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Autore: poetictragedy    05/02/2008    15 recensioni
Frank Iero crede nelle streghe, nelle fate, in Babbo Natale e al topo dei denti, ma si rifiuta di credere ai vampiri. Ma le sue idee diventano piuttosto confuse quando nota che il nuovo insegnante di arte, simile ad un dio greco, ha lunghi canini, la pelle diafana e freme dall'agitazione quando vede una goccia di sangue. Fanfiction a più capitoli appena partorita dalla mia mente malata [FRERARD FF]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Huit.

Le ore di inglese non erano mai state così noiose per Frank.
Di solito lui era il più bravo ed il più attento durante le lezioni di Mr Pump; sapeva scrivere alla perfezione e conosceva tutte le regole della poesia, dell'inglese in generale.
Gli piaceva immergersi in quel mondo fatto di storie che non lo coinvolgevano, personaggi dalle personalità più stravaganti, città che non aveva mai visitato ed emozioni che forse non aveva mai provato.
Tutto questo per lui era un grande hobby, ma sentiva quel piacere essere sparito quella mattina.
Il mal tempo era tornato, portando una spessa nebbia che avvolgeva le case del New Jersey, l'umidità aveva fatto curvare le punte castane dei suoi capelli ed il naso continuava a bruciargli, forse per un raffreddore imminente.
Avrebbe dovuto vestirsi di più, lo sapeva.
"Datemi le vostre relazioni sul libro che vi ho dato da leggere..."
La voce del professore giungeva lontana alle orecchie di Frank, che era perso fra i suoi mille pensieri.
"La tua relazione, Frank"
Quinn diede una gomitata sul fianco dell'amico, che grugnì dal dolore e poi incontrò lo sguardo paziente del professore.
"La relazione, Frank" ripeté, senza perdere la calma.
"Quale relazione?"
La campanella suonò e gli alunni uscirono dall'aula, pronti per la prossima tortura della mattinata.
Rimasero solo Frank e Mr Pump, dato che Quinn era andato a fumarsi una sigaretta con Bert, che lo aspettava impaziente fuori dalla scuola.
Quinn e Bert erano diventati molto strani con Frank: lo evitavano e tra di loro c'erano sempre lunghi silenzi, accompagnati da rari scambi di parole, che assomigliavano più a dei monosillabi.
Mr Pump si tolse gli occhiali e sospirò, guardando quello che era sempre stato il suo alunno preferito.
I suoi occhi, una volta pieni di voglia di vivere e di imparare, si erano un po' spenti, diventando vaghi e pieni di qualcosa che non riusciva a decifrare.
"Frank, che ti succede?"
"Uhm?"
"Prima la relazione, poi Johanne.. Sei sicuro di star bene? A casa tutto a posto?"
Le domande del professore erano come proiettili salati nel corpo di Frank.
Tutte le ferite si aprivano, ignare dai litri di disinfettante che ci avevo messo sopra durante gli anni.
Perchè Johanne era stata un disinfettante per lui.
E Quinn e Bert anche.
Erano state le persone che avevano tamponato con cura quelle cicatrici, quei ricordi che gli bruciavano come sale sulla carne cruda.
E tutto ormai stava svanendo.
"Perchè le dovrebbe interessare?" chiese con tono forse troppo acido.
"Ricordo quel tuo tema, Frank. Non sono del tutto tonto, ragazzo. Mi preoccupo di te, non sei più il solito"
Frank si alzò, facendo sollevare la sedia dal suolo, che cadde per terra.
"Non sono affari suoi, professore. E quel tema era solo un tema, non capisco perchè lei se lo ricordi ancora. Arrivederci"
Uscì dall'aula e andò fuori dalla scuola, raggiungendo i suoi due migliori amici, che bisbigliavano animatamente.
"Ciao ragazzi, che si dice?"
Quinn e Bert si voltarono, finendo si bisbigliare e sorrisero incerti.
"Hey Frankie" sussurrò Quinn, lisciandosi una delle ciocche bionde e ordinate.
Era nervoso e Frank lo sapeva.
"Cosa c'è?"
"Niente!" esclamarono tutti e due, diventando paonazzi.
Frank era stufo di dover essere ignorato dai suoi migliori amici, aveva avuto abbastanza rogne in quei giorni.
"Ma si può sapere cosa avete voi due?" sbottò, accendendosi una sigaretta.
Quinn guardò l'asfalto del cortile e alzò gli occhi solo per incontrare quelli di Frank, disperati per non aver trovato una risposta.
"Niente Frankie, è per colpa del test di Chimica. E' così incomprensibile!" disse Quinn con voce fin troppo acuta.
Frank gettò la sigaretta per terra e sbuffò.
"Vabbé, ciao"
Se ne andò via così, con il cuore che gli batteva per le parole che avrebbe voluto dire, ma che aveva tenuto dentro di lui.


