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Autore: Angel_lily    29/07/2013    1 recensioni
“Ciao” mi azzardo a pronunciare restando sulla difensiva per paura di una sua reazione negativa.
“Ciao” risponde lei, tranquillamente, con una vocina limpida e squillante “Come ti chiami?” domanda con aria innocente cogliendomi alla sprovvista.
“Jared” rispondo immediatamente, senza trovare qualcosa di meglio da aggiungere.
“Mi fai provare il tuo cappello?” lo indica con una manina paffuta restando quasi del tutto immobile a mezzo metro dal mio corpo, me lo sfilo senza troppe esitazioni e glielo porgo, lei sorride soddisfatta e lo indossa senza preoccuparsi del fatto che sia troppo grande e che le cada pesantemente sugli occhi “me lo regali?”
“Solo se mi dici come ti chiami” la ricatto ottenendo un piccolo e innocuo broncio, ben presto sostituito da un’espressione assente, fissa sull’obbiettivo di tenersi il cappello.
“Ruby”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve meravigliosi lettori, eccomi tornata con un nuovo capitolo, questa volta il pov è quello di Jared ^^ forse è arrivato il momento di svelare qualche arcano XD Come avrete notato, la storia porta avanti due fili narrativi completamente diversi, uno ha per protagonista Shannon, l’altro Jared ^^ scoprirete tanti piccoli dettagli col passare del tempo e l’avanzare della narrazione ;) intanto spero con tutto il cuore che possa piacervi o almeno interessarvi un po’, grazie infinite a chiunque legga, segua, recensisca o abbia inserito la storia in preferite o ricordate. Siete tutti stupendi e come al solito amo ricordarvi che senza di voi non sarei nulla <3

Ok, stop con la mia solita parlantina e via con il capitolo!

Buona lettura :)

 

 

CAPITOLO 3: JARED

 

Non è una delle zone più belle di Venice quella in cui mi trovo: molto lontana dalla splendida spiaggia, arredata di piccole e quasi insignificanti casette dai colori sgargianti leggermente opacizzati dal tempo e delimitata da una serie di scarni canali attraversati da ponti semplici e traballanti.

Mi guardo intorno con aria attenta cercando, con occhio critico, tutti i particolari più o meno interessanti: il mio sguardo si posa su una piccola piazzetta di forma quadrata, al centro della quale campeggia la statua di due corpi intrecciati di fattura discreta, dalla quale zampillano un paio di getti d’acqua destinati a bagnare il suolo fino a metri di distanza,  all’angolo opposto rispetto a quello che mi nasconde fa capolino la facciata di quello che probabilmente un tempo deve essere stato un ristorante di un certo prestigio, figurano scritte luminose incrostate di polvere nel classico stile esagerato degli anni ottanta smorzato dall’antica eleganza dell’insegna di legno, sulla quale figura una grossa scritta nera, La Maschera, perfettamente intrecciata ad uno splendido affresco rappresentate un viso coperto a metà da una maschera appartenente, credo, alla tradizione della Venezia italiana. La osservo per qualche secondo, affascinato e rapito, da una delle finestre aperte delle case che mi circondano arriva una musica lenta e cadenzata che non riconosco, da qualche altra si aggiunge il fastidioso brontolio di una televisione accesa ad alto volume. La casa gialla accanto al locale mi offre la visione di una signora sorridente che stende il bucato su fili di ferro sospesi nel vuoto, il muro dietro cui sono discretamente nascosto sarebbe stato verde acqua se non fosse per l’enorme disegno astratto e coloratissimo che sembra esservi stato aggiunto di recente, in effetti sono pochi i muri lasciati liberi dalla presenza di murales allegri e più o meno chiari in quanto a significato.

Sono solo quattro le piccole case, oltre al locale, che per un lato affacciano sulla piazzetta interna, una di queste, e precisamente quella più discreta e anonima, colorata di un leggerissimo viola pastello, è quella in cui, in questo preciso momento, stanno entrando Ruby e sua madre.

