymans, ci teneva a specificare quest’ultimo), Jean non aveva ancora avuto la maturità di perdonare Kain di essere nato: un fatto chiaro, limpido e palese. Lui voleva stare per forza al centro dell’attenzione ed il modo migliore per farlo era tormentare il fratellino più piccolo.
Proprio Kain arrivò di corsa, tenendo tra le mani un pupazzo letteralmente decapitato. Si attaccò alla gamba del padre come un koala all’albero e continuò a piangere, sebbene in maniera meno drammatica.
Quel bambino sarebbe venuto su con molti traumi psichici e fisici se Jean non si dava una regolata. E la cosa incredibile era che, nonostante tutto, Kain seguiva il fratello maggiore come un cagnolino: ne era affascinato come un’ape dal miele… e qual’era l’ovvia conseguenza?
Usato come bersaglio, come cavia, come proiettile… come quel bambino fosse relativamente illeso era un vero mistero.
Però, porca miseria, come erano rumorosi tutti e quattro insieme… e quel maledetto stufato stava venendo davvero male.
“Papà, che è questo odore schifoso?”
“Blah, io non ho intenzione di mangiare quella cosa”
“Forse esploderà tutto”
“Papà quando torna mamma?”
“Porca miseria! Volete stare zitti tutti e quattro?! SILENZIO!”
 
“Disgraziato! Ma perché devi sempre sgridare i bambini?”
“Mamma!” esclamò Kain staccandosi dalla gamba di Roy per correre verso Riza che era comparsa sulla porta della cucina.
Infami, piccoli voltagabbana.
Roy fissò disgustato i quattro angioletti che circondavano Riza.
Bastava la presenza della donna perché i pargoli cambiassero completamente atteggiamento e diventassero educati, rispettosi, amorevoli…
E lei era lì ad elargire sorrisi smielati a tutti loro. Eccola prendere in braccio Kain e accarezzare i capelli di tutti gli altri.
“Mamma, credo che papà stia combinando un disastro con la cena” disse Heymans
“Io credo che stia per esplodere tutto. Ah, lo sai che poi devo spiegare a papà le equazioni? Lui non le ha mica capite”
“Davvero? Che bravo che sei, tesoro – sorrise Riza, accarezzando la guancia del figlio maggiore – Non ti preoccupare Heymans, ora sistemo quello stufato… ma prima, Kain, pulcino della mamma, come ti sei fatto quel brutto taglio?”
“Papà ha detto di non dire niente perché altrimenti morivo tra atroci sofferenze come un ragno ucciso da uno stuzzicadenti infettato!” spiegò il bambino mischiando clamorosamente tutto quello che aveva sentito prima
“Roy, ti ho detto mille volte di non minacciare i bambini! – lo rimproverò lei – E poi a che pro doveva tenere nascosto un taglio così evidente?”
“Ah no! Allora era la botta in pancia quella che dovevo tenere segreta… giusto, papà?” chiese il bambino girandosi verso di lui con gli occhioni illuminati di fierezza per essersi ricordato quel fatto così importante
“La botta in pancia?” sbiancò Riza sollevandogli la maglietta e vedendo il danno
“Papà ha detto che dovevo arrangiarmi quando il bersaglio si è rotto” ammise Jean
“Ma che suggerimenti dai ai bambini, Roy!?”
“Visto papà? – commentò Heymans – Te l’avevo detto che mamma scopriva tutto in pochissimo tempo”
Per l’amor del cielo… voglio tornare in ufficio…
 