~

Gerard entrò nella sala professori, si sedette fra la professoressa di Filosofia e quella di Matematica.
Due donne basse e tozze, che guardavano con occhi a cuoricino l'uomo fra di loro.
Gerard Way era stato l'oggetto delle discussioni di tutto il liceo.
La porta si chiuse e Mr Pump si sedette di fronte a Gerard, aprendo la sua cartellina.
"Mr Way, come si trova in questa scuola?" chiese languidamente una delle professoresse.
"Uh, molto bene, devo dire"
"Ha già incontrato qualche alunno prodigio?" disse la professoressa di matematica, ridacchiando.
Gerard pensò a Frank e il suo disegno del sole.
Sì, c'era esattamente qualcosa di veramente prodigioso negli occhi nocciola di quel ragazzo.
"Beh c'è una ragazzo nella mia classe. Si chiama Frank Iero, è un ragazzo molto sveglio ed intelligente"
Le professoresse annuirono e si dileguarono davanti alla macchina della caffé, loro unica compagna di vita.
Mr Pump, invece, alzò lo sguardo, diventato fuoco dopo aver sentito il nome di Frank nell'aria.
"Lei conosce Frank?" chiese, quasi un sussurro.
Gerard annuì, guardando negli occhi azzurri del professore davanti a lui.
Gli pareva una creatura così goffa e tonta.
Un uomo di quarant'anni, con il pallino della letteratura inglese, la casa piena di gatti neri e l'unica felicità della sua vita era il suo alunno preferito, Frank Iero.
"E' un alunno geniale.." disse con forse troppa nostalgia nella voce.
"In che senso geniale?" chiese Gerard, portando la tazza di caffè vicino alle labbra sottili.
"Ha un grandissimo modo di espressione, l'altr'anno ha fatto un tema veramente toccante. Ha vinto un premio per quello. Tutti lo hanno adorato, tranne suo padre. Mi ricordo che Mr Iero prese il figlio per il colletto della camicia e lo scosse, come se volesse far uscire tutto ciò che aveva in testa il ragazzo. Fu una cosa imbarazzante per lui e shockante per noi"
Gerard cercò di non apparire troppo incuriosito e stupido dalla storia che gli era appena stata raccontata.
"Devo avere la copia del tema da qualche parte.." aggiunse il professore, rovistando con le mani grandi la cartellina piena di fogli sparsi.
"Potrei darci un'occhiata? Mi piace molto leggere i temi, nonostante io legga i disegni che fanno i miei alunni"
Mr Pump alzò lo sguardo, attratto da quel sorriso un po' inquietante del nuovo professore.
Annuì distrattamente e poi gli porse un foglio.
"Ora, se non le dispiace, devo andare a fare lezione. Me lo potrebbe rimettere nel cassetto?"
Gerard afferrò il foglio ed annuì distrattamente, già preso dalla scrittura di quel ragazzo.
Era una scrittura un po' disordinata, come se i pensieri dello scrittore fossero stati messi sul foglio in modo confuso.
Non riusciva a leggere in mezzo a quei professori, a quella gente che non aveva niente a che fare con lui.
Uscì dall'aula e si diresse verso la terrazza in cui era stato due giorni prima con Frank.
Sedendosi sul muretto, si chiese se Frank si sarebbe ricordato che avrebbero avuto una lezione quel giorno, ma scacciò il pensiero dalla sua testa, tornando a guardare il foglio che aveva fra le mani.

Titolo: Scrivi su qualcosa che ti ricorda un momento felice.

