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Autore: ladymisteria    26/07/2013    3 recensioni
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"Il telefono del TARDIS squillò di nuovo, senza che l’uomo muovesse un solo muscolo per rispondere.
Non molti sarebbero stati in grado di rintracciarlo, ora che aveva eliminato pressoché ogni traccia che esistesse di sé dall'universo, quindi pensava di sapere esattamente chi - tra le persone ancora in vita - fosse a cercarlo con tanta insistenza... Una supposizione che non faceva che rafforzare la sua decisione di ignorare il telefono."

Versione riveduta e corretta.
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - 1, Doctor - 11, Madame Vastra
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Ha perso Amy e Rory con gli Angeli Piangenti, ed è diventato Scrooge.
Si è ritirato dal mondo e non si cura più di quello che capita ad esso."
- Steven Moffat alla presentazione de "I pupazzi di neve".

"River è il vero amore di Eleven, quindi?"
"Yeah! Penso che lo siano sia River, che Amelia, che Clara. 
Ma penso che River lo sia in un modo diverso dagli altri. 
River è l'unica...
Lei è l'unico personaggio che il mio Dottore abbia mai baciato consapevolmente.
E il mio Dottore non è poi così 'kissy'."
- Matt Smith a "Volture".

 

Il telefono del TARDIS squillò di nuovo, senza che l’uomo muovesse un solo muscolo per rispondere.

Non molti sarebbero stati in grado di rintracciarlo, ora che aveva eliminato pressoché ogni traccia che esistesse di sé dall'universo, quindi pensava di sapere esattamente chi - tra le persone ancora in vita - fosse a cercarlo con tanta insistenza... Una supposizione che non faceva che rafforzare la sua decisione di ignorare il telefono.

«A quanto pare, non sei sul TARDIS - o più probabilmente, non hai intenzione di essere trovato. D’accordo, come vuoi. Credo semplicemente che una chiacchierata potrebbe aiutarti un po’ ad affrontare quello che è successo ai tuoi compagni. Quindi, non appena… sarai tornato, penso ti farebbe bene raggiungerci».

La voce di Vastra si spense, e il silenzio tornò a regnare sovrano - mentre il Dottore, indeciso, rifletteva sulla possibilità o meno di chiamare a propria volta la donna. Questo, almeno, fino a quando fu il TARDIS decise di andare in suo soccorso - abbassando in completa autonomia la leva di avviamento.

«Ehi!» esclamò l’uomo, cercando di rimetterla al suo posto, ma senza riuscire nemmeno a muoverla. «Cosa ti è saltato in mente, eh? Non devo andare assolutamente da nessuna parte, quindi fermati immediatamente!». 

Alla fine, sconfitto, rinunciò - dando per buona misura un calcio frustrato alla consolle e passando i successivi istanti a saltellare sul posto, borbottando a mezza voce insulti nella propria lingua natia.

«Fai un po’ come ti pare, allora. Ma non mi costringerai ad uscire!» sibilò furente, zoppicando fino alla porta - che chiuse per bene, mettendosi poi la chiave in tasca e lasciando la sala di controllo.

Non aveva più alcun motivo, per abbandonare la nave...

[*]

Vastra fu sorpresa di trovare la cabina blu al centro del piccolo parco londinese che percorreva di consueto per fare ritorno a casa propria. Che l’uomo, si disse, avesse deciso di ascoltarla?

Si guardò intorno, poi bussò alla porta del TARDIS - non ricevendo tuttavia alcuna risposta e decidendo di conseguenza di bussare nuovamente, questa volta assicurandosi di farlo un po' più forte. Ma davanti ad un nuovo silenzio si ritrovò a chiedersi se, per caso, il Dottore fosse uscito per cercarla. 

Tuttavia, quando - provando per puro scrupolo a spingere la porta - la scoprì aperta, si rese facilmente conto di essersi completamente sbagliata: l'uomo doveva per forza essere all’interno, o si sarebbe preoccupato di chiudere a chiave. In fondo, non ripeteva sempre che quella era la migliore nave dell’intero universo?

Vastra entrò lentamente nella cabina, quasi con timore reverenziale.

