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Autore: DarknessIBecame    28/07/2013    3 recensioni
Avrebbe davvero dovuto smetterla di fissare, Oliver.
-Smettila di fissarmi, Oliver.
Per la milionesima volta, mi distrai. Sto lavorando. Per te. Al database dell’Interpol, questa volta. Smettila e basta!-
[OliverxFelicity - Olicity]
Tanti auguri, sis. Muahahahah!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Stop staring
 

Avrebbe davvero dovuto smetterla di fissare, Oliver.

Un conto era osservare attentamente ciò che lo circondava ed essere sempre all’erta.
Un altro invece era continuare a fissare il punto in cui fino a 5 minuti prima sedeva la minuscola figura della sua più geniale e vulnerabile risorsa e, per quanto volesse bene a Digg, non l’avrebbe sicuramente descritto così.
Aveva cominciato a guardare interessato il movimento della coda alta quando scivolava sulla sedia ergonomica da una parte all’altra della scrivania, tutti “regali”, questi, che le aveva comprato una volta aggiunta al suo ristretto gruppo di collaboratori.
No, in effetti l’aveva minacciato di scavare i suoi peggiori segreti e mandarli direttamente alla mail personale di sua madre se non l’avesse accontentata e alcuni succosi a sua sorella.
Come faceva, quella piccoletta con gli occhiali sul naso sempre da aggiustare, ad essere tanto irritante e sinceramente spaventosa, abbastanza da mettere in riga due omaccioni come lui e Diggle? A volte essere donna aveva i suoi vantaggi, come far paura con un solo sguardo.
E questo lo riportava direttamente a voler osservare di più quei due occhi profondi e mai interamente accessibili, schermati dalla luce dei monitor sugli occhiali graduati. Aveva avuto modo di guardarli meglio solo in un paio di occasioni ed in entrambi i casi la ragazza era concentrata e spaventata in egual maniera, il blu profondo delle iridi sempre sporco di preoccupazione per soddisfarlo completamente. Voleva che le sue risate piene raggiungessero gli occhi limpidi o che si scurissero insieme alle guance quando erano troppo vicini o quando si rendeva conto delle parole che uscivano dalla sua bocca.
Allora aveva preso a scrutarla da vicino, sapendo di metterla a disagio. Trovando la perfetta angolazione, la guardava per diversi minuti lavorare, fin quando i loro occhi non si incontravano e lui era troppo in alto affinché gli occhiali della sua “IT girl” potessero di nuovo proteggerla ed in quei rari secondi, riusciva a scorgere molto più a fondo di quanto la ragazza volesse nascondere.
-Smettila di fissarmi, Oliver.-
Con un’alzata di spalle, insieme al sopracciglio, le faceva sempre la stessa domanda.
-Perché, Felicity?-
-Per la milionesima volta, mi distrai. Sto lavorando. Per te. Al database dell’Interpol, questa volta. Smettila e basta!-
Tratteneva il sorriso meglio che poteva e si sedeva sul bordo della scrivania solo per darle ancora un po’ di fastidio e poi veniva sempre interrotto da altro: il suo ruolo da Vigilante chiamava nei momenti più disparati; anche quando era preso ad ascoltare Diggle di ritorno da qualche ricognizione, gli occhi vagavano verso di lei, abituandosi a tanta femminilità in quella caverna, ai colori che portava ed ai movimenti impercettibili che ne rivelavano l’umore.

La fissava quelle volte in cui sistemava la coda alta, un tic probabilmente, perché quella massa di ricci biondi gli sembrava che fosse sempre tanto tirata e perfetta. Si imbambolava a guardar cadere le ciocche morbide che ogni fatidica volta scendevano prima sulla spalla destra e poi dondolavano un po’ sulla schiena di Felicity, immediatamente riprese tra le piccole e svelte mani della ragazza che le smuoveva e legava di nuovo con cura, prendendo il suo tempo per passarvi prima una mano e poi l’altra, a cono, così che i ricci tornassero al loro posto e non risultassero increspati. C’era qualcosa di ipnotico in quei movimenti e sapeva che la maggior parte delle donne probabilmente sapeva come fare una coda, ma qualcosa nell’ondeggiare di quella chioma, prima libera e poi di nuovo costretta da un laccetto nero, lo faceva partire come un treno dal quale vedeva passare fotogrammi di fantasie. Alcune decisamente caste, sì.
Spesso si fissava sulla sua voce, l’auricolare come unico amico nelle nottate di ronda, quando Diggle si prendeva la serata libera per fare qualsiasi cosa dovesse fare e lei gli teneva compagnia facendolo ridacchiare. A volte si preoccupava, quando un lungo silenzio da parte di Felicity lo indisponeva durante alcune incursioni. Non capiva come un secondo prima gli potesse dare indicazioni, lo pregasse di stare attento con tanta preoccupazione nel tono e quello dopo sentisse solo il silenzio sordo della comunicazione sul muto. Lo infastidiva non sentire il suo respiro calmo mentre cercava di liberare la mente e concentrarsi sui vari energumeni che si lanciavano su di lui come api al miele.

