Fanfic su attori > Josh Hutcherson
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Autore: Nani9610    30/07/2013    0 recensioni
Non potrebbe esserci circostanza più buffa per iniziare a raccontare questa sottospecie di fiaba. Lei, la principessina e lui, beh tutto ciò che non è adatto a lei. Eppure, se un fatidico giorno si incontrassero per puro caso mentre fanno al stessa identica cosa? E se per qualche strano motivo, quel incontro dovesse intralciare e cambiare permanentemente il loro futuro? Questa sarebbe la perfetta premessa per una fiaba metropolitana che ha come sfondo Londra, la città delle prime volte, delle seconde occasioni, dei sogni realizzati e di tutto ciò che si possa mai immaginare o volere.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sam: Sono le 2 di notte, è da 5 ore che parliamo.
Austin: stavolta abbiamo battuto il record.
Sam: Ora andiamo a letto, sogni d'oro
Austin: Aspetta! 
Non posso dormire se non so che ci vedremo, metà della notte mi perdo in sospiri, e languo in un vigile assopimento... 
La mano, le labbra, gli occhi per l'incontro di domani.
Sam: Alfred Ellison. Notevole.
Austin: Vediamoci al ballo di Halloweene, ti aspetto alle 23:00 in punto, al centro della pista da ballo. Sogni d'oro!

Cinderella Story

 





Passarono diversi giorni prima che Devon tornasse a Notthing Hill da Louis e George, così quel venerdì mattina si alzò, indossò dei vestiti a caso e uscì con un’unica meta. Ogni tanto lungo la strada si sistemava lo zainetto di cuoio che le scivolava dalla spalla per quanto correva. Voleva arrivare li prima dell’apertura per poterci passare tutta la giornata. Sarebbe rimasta nel suo angolino con una vagonata di libri, magari avrebbe anche aiutato quei due pazzoidi a riordinare un po’, le piaceva farlo. Sembrava quasi che il tempo si fermasse quando era li con loro. Percorsa tutta la strada, girò nel vicolo con la porticina blu fino ad arrivare all’ingresso del piccolo negozio. Aspettò relativamente poco prima di vedere Louis con uno dei suoi soliti cardigan stravaganti e gli occhialetti a mezza luna sistemati sul naso.

L: Devon! Ma che ci fai qui?
D: sono tornata a casa no?

L’uomo rise. Amava quella ragazza come fosse figlia sua. L’aveva conosciuta 6 anni prima, quando entrò con il fiatone e si alzò sulle punte per arrivare al pari del bancone chiedendo l’ultimo volume di Harry Potter. Ricordava quel giorno come fosse ieri. I due si accomodarono all’interno del piccolo ufficio nascosto dietro al bancone. Li Louis e George avevano montato una specie di cucinino fornito di tè, biscotti, caffè e tutto quello che poteva rendere migliore la lettura.

L: quanto zucchero?
D: niente grazie.

L’uomo le passò un’immensa tazza di caffè nero fumante che Devon assaporò immediatamente.

L: allora piccola. Come mai sei a Londra?
D: mi sposo.

Così di punto in bianco sputò fuori la notizia facendo strozzare Louis con il suo tè verde.

L: con-congratulazioni.
D: già. Congratulazioni.

Sospirò pesantemente come se potesse soffiare fuori tutte le preoccupazioni, le emozioni e tornare una normale ragazza di 19 anni. Portò le ginocchia al petto per poi appoggiarvi sopra una guancia, quel giorno priva di trucco, come tutto il viso del resto.

L: Devon. Tu vuoi questo matrimonio?
D: secondo te volerlo o no fa qualche differenza?
L: Devon. Sei una ragazza intelligente! Pensa e decidi con la tua testa.
D: è inutile sforzarsi di pensare con la propria testa quando qualcuno la possiede anche per te. No?