Se analizzo i miei diciassette anni di vita, riesco a ricordare qualcosa che mi ha riempito il cuore di felicità in passato.
Come il mio primo compleanno, il giorno in cui ho conosciuto i miei migliori amici, o la domenica mattina.
La domenica mattina è un giorno qualunque, vissuto da chiunque, solo in modo diverso.
C'è chi va in chiesa a pregare per qualcuno che non conoscerà mai, ma che gli darà il coraggio di iniziare la nuova settimana; chi si prepara per la giornata al mare, chi fa il barbecue e chi prepara i dolci.
Mia madre era una di quelle.
Mi svegliavo la domenica mattina con le narici piene di un profumo delizioso e quel profumo era l'unica cosa che mi dava la voglia di abbandonare le mie coperte con Batman disegnato sopra.
Scendevo per le scale, piano piano, per non svegliare mio padre che dormiva sicuramente.
E una volta in un cucina la vedevo.
Mia madre.
I capelli castani un po' mossi che ricadevano sulle spalle minute, la luce del sole che le illuminava il viso, dandole un'espressione angelica.
Avevo visto poche donne nella mia piccola vita, ma ero sicuro che mia madre fosse la donna più bella del mondo.
Mi sorrideva e mi dava una tazza di cioccolata calda, densa e fumante come piaceva a me.
Poi tornava ad impastare l'impasto per i cupcakes, dolci che sapeva che mi facessero impazzire.
Ogni domenica decorava i cupcakes in maniera diversa, sorprendendomi per la scimmietta di glasse sopra il dorso del dolce, la ciliegia caramellata, il ripieno di nutella.
Dopo aver finito la cioccolata, ricordo che mio padre scendeva, ancora nel suo vecchio pigiama blu e abbracciava la mamma, come se l'avesse potuta perdere da un momento all'altro.
Io rimanevo in silenzio a guardare affascinato ciò che fa impazzire la gente di tutto questo mondo.
L'amore.
Poi mia madre ci affidava dei compiti e tutti e tre, ridendo, preparavamo i cupcakes.
Sorridevamo, con le mani sporche di crema e di cioccolato, i miei gridolini di gioia nel vedere che i cupcakes lievitavano nel forno, il profumo di dolce sparso in tutta la casa.
Io poi mi affacciavo fuori dalla finestra e guardavo il sole.
Sapevo che la luce del sole fosse più forte della mia vista, così vedevo una palla infuocata molto sfumata.
I suoi raggi li sentivo sulle mie guance, sugli occhi dei miei genitori e dentro la nostra cucina.
Il sole era ciò che illuminò la nostra casa per un po' di tempo, finchè finì di illuminare ciò che cominciò a spegnersi dopo un po' di mesi.
Il profumo di dolci sparì e quello di guerra volava tra i ritratti, che mio padre rompeva per terra ad ogni litigata.
Un giorno d'inverno lei se ne andò.
Il sorriso e i capelli mossi uscirono da quella porta che aveva oltrepassato vestita di bianco.
Con le lacrime agli occhi, mi guardò e aprì la bocca come per dire qualcosa, ma poi la chiuse.
Se ne andò senza dire niente.
E io non seppi mai niente.
Seppi solo che il suo corpo galleggiò per un po' sopra l'acqua del fiume a Newark prima di essere ritrovato da un passante.
A volte mi capita di sentire ancora quel profumo di dolci e a volte vedo anche quel sorriso.
Ma mi accorgo solo di volerli vedere.
Vorrei che lei fosse lì con i raggi invisibili del sole sfuocato tra i suoi capelli, le mani immerse nell'impasto e la cioccolata calda a fianco, pronta per essere bevuta da me.
Vorrei che mio padre indossasse ancora quel pigiama blu, senza dover accorgermi che tipo di persona lo indossi ora.
Vorrei essere ancora quel bambino con le guance riscaldate dal sole.
Ma il mio volere si trasforma in rabbia, rabbia verso chi me l'ha portata via.
Mio padre mi ha portato via il mio sole sfuocato, i miei raggi invisibili e la mia cioccolata calda fumante.
Mi ha portato via il primo giorno del liceo, la prima cotta e il primo bacio.
Mi ha portato via i miei giochi, le mie risate e la mia felicità.
Mi ha portato via l'infanzia.
Mi ha portato via il padre che era prima.
E soprattutto mi ha portato via mia madre, la persona che mi ha sempre capito solo guardandomi negli occhi, occhi che erano un po' come i suoi.
Occhi che facevano finta di essere felici, proprio come i miei.