Sua madre. Mi risulta ancora assurdo da pensare, se mi avessero chiesto di indovinare l’età della ragazza che mi è sfilata davanti solo un’oretta fa non avrei azzardato oltre i quindici, sedici anni ed in effetti non sembra dimostrarne molti di più, no, decisamente non potrebbe riuscirci nemmeno volendolo, eppure non è possibile, quanto può essere assurdo che una ragazza così giovane debba prendersi cura di una figlia quando sembra essere troppo giovane persino per badare a se stessa? Voglio solo accertarmi che non sia completamente sola in questa situazione. Ecco, una delle scusanti che preferisco, la motivazione perfetta che mi ha spinto a seguirle fin qui nonostante le due telefonate di Shannon abbiano contribuito al rischio di essere scoperto.

Certo è che non ho idea di come mandare avanti la missione dall’istante in cui saranno entrate in casa in poi, mi sembra più che assurdo azzardarmi a bussare alla loro porta, sperando che ad aprirmi sia un completo sconosciuto, e fingere una visita di cortesia, tanto più che lei mi ha apertamente consigliato di farmi gli affari miei e lasciarle in pace, cosa che probabilmente avrei fatto se lei diversamente non me l’avesse chiesto. Ahimè, sono innamorato delle mie reazioni inconsulte, inconcludenti e a tratti dichiaratamente pericolose, fanno parte della fetta del mio assurdo cervello che preferisco.

“Ecco fatto Ruby, coraggio entra” la voce della ragazza è limpida e leggera, quasi sussurrata, mi azzardo ad affacciarmi per osservare la scena, ringraziando mentalmente l’acustica amplificata della piazzetta e pregando che il nascondiglio improvvisato sia abbastanza sicuro.

“Mamma sono stata cattiva? Sei arrabbiata con me?” gli occhioni blu della bambina si riempiono di lacrimoni trattenuti mentre guarda sua madre dal basso stringendo spasmodicamente la stoffa leggera del vestito bianco che ha indossato per coprire il costume pochi istanti prima di avviarsi verso casa.

“Oh tesoro” la osservo accovacciarsi di fronte a sua figlia e ricambiare lo sguardo “non sono arrabbiata sono ancora spaventata, ti ho detto milioni di volte di non allontanarti da me e non posso credere che tu l’abbia fatto lo stesso” Ruby tira su col naso e le lacrime cominciano a bagnarle il piccolo viso leggermente arrossato dal sole “ho avuto paura di averti perso” la ragazza sospira e asciuga dolcemente le guance della bambina sorridendole allo stesso modo, osservo quell’espressione nutrendomi della calma che infonde, per un attimo mi sento un bambino di quattro anni, turbato dalla freddezza di sua madre, che non aspetta altro che un suo cenno per capire che le cose sono apposto come sempre e che niente è cambiato.

“Che cosa sei tu per me?” riprende la giovane con estrema calma e dolcezza.

“I-il… tuo… cu-cuore” pronuncia Ruby dopo un po’, tra i singhiozzi.

“Esatto, il mio cuore. E posso vivere senza il mio cuore?” la bambina scuote la testa e sembra calmarsi, porta una piccola manina ad asciugarsi gli occhi, la madre continua ad osservarla con preoccupata cura “Non posso perderti Ruby, hai capito?”

“Perché io sono qui” aggiunge la piccola, portando la stessa mano sul cuore della giovane donna dai capelli rossi, che improvvisamente comincia a sembrarmi molto più matura di quanto avessi ipotizzato.

“Sì, sei qui. Avanti abbracciami” è quello che succede ed io sono costretto dai miei stessi sentimenti a distogliere lo sguardo.

“Mi dispiace mamma, non lo faccio più te lo prometto”

“Lo so, lo so amore mio. Ora però credo sia arrivato il momento di dar da mangiare a Gioia, non credi?”

Aaah!! Sì! Lo faccio da sola!” una risata discreta e cristallina conclude il piccolo siparietto fin troppo commovente per il mio povero apparato lacrimale. Mi passo entrambe le mani sul viso, nascondendomi in un profondo e intimo buio rossastro.