Il vecchio si alzò lentamente dalla sua poltrona logora e si chinò con fatica al livello di Devon per guardarla meglio in quegli occhi grigi e ormai pieni di lacrime. Come poteva una bambina, perché effettivamente era una bambina intrappolata in un corpo da adulta, essere costretta a un matrimonio come quello? Il medioevo era finito da un pezzo, ma a quanto pareva la mentalità restava la stessa. Louis le passò i pollici freddi sulle guancie e fece comparire un sorriso dolce da sotto i folti baffi bianchi.

L: sposati per amore Devon, fallo perché ami qualcuno, fallo solo perché lo vuoi non perché devi. Mi capisci?
D: esiste?
L: che cosa?
D: il vero amore. Esiste il vero amore?
L: Il veroamore è come i fantasmi; tutti ne parlano, ma sono pochi quelli che lo hanno visto davvero.
D: La Rouchefoucauld.

Devon incurvò le labbra in un timido sorriso. Amava quando qualcuno le rispondeva con delle citazioni, perché la maggior parte delle volte erano risposte molto più esaurienti di qualsiasi altre. Continuò a fissare Louis nei languidi e stanchi occhi nocciola con delle sfumature verdi che ricordavano quelli di… di Josh. Adesso che ci pensava aveva degli occhi davvero belli, poi quel giorno quando l’ha tirata a se li ha visti perfettamente, erano identici a quelli di Louis. La testa affollata da ogni pensiero fu liberata in un attimo da una sola e semplice domanda.

L: tesoro, per te che cos’è l’amore?

“ l’amore è una cosa che ti fa del male, che ti distrugge lentamente da dentro, pezzetto per pezzetto. Ti fa sentire stupido, inutile, ti fa perdere te stesso dentro qualcun altro, anche se spesso questo non merita che noi lo facciamo. L’amore è quando sei arrabbiato, deluso, ferito, ma non alzi la voce davanti alla persona che ti ha fatto sentire così solo per non farla piangere o far star male. L’amore è quella cosa, sempre se la posso definire cosa, che come una medicina, ci fa guarire e sorridere quando stiamo male. L’amore è quella cosa che di solito si sente prima che arrivi la rabbia, l’odio e la cattiveria. Ecco cos’è” questo era quello che Devon aveva in testa, che sentiva essere la risposta giusta. Sentiva che quelle erano le parole giuste da dire, ma nemmeno lei riuscì a spiegarsi il perché le venne fuori tutt’altro.

D: un ciao.
L: un ciao? Spiegami.
D: è un CIAO della persona che ami che quando lo senti ti sembra di non aver sentito niente di più bello.

Louis sorrise di nuovo. Quello era il concetto dell’amore, il vero concetto. Devon non meritava di sprecare tutta se stessa per una qualcuno che non la meritava. Lei meritava di più, molto di più, non un qualsiasi baronetto pallone gonfiato. Aveva bisogno di qualcuno che le tenesse testa. Qualcuno di speciale quanto lei.
 


E se adesso quella persona speciale fosse intrecciata tra le lenzuola blu del suo letto? Magari con i capelli arricciati, un rivolo di bava e la faccia schiacciata contro il materasso? E se fosse proprio quella la persona così speciale da tenerle testa e meritare il suo amore?


*

Le finestre erano oscurate, il piede destro a penzoloni fuori da letto, il sinistro intrecciato tra le lenzuola che profumavano di fresco e il viso sprofondato nella morbidezza del cuscino. Josh dormiva sempre così, dormiva veramente alla stragrande, magari prima che il suo IPhone illuminasse la stanza e la riempisse con una musichetta stridula. Saltò letteralmente in aria sputando una piuma probabilmente fuoriuscita dalla federa e rispose portando la testa sotto il cuscino insieme al telefono.

J: pronto?
A: ehy Joshy!
J: ti sembra l’ora per chiamare questa?
A: sono le 9.
J: ti correggo sono solo le 9.
A: si, si come vuoi Joshy. Comunque che aspetti a venirmi ad aprire?
J:  puoi ripetere?
A: aprimi. Ora.
J: io torno a dormire.