“Allora, i nostri preziosissimi pargoli sono nella loro cameretta, nei loro letti a castello; – sospirò distrutto Roy, chiudendo la porta della camera matrimoniale, lieto di aver finito, almeno per quel giorno – e tutto tace ed è tranquillo”
“Sei sicuro che sia tutto in ordine?” chiese Riza mentre si sistemava sotto le coperte
“Sì, mio severissimo tenente: – commentò sarcastico lui, mettendosi il pigiama e raggiungendola a letto – i nostri soldatini sono tutti al sicuro”
“Eccetto per un livido in pancia e un taglio sul labbro…”rispose a tono lei
“Ha quattro anni, è come se fosse di gomma: non hai visto come era beato e sorridente tra le tue braccia, poco fa? E poi dovresti rimproverare Jean e non me: è lui quello che lo usa come se fosse un giocattolo”
“Sei tu che dai il cattivo esempio… adesso, volermi tenere nascosto quel livido…”
“Eddai, Riza – mormorò Roy facendo il broncio e abbracciandola – sono stanco, a lavoro è stata dura: quando finirai quel lavoro in sede staccata sarà una benedizione. Non sai quanto mi manchi… non mi va di litigare proprio ora”
“Roy…”
“Oh dai, tenente – sorrise lui con malizia portandosi agilmente sopra di lei – non puoi negare di aver voglia pure tu…”
“Sveglieremo i bambini” sussurrò lei, con un sorriso
“No… si fa piano. – le bisbigliò Roy all’orecchio, accarezzandole i capelli biondi con la destra e scendendo con la sinistra verso il suo seno – Oddio, Riza, non sai che voglia incredibile…”
“Colonnello! – sussultò lei, arrossendo di piacere – Oh… Roy…”
Oh sì, finalmente un po’ di tempo solo per noi…
“Mamma! Mamma!” pianse una voce disperata che si avvicinava sempre di più alla loro porta.
Riza con una spinta, costrinse Roy dalla sua parte del letto.
Appena in tempo prima che uno spaventatissimo Kain entrasse in camera e si buttasse sopra il lettone
“Cosa c’è, tesoro?” chiese Riza accogliendo il bambino tra le sue braccia
Quel posto spetterebbe a me, malefica pulce…
“Mamma! L’assassino vuole uccidermi!”
“L’assassino?”
“Sì, Jean ha detto che viene di notte e strappa la lingua ai bambini! E poi… li porta in un posto buio e fa cose cattive e brutte e con tanto sangue…”
“Ma perché Jean ti ha raccontato una cosa simile?” chiese Riza
“Perché è un cretino… – dichiarò Heymans, entrando insieme agli altri due fratelli – adesso Kain avrà gli incubi per due notti di fila”
“Senti, mi ha chiesto lui di raccontargli una storia perché non riusciva a prendere sonno”
“Sì, ma forse la storia dell’assassino di East City non era proprio indicata…” commentò Vato, stropicciandosi gli occhi, assonnato.
“Oh no. – sospirò Riza, cercando di calmare lo spaventatissimo Kain – Jean, tesoro, devi capire che tuo fratellino è ancora piccolo per certe cose”
“Scusa, mamma” disse Jean, in tono non troppo convinto.
Questo bambino non è normale... è socialmente pericoloso
“Comunque, per stanotte il danno è fatto – dichiarò la donna, mettendo Kain sotto le coperte, accanto a lei – stai tranquillo tesoro, adesso dormi assieme a mamma e papà, vedrai che non succede niente”
“Ehi! Se lui dorme qui, voglio dormirci pure io!” protestò Jean salendo con un balzo nel letto e mettendosi sotto le coperte
“Ragazzi… - cercò di dire Roy, mentre anche Vato ed Heymans conquistavano un loro posto, spingendolo nel bordo del letto, proprio all’opposto di Riza – va bene Kain che è piccolo, ma voi… avete i vostri lettini, no?”
“Roy, smettila! Se non vogliono dormire da soli perché sono spaventati, loro stanno qui!”
Ma noi… noi stavamo per…
Che qualcuno lo svegliasse da quell’incubo!
 
“Colonnello! Colonnello! Si vuole svegliare!”
“Che? – sobbalzò Mustang, destandosi di colpo – Ma cosa…?”
“Signore, lei la deve smettere di appisolarsi in ufficio – lo rimproverò il tenete, con in mano una pila di documenti – c’è un sacco di lavoro da fare”
“Oh, tenente… allora sei qui… noi non abbiamo…” Mustang si mise una mano sul cuore, respirando profondamente.
Era stato solo uno dei peggiori incubi che avesse mai avuto in vita sua.
Guardando davanti a lui vide Havoc, Breda, Fury e Falman chini sulle proprie scrivanie… adulti e vaccinati. Senza capricci, pianti, compiti o altre follie. Erano di nuovo i suoi sottoposti e non suoi figli.
Ma poi… come avrebbe potuto mai mettere al mondo demoni come i bambini del sogno?
“Ah! – esclamò Havoc – Perché stasera non andiamo tutti a cena insieme?”
“Sì, dai! – annuì Fury – Un po’ come una famiglia!”
“Sergente maggiore! – esclamò Mustang, sbattendo il pugno sulla scrivania – Quella parola che inizia con la lettera F è bandita da questo ufficio fino a prossimo ordine! Chiaro?!”
  
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