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Autore: Sam Lackheart    30/07/2013    1 recensioni
L' atmosfera era pacatamente sfarzosa. La mattinata era chiara, fresca, e qualcuno con una licenza poetica più qualificata della mia la definirebbe frizzante e nata per un matrimonio.
E in effetti era proprio un matrimonio che in quella mattinata si stava celebrando, nella grande e luminosa cattedrale viennese: ma non un matrimonio qualsiasi, badate bene. Quello era il matrimonio che sanciva la nasciata dell' Impero austro ungarico, e per questo, per il fatto che fosse un matrimonio innanzitutto politico, tutte le Nazioni erano presenti, perlomeno fisicamente. C' erano quelli che si trovavano lì perchè costretti dall' evidente importanza dell' avvenimento, quelli che volevano esserci, quelli che speravano in una sorta di amore parzialmente condizionato ma sincero tra i due sposi, altri che malignamente insinuavano l' assoluta mancanza di una qualsivoglia parvenza di affetto.
Poi, c' era Gilbert.
[Niente è come sembra]
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Note pre-lettura: questa ... cosa è stata ispirata, per la maggior parte, da una canzone: "Maria", dei Blondie. Non dovete per forza ascoltarla, ma io ve lo consiglio caldamente, anche perchè è una gran bella canzone. 
 
 
 
 
 