Che diavolo ci faccio qui? Di che mi sono preoccupato fino ad ora? Credo che ognuno abbia il sacrosanto diritto di vivere la propria vita senza indesiderate invadenze altrui. Sono stato superficiale, superficiale e patetico, non ho alcun diritto di conoscere i dettagli di questa storia, né doveri morali nei confronti di nessuno, nemmeno me stesso! Tornatene a casa Jared, c’è un mucchio di lavoro che ti aspetta.

“D’accordo, adesso mi dici chi diavolo sei e che diavolo ci fai qui!!!” l’intimazione è seguita da un dolore allucinante sulla coscia sinistra. Spalanco gli occhi.

Aho!!” impreco “Ma che cazzo ti prende??” di fronte a me, occhi furenti che mandano lampi, c’è la ragazza che ho osservato fino ad ora, il suo corpo esile sembra particolarmente pericoloso mentre stringe tra le mani una mazza rotta da golf con tutto l’intento di volerla usare di nuovo.

“Ah! Risposta sbagliata!!” come non detto affonda di nuovo, stavolta sul braccio destro.

“Porca puttana! Io con le braccia ci lavoro!!”

“E io te le spezzo entrambe se non mi dici cosa vuoi da me e mia figlia!!”

“Sta calma, d’accordo?? Calmati!”

“Credevi non mi fossi accorta che ci stavi seguendo?? Razza di pervertito!!” e vai con un altro colpo alla base della schiena.

“Oh porc…! Dolcezza, metti immediatamente via quell’affare se non vuoi beccarti una bella denuncia!” provo con la minaccia ma a quanto pare non è molto efficace.

“Sarebbe la mia parola contro la tua, dolcezza” mi lascio sfuggire una breve risata amara.

“Va bene, d’accordo, questa situazione non è per niente divertente” mi passo una mano tra i capelli sospirando.

“E potrebbe diventarlo ancora meno!” fa per colpire di nuovo.

“NON LO SO! Va bene??? Non lo so! Non lo so perché vi ho seguite!”

“Perché sei un pervertito malato!!” ma intanto sono riuscito a farla desistere dall’intento di sferrare un altro colpo.

“Pervertito malato??” questo non me l’avevano ancora detto… va bene… forse solo in determinate occasioni “Avevi perso tua figlia nel bel mezzo di una spiaggia affollatissima! È venuta da me, me ne sono preso cura mentre mi domandavo come diavolo avrei fatto a trovarti per restituirtela, poi tu appari e…” non riesco proprio a frenarmi “… sembri essere una ragazzina incapace persino di badare a se stessa! Che t’aspetti?? Che me ne ritorni alla mia vita senza indagare??” bene, forse ho un po’ esagerato.

“Cosa??? Mi stai minacciando per caso?? Stai insinuando che io non sia in grado di crescere mia figlia?? Che cosa ne sai tu di me??” mi sa che l’ho fatta arrabbiare di nuovo.

“Niente! Cioè… io…”

“Perché” altro colpo “non” un bel calcio “sparisci??”

“MAMMA!!” sobbalziamo entrambi mentre Ruby corre verso di noi “che stai facendo a Jared??”

“Ruby, torna dentro”

“Ecco, Ruby, puoi dire a tua madre di smetterla di picchiarmi??” sottolineo le ultime parole fissando gli occhi scuri della ragazza furibonda a pochi centimetri da me.

“Mamma smettila di picchiarlo”

“Co-come?” lei spalanca lo sguardo verso sua figlia “ma tu da che parte stai?”

“Dalla parte di Gioia!” esclama la bimba saltellando per tornare in casa, non appena sparisce mi becco un altro bel colpo.

“Ma chi diavolo è Gioia??”

“Il suo pesce rosso!”

“Va bene, basta così!” afferro il suo braccio destro, quello che mantiene l’arma, ed esercito una piccola forza che non mi costa nessuna fatica ma mi permette di strappargliela dalle mani e gettarla via lontano da noi “puoi calmarti adesso?” il suo sguardo è furente mentre mi osserva dal basso, costretta all’impotenza dalla mia presa salda e forse un po’ troppo forte sul suo polso sottile, ha tutta l’aria di volermi prendere a schiaffi o a calci o forse a morsi, per un attimo ho intenzione di chiederglielo ma non rischio di darle delle belle idee per battermi.

