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Autore: simoneorso394    27/07/2013    3 recensioni
Si possono ricostruire legami andati perduti senza compromessi, senza sofferenza? Si può essere perdonati? Non finché l'orgoglio ci manipola a suo piacimento, ma a volte questo viene messo da parte solo in occasioni speciali. E' Natale e dopo la rottura la klaine deve riuscire a ritrovare lo spirito di questa magnifica festa.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ormai era passato un po' di tempo, Kurt era seduto sulla poltrona nel salotto, Rachel invece stava  dormendo già da qualche ora.
Lui non ci riusciva, se l'era ripetuto mille volte "Smettila di pensare a Blaine, lui non ti merita, ti ha tradito", ma più lo faceva, più un'altra vocina insisteva "Si è pentito, vai da lui e perdonalo".
Il suo orgoglio, no, non glielo permetteva.
La vaschetta di gelato senza grassi sul tavolino era il vero indicatore del suo dolore, era un chilo e ne mancavano tre quarti, ma non importava, era buono e lo appagava, forse era paragonabile ai baci di Blaine.
Paragonabile? Neanche lontanamente!
Ora si sentiva peggio di prima, era solo e con settecentocinquanta grammi di gelato ipocalorico nel corpo...
"Gelato, che buffa parola. Come fa una cosa così buona a chiamarsi come la sensazione che prova il mio cuore ora? " i suoi pensieri ormai erano scostanti, lentamente si stava addormentando.

Un rumore sordo arrivò dalla camera di Rachel. Era la sveglia. Kurt aprì gli occhi, aveva passato la notte sulla poltrona, la vaschetta di gelato era rimasta aperta sul tavolo e sulla superficie del liquido denso si era creata una crosticina giallina. Si alzò dal suo scomodo giaciglio, la schiena dolorante e andò in cucina, buttò la poltiglia e si mise a rovistare tra le pentole per cercare il tegame per le uova. Era in fondo al cassetto, lo prese e lo mise sul fuoco.
Dei passi lo distrassero, Rachel era arrivata in cucina, l'aria assonnata e ancora in pigiama.
"Giorno, dormito bene?" disse prendendo posto a tavola.
"Non molto, pensavo.." ci fu un piccolo silenzio e il ragazzo portò a tavola le uova.
Fecero colazione, si scambiarono poche parole, Rachel sapeva che soffriva ancora per Blaine, ma non voleva infierire ed evitò l'argomento.
Dopo il musical al McKinley, Kurt aveva provato a distrarsi, si era visto anche con qualche altro ragazzo, ma non era servito a niente. Quel nome rispuntava sempre fuori.
Uscirono di casa, si salutarono con un caloroso abbraccio. Rachel prese la strada per la NYADA e Kurt per l'ufficio di Vogue.com.
Faceva freddo, si sentiva che fra due giorni sarebbe stato già Natale. Quello era l'ultimo giorno di lavoro prima delle vacanze, l'ultimo giorno dove poteva stare nell'unico posto dove quel nome non sarebbe saltato mai fuori dal cilindro.
L'ufficio era ben riscaldato, come sempre, e acclimatarsi fu un vero piacere per il suo corpo indolenzito. Passò tutta la mattina a rispondere al telefono, mentre il cielo grigio continuava ad essere indeciso se far nevicare o meno, visto che nei giorni precedenti non aveva conosciuto parsimonia.
La giornata passò occupata, ma fiacca. Vuota.
Forse quello sarebbe stato il natale peggiore di sempre, un Natale dove i colori, i sapori e l'atmosfera sarebbero rimasti grigi come il cielo.

Blaine, era seduto al piano in aula canto. Era solo.
Anche lui come Kurt, continuava a pensare a loro due, a come aveva rovinato tutto. Mentre il suo ex aveva cercato altri interessi amorosi, lui no, aveva deciso di rimanere solo per un po'. Quel vecchio sentimento era ancora vivo, ardeva sotto quello strato di ghiaccio che si era formato e che non accennava a sciogliersi.