«Dottore?» chiamò, guardandosi intorno nella sala di controllo deserta ed iniziando a preoccuparsi.

Era trascorso diverso tempo da quando era stata a bordo del TARDIS, immediatamente prima della battaglia di Demons Run, eppure ricordava ancora perfettamente ogni dettaglio di quella stanza - ed era pertanto assolutamente sicura che lo schermo davanti alla postazione del pilota fosse intatto, mentre al momento era attraversato da sottili crepe, come se qualcosa di molto pesante vi fosse stato scagliato contro con forza. Ipotesi non del tutto escludibile, dato lo stato delle cose…

«Avrei dovuto continuare a stare loro lontano, dopo lo Utah, rinunciando a loro quando ne avevo l’opportunità e fuggendo il più lontano possibile - a dispetto di quello che provavo».

Vastra sussultò, voltandosi spaventata verso le scale - da dove il Dottore la osservava con uno sguardo vuoto.

«Come sei entrata?» chiese poi lui, raggiungendola lentamente.

Ma la donna non rispose, impegnata com'era a notare quanto l'amico apparisse improvvisamente invecchiato di interi secoli - quelle stesse centinaia d'anni che passavano tra un suo viaggio e un altro in appena un battito di cuori, ma che pure gravavano inesorabilmente sulle sue spalle.

La perdita dei compagni, Vastra non faticò ad indovinarlo, doveva aver scavato una profonda ferita, nell’animo del Dottore - portando alla luce una parte dell'uomo che lei non ricordava di aver mai conosciuto davvero.

«La porta era aperta. Ho creduto avessi ricevuto la mia telefonata e avessi deciso di raggiungerci» disse infine.

«L’ho ricevuta, infatti. Ma non era affatto mia intenzione venire qui - tanto più che mi ero anche chiuso dentro...» replicò il Gallifreyano, fissando poi duramente la consolle. «Anche se mi domando a che mai possa essere servito, se questa stupida nave decide di fare di testa sua!».

Vastra nascose a stento il proprio stupore. Da quando si conoscevano non lo aveva mai sentito definire il suo adorato TARDIS una 'stupida nave' - né, in tutta onestà, ricordava di averlo veduto in quello stato...

Si guardò intorno nuovamente, in cerca di dettagli - sentiva che ce n'erano che le sfuggivano - che sarebbero stati in grado di aiutarla a capire; e ancora una volta i suoi occhi si posarono sullo schermo rotto. Perché, si chiese, era ancora in quello stato? Sicuramente la professoressa Song non avrebbe mai permesso che…

Si voltò di scatto verso l’amico, gli occhi sgranati.

«Posso chiederti, amico mio, dov’eri quando hai ricevuto il mio messaggio?» chiese con cautela, vedendo il Dottore trattenere bruscamente il fiato.

«Tornavo da un viaggio su Darillium» rispose lui, piano.

Vastra si fece coraggio, ben sapendo che quell’argomento era un vero e proprio campo minato.

«Eri con la professoressa…?»

«Non! Non fare quel nome» la interruppe il Gallifreyano, guardandola con occhi lucidi e sofferenti.

«E’ così...» mormorò allora Vastra, comprendendo finalmente lo strano comportamento dell’uomo.

Dopo la perdita dei suoi due compagni il dover chinare mestamente il capo allo scorrere incessante ed impietoso degli eventi doveva avergli dato il fatidico 'colpo di grazia'...

«Ad ogni modo, non è mia intenzione rubarti altro tempo, Vastra. Dammi solo il tempo di impostare le coordinate per una supernova in esplosione e poi ti libererò della mia presenza».

La donna era oltremodo sconcertata: il Dottore che conosceva non si lasciava scoraggiare da niente e nessuno; sapeva reagire con positività persino innanzi alle situazioni peggiori…

«Credevo dicessi sempre che ci si dispera, ma si continua a vivere. O questo non vale, per te?» chiese.

Il Gallifreyano smise di armeggiare con i comandi del TARDIS - la data e la destinazione ancora incomplete - per passarsi con aria stanca una mano sui chiari occhi verdi.