L' atmosfera era pacatamente sfarzosa. La mattinata era chiara, fresca, e qualcuno con una licenza poetica più qualificata della mia la definirebbe frizzante e nata per un matrimonio.
E in effetti era proprio un matrimonio che in quella mattinata si stava celebrando, nella grande e luminosa cattedrale viennese: ma non un matrimonio qualsiasi, badate bene. Quello era il matrimonio che sanciva la nasciata dell' Impero austro ungarico, e per questo, per il fatto che fosse un matrimonio innanzitutto politico, tutte le Nazioni erano presenti, perlomeno fisicamente. C' erano quelli che si trovavano lì perchè costretti dall' evidente importanza dell' avvenimento, quelli che volevano esserci, quelli che speravano in una sorta di amore parzialmente condizionato ma sincero tra i due sposi, altri che malignamente insinuavano l' assoluta mancanza di una qualsivoglia parvenza di affetto.
Poi, c' era Gilbert.
Non era classificabile in nessuna delle categorie precendenti, ma era lì, con la mani in tasca, appoggiato ad una colonna. I maligni sovracitati insinuavano al dolore provato dall' albino, nonostante tutti sapevano che, almeno alla luce del sole, non c' era stata altro che guerriglia tra il prussiano e l' ungherese. Coloro immersi nel sogno di un matrimonio fatto d' amore lo guardavano di sottecchi, cercando inutilmente di non cadere nella rete sottile del presentimento. Infine, le Nazioni costrette erano completamente indifferenti a qualunque cosa avvenisse a più di un metro da loro, e stavano beatamente in silenzio, immersi nei loro pensieri.
Ma qualcosa, all' interno del prussiano, stava accadendo.
Il Magnifico, superbo, eccelso Gilbert, come in ogni commediola che abbia un minimo di serietà si era accorto di provare quello che si potrebbe definire un senso di assoluta gelosia, e un vuoto pateticamente spiegabile con il fatto che, già da molto tempo ormai, aveva fatto i conti con l' amore che provava per Elizaveta. 
Da Magnifico quale ovviamente era, non si era mai posto il problema che qualcuno potesse non ricambiarlo, e non si era mai premurato di informare la donna dei suoi sentimenti, consapevole che sarebbe comunque rimasta accanto a lui. Chiamatela codardia, stoltezza, semplice ottusaggine, Gilbert aveva sempre taciuto il suo sentimento, che però si faceva sempre più radicato e in qualche modo più forte, ingrandito da un cieco silenzio.
Dopo un' ora dall' arrivo di tutti gli invitati, la cerimonia ebbe inizio. Verrebbe da chiedersi perchè Gilbert fosse lì, addirittura in prima fila, ad assistere alla distruzione dell' ultima speranza di avere Elizaveta per lui, speranza che aveva iniziato a morire da quando, sempre al suo cospetto, era avvenuta la proposta di matrimonio.
L' uomo sospirò lentamente, quando si sedette e, con le mani in grembo, attendeva l' arrivo della sposa, e nel contempo cercava di ignorare il sorriso soddisfatto dipinto sul volto di Roderich. Come Eliza potesse ricambiare l' amore di un damerino così insulso e banale, Gilbert se l' era sempre chiesto, arrivando alla semplice conclusione che non era possibile. 
Si alzò, quando sentì le prime strascicate note dell' arpa rimbombare dolcemente grazie ai giochi delle volte e vide una cascata di petali di rosa, evidenti antisegnali dell' arrivo della sposa. Ed eccola lì, nel suo semplice vestito bianco di pizzo, senza particolari gioielli se non quelli imposti dalla tradizione e il velo calato a coprire i capelli biondi, con gli occhi già emozionati che parevano brillare. Era incantevole, pensò Gilbert - che era bellissima, era un dato di fatto, e niente avrebbe potuto fargli cambiare idea su quel punto fermo. Ma non l' aveva mai vista così graziosa, e trattenne a stento un sospiro rassegnato. 
La vide sorridere, appena arrivata all' altare. Trovò insopportabile ogni movimento dell' austriaco, e si autoimpose di non ascoltare una parola della cerimonia.
Voleva portarla via con sè, era quello l' unico motivo della sua presenza lì. Non gli importava di nulla - le varie reazioni, in primis quella dell' ungherese, l' odio che avrebbe attirato su di sè. Doveva portarla via di lì, dichiararle quello che provava e, sicuro del fatto che in findo anche lei provasse lo stesso, avrebbero condotto una vita in eterna gioia. 
Immaginate solo la scarica di adrenalina, quando si accorse che poteva farlo: in fondo, era a meno di tre metri da lui, e le porte della cattedrale erano aperte; non c' erano guardie visibili all' uscita, e tutti sembravano così concentrati ad ascoltare le parole della cerimonia che forse ci avrebbero messo un pò a vedere l' assenza della sposa ... forse.
Non stette molto tempo a pensare, ma decise saggiamente di agire: si alzò e prese di peso Elizaveta che, per un attimo, non riuscì a pensare, nè tantomeno dire, nulla. E quello sembrava lo stato d' animo di tutti i presenti, tanto che Gilbert iniziò a sentire le prime grida sorprese quando era rmai fuori dalla cattedrale, sotto la soffusa luce del sole. 
"Gilbert, che diamine fai? Riportami in chiesa, non fare il bambino!" gli sembrò di sentire, ma per nulla al mondo avrebbe smesso di correre. Dove stava andando, non ne aveva la più pallida idea: aveva solo bisogno di un luogo adatto per la dichiarazione d' amore più Magnifica che si fosse mai vista. Per questo, quando vide un piccolo laghetto attorniato da un anello di alberi, decise di fermarsi - come ci fosse arrivato, non l' avrebbe saputo dire, ma poco importava. Lei era sua, in quel folle momento ogni fibra del suo essere gli appareteneva, e questo gli bastava, come fosse l' unica cosa di cui aveva davvero bisogno.
Si decise a lasciare l' ungherese, che per prima cosa gli diede uno schiaffo tanto ben assestato da far vedere al prussiano tante piccole macchie bianche. Quando si riprese, vide che Eliza se ne stava andando, a passo svelto. 
"Liz, aspetta, devo dirti una cosa!" urlò, raggiungendola. 
"Cosa vuoi, oltre che rovinarmi il matrimonio? Non ti basta?" chiese questa, tenendo la testa china. 
"Fidati ,quello che devo dirti è una cosa molto iù importnate del tuo stupido matrimonio!"
"Stupido matrimonio? Vedi, vedi come sei? Qualunque cosa non ti riguardi strettamente, per te può aspettare! Per te sarà anche così, ma il mondo non ruota attorno a te, brutto idiota, quindi fammi un favore e sparisci dalla mia vita!" disse tutto d' un fiato, puntando i suoi occhi verdi pieni di lacrime in quelli rossi dell' altro ,che lo fissavano sbalorditi.
Povero Gilbert, non si rendeva conto di aver rovinato la giornata più importante di Eilzaveta. 
"Ma io ti amo!" protestò questo, come se fosse un' obiezione ovvia. 
"Non mi importa quello che provi, come a te non importa quello che provo io" rispose gelida l' ungherese, incrociando le braccia. 
"Ma a me importa!"
"Ti importa? Ti rendi almeno conto di quello che hai appena fatto? Mi hai portato via dal mio matrimonio, e non mi sembra che te l' abbia chiesto!" in quel momento la donna si pentì di non aver con sè la sua padella preferita, invece del suo bouquet di rose arancio. Pensando che fossero meglio di niente, li sbattè sulla faccia dell' altro. 
"Eliza!"
"Cosa? Ti sembra strano che io sia arrabbiata?"
"Liz" disse più calmo l' albino, prendendola per mano "Tu ami davvero quel damerino?"
"Che razza di domanda fai? Sto sposando Roderich, come potrei non amarlo, brutto idiota?"
"Quindi lo ami"
"Certo"
"E pui giurare di non provare niente per me?"
"Certo che posso"
"Fallo"
"Mi riporterai al matrimonio, poi? Non so dove mi hai portato"
"Ci sto"
"Io non provo nulla per te, se non un' immensa voglia di vedere il tuo cadavere dilaniato da corvi affamati"
Gilbert decise, di nuovo, di non pensare ma di passare direttamente ai fatti. 
La cinse per i fianchi e la baciò, prima dolcemente, quasi per chiederle scusa, per implorare il suo perdono. Come previsto, l' ungherese cercò inutilmente di divincolarsi, e a quella protesta fisica il bacio si fece più appassionato, quasi violento, quando Eliza morse con tanta veemenza le labbra del prussiano che questo dovette lasciarla per un attimo.
"Ehi!" protestò divertito, leccandosi via il sangue.
"Sta zitto e portami al mio matrimonio"
"Solo se giuri di non aver provato nulla neanche adesso"
Per la prima volta, la sicurezza dell' ungherese vacillò, per poi crollare. Era vero, lei amava quell' idiota che le aveva rovinato il matrimonio, ma forse salvato la vita.
Gilbert si avvicinò di nuovo a lei e la baciò, dividendo le loro labbra solo per sussurrare "Sapevo che mi amavi anche tu", e quasi non morì di pura felicità, quando le sentì dire "Sì".
 