Suonare non bastava. Le sue mani partivano incondizionatamente e l'unico brano che suonavano era "Teenage dream", una decina di note e si fermavano, il volto rigato da lucenti lacrime. Doveva fare qualcosa.

Era notte, Kurt era a letto, questa volta gelato e poltrona non l'avevano fregato. La mezzanotte era scoccata sul piccolo orologio appeso alla parete. Ufficialmente la vigilia di Natale. Lui e Rachel non sarebbero tornati a casa, suo padre li avrebbe raggiunti il pomeriggio insieme ai papà della ragazza. Un Natale new yorkese avevano detto. Sì...Natale.
Come poteva definire quello Natale? Non era felice, non sentiva quello spirito di festività, di gioia, di speranza. Speranza! Ormai l'aveva persa, se n'era andata con lui.  Stava iniziando ad odiare quella ricorrenza che aveva sempre amato. Si addormentò come la sera prima, improvvisamente.

Neve, molta neve, una luce fioca e una teca contenente un cuore vivo, pulsante. Intorno il nulla, c'era solo lui. Kurt era davanti a una teca di ghiaccio, i vestiti sporchi di sangue e un buco nel petto all'altezza del cuore. Non faceva male, era una sensazione strana, come di vuoto. Sulla lastra cristallina c'era scritto "Proprietà di Blaine Anderson". Appena ebbe finito di leggere, sentì un urlo e poi singhiozzi, di sottofondo la loro canzone.
Si svegliò, era sudato. Rachel lo stava fissando preoccupata.
"Ti sei svegliato finalmente, sono le due del pomeriggio. Ti ho chiamato più volte, ma non c'è stato verso. Non ti svegliavi"
Il ragazzo si tirò su, aveva la bocca arsa.
"Ho sognato, è stato... strano..."
Rachel lo guardò con fare interrogativo, gli diede una dolce carezza e disse "Non ci pensare passerà. Troverai qualcuno che saprà mantenere la tua fiducia e starai bene, come io ho trovato Brody. Datti tutto il tempo che ti serve. Ora però alzati, i nostri genitori arriveranno fra un ora".
Sbuffò, si lasciò cadere sul materasso e si tirò su le coperte fino a coprire il viso, mentre la ragazza lasciava la stanza urlandogli "Muoviti, pigrone!".
Incominciarono a cucinare e passata un'oretta il campanello suonò. La loro famiglia era lì riunita. Kurt salutò il padre con un intenso abbraccio. Non si vedevano da qualche mese, gli era mancato molto, tanto a volte da voler lasciare New York e tornare a Lima, perché lì era solo, si c'era Rachel, ma suo padre era pur sempre suo padre, nella sua opinione il genitore migliore del mondo. Avrebbe rivoluto vedere anche Carole e Finn ma erano rimasti a Lima per ovvi motivi.
Si riposarono un po', tra un caffè e una chiacchierata, Kurt trovava i genitori della sua coinquilina adorabili, condivideva quasi tutte le loro idee e le risate non mancavano di certo, ma erano risate un po' false, avrebbe voluto davvero riempirle con una felicità che ora non possedeva. La famiglia Berry uscì di casa perché i genitori di Rachel volevano passare a trovare una loro vecchia amica, Kurt e Burt rimasero soli nel loft.
"Kurt.." il padre gli impedì di scappare dal suo sguardo, lo guardò negli occhi cerulei ormai spenti e lo abbracciò. Il ragazzo lo strinse più forte, si aggrappò letteralmente e le lacrime gli rigarono il viso. Si separarono e ripresero a parlare.
"Ragazzo mio, il viso non mente, ho osservato le tue espressioni tutto il pomeriggio. È come se la luce che avevi un tempo avesse lasciato il tuo sguardo. Lo sai io non sono bravo con queste cose, ma non puoi ancora pensare a Blaine dopo tutto questo tempo"
Kurt si sentiva come punto da mille spilli, il padre aveva centrato l'argomento focale, era bastato solo osservarlo per qualche ora.