Chiuse la chiamata e spense il telefono con l’intenzione di riaddormentarsi tranquillamente cosa che non poté fare. Il suono metallico risuonò in tutto l’appartamento costringendolo ad alzarsi e a trascinarsi fino alla porta. Quando la aprì si ritrovò davanti un gigante biondo platinato con degli occhiali a specchio.

J: che vuoi?
A: ti rendi conto che sono qui?
J: tra poco so anche uscirà fuori il drago della storia infinita.
A: vai a vestirti io preparo un caffè.

Josh tornò in camera sua, infilò una maglia bianca e dei pantaloncini da basket e se ne tornò da Alex che stava trafficando con la moca.

J: che ci fai qui?
A: vacanze. C’è anche Jen e Liam arriverà domani.
J: mi hai pedinato?
A: ho ristretto il campo rintracciando il segnale GPS del tuo cellulare e triangolando latitudine e longitudine ti ho trovato. Ovviamente ho assunto un investigatore.

L’attore guardò l’amico con uno sguardo misto allo scioccato e allo stordito. Quelle erano sicuramente troppe informazioni da assimilare da appena svegli. Rimase a fissarlo con la bocca spalancata e la testa sorretta dalla mano sinistra.

A: sto scherzando. Ho solo chiesto a Connor. Non ti facevi sentire da quasi due settimane e mi sono preoccupato, poi ci hanno invitato qui e ho detto “ perché non andiamo a trovare Joshy?”
J: smettila di chiamarmi così e passami il caffè.

Il biondo gli allungò una tazza piena del liquido nero e bollente che dopo appena un sorso fece svegliare Josh.

J: hai detto che vi hanno invitato. Che intendi?
A: CI hanno invitato. Ci sarà una festa in maschera domani sera al Cafè royal hotel. Vieni vero?
J: non lo so.
A: andiamo! Ci divertiremo!
J: devo anche trovare un costume con così poco preavviso.
A: a quello ci ho pensato io.

Corse verso la sua enorme valigia ( decisamente troppo grande per essere quella di un ragazzo) e iniziò a frugare tra tutti i suoi vestiti lanciando un paio di pantaloni di pelle, degli anfibi e una giacca ( di pelle anche questa) addosso a Josh.

J: dove li hai presi?
A: li ho presi in prestito dal vecchio reparto costumi.
J: ti vestirai anche tu da tributo?
A: fossi matto. Sembro un pappagallo impagliato, poi con quell’elmo. No, ho un costume da persona seria IO.
J: e quale sarebbe?
A: mi vestirò da 007.
J: perché tu indosserai un fottutissimo smoking e io un completino in pelle che mi sta appiccicato addosso?
A: perché tu hai bisogno di attirare l’attenzione, io no.
J: che vorresti dire?!
A: quante ragazze hai avuto in questi giorni?
J: non sono cose che ti riguardano.
A: vuoi dirmi che non sei stato con nessuna?! Dio Josh! Tu stai male! Sei a Londra, le ragazze sono ovunque e tu sei qui da due settimane senza aver fatto niente?

In effetti non aveva proprio fatto niente, insomma dare la caccia a Devon era abbastanza interessante e gli occupava intere giornate, anche se il più delle volte passava ore al parco senza concludere niente.

J: già.
A: ok. lei chi è?
J: come?
A: la ragazza. Chi è?
J: cosa ti fa pensare che ci sia una ragazza?
A: dammi un motivo per non pensarlo.

Era estremamente subdolo e furbo, doveva riconoscerlo. Interpretare Cato l’aveva svegliato un po’, o forse ha sempre fatto il finto stupido.

J: si chiama Devon.
A: lo sapevo! Dai com’è? Com’è?
J: acida, frigida, aggressiva,…
A: insomma il tuo tipo. Dove l’hai incontrata?
J: più che altro scontrati. L’ho tirata su dal viale di Hyde Park la settimana scorsa più o meno, poi l’ho rivista un paio di volte ma sempre di sfuggita.
A: sei preso da questa qui eh?
J: cosa?! Ma tu sei tutto scemo!