“Solo se sparisci!”

“Solo se mi dici almeno come ti chiami!”

“Cosa??” cerca di divincolarsi fallendo miseramente “pensi di star parlando ancora con mia figlia??”

“Che cos’hai contro una risposta coerente??” deve essere un difetto di famiglia! Prova a sfuggirmi di nuovo e questa volta non ci riesce per molto poco, è piccola ma decisamente fastidiosa.

“Perché diavolo dovrei dirti come mi chiamo??”

“ANGELA! VA TUTTO BENE??”

Per un attimo cala un silenzio assoluto, lei si morde insistentemente un labbro mentre io la guardo perplesso senza capire.

“ANGELA??” alla fine sospira e si volta appena, la imito seguendo il suo sguardo, affacciata da una delle finestre della casa gialla c’è la stessa signora che poco fa stendeva i panni, adesso mi rendo conto che è abbastanza anziana e che il suo accento ha qualcosa di estremamente particolare.

“SI’ NONNA B! TRANQUILLA!”

“SICURA?? QUEL GIOVANOTTO TI STA FACENDO MALE?”

“NO! STO FACENDO MALE IO A LUI!”

“BRAVA BAMBINA!” sorrido trionfante.

“Angela, eh? Bel nome” sussurro guadagnandomi una sua occhiataccia.

“Toglimi le mani di dosso!”

“NONNA B!” Ruby fa la sua ricomparsa mentre io lascio andare Angela con riluttanza permettendole di massaggiarsi il polso dolorante “JARED OGGI MI HA SALVATA!”

“SALVATA?? DA COSA?”

“MI ERO PERSA E LUI MI HA RIPORTATO DA MAMMA!”

“E’ più corretto dire che ti ho trovata” borbotta Angela contrariata.

“Dubito se non l’avessi trovata io per primo” mi guadagno un’altra occhiataccia.

“OH PASTICCINO! HAI FATTO PREOCCUPARE LA MAMMA?”

“SI’” Ruby esita per qualche secondo, forse distratta dai ricordi “MA LE HO PROMESSO CHE NON LO FACCIO PIU’!”

“BRAVA TESORO…”

Il discorso continua tra battute più o meno normali, quelle che potrebbero intercorrere tra una donna anziana ed una bambina di cinque anni, ed io mi ritrovo ad osservare la ragazza che ho accanto con più attenzione. Angela ha la pelle chiara come quella di sua figlia, leggermente imperlata da uno strato sottile di sudore, i capelli, naturalmente rossi, sono tirati su da un fermaglio troppo piccolo per contenerli tutti, ecco perché alcune ciocche ricce e ribelli le cadono sulle piccole spalle; non è molto alta, cammina a piedi scalzi e non sembra preoccuparsi di apparire al massimo delle proprie possibilità, cosa che fanno quasi tutte le donne, lo dimostra la completa mancanza di trucco sul suo viso pulito e all’apparenza molto più giovane di quanto debba essere in realtà. In sostanza è il ritratto di sua figlia, tranne che per gli occhi, i suoi non hanno niente a che fare con il blu ghiaccio di quelli di Ruby.

“Angela…” lei si volta verso di me, in realtà non so nemmeno cosa dirle, volevo solo che mi guardasse, per un istante, senza l’aria di volermi ammazzare.

“Jared mangia con noi, vero mamma?”

“Cosa?” sbotto voltandomi verso la bambina “Oh no, io…”

“Sì, sì e sì!”

“Ruby non puoi costringere le persone a restare se non vogliono”

“Ma Jared…” Ruby si volta verso di me fissandomi con sguardo triste, di nuovo in procinto di mettersi a piangere, sembra quasi che riesca a vedere i miei occhi oltre la patina scusa delle lenti da sole.

“Angela…” cerco lei perché mi dia una mano, la vedo sospirare e voltarsi verso di me con aria esasperata e poco convinta.

“Ora resti, perché mia figlia mi tormenterebbe per il prossimo mese se non lo facessi, ma sappi che la cosa non mi fa impazzire di gioia” fa un passo verso casa ma poi ci ripensa “NONNA B! DIMMI CHE CHEF HA PREPARATO QUALCOSA DI BUONO OGGI!”