-Perché ogni volta che vengo coinvolto in qualche attacco, non riesco più a sentirti? C’è qualcosa che non va negli auricolari che ci hai dato?-
Il sopracciglio che era scattato verso l’alto avrebbe dovuto metterlo in allarme, lo sapeva. Era proprio così che faceva ogni volta che qualcuno toccava il suo lavoro, prima di scatenare un putiferio di urla che riuscivano a metterlo al tappeto, a tenergli testa.
-I miei auricolari sono perfettamente funzionanti, se proprio vuoi saperlo. La lega richiesta è praticamente indistruttibile e non ho preso il calco delle vostre maledettissime orecchie solo per gioco! Sono ergonomiche, non ti perforano l’orecchio quando metti il tuo preziosissimo casco ed i chip all’interno, come quelli nel mio tablet, sono collegati a dei satelliti. Satelliti, Oliver! E no, non puoi sentirmi perché non hai bisogno di me che mugolo, rompo qualcosa o singhiozzo sentendoti sbuffare di dolore quando qualcuno ti colpisce, aspettando sempre di sentire il colpo di pistola che ti porterà nella macchina di qualcun’altra!-
Una mano sulla bocca dipinta di fucsia, gli occhioni sbarrati che lo accusavano di non aver fermato il suo discorso sconnesso e via, si era dissolta in una nuvola, nascostasi nel bagno fin quando le guance non erano tornate al naturale colore. Lui, con un sorriso ebete che la rincorreva, senza lasciarle sosta bussava già alla porta per cercare di farla uscire di lì e dal suo guscio.
L’aveva beccata a mettersi il rossetto, una volta. Come certi gesti che aveva sempre visto compiere dalla madre, dalla sorella, da tutte le fidanzate (Laurel compresa) risultassero estremamente attraenti se visti mentre LEI si truccava, era un mistero. C’era qualcosa, nel tono brillante e audace dei suoi rossetti, che più di tutto il resto ne rivelava il carattere. Ne toglieva il pudore e la metteva in una posizione di rilievo rispetto a tutte le donne che le passavano accanto. Come un unico faro di colore, tutto il resto ingrigiva attorno a lei, o almeno questo era quanto succedeva ai suoi occhi e probabilmente era questo che rendeva la notte più buia, dopo che se ne andava a casa, lasciandolo ai suoi esercizi. Una sola volta era riuscito a toccare il suo colore, sempre così intento a fissarla da notare una leggerissima sbavatura all’angolo del labbro inferiore e, chi era lui per mandare in giro Felicity Perfettina Smoak in quel modo? Si era allungato sopra la scrivania, indice sotto al mento e pollice che, con una leggerissima pressione, aveva cancellato immediatamente lo sbaffo e la ragazza aveva premuto le labbra tra di loro, così che immediatamente il rossetto occupasse lo spazio di troppo che il suo polpastrello aveva cancellato. Anche nell’imbarazzo di una situazione come quella, la mente della sua tecnica non vacillava. Era dovuto volar via subito dopo, troppo confuso dalle sensazioni che non si preoccupava mai di analizzare, troppo preso com’era a fissarla.