«Arrivi ad un punto, Vastra, in cui ti chiedi se le pagine da voltare non siano finite... E si dà il caso che le mie abbiano iniziato già da un po' a scarseggiare - non ne rimane, anzi, che un'esigua manciata» sospirò.

«Non li hai davvero perduti: li avrai per sempre nei tuoi ricordi. Tutti e tre» gli ricordò la donna, comprensiva.

Il Dottore, tuttavia, scosse ostinatamente il capo.

«Non è la stessa cosa»

«No, non lo è. Ma è tutto ciò che rimane a chi sopravvive»

«Beh, a me non basta!» replicò l’uomo, fermo, prima di sospirare nuovamente. «La verità è che sono così… stanco. Ho viaggiato a lungo: probabilmente più di chiunque altro, nell’universo. E ho causato danni inimmaginabili; pari solamente a quelli di un’intera flotta Dalek. Non ho concesso molte seconde opportunità a coloro i quali non ritenevo personalmente degni di averne una. Che razza di ipocrita, eh? Pensa solamente a quante persone sono morte, per me! Non fatico a comprendere perché così tanti vogliano la mia morte...».

Si guardò intorno, svuotato.

«A volte penso sarebbe bastato farsi da parte: lasciare che le cose facessero il loro naturale corso. “Osservare senza interferire”. Se solo avessi prestato maggiore attenzione al giuramento fatto, tutti quei secoli fa… Chissà, forse non sarei mai precipitato in quel giardino...» s'interruppe per un lungo momento, e quando continuò, la sua voce era spezzata. «Erano la mia famiglia, Vastra... E l’ho perduta. Di nuovo. Dov’è la giustizia in questo? A cosa è servito essere diverso dagli altri Signori del Tempo?».

Di nuovo, la donna non riusciva a riconoscere l’uomo davanti a sé: il dolore l’aveva completamente cambiato.

«Quello che è successo non è in alcun modo colpa tua, Dottore. È semplicemente come il naturale corso delle cose funziona. E per quanto riguarda il non interferire... Pensa a quanti hai aiutato, facendolo! Molti sono morti, è innegabile, ma quanti, invece, sono sopravvissuti? L’universo è diverso, grazie a te» 

«Oh, su questo non ho alcun dubbio...» mormorò il Dottore, amaramente.

Vastra sospirò, rifiutando di rassegnarsi.

«Perché non vieni a prendere una tazza di thè? Così potrai rivedere anche Jenny e Strax. Se non erro è da Demons Run che non hai avuto occasione di incontrarli».

Il Dottore la guardò, confuso.

«Ero convinto che Strax…».

Vastra scosse il capo.

«E’ una lunga storia» disse, lieta di averlo distratto dai suoi pensieri per qualche istante.

[*]

«Immagino come debba essersi sentito Strax. Non essere morto in battaglia, in tutto l’onore Sontaran…».

«All’inizio era un po’ deluso, in effetti. Ma dopo poco tempo ha iniziato ad esprimere la sua forte intenzione di affiancarti nella prossima battaglia, così da "porre rimedio ad una simile onta"» sorrise Vastra.

Il Dottore si lasciò cadere sulla sua poltroncina, scuotendo il capo rassegnato.

«Temo dovrà convivere con la delusione, allora. Non ci saranno più battaglie, per me».

Estrasse dalla tasca un paio di occhiali rotondi e un libricino nero - studiandoli a lungo, prima di riporli con doviziosa cura in uno scomparto ben celato nella consolle.

Vastra, intanto, cercava di dare un senso alle parole dell’uomo.

«Che vuoi dire?» chiese infine.

Il Dottore si rialzò, spegnendo il TARDIS.

«Mi ritiro. Basta negoziati che poi verrebbero infranti, basta mondi da salvare inutilmente, basta meraviglie effimere da scoprire. Sono vecchio, Vastra, e più stanco di quanto io sia mai stato in tutte le mie vite - l’ho già detto. Ora basta. Penso che anche un mostro come me meriti un po’ di pace, dopo tutto».