“BAMBINA MIA, VAI ALLA BARACCA, SONO SICURA CHE E’ ANCORA ALLE PRESE CON I SUOI AMATI FORNELLI”

“GRAZIE NONNA B! E così potrai farmi tutte le domande che vuoi mentre mangiamo qualcosa di decente” mi rivolge un sorrisino di scherno.

“Angela! C’è il tuo compagno in casa, potrei, insomma, dargli fastidio” mi sento quasi uno stupido ma non ho intenzione di misurarmi con chiunque le stia accanto nella vita, non so nemmeno il perché. Lei si volta ad osservarmi con aria assente e sulla difensiva.

“Non c’è nessun compagno Jared ma ti assicuro che potresti dar fastidio a me comportandoti come hai fatto fino ad ora. Cerca di allenare il gentleman che è in te, ok?” sorride, quasi in modo spontaneo, e si allontana definitivamente.

Resto qualche secondo a guardarla non riuscendo ad evitare che Ruby mi prenda per mano attirando la mia attenzione “Vieni con me, ti presento Gioia”

Già, non so perché ma spero che Gioia non sia un pesce rosso con le pinne blu.

***

La baracca si è rivelata essere La Maschera, o almeno è dove Angela è sparita con Ruby per qualche minuto lasciandomi sulla soglia della porta, per poi riapparire con una serie di contenitori ricchi di pietanze fresche.

“Vieni Jared, non stare lì” seguo l’ordine della ragazza ed entro in casa subito dopo di lei ritrovandomi in un ambiente che non mi sarei aspettato. Rispetto all’anonimità dell’esterno, l’interno è tutto un programma: le pareti di quella che credo sia la cucina, ma che in realtà funge anche da sala e da ingresso, sono dipinte di un verde brillante a tratti sporcato da colori diversi, cosa che presumo essere opera di Ruby, al lato sinistro della porta si apre il primo spazio della sala, un piccolo divanetto rivestito di rose di stoffa colorate e morbide è rivolto verso una televisione non troppo grande, un’enorme scrivania di fattura antica, imbrattata di fogli, penne e persino calamai, oltre che un computer e il fantomatico acquario col pesce rosso, si trova subito sotto la finestra che affaccia sulla piazzetta; di fronte alla porta c’è lo spazio adibito a cucina dove è presente anche un piccolo tavolo, in effetti sembra troppo piccolo per far accomodare più di due persone ma evito di farlo notare a qualcuno, il resto sono solo un paio di porte che probabilmente conducono ad altre due stanze al massimo.

L’ambiente è piccolo, molto più di quanto sia abituato ormai, devo ripescare spiacevoli ricordi d’infanzia per convincermi del fatto che ci si possa arrangiare anche in questo modo.

“Jared, ti presento Gioia!” seguo Ruby togliendomi gli occhiali e osservando il pesciolino rosso.

“Ciao Gioia” mi ero sbagliato anche su di lui, Gioia non ha le pinne blu ma in compenso ha la coda e il musetto bianco perla, una bella anormalità per quello che dovrebbe essere un normalissimo pesce rosso “è bellissimo” mi sento in dovere di condividere i miei pensieri con la bambina ma lei scuote la testa contrariata.

“E’ una femmina, non te ne accorgi?”

“Oh” attimo di panico “certo, adesso che me l’hai detto si vede benissimo che è una femmina” salvato in calcio d’angolo, Ruby sorride “Perché l’hai chiamata gioia?”

“Perché era molto felice quando nonno chef gliel’ha regalata, vero Ruby?” interviene Angela alle nostre spalle “venite a tavola coraggio, è tutto pronto qui” mi volto lentamente e deglutisco.

“Angela, forse dovresti sapere che sono vegano” lei mi da le spalle, indaffarata a sistemare la piccola cucina.

“Oh non c’è problema, ho preso molte verdure…”

“Le verdure fanno bene” interviene Ruby prendendo posto sulla sedia a capo tavola.

