Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: Gavriel    31/07/2013    2 recensioni
What if : se solo Peeta avesse partecipato ai settantaquattresimi Hunger Games e avesse anche vinto; si trova però diversi anni dopo a collaborare ai preparativi per il matrimonio di Katniss e Gale, senza che lei ne sappia nulla, perlomeno all'inizio.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Primrose Everdeen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Dichiarazione

 
-Ma dai, non dirmi che un giovanotto come te non ha nessuno che lo aspetti a casa
-Beh, in verità c’è questa ragazza di cui io sono innamorato da quando riesco a ricordarmi… ma non credo si sia mai accorta di me fino alla mietitura
-Allora ecco cosa farai: vinci, torna a casa. Lei non potrà certo rifiutarti eh?
-Ci proverò.
-Ecco a voi Peeta Mellark!
 
Cinque anni dopo
 
Peeta mise subito la mano sinistra nella bacinella d’acqua per alleviare il bruciore.
Sentì Dane chiamarlo dal banco del negozio, Peeta gli rispose che andava tutto bene, che non era niente. Guardò la sua mano che appariva ingrandita da sott’acqua: la bruciatura interessava buona parte della pelle tra l’attaccatura del pollice e la parte interna del polso. Era la quarta nel giro di due ore. Peeta tirò la mano fuori dall’acqua per vedere meglio: due vesciche erano comparse dove la pelle era rimasta più a contatto col metallo rovente del forno, non era niente di così grave. Rimise la mano in acqua per qualche minuto, poi si bendò il polso con delle garze imbevute d’acqua, per quel giorno non doveva impastare niente, tranne il pane. Peeta tirò un sospiro. Sconsolato guardò fuori dalla finestra del retro, dove il loro melo spelacchiato era in fioritura avanzata.
Quella mattina presto aveva ricevuto una piccola visita, anche se ormai non è che si potesse considerare tanto piccola: Primrose era venuta portargli la solita formina di formaggio. Le sue visite due o tre volte la settimana rendevano la solitudine nel villaggio dei vincitori un po’ meno opprimente: la sua famiglia aveva preferito rimanere nella casa sopra la bottega -Non si sa mai, magari entra qualche ladro- aveva detto sua madre; così Peeta da cinque anni condivideva una casa di tre piani con i suoi incubi, e qualche volta con Haymitch.
 
-Scusa, pensavo stessi dormendo
I capelli dorati dorati di Primrose fecero capolino dalla porta della cucina.
-Entra pure, mi stavo prendendo una pausa
La ragazza entrò e rimase a bocca aperta per qualche secondo guardando le immagini dipinte sui muri e sul soffitto, poi si ricompose e posò sul tavolo,già ingombro di barattoli di vernice e pennelli sporchi, un involto bianco delle dimensioni di una grossa mela.
Peeta era appollaiato su una scala e aveva in mano un grosso pennello sporco di nero. Il viso di Primrose era lo stesso del suo, ma senza quel cipiglio acerbo, la sua chioma, invece di essere legata, ricadeva morbida sulle spalle; dal modo in cui si mordeva il labbro Peeta capì che c’era qualcos’altro.
-Vuoi un te?
