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Autore: trittico    26/07/2013    1 recensioni
A volte il destino sembra giocare alla roulette russa. Chi salverà la nostra piccola operaia?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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                                                                                                Destino

 

La formichina era in cerca del suo bottino, ne aveva avvertito la traccia chimica già da un po', ed era intenzionata a trovarlo e portarlo alla comunità nel più breve tempo possibile. Quello era il suo dovere e lo svolgeva in modo ineccepibile. Non è che si chiedesse perché, solamente agiva seguendo direttive ben precise tramandate dalla notte dei tempi, quando la Grande Regina discese sulla terra per fondare la prima comunità. Insieme alle sue sorelle, usciva tutti i giorni in superficie, rischiando la vita ad ogni sei passi, per cercare materie prime da portare ai vari laboratori di trasformazione, siti giù, nel profondo delle viscere calde e umide della terra. Faceva questo senza recriminare o lamentarsi, le regole erano ferree ma giuste e se seguite alla lettera portavano gran benessere e lustro a tutto il formicaio.
 Chi la muoveva? Istinto cromosomico? Oppure un onda comprensiva, emanante da una intelligenza centrale misteriosa? Comunque sia, doveva essere un qualcosa potente ed assoluto, visto il risultato.
 Ma la formichina non si stava domandando questo, mentre saliva su di una serie di pedane dalla superficie liscia, divise fra di loro da solchi squadrati e decorate con incomprensibili ghirigori, sentiva che la meta era vicina.
 Lo scrittore aveva passato l'ultima ora a fissare la metà intonsa della pagina sul computer. Si era arenato sul finale. Quello stupido di protagonista si era innamorato! L'editore era stato chiaro: “non si doveva in nessun caso innamorare di nessuna, in questo libro. Avrebbe avuto tempo nel sequel per queste sviolinate”. Parlava bene lui, non l'aveva mica vista, nella sua fantasia quella creatura magnifica che gli era apparsa nella mente. Stava facendo fare al suo eroe un inseguimento mozzafiato con scene di parkour inverosimili, quando è là, tentando una finta al perfido nemico bloccato all'angolo, nella grande sala della villa a picco sul mare, che nello slancio travolge la figlia del malvagio, uscita da una porta laterale, perché allarmata da quel trambusto. “No! non dovevi comparire proprio ora, non è il momento e l'occasione giusta e poi il ragazzo è già promesso alla biondina del libro futuro. Lui nutre odio per tutta la tua famiglia! Dove credi di andare?”, sbottò l'uomo. Stava per cancellare tutto il pezzo, pensando al lavoro in più che ne veniva con quella intromissione. Ma la curiosità lo spinse a vedere come andava a finire. Allora cominciò col descriverla. In genere buttava giù quattro righe di prassi, ma stavolta, come in trance, le mani sulla tastiera si muovevano da sole e in un batter d'occhio aveva riempito una intera pagina con la sua descrizione. Quando allibito la rilesse, capì che quella doveva essere la donna del suo eroe.
 E adesso come faceva a farli mettere insieme, dopo le promesse di odio eterno fatte? “L'editore stavolta mi ammazza!” Disse a gran voce.
Un candido: “Se prima non lo faccio io!” arrivò dalla cucina, insieme ad un buon odorino di cucinato, aveva mangiato solo qualche biscotto mentre scriveva. Era grazie alla moglie, se ancora non era morto di inedia. Dopo una cena consumata in fretta, si rimise subito al lavoro. Aveva delle scadenze ben precise, doveva andare avanti assolutamente. Così si rimise a fissare quello spazio bianco. Aveva lasciato quei due a fissarsi negli occhi, provando mentalmente una quantità di dialoghi possibili tra i due.
 La formichina stava restringendo l'area di ricerca, sentiva vicino il suo obiettivo. Poi lo vide, un bel pezzo di croccante zuccherino, in attesa di essere colto. Si diresse da quella parte scavalcando diversi canaletti. Ma quando, finalmente lo ebbe davanti e provò a sollevarlo, rimase sorpresa. Il ghiotto boccone era attaccato solidamente a quella strana tessera di pavimento che presentava un unico, lungo, trattino nero, per cui si mise tenacemente a tirare e spingere, cercando di staccarlo.
 Intanto lo scrittore aveva formato mentalmente due percorsi che avrebbero portato inevitabilmente a finali diametralmente opposti. Uno iniziava con: ”L'odio che nutro per la tua famiglia...”, “terribile! Come il giuramento del Corsaro Nero!”, pensò con aria dubbiosa.
 Oppure, e qui i tratti del suo viso si addolcirono:
l'amore che sento per te, fuga ogni....”.
Odio e amore, eterno dilemma. Sapeva che, quale fosse stata la sua scelta, avrebbe scontentato qualcuno. Se andava avanti verso il bacio sul tramonto dorato, prevedeva la brutta espressione canzonatoria sulla faccia dell'editore accompagnata da un: “ma ti sei rincitrullito!”. Se invece avesse optato per l'abbandono della bella, se la sarebbe vista con quella romantica di sua moglie e le ire del protagonista. Del resto la ragazza era uno splendore, gli era uscita proprio bene. Quel tonto del suo eroe glielo aveva detto: “non fare scherzi... la biondina l'affibbi a qualcun altro. Se vuoi che sveli enigmi e salvi il mondo, concedimi la mano di.. di... e non gli hai dato neanche un nome!” Lo scrittore si adagiò sullo schienale della poltroncina, reclinò la testa e chiuse gli occhi, cercando in quel buio, un segno di qualsiasi tipo, si attaccò anche alle Muse tanto era disperato. Nella sua mente, cominciò a prendere forma un'immagine in movimento, rappresentava una moneta volteggiante nel nulla. “Testa o croce” gli suggerì una vocina flebile emersa dall'oscurità.
 Il dischetto lucente si muoveva lentamente, l'uomo poteva scorgere le due facce alternantesi in una danza fatale. Amore e odio, bene e male. Doveva scegliere, non sapeva quando la moneta si sarebbe fermata. Avrebbe cambiato la vita del suo eroe, affiancandogli quella splendida creatura, o lo avrebbe condannato ad una esistenza, si avventurosa, ma in fin dei conti, grigia e sterile? Improvvisamente per un attimo si trovò faccia a faccia con la bella, la stava guardando con gli occhi del protagonista. Sentiva in lui quell'emozione esplosiva e vivificante che riduceva tutta quella stupida faccenda dell'odio, a una mera baggianata. I dubbi svanirono in un istante, l'uomo apri gli occhi e con fare ispirato aggredì la tastiera del computer, pigiando con foga sui tasti.
 Un terremoto sconvolse il mondo della formichina, tremende onde d'urto, seguite da spostamenti d'aria la facevano vacillare ad ogni colpo, ma lei teneva duro, non poteva fallire. Su quello zelo faceva conto il formicaio per esistere, fragili vite dedicate alla comunità, sempre sull'orlo del Grande Baratro. Un colpo più vicino fu tanto forte che quasi capitombolò, ma con sua grande sorpresa, anche il suo bottino si era liberato e saltellava qua e la. Lo afferrò al volo con le sue potenti tenaglie e si incamminò con la sua solita flemma, sulla via di casa, lontano da quell'inferno traballante.

L'uomo, digitò la parola: “fine”, rimase a guardarla per qualche secondo, poi con uno sbadiglio si alzò dalla poltroncina, si stiracchiò e canticchiando si diresse verso la grande veranda della casa, dove l'aspettava sua moglie con una bella birra ghiacciata.

 

 

                                                                                                 Fine

 

 

 

   
 
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