"Lo so papà.." si lasciò cadere su una sedia "...ma lui è stato il primo, l'unica persona che mi ha fatto sentire bene per quel che sono. Lui è...era perfetto..."
Burt si avvicinò a lui e gli sollevo il volto "Sai anche io mi sono sentito come te, per molto tempo. Mamma era morta e non sapevo più che fare, ma c'eri tu e non potevo permettermi di cedere. Bambino mio devi andare avanti, voglio rivedere il tuo sorriso, quello vero. Quello che fa sorridere tutti e che rende invidiosi tutti, perché hai lo stesso sorriso di tua madre, il più bello del mondo"
Si abbracciarono di nuovo, questa volta però fu tutto più solare, non c'erano lacrime, ma buoni propositi, c'era ancora un pizzico di amarezza, ma anche una sicurezza in più.
"Grazie papà" disse Kurt distendendo le labbra in quello che era un mezzo sorriso.

Quella porta, già una volta si era fermato lì davanti, il cuore batteva più forte e la paura era diversa, il rimorso era maggiore. Se la volta prima avrebbe potuto sperare in un'altra occasione questa volta no. Questa volta sarebbe stata quella l'unica possibilità.
Le voci filtravano festose dalla fessura sotto la porta, riusciva a riconoscere quella di Rachel, di Burt, di due uomini e quella di Kurt, l'unica che gli importava. Doveva solo suonare il campanello e sperare che fosse lui ad aprire. Lo sapeva il gesto era azzardato, soprattutto era Natale, ma ormai era là. Suonò. Dei passi leggeri si avvicinarono alla porta, che si aprì.
" Blaine?"
Rachel aveva aperto e richiuso subito la porta alle sue spalle.
"Ciao Rachel ho bisogno di parlare e di vedere Kurt"
Lei lo guardò pensieroso e poi disse "Non puoi fargli questo stasera, lo sai?...Lui sta ancora male per quello che gli hai fatto, è stata peggio di una pugnalata alle spalle, per quanto io ti voglia bene, hai davvero sbagliato. Se sei qui per scusarti o altro non so quanto tempo ti concederà. È davvero stravolto, stamattina è rimasto a letto fino a tardi, ha preso qualche chilo nell'ultimo periodo e la cosa peggiore è che non sorride più come una volta..."
Il ragazzo la guardò, si sentiva dannatamente in colpa, una lacrima sola cadde dai suoi occhi ambrati e formò un piccolo pallino più scuro sulla tappezzeria del pianerottolo. In quel preciso istante la porta si riaprì di nuovo. Questa volta era la persona che voleva vedere: Kurt.
"Scusa Rach ma chi ..." la frase gli si fermò tra la bocca e la gola e riscese giù fino allo stomaco, il quale ebbe una fitta allucinante. Blaine era lì, viso arrossato dal freddo e umido per le lacrime.
"Kurt, ciao" disse il ragazzo senza riuscire a guardarlo negli occhi
"Rachel lasciaci soli.." imperò Kurt indicando la porta alla ragazza, che non se lo fece ripetere due volte e sparì tra le lucine di natale.
"Ciao Blaine” balbettò Kurt
Si guardarono, l'imbarazzo era a mille, ma il silenzio non poteva continuare, se Blaine era lì era perché rivoleva il suo amore, era lì per salvarlo, per salvare entrambi.
"Guardami, per favore guardami.." allungò la mano verso il viso delicato dell'altro ma il ragazzo si ritrasse girandosi.
"Guardaci come ci siamo ridotti, qui su un pianerottolo, con la paura di rivolgerci la parola. Tutto per colpa mia. Lo so forse non serviranno le mie scuse, ma sono qui per questo e anche perché non riesco a resistere lontano da te. Il mio cuore si sta spegnendo lentamente, come i tuoi bellissimi occhi.."