Gli diede una spallata e andò a lanciarsi sul divano accendendo la tv sul primo canale disponibile che in quel momento, trasmetteva il telegiornale. Già iniziando a leggere i titoli del notiziario si stava annoiando. “ la borsa cala del 5%” oppure “ il royal baby è finalmente andato di corpo!” o anche “ la figlia del conte sposerà il figlio del duca McMurrey”. Cambiò immediatamente canale senza prestare attenzione alla foto appena comparsa dei due soggetti e si sintonizzò sul basket. quasi sicuramente avrebbe passato la giornata steso a guardare il campionato. Alex fece lo stesso andandosi a sistemare sul secondo divano affondando la mano in un pacco di biscotti appena aperti. Passarono le prime due ore a guardare le partite poi finite quelle si fiondarono sulla console appoggiata appena sotto al televisore e si persero completamente. Litigarono, sbraitarono, piansero per essere morti e ricominciarono da capo tutto COD. continuarono a giocare per diverso tempo saltando il pranzo e cibandosi di biscotti e patatine con una bottiglia di fanta. Un pomeriggio trasgressivo interrotto fortunatamente da una sola telefonata.

A: si? calma Jen, sono a casa di Joshy. Per chi mi hai preso scusa?! Certo ha detto di si. non lo so Jen. Non lo so. ma no! Dio mio basta! Ok va bene, scusa, non alzo più la voce, mi dispiace. Si va bene. Ciao.

Intanto il soggetto della conversazione se ne stava in silenzio ad ascoltare trattenendosi a stento dalle risate. Un colosso di quasi un metro e 90 si faceva sottomettere così da Jen. Doveva ammettere che certe volte quella ragazza incuteva un certo terrore.

J: che uomo senza paura.
A: non sei divertente! È in grado di uccidermi nel sonno!
J: certo Alex, certo. Possiamo riprendere la partita?

Ripresero i joystick e finirono quella partita, poi un’altra, un’altra … giocarono parecchie partite quel giorno non c’è che dire. Verso le sei però, stesi sul pavimento del salotto si accordarono per una pizza, giusto per placare la fame. Josh segnò gli ordini, prese lo skate e corse alla metro. Sarebbe andato nella pizzeria vicino Hyde Park. Così per fare due passi. Buttò a terra la tavola e iniziò a correre lungo l’intreccio di piste che attraversava il parco, un po’ schivando la gente e le bici e un po’ guardando per aria. Raramente aveva sentito parlare del sole a Londra, l’aveva sempre immaginata una città coperta dalle nuvole e sommersa dalla pioggia. Evidentemente si sbagliava. Continuava ad ammirare il cielo quando, non si sa perché finì con la faccia a terra. Si guardò intorno sorpreso per poi girarsi verso qualcuno che imprecava pesantemente contro di lui. Quando si affacciò sullo stagno delle anatre vide dei lunghi capelli biondi ricoperti di alghe e rami. Iniziò a ridere di Devon. Era esilarante, seduta poco più in la della riva, bagnata fradicia e con i capelli degni del mostro della palude.

J: devo dire che il tuo equilibrio fa schifo.

Continuò a ridere aspettandosi una qualsiasi risposta, poi lei si alzò, gli diede una spinta sul torace, afferrò il suo zaino e con la maglia bianca completamente trasparente, le scarpe fradice e i capelli grondanti uscì dallo stagno senza degnarlo di uno sguardo. Josh a sua volta afferrò la tavola e le corse dietro velocemente.

J: qualcosa mi dice che ti piace farti investire.
A: qualcosa mi dice che vuoi prendere una gomitata nei denti.
J: ehy, andiamo, sto scherzando.
A: però io non rido!

Si fermò in mezzo al vialetto e si voltò velocemente verso di lui iniziando a sbraitargli in faccia.

A: guarda come sono ridotta! Mi ero fatta ieri la doccia! Mi ci vorranno anni per togliermi questo schifo dai capelli!
J: beh due bagni al prezzo di uno, più trattamento ai fanghi e alghe. Dovresti ringraziarmi. Ti ho fatto risparmiare un sacco di soldi. Pensa quanto avresti speso andando in una spa.
A: sei un cretino!