“…serviti pure con quello che vuoi, non farti problemi”

“Grazie” rispondo cordialmente, metto via gli occhiali da sole e a grandi passi raggiungo il mio posto a tavola, quello di fronte alla sedia vuota di Angela e accanto a Ruby che mi sorride masticando un grosso boccone di una polpettina di riso. Do una veloce occhiata alle belle pietanze messe a mia disposizione e opto per una fresca insalata che ha tutta l’aria di essere particolarmente squisita.

Angela conclude il suo lavoro e si siede a tavola sospirando di sollievo.

“Mangia mamma!” Ruby le mette davanti un piatto di pasta e lei le sorride.

“Allora, Jared” solo ora alza gli occhi verso di me e non posso dirmi del tutto sorpreso quando la forchetta le scivola dalle mani, cadendo nel piatto accompagnata da un tintinnio sinistro “Jared??” si rimette in piedi con una mano sul cuore e l’altra tra i capelli “Tu sei Jared Leto?” sembra troppo sconvolta per urlare.

Quanto potere in un paio di occhiali da sole.

“Stai bene?” domando, preoccupato dal colorito smorto del suo viso.

“Mamma che succede?”

“Calmati Angela, posso essere un Jared qualsiasi stasera, non c’è problema” faccio per alzarmi a mia volta ma lei tende un braccio per bloccarmi.

“Se me l’avessi detto io… io non ti avrei preso a bastonate”

“Caspita” fischio “essere Jared Leto implica una sorta di immunità? Dovrò ricordarmelo la prossima volta”

“Uffa, non ci sto capendo nulla!” sbotta Ruby, spostando lo sguardo dubbioso da me a sua madre.

“Niente piccola, non sta succedendo nulla, ora la mamma si siede e mangia qualcosa con noi, non è vero Angela?” sottolineo le ultime parole costringendola ad annuire e a rimettersi a sedere.

“Credo che tu sia l’unica bambina al mondo capace di farti salvare dall’unica star di Hollywood presente a Venice beach, Ruby” sussurra la ragazza con voce tremante, la bambina sorride orgogliosa.

“E’ una bella cosa?”

“Ehm… forse”

“Mamma sei strana” Angela fa una smorfia e alza di nuovo lo sguardo terrorizzato verso di me.

“Non dovresti essere, che so, in giro per il mondo con la tua band o a girare qualche film?”

“Bè, a dire il vero per me è una bella novità ritrovarmi in un appartamentino alla periferia di Venice” sorrido sperando di rompere questo assurdo ghiaccio ma ottengo solo di farla incupire.

“Non è necessario che tu rimanga, anzi, sai che ti dico? E’ molto stupido che tu rimanga, dovresti tornare nella tua mega villa Hollywoodiana!”

“Hai una mega villa?” domanda distrattamente Ruby, pasticciando con quello che era il suo cibo.

“Oh avanti Angela! Non sei così scontata, o almeno non lo sembri” ammicco verso di lei costringendola ad assumere un atteggiamento difensivo.

“Che intendi?”

“Una ragazza che vive da sola a LA, con una bambina così piccola da crescere, non può lasciarsi intimidire da me” colpita e affondata, Angela trattiene il respiro e poi si rilassa riuscendo a portare persino un boccone di pasta alle labbra; molto bene, comincio a capire su che punto del suo stranissimo orgoglio premere quando voglio ottenere qualcosa, strano che mi ci siano volute solo un paio d’ore, ancor più strano che trovi affascinante il suo tentativo di tornare ad essere calma e disinteressata come poco prima di scoprire che sono Jared Leto.

“D’accordo, è arrivato il momento delle domande?” sbotta spezzando definitivamente il pesante silenzio rotto solo da Ruby, intenda a canticchiare.  

“Mi inviti a nozze” sorrido.

“E’ un gioco?” interviene la bambina battendo le piccole manine, annuisco nella sua direzione guadagnandomi una splendida espressione divertita.

“Quanti anni hai?” comincio senza ritegno, lei scuote la testa.

“Cominci male, non si chiede mai l’età ad una donna! E non ti azzardare a replicare che non sono una donna!”

“Mamma!” Ruby scoppia a ridere “tu sei una donna!”

“Sì, credo proprio che tua figlia abbia ragione. D’accordo, prendere o lasciare” le lancio un’occhiata di sfida e lei sospira arrendendosi.