«E l'assistenza che l’universo non fa che reclamare?» esalò Vastra, la voce strozzata dalla disperazione. «Dottore... Sai bene che questo pianeta - più di altri - ha costantemente bisogno della tua protezione: non puoi volutamente privarlo di essa... Semplicemente non puoi!».

Per tutta risposta, il Gallifreyano fece spallucce - le braccia strette al petto.

«Tutto questo ha smesso di essere un mio problema. Dici che non posso privare l'universo e la Terra della mia protezione e la mia assistenza... Ebbene, ti chiedo: chi me lo impedisce?» le chiese di rimando, disinteressato. «Te lo dico io: nessuno. Ho la presunzione di conoscere fin troppo l’universo - tanto da sapere che il mio più che giustificato rifiuto ad aiutarlo non gli importerebbe minimamente».

La Siluriana aprì e richiuse la bocca per qualche istante, a corto di parole. Non riusciva a credere alle proprie orecchie, e per la prima volta si chiese chi fosse realmente quell’uomo. Aveva creduto che il volto mostrato dal Dottore su Demons Run non fosse altro che una semplice - seppur terribile a vedersi - reazione a quanto era accaduto ad un membro della sua famiglia, ma ora si rendeva conto di essersi sbagliata tremendamente.

«Credevo salvassi le persone» mormorò, deglutendo il proprio sconforto.

«Non è mio dovere farlo, Vastra. Io dovrei solo essere un osservatore silenzioso e passivo: è questo che mi è stato insegnato, ed è questo che sarò d’ora in avanti. Che la cosa ti piaccia o meno».

Vastra scosse più volte la testa, non rassegnandosi a quella tremenda premessa.

«No, tu parli così solo perché sei ancora sconvolto. È comprensibile, credimi. Ma non puoi essere serio. Devi solo imparare ad accettare la cosa e ad andare avan…».

Il Dottore sbatté con forza le mani sulla consolle, facendo trasalire nuovamente la donna.

«Non ho più una casa, non ho più una famiglia, la donna che amo è morta sin dal giorno in cui l'ho conosciuta, e ogni volta che provo anche solo a chiudere gli occhi per un momento sento le urla della mia gente che viene massacrata in una guerra malata e sanguinaria - una guerra cui io stesso sono stato costretto a porre fine, sterminando fino all'ultimo uomo, donna e bambino! Non provare a dire che devo andare avanti, Vastra: non provarci neppure per un istante! Non ho nulla per cui farlo. Non più!».

Benché fosse rimasta colpita dall’improvvisa ferocia nella voce del Dottore, Vastra non si scompose - anzi rimase in piedi immobile di fronte a lui, seppur con il cuore che le batteva all'impazzata.

«Da quanto non dormi veramente?» chiese, all'improvviso.

La rabbia del Dottore svanì, sostituita rapidamente dalla confusione.

«Quando ho detto di essere stanco non intendevo certo…».

La donna emise uno sbuffo contrariato.

«Sono perfettamente consapevole di cosa tu intendessi dire con tale espressione, Dottore. Ritengo solo che qualche ora di riposo non possa che aiutarti a smussare un po’ questo tuo modo di fare».

Il Gallifreyano girò intorno alla consolle, spazientito.

«Non devo rispondere a nessuno del mio comportamento, né tantomeno del mio modo di fare. In fin dei conti ho più di milleduecento anni e come tale…» borbottò, prima che Vastra lo interrompesse - facendosi avanti.

«Vuoi davvero mettere questa discussione sul piano dell’età, amico mio? Sei davvero disposto a competere con qualcuno in vita dall’alba del pianeta Terra?» lo interrogò, con fare deciso.

L’uomo la guardò brevemente, poi abbassò gli occhi, sconfitto.

«In base a quale criterio lo vuoi sapere? Il tempo esterno al TARDIS, o quello interno ad esso?».

La Siluriana sospirò per l'ennesima volta.

«Suppongo che entrambe le risposte non saranno... sane, perciò lascio a te la scelta».

Il Dottore deglutì, facendo rapidamente mente locale.