L’aveva fissata anche durante il primo bacio, la notte in cui Tommy era morto tra le sue mani. Quel bastardo figlio di puttana aveva avuto il coraggio di salvare Laurel e non combattere per la sua vita, soccombendo al peso della verità e di un palazzo che gli era crollato addosso. Si era trascinato fino al Verdant, trovando il coraggio di digitare il codice per entrare nel seminterrato senza guardare il disastro che lo circondava. Era uscito dal suo stato catatonico solo quando aveva sentito un lamento proveniente dal fondo delle scale e una rabbia cieca s’era impossessata del suo corpo, perché se qualcuno avesse osato togliergli anche Felicity, avrebbe davvero finito i nomi sulla lista, ma tutti nello stesso giorno, dopo un’agonia che neanche immaginavano potesse esistere. Correre era fuori discussione con la sua ferita, anche se se ne accorse soltanto una volta accovacciato davanti alla ragazza in questione, sana, salva, spaventata e solo leggermente ferita. C’era qualcosa di estremamente indelicato nel modo in cui i suoi vestiti erano stati strappati durante il terremoto da agenti esterni, ma questo non le impediva di muoversi con morbidezza verso di lui, abbassando la testa mentre si aggrappava al suo collo e si lasciava tirare verso l’alto ed in piedi, inconsapevolmente macchiandosi del suo sangue sotto la manica. L’unica cosa che lo preoccupava era vederla così dimessa, lo sguardo inchiodato ai loro piedi e le spalle strette, probabilmente per trattenere il tremore del suo corpo. Fissando una piccola escoriazione sulla sua guancia, avrebbe voluto accarezzarla, ma le dita callose e sicuramente piene di polvere avrebbero solo raschiato quella pelle setosa. Quindi l’unico modo era fissarla mentre vi poggiava con più delicatezza possibile la bocca. Sentiva quel punto come ghiaccio e fuoco allo stesso tempo, lei era gelata e un velo di sudore le si era freddato sulla pelle, ma immediatamente il caldo del sangue che risaliva dal collo e viaggiava velocemente nel punto in cui la stava toccando stava rassicurando entrambi. Vide una tempia tendersi, con la coda dell’occhio, ma quel che voleva vedere di più era lo sguardo di lei, essere sicuro che andasse tutto bene e che al tempo stesso non le venisse in mente di scappare da lui, che non avesse cambiato idea su di lui dopo quella notte. Scivolò con le braccia dietro alla sua schiena e diede una vera e propria strizzata al suo corpicino, facendola sobbalzare e ritrovandosi naso contro naso per la prima volta da quando si erano conosciuti. Le labbra socchiuse furono subito prese d’assalto, i denti bianchissimi a torturarne ogni centimetro e lei era troppo vicina perché potesse mettere a fuoco tutto quello che avrebbe voluto, sul suo volto. Doveva poterla fissare per bene, prendersi il suo tempo per ogni linea d’espressione e invece non poteva perché Felicity al momento si era decisa e con un ultimo saltello aveva poggiato le labbra sulle sue, mischiando polvere, sudore, rossetto e saliva in un solo, unico e memorabile momento.
Ci sarebbero voluti mesi prima che riprovasse quella terribile ed elettrizzante sensazione, ma adesso aveva cambiato idea.

Dovrebbe davvero continuare a fissarla, Oliver. E capire l’esatto istante in cui prenderla alla sprovvista e ricambiare il primo bacio che non si era aspettato.

E finalmente il momento tanto temuto è arrivato. Ho cambiato fandom. Già. Ero in quello di Glee, prima. Diciamo che non fa più per me. E ora sono terribilmente in ansia, perché non so minimamente cosa stia scrivendo. Voi lo sapete? Magari potete darmi qualche consiglio, visto che è la prima volta che mi sposto da un fandom e mi butto così in due personaggi di cui non ho mai scritto prima. Oh boy, I'm shaking. Non lo so, io sto qua, alle 24 del 29/07/2013 e tutto questo, lo ribadisco, è scritto solo per una fantastica persona, la mia personcina, conosciuta qui e dalla quale non mi separerò poi tanto presto. Se riesce a farmi fare cavolate come questa, tutto quel che posso dirle è: SEI CONTENTA? EH? EH? xD
Tanti auguri, sisterina che non sei altro. Grazie per questi...quanti sono, 3 anni? 3 anni passati insieme, o quasi. Tutta per te, anche se ti ho fregato e pensavi che la mettessi alle 21.20, eh? Sono brava, tanto brava. E puccia, ricordatelo quando metterai mano a quel benedetto quadernino. Ti voglio bene, tesoro!
Ainwen, questa è tutta per te..ù.ù
   
 
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