Per un atttimo non riuscì a spiegarsi gli applausi che sentiva chiaramente attorno a lui - giurò che fino ad un atttimo prima erano completamente soli - nè il fatto che fosse letteralmente a mani vuote, o che Elizaveta stesse baciando un altro uomo di fronte a lui. 
Era stato tutto ... un sogno? Non voleva credere che il suo subconscio gli avesse giocato uno scherzo tanto crudele, ma era stata tutta una fantasia ad occhi aperti. E, cosa più importante, aveva sentito chiaramente la sua speranza, alimentata da un' illusione, morire di colpo, schiantandosi al suolo in mille frantumi. 
 
E si sentì trafitto mortalmente da quel sorriso che mai sarebbe stato suo, provando un misto talmente forte di rimorso e impotenza che ... che ... che si svegliò, mandido di sudore, e non riuscì a bloccare sul nascere un urlo di puro terrore. 
"Gil, che hai?" chiese una voce assonnata ma preoccupata accanto a lui. 
"Ho fatto un incubo" riuscì a dire, dopo un paio di minuti, durante i quali Elizaveta non aveva fatto altro che accarezzargli dolcemente la schiena e baciargli i capelli.
"Sempre lo stesso?" chiese in un sorriso l' ungherese.
"No" rispose, punto nell' orgoglio, Gilbert. Non faceva altro che pensare a lei ogni secondo della sua giornata, non ci teneva a farle sapere che la sognava anche la notte. Certe abitudini erano dure a morire ... 
"Gil, tu fai sempre lo stesso incubo" disse Eliza ridendo "Non riuscirai mai a passare oltre, vero?" chiese dopo pochi minuti, abbassando lo sguardo.
Gilbert non era uno sprovveduto. Sapeva che quel matrimonio, che spesso gli capitava di sognare, era stato dettato solo da ragioni politiche, e non era mai stato davvero geloso. Ma finchè l' ungherese era convinta del contrario, lui poteva far leva sul suo senso di colpa. 
"Un modo per passare oltre ci sarebbe ..." le soffiò a pochi centimetri dal viso, prima di baciarla con passione.
 
 
***
Ovvio, no? E' Gilbert che sogna di sognare di rapire Eliza il giorno del suo matrimonio.
Prima di venire ad insultarmi perchè non si capisce niente, prendete un respiro, e sbollite un pò la rabbia, please. 
  
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