«Per il TARDIS tre settimane. Per la Terra, considerando che al momento ci troviamo nell’epoca Vittoriana... Circa centoventiquattro anni, tre mesi e due giorni. Ma ci tengo a sottolineare che non ne ho minimamente sentito il bisogno, dato che ero occupato in altre questioni ben più importanti!» rispose poi, petulante.

Vastra si strinse il ponte del naso ricoperto di squame, preferendo prendersi un momento, prima di replicare.

Non aveva bisogno di attingere alle sue doti di detective, per indovinare che centoventiquattro anni avanti nel futuro il Dottore aveva perso i suoi compagni... né che tre mesi dopo i fatti avvenuti a New York, l’uomo doveva aver finalmente trovato il coraggio di portare la professoressa Song a Darillium...

«Allora ormai hai deciso» mormorò infine, definitivamente sconfitta.

Il Gallifreyano annuì lentamente, grato che lei avesse compreso.

«Se è quello che hai scelto, non sarò certo io a impedirti di mettere in atto le tue decisioni. Ma permettimi di farti una domanda: che farai? Sappiamo bene entrambi che una vita tranquilla non ti si addice...».

Il Dottore fece spallucce, giocherellando distrattamente con alcune leve.

«Troverò un tempo e un luogo qualsiasi, e lì trascorrerò i miei giorni come un comune essere umano. O quasi. Ho intenzione di lasciare il TARDIS in un posto sicuro, così che nessuno possa imbattervisi, nemmeno per errore. Nessuno farà caso a me, te lo assicuro: so essere invisibile, se voglio».

Vastra lo imitò, annuendo la propria comprensione.

«Allora posso proporti di unirti a me, Jenny e Strax qui, nella Londra Vittoriana? Ritengo infatti che anche i quasi comuni esseri umani necessitino di amici fidati, al proprio fianco» suggerì, gioendo quando l'uomo accettò, ringraziandola con sincera riconoscenza, prima di schiarirsi la voce.

«Credo sia meglio che ora tu vada, Vastra. Devo trovare la giusta collocazione per il TARDIS, e modificare un po' l’arredamento. Poi, se l’offerta sarà ancora valida, penso che mi unirò a voi per quella famosa tazza di thè».

La donna non insistette per restare, questa volta. Il fatto che il Dottore accettasse la compagnia altrui non era certo un grande traguardo, ma almeno era di per sé un primo passo verso la guarigione.

«Lo sarà» promise.

[*]

«Temo che ormai abbia preso la sua decisione. Non aiuterà più le persone» concluse Vastra, rassegnata.

Jenny Flint aveva ascoltato ogni parola con la bocca aperta dall’incredulità.

«Starà scherzando!» esclamò, scioccata.

La Siluriana scosse il capo.

«No, purtroppo. Dice di aver passato ognuna delle sue lunghe vite a salvare un universo che alla fine non ha fatto altro che ripagarlo con dolore e perdite. E in tutta onestà, non posso negare che sia vero» spiegò con aria grave, sedendosi sulla sua poltrona di vimini preferita.

«E noi dovremmo approvare una cosa simile?!» esclamò Jenny, sempre più incredula.

«Certo che no! Ma possiamo e dobbiamo comprendere ciò che lo spinge a parlare così. Ha perduto la sua famiglia - e sappiamo entrambe che mai, prima d’ora, tale definizione è stata più veritiera...» replicò Vastra, mentre Jenny prenderà posto davanti a lei. «Noi siamo suoi amici, mia cara. E come tali dobbiamo rispettare le sue decisioni. Lo aiuteremo e lo sosterremo in questo suo isolamento forzato. E’ tutto ciò che possiamo fare. E forse, un giorno, il Dottore troverà la forza di voltare pagina, e tornerà ad essere quello di un tempo».

«Non cambierà mai idea da solo! Ci vuole qualcuno in grado di spronarlo!» replicò Jenny, decisa.

«Sono sicura che sotto la cupa disperazione che ora lo pervade, il Dottore conservi ancora la sua voglia di mettersi nei guai più assurdi e incredibili. Bisogna solo trovare la giusta motivazione. Qualcosa a cui nemmeno lui saprebbe resistere» sorrise la Siluriana. «Qualcosa di impossibile».

   
 
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