Provò a mollargli un pugno dritto sula mascella che prontamente schivò. Le fermò la mano che era tornata alla carica per poi trascinarla davanti a se, proprio come qualche giorno prima.

J: credi che abbia fatto tutto questo di proposito?
A: inizio a crederlo, si.
J: senti voglio farmi perdonare ok? domani sera ci sarà una festa in costume al Cafè Royal Hotel. Sai dov’è?
A: e perché mai dovrei venirci!?
J: li alle 8. Puntuale.

La lasciò andare e le voltò le spalle riprendendo la strada verso la pizzeria. Appena fu sicuro di essere fuori dalla sua vista sorrise sornione. Aveva ottenuto ancora una volta quello che voleva.

*



Devon passò tutta la mattina con Louis e George che cercavano di tenerla su di morale facendo delle stupide battute sul suo futuro marito. Qualcuna la fece anche ridere ma solo per pochi istanti. Quando i due capirono che tutti i tentativi erano inutili le chiesero di aiutarli a riordinare e catalogare i vecchi libri. Passò delle ore tra l’odore di inchiostro, vecchie pagine e polvere e tra uno sternuto e l’altro si erano fatte quasi le sei. Salutò i due proprietari con un bacio e si diresse verso casa insieme ad alcuni dei suoi nuovi acquisti (alcune stesure originali di romanzi non molto popolari ma che lei adorava). Pensò bene di passare per il parco, magari si sarebbe anche fermata li per un po’ a leggere probabilmente con una lattina fredda di coca e un panino presi ad uno dei numerosi chioschi presenti. Attraversato il grande cancello di ferro battuto prese la via più breve per arrivare allo stagno. Con passo sicuro stava raggiungendo la sua solita panchina quando, senza rendersene conto, si ritrovò dentro al laghetto, con le anatre che le nuotavano intorno e i capelli davanti agli occhi come un sipario, probabilmente pieni di non si sa cosa.

J: devo dire che il tuo equilibrio fa schifo.

Pur avendola sentita cosi poche volte riuscì a riconoscere immediatamente quella voce. Ancora lui. Aveva pregato Dio di trovare il vero amore non un aspirante assassino! Si alzò immediatamente in piedi rifiutando la sua mano e lo spinse con talmente tanta rabbia nelle vene che rischiò di farlo cadere. Senza proferire parola o altro prese il suo zaino e iniziò a marciare dritta a casa sua con le gocce d’acqua che le solleticavano il naso. Pochi secondi dopo essersene andata se lo ritrovò alle costole che sparava cose senza senso come il prezzo delle spa e dei trattamenti con il fango. Esasperata, si voltò e iniziò a sbraitargli in faccia. Fu costretta, però, ad alzarsi sulle punte per raggiungere la sua altezza. Se solo si fosse resa conto della comicità di quella scena, sarebbe scoppiata a ridere. Una ragazza fradicia ricoperta di fango, alghe, piume e rami che cerca di mollare un pugno a un ragazzo ben piazzato che subito la tira a se come aveva fatto diversi giorni prima. Devon guardò la causa della sua quasi morte negli occhi e non poté fare a meno di specchiarsi. Ogni singola volta che lo incontrava e lo guardava negli occhi era come se tutta la rabbia sparisse per poi ritornare più forte di prima ricordandosi del solito sorrisetto che accompagnava quello sguardo. Però quel giorno non comparve. Da quelle labbra rosse e sottili, invece di quella smorfia, uscì fuori una voce calda e leggermente roca che con il suo profumo creava un mix quasi afrodisiaco per il suo cervello.

J: credi che abbia fatto tutto questo di proposito?
A: inizio a crederlo, si.

Esitante gli rispose senza staccare gli occhi dai suoi. Solo ora aveva notato che quelle lentiggini non erano poi così sbiadite. Le piacevano, lo rendevano meno uomo e vagamente più dolce. Si trovò a pensare di schiaffeggiarsi. Non doveva pensare certe cose, lui non meritava di ricevere dei pensieri del genere da parte sua.