“Ho la bellezza di ventidue anni portati una meraviglia non credi?”

Ventidue anni, non riesco a decidere che effetto faccia questa notizia sulle mie aspettative, troppo giovane per fare la mamma a tempo pieno, ma meno di quanto avessi immaginato.

“Te ne avrei dati quindici in spiaggia” confesso facendola sorridere.

“Già e sei stato davvero molto carino a farmi quella bella ramanzina”

“Credevo che Ruby fosse tua sorella!” indico teatralmente la bambina che scoppia a ridere ancora “vi somigliate incredibilmente”

“Forse perché è mia figlia?”

“Forse, te lo concedo” rifletto sulla prossima domanda “Sei nata a LA?”

“No, in effetti non sono nata nemmeno negli Stati Uniti”

“Canada?”

“Italia”

“Cosa??” spalanco gli occhi “sei italiana???”

“Sì, Angela è un nome italiano non te ne sei reso conto? Ruby è solo un piccolo soprannome, sai, per via dei capelli, lei si chiama Roberta”

Roberta…

“E Che diavolo ci fate qui in California, dall’altra parte del mondo?”

“Ricominciamo da capo” una velata tristezza cala sul suo sguardo, rivolge alla bambina un’occhiata di dolce premura, ricambiata da un sorrisetto furbo ed uno sguardo stanco. Non ho il tempo di fare supposizioni sull’enigmatica risposta.

“Ora tocca a mamma fare una domanda a te” Angela raccoglie la sfida sebbene riluttante.

Mmm va bene, d’accordo. Che ci facevi a Venice Beach oggi?”

“Questa è facile. Scrivevo” gli occhi le si illuminano di una luce dorata subito rimpiazzata dalla preoccupazione non appena si accorge che Ruby sta sbadigliando.

“Sei stanca amore?” Ruby annuisce “andiamo a fare una doccetta prima di andare a letto, ok?” si alza prendendo in braccio la piccola che accomoda la testa nell’incavo tra la spalla e il collo di sua madre “Oggi si è sfrenata tantissimo al mare, non è abituata” spiega Angela, annuisco, completamente rapito dal suo modo di tenere la bambina tra le braccia e riuscire contemporaneamente a recuperare tutto quello che le serve “Ehm… senti Jared, puoi anche andare se vuoi, o restare e finire la tua insalata, non ci metto troppo”

“Jared, devi restare altrimenti Gioia piange… ha detto che le piaci…” Ruby continua a farfugliare frasi senza senso compiuto mentre i piccoli occhietti cominciano già a chiudersi “… prometti… dobbiamo andare a fare un giro…”

Shh… non addormentarti cuoricino, dobbiamo prima mettere il pigiama…” scompaiono entrambe dietro una delle due porte chiuse.

Sospiro e mi guardo intorno, il piccolo tavolo è imbrattato di cibi che non sono stati toccati, la mia insalata è quasi completamente intatta, così come il piatto di pasta di Angela, mi rimetto in piedi domandandomi cosa fare. Potrei, non so, aiutarla a rimettere a posto o forse semplicemente andarmene e dimenticare questa assurda giornata.

Ma non riesco a togliermi dalla mente quelle parole: ricominciamo da capo.

Perché? Non ha una famiglia? Dove è finito lo stronzo che l’ha messa incinta e l’ha lasciata sola? Qual è la sua storia…

Non so niente di loro due… vorrei che queste mura potessero parlare e raccontarmi tutto quello che desidero sapere… probabilmente non basterebbe una giornata intera per saziare la mia solita e inopportuna curiosità.

C’è un brillio che attira la mia attenzione sulla grande scrivania sotto la finestra, la luce aranciata del sole riflette su una spilla a forma di chiave adagiata su alcuni fogli scarabocchiati in una grafia elegante, la osservo solo per qualche secondo, abbastanza da notarne i particolari intrecciati ed eleganti, poi i miei occhi si posano sulle parole scritte a mano ed è troppo tardi quando mi impongo di non leggere.

 

Come il sole al tramonto, in procinto di abbandonare il cielo,

Splendente e doloroso, immenso dono, debole abbastanza da poter essere osservato.