"Professore?"
Gerard alzò lo sguardo ed incrociò quello di Frank, che stava davanti a lui con un espressione inebetita.
"S-sì?"
Era rimasto come shockato dalle parole che aveva appena letto, tutte le emozioni che aveva appena letto.
Così quel ragazzo soffriva.
Quel ragazzo con lo sguardo da Bambi ed il sorriso perenne, moriva dentro.
Era come un fiore bellissimo con il polline avvelenato.
Frank si accorse dello sguardo del professore e guardò preoccupato il foglio che teneva fra le mani perfette e pallide.
"Ma questo è.."
"Perché non lo hai detto prima? Del sole sfuocato, intendo"
"Mi dia quel foglio" rispose rabbioso Frank, tendendo la mano davanti al viso del professore.
Gerard scosse la testa e si alzò, guardando sconcertato il ragazzo.
"Frank, perché non lo hai detto prima?"
"Mi dia quel foglio! E' mio!"
Frank sentì gli occhi pizzicargli dalle lacrime che si stavano creando lentamente.
Aveva paura.
Paura che quell'uomo davanti a lui sapesse tutto su di lui, soprattutto sapesse di una cosa così importante.
"E' MIO! ME LO DIA!" cominciò ad urlare, piangendo e dimenandosi con le braccia per cercare di prendere il foglio.
Gerard poi lo fermò, mettendo le mani sulle sue spalle e poi sul suo viso, caldo e liscio come la seta.
Aveva le guance arrossate e gli cadevano due o tre lacrime dagli occhi.
I loro visi erano vicini, troppo vicini per un alunno ed un professore che stanno parlando.
"Calmati, Frank. E' tutto ok"
Frank guardava le punte delle sue etnies scolorite, aveva il respiro affannato e si odiava per star piangendo di fronte a lui.
Lui che lo guardava con occhi mai visti prima.
Lui che era sicuro di non considerare quel ragazzo solo uno dei suoi alunni.
Lui che aveva il desiderio di affondare i denti dentro il collo profumato di quel ragazzo, ma che combatteva contro sè stesso, perché non avrebbe potuto mai.
"Io.. vorrei...solo.." sussurrò Frank fra i singhiozzi.
Alzò lo sguardo ed incontrò gli occhi verdi ed oro di Gerard, che lo guardava con un'espressione mai vista.
Rimase così, a piangere e a guardarlo negli occhi.
Fece una cosa molto stupida, senza pensare alle conseguenze.
Si avvicinò alle labbra sottili dell'uomo e lo guardò negli occhi.
Non sapeva cosa stesse facendo, stava agendo in base all'istinto.
E l'istinto gli diceva che posare le labbra su quelle di Gerard fosse la cosa giusta.
Ma l'istinto di Gerard, no.
Il cuore di Gerard, ammesso che ne avesse uno, forse sì, ma il suo istinto gli stava dicendo di sbranarsi quella fragile creatura che aveva così vicino.
Così poggiò le mani sul petto di Frank e lo scostò da lui, con un'espressione di completo dolore sul viso.
Un'espressione che Frank non riuscì a decifrare, perchè pensò solo a ciò che aveva appena cercato di fare.
Baciare il suo professore di Arte.
"Mi dispiace, non so cosa mi sia passato per la testa. Mi scusi" disse Frank, voltandosi per andarsene.
"Frank!" gli afferrò un braccio e lo fece voltare. Perchè non noti il dolore nei miei occhi, piccolo Frank? pensò Gerard, guardando il ragazzo con un'espressione di completo dolore.
"Non è possibile che accada. Sarebbe ingiusto"
"Non la seguo"
"Sarebbe ingiusto per te e per me" Gerard lo guardò, lasciandosi scappare un sospiro ".. mi dispiace, Frank"
"Non importa, tanto non ho capito cosa mi stia cercando di dire. Arrivederci"
Così Frank sparì per l'ennesima volta, solo che questa volta si sentiva così confuso da voler battere la testa sul muro più vicino.
Perchè aveva cercato di baciare il suo professore?
Cosa  gli era passato per la testa?
Bella domanda.
Era la stessa domanda che pensava il vampiro, Gerard.



Ok, ok chiedo perdono.
Primo, questo capitolo non mi piace proprio.
Non mi convince >-<
Secondo ero a Berlino, quindi non sono riuscita ad aggiornare.
Sono stanchissima, quindi risponderò alle recensioni al prossimo capitolo.
Grazie mille per aver recensito <33

poetictragedy

  
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