J: senti voglio farmi perdonare ok? domani sera ci sarà una festa in costume al Cafè Royal Hotel. Sai dov’è?

Un invito a una festa in maschera per farsi perdonare. Poteva essere un’idea carina tranne per il fatto che non avrebbe mai potuto rischiare di essere fotografata con lui o magari mentre beveva un drink rimediandosi la reputazione da alcolista.

A: e perché mai dovrei venirci!?
J: li alle 8. Puntuale.

Poi se ne andò lasciando Devon da sola. Esattamente come aveva fatto lei quel giorno alla pizzeria. “ occhio per occhio dente per dente”. Forse un pochino se lo meritava. Ma che andava  a pensare! Scosse la testa facendo cadere qualche foglia e se ne tornò a casa sua, dove iniziò a spogliarsi lanciando i vestiti un po’ ovunque per poi correre in bagno e lanciarsi dentro la grande vasca che troneggiava accanto alla doccia. Rimase a mollo per diverso tempo rischiando più volte di addormentarsi. Solo dopo aver ripensato alla conversazione con Josh, si rese conto di un dettaglio importante. Digitò furiosamente un numero sui tasti del telefono e attese impaziente una risposta.

B: pronto?
D: Beth  ho bisogno di un favore!
B: si sto bene Devon, grazie per avermelo chiesto.
D: si scusa Beth. È solo che ho urgente bisogno di un costume.
B: costume? Come sarebbe a dir e un costume?
D: un costume! Una maschera, come la chiamo la chiamo!
B: e a che ti serve adesso?
D: mi hanno invitato a una festa e non ho niente da mettermi. Ti prego aiutami!
B: che avevi in mente?
D: Non lo so! Magari qualche cosa di bianco o comunque chiaro, non molto appariscente magari.
B: Chi è lui?
D: Lui chi?
B: Quello su cui vuoi fare colpo. Tu non indossi ami il bianco a meno che non ti vuoi far notare.
D: Ma che stai dicendo?! Non è affatto vero!
B: Non mentirmi Devon. Ti conosco come le mie tasche.
D: Si chiama Josh e non è nessuno.
B: Un nessuno su cui vuoi fare colpo. Va bene non indagherò oltre, ti ricordo solo che sei fidanza.
D: Grazie. Davvero, Beth grazie per avermelo ricordato.
B: Di niente! Allora per quando ti serve?
D: Domani.
B: Cosa? Mi stai chiedendo un vestito per domani? Sei impazzita!?
D: Ti prego dimmi che puoi farlo.
B: Ho detto solo che sei impazzita non che non posso. Ti avverto però che ho solo due o tre vestiti pronti e l’unico bian…
D: Non importa. Ti lascio carta bianca.  Riesci a mandarmelo a casa?
B: Verrò io.

Beth chiuse la chiamata. Probabilmente le era venuto un colpo di genio. Faceva spesso così con Devon. Lei chiede e Beth esegue. Era la ragazza più creativa che conoscesse. Era stata assunta per curare la sua immagine e per una volta sua madre aveva fatto una cosa giusta.
 


* LUMOS*
Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.

Capitolo appena finito. Allora, qui iniziano ad apparire altri componenti importanti della storia come Alex, Jen e Beth. Loro saranno delle parti importanti nell'evolversi della storia, senza tralasciare che saranno un po' i clown in certe situazioni ( saranno più o meno come degli strateghi), insieme a loro esce una nuova parte di Devon ( quasi diabetica direi) e un Josh sempre più determinato per ottenere ciò che vuole. Per ora sto iniziando a scrivere il nuovo capitolo, probabilmente ci metterò un po' di più, ma voglio renderlo grandioso ( sempre per quello che permettono i miei standard e la stanchezza pre esami ), perciò addio, il letto mi reclama, insieme a quella palla di pelo del cane e della mia migliore amica, che inizia ad imprecare per farmi spegnere la luce dato che sta venendo sbranata dalle zanzare. 
Buona notte a chi legge.
STARK.
 

Fatto il misfatto
*NOX*
  
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