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Autore: Akicchi    31/07/2013    2 recensioni
Dal testo:
« Saru! Muori, bastardo! »
« Fushimi, sfodera la spada per emergenza. »
Che il combattimento abbia inizio.

Ho sempre provato una piccola attrazione verso Yata, per questo ho deciso di scrivere questa fiction che ruota attorno ai suoi pensieri nell'episodio 5 alla vista di Saruhiko Fushimi, il suo ex migliore amico.
I dialoghi sono in adattamento ai sub italiani che ho scaricato.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fushimi Saruhiko, Misaki Yata
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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« Un altro vicolo cieco, che palle! »
« Yata-san, in questo modo è impossibile, questo posto è troppo grande. »
« Stai zitto! Non voglio perdere un altro secondo, per vendicare la morte di Totsuka-san! » Delle voci lievi, come un soffio, quasi sussurrate, mi fece fermare e con me quel grassone del mio compagno. Non poteva essere la sua, era fin troppo innocente. Infatti, erano di due ragazze che erano di passaggio che, ovviamente, quella palla di lardo fece scappare con il suo alzare la voce. Forse ero l’ultimo che doveva parlare di galanteria e d’urla, dato il mio carattere impulsivo, soprattutto in determinati momenti e alla vista di una certa persona di mia conoscenza, non mi permetteva di avvicinarmi ad una persona di sesso opposto al mio. Per ora non ho avuto la sfortuna d’incontrarlo, forse la fortuna girava dalla mia parte. Anche se, di fortuna, non ho molto dato che Mikoto-san è stato preso da quei bastardi della Scepter 4.
« Però, Yata-san, per tutto questo tempo non hai fatto altro che parlare ai ragazzi. Dobbiamo chiedere anche alle ragazze… »
« Per trovare un ragazzo è sufficiente chiedere ai ragazzi. »
« Il solito verginello, eh? » Avete presente quelle voci così odiose da farti venire un tic nervoso e la voglia di spaccar tutto, anche al minimo respiro della persona che apre bocca? Ecco, questo è quello che sto provando in un momento simile, nel sentire la SUA di voce. Stizzito, mi voltai verso di lui, non so il perché iniziai a perder tempo nel rivolgergli la parola. Dovevo pensare al Re Incolore, non dovevo perder tempo dietro quel traditore, dovevo pensare al motivo per cui mi trovavo in questa scuola e non a lui.
« Bastardo, Saruhiko! »
« Che coincidenza, come avete trovato questo posto? » Quel. Ghigno. Dio mio che nervoso, se non la smetteva di ghignare giuro che gli avrei spaccato la faccia; eppure, quel segno di soddisfazione, sembrò per ora scomparire ed assumere un’espressione scocciata quanto delusa « Oh, grazie ad Anna. Eppure, Kusanagi-san non vi manderebbe mai qui a fare domande. Scommetto che come al solito avete fatto di testa vostra, vero Misaki? Davvero, non cambi mai. »
« Chiudi quella bocca! » Non è possibile, non è possibile. Gli piace così tanto vedermi arrabbiato? Bene, perché stava per riuscirci ma per fortuna avevo ancora un po’ di buonsenso, dentro di me, anche se feci dei passi in avanti. Lo detestavo quando pronunciava il mio nome, lo odiavo in modo viscerale ma senza istinti omicida, per fortuna. Ma era snervante, il fatto che mi chiamava e parlava tanto dell’HOMRA come se ne sapesse qualcosa. Non m’ero però accorto che, il mio compagno, Kamamoto, si stesse preoccupando per me cercando di impedire – inutilmente – che io facessi qualche disastro e di continuare nuovamente la ricerca del famoso Re Incolore, assassino di Tatara Totsuka. « Non osare chiamarmi per nome o parlare dei miei amici come se li conoscessi, traditore che non sei altro! » E mentre io gli urlavo contro, fissandolo in cagnesco, lui sembrava divertirsi. Lo si leggeva in quel maledettissimo ghigno stampato in faccia, seguito da una risolino appena udibile ma che per (s)fortuna avevo sentito.