Bagna di sangue milioni di volti sconosciuti, tutti uguali a se stessi.

Mi sforzo di riuscirci, punto gli occhi nell’infinito, non voglio perdermi un secondo.

Ma fa male il fallimento, calde lacrime amare che mi costringono ad ammettere una dolorosa sconfitta.

Ho distolto lo sguardo per un soffio di vento

E tu non ci sei più

 

“Le ci vogliono sempre un paio di minuti per addormentarsi quando è così stanca” sobbalzo voltandomi di scatto verso la fonte della voce, Angela si chiude la porta alle spalle e mi sorride, leggermente imbarazzata. Scuoto la testa e le sorriso a mia volta, allontanandomi immediatamente dalla scrivania, pregando che quelle parole mi escano dalla mente prima di iniziare a tormentarmi.

“Presumo sia normale per una bambina così piccola, no?” lei annuisce.

“Sì, a volte dimentico che ha solo quattro anni, Ruby è speciale per tanti versi” alza gli occhi scuri e stanchi verso di me “Oddio, forse sono un po’ di parte”

“No” scuoto la testa avvicinandomi di qualche passo “Ruby è speciale” lei sorride ancora, per la prima vota mi accorgo che il suo sguardo si accende di una triste dolcezza tutte le volte che lo fa.

“Jared, devo ringraziarti…”

“Non è necessario” cerco di fermarla ma lei non me lo permette.

“… lo è invece. Oggi mi hai salvato la vita trovando Ruby, non so cosa avrei fatto se fosse scomparsa”

“Non ho fatto niente”

“Ti sei preso cura di lei, anche se per poco, è abbastanza” si morde un labbro “continuava a ripetermi di dirti di non andartene” ride, deliziosamente, contagiandomi.

“Le ho promesso di portarla a fare un giro” la informo, guadagnandomi un’occhiata di tollerante arresa.

“Davvero, grazie, e scusami per averti preso a bastonate, mi rendo conto di non essere stata molto carina”

“Bè, una cosa è certa, sei capacissima di badate a te stessa” scoppiamo entrambi a ridere ma ci vuole poco prima che ricada il silenzio.

“Forse è meglio che tu vada ora” suggerisce scatenando la mia assurda reazione di rifiuto.

“Angela…” cosa? Perché dovrei restare? “… potrei tornare…” lei spalanca gli occhi, l’espressione che nasconde un enorme punto di domanda “… per quel giro” si rilassa appena.

“Non c’è bisogno che ti disturbi, è solo una bambina, in qualche modo lo dimenticherà”

“Non è un disturbo per me” no, è solo assurdo che mi stia davvero lasciando coinvolgere. Angela sospira.

“Dimmi che non ti ispiro tenerezza e che non lo fai solo perché ti sembro una ragazzina spaesata con una figlia a carico” faccio per risponderle ma so che sarebbe una bugia “non ne ho bisogno Jared! Sono quattro anni che ce la caviamo benissimo da sole!”

“Ehi! Non sono mica arrivato a salvarvi! Mantengo solo una promesso e poi, se vorrai, sparirò e sarà come se non mi avessi mai conosciuto. Abbassa le difese, non hai mai conosciuto nessuno che fosse disinteressato?” Angela sobbalza come se l’avessi colpita fisicamente.

“Io…”

“Passo domani mattina?” scuote la testa.

“Lavoro fino alle due”

“Le due allora” sospiro e raggiungo la porta con l’intento di andarmene.

“Jared” mi richiama Angela costringendomi a voltarmi verso di lei ancora una volta “non lo dirò a Ruby, nel caso in cui una volta fuori di qui tu ti renda conto che hai cose più importanti da fare” non so perché il suo cinismo mi ferisca in modo così sottile e penetrante.

Non le rispondo, capisco solo che nel caso in cui dovessi scoprire che il suo cuore è freddo quasi quanto il mio, sarò costretto a trovare il modo di farle capire che le delusioni, per quanto grandi, non possono spegnerti dopo solo poco più di venti anni di vita.

Ok, Jared, in che guaio ti stai cacciando?

 

   
 
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