Kurt stava ascoltando, ma non riusciva a stare fermo, il suo corpo fremeva per andarsene, voleva scappare, ma il suo cuore voleva rimanere. Aveva aspettato quel momento da settimane, ritrovarsi di nuovo con lui, stargli vicino di nuovo, sentire le sue calde mani sulla sua pelle.
Fermò il fiume farneticante di parole che uscivano dalle labbra rosse dell'oggetto dei suoi desideri. "Ti ascolto, però ti va di camminare un po' all'aperto?"
Blaine rimase perplesso, ma acconsenti.
La porta si aprì la figura imponente di Burt si stagliò nitida.
"Problemi Kurt?"
"No papà, è solo Blaine... Prendo la giacca e ci andiamo a fare una breve passeggiata" il ragazzo entrò e lascio lì Burt e Blaine a guardarsi fissi negli occhi
"Non farlo soffrire più di quanto non stia soffrendo adesso, ti pregherei di uscire dalla sua vita per sempre se dopo questa sera non andrà come vuoi tu." l'uomo rientrò sfiorando solo per poco gli occhi di Blaine che rispose debolmente "Non ne ho intenzione, l'ho già fatto una volta non posso permettermi di fare lo stesso errore di nuovo e nel caso in cui non andrà bene non mi vedrà mai più, glielo prometto".
Kurt tornò con il cappotto già indossato, uscirono e cominciarono a passeggiare tra i marciapiedi innevati, Era agitato, ma camminare era meglio che stare fermi.
Blaine tirò fuori una scatolina, Kurt la riconobbe subito. Era l'anello papillon, gliel'aveva ridato indietro dopo aver saputo del suo gesto orribile. Aprì la scatola, l'anellino luccicava colpito dalla luce dei lampioni.
"Sai, con questo ti avevo promesso, di non farti soffrire, di amarti, di essere al tuo fianco in tutto e per tutto e non l'ho fatto. Io non voglio che torni tutto come prima, perchè non sarà mai così. Vorrei rincominciare da capo, vorrei ritornare piano piano ad essere di nuovo tutto l'uno per l'altro. Vorrei che accettassi di nuovo questo anello. Puoi non farlo se non vuoi, le mie sono delle stupide scuse e per quello che ti ho fatto meriterei di essere mandato via a pedate nel sedere e tu meriteresti di meglio di me. Scusa Kurt, scusa davvero..."
Rallentarono, gli occhi di Blaine ormai erano nascosti dalle lacrime come il cielo dalle nuvole, una tenera pioggerellina mista a neve li stava bagnando, ma non importava, le loro anime ormai erano annegate nelle lacrime, cosa poteva fare una lieve pioggia?
Kurt si fermò di scatto. Blaine lo seguì, e successe cosi, velocemente, senza accorgersene le loro  labbra si ritrovarono a danzare in un bacio. Un bacio che significava tutto, un bacio di perdono, un modo per salvare le loro anime, l'unica strada a senso unico che entrambi potevano prendere dopo quell'intricato vagare tra vie senza meta. Le guance di Kurt s'inumidirono di lacrime mentre le loro labbra si separarono. Blaine prese la sua mano e la strinse forte, lo avvicinò ancora di più e si scambiarono un abbraccio, che come quel bacio aveva ricostruito un ponte che si era dato per irreparabile. Rimasero lì, sotto quella pioggia a guardarsi con la consapevolezza che l'uno non poteva vivere senza l'altro, che i battiti dei loro cuori servivano a nutrire lo spirito dell'altro.
Due anime gemelle. Quante volte se l'erano ripetuto durante quei mesi di estenuante separazione, se l'erano ripetuto senza crederci, ma ora era tempo di rifondare nuove certezze da un passato dal quale era emersa la loro fragilità per un futuro dove creare un'indissolubile catena.
 
  
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