« Non biasimarmi, alla fine ero diverso da te e dagli altri, è stato inevitabile. »
« Su questo hai perfettamente ragione, non sei come noi! » Strano, davvero. Dopo tanto tempo, io e quell’odiosa scimmia andavamo d’accordo su qualcosa, ma ovviamente questo qualcosa era negativo. Non avevo paura di reggere il suo sguardo, sebbene a diversi metri di distanza e con la sensazione di essere d'altezza uguale. L’unico che sembrava voler porre fine a quel nostro – usuale – battibecco, come due bambini dell’asilo, era proprio Rikio.
« Yata-san, non farlo, non mi sembra il caso di fare scenate. »
« Allora, Misaki, come hai fatto a intrufolarti qui? » Invece che ascoltare i consigli, ascoltavo quel cretino, perdevo tempo con le sue parole e, come un bambino svogliato, inclinai il capo di un lato rispondendogli come se mi pesasse dargli una risposta vera e propria.
« Eh? Niente che ti riguardi. »
« I controlli di sicurezza sono molto severi. Dov’è il tuo lasciapassare? Fammelo vedere, Misaki! » Aveva allungato una mano verso di me, come per farmi capire ulteriormente le sue parole. Mi aveva scambiato per uno stupido?! Non sono così tanto idiota, a differenza sua, ho un cervello e funziona benissimo. Ed erano affari miei di dov’era il mio lasciapassare, non suoi; lo odiavo quando s’immischiava nei fatti miei e glielo ripetevo, sempre. Così come la storia del mio nome, quando era lui a chiamarmi in quel modo era un nervoso continuo, altro che le donne con il ciclo.
« Non sono affari tuoi. E non chiamarmi per nome, mi fai imbestialire! » A dire il vero, m’imbestialiva soltanto quand’era LUI a farlo, sennò lo permettevo ogni tanto. Lui se la sorrideva, dalla sua distanza, in quel modo così indecifrabile: non capivo mai se lo faceva per prendermi per il culo, sfottermi, mentire o nascondere una maschera a me ignota. E, come se fosse cascato dalle nuvole, riprese la sua odiosissima ironia.
« Oh, è vero…odi essere chiamato per nome, Mi~sa~ki~» E alla fine, quasi sull’orlo dell’esasperazione, cercai di assumere un tono calmo ma anche un po’ aggressivo, sebbene non era simile a quello di prima che sembrava più stizzito o svogliato.
« Te la sei cercata. »
« Yata-san! » Per come mi ero fatto avvolgere dall’aura rossa, tipica dell’HOMRA, Kamamoto si era già preoccupato per me e cercava di farmi ragionare, in tutti i modi, mentre il blu se la rideva, soddisfatto del suo operato. « Non farlo, ricorda cos’ha detto Kusanagi-san, non lasciare che la cattura di Mikoto-san sia stata vana! Che senso avrebbe combattere adesso contro quella scimmia?! » La mia aura era sparita, attualmente, e lentamente la mia mano chiusa a pugno che tremava si calmò, aprendo e mostrando la mano con le dita che erano nuovamente dritte, non più richiuse e ficcate contro il palmo. Lui, con un sospiro quasi rassegnato, continuò il suo stuzzicarmi. Da quando ci odiavamo, faceva sempre così. Sempre.
« Mikoto-san, eh? Quell’uomo sembra aver perso la stoffa, dopotutto ha scelto lui di farsi catturare, suppongo significhi che è cresciuto. Hai molto da imparare da lui, Mi~sa~ki~»
E calò il silenzio tombale. Uno di quei silenzi che dentro di me, però, si sente il rumore della pazienza spezzarsi all’interno del mio corpo; aveva sempre da insultare Mikoto, quel bastardo, ed io lo odiavo quando faceva così. Lo odiavo a tal punto da volerlo prendere a pugni in faccia, calci e investirlo con lo skateboard. Così, dopo averlo fatto ruotare e poggiato per terra, dopo l’ennesimo richiamo di Kamamoto, chiamai il nome di quel traditore e lui rideva, in modo sinistro, estraendo la sua sciabola.
« Saru! Muori, bastardo! »
« Fushimi, sfodera la spada per emergenza. »
Che il combattimento abbia inizio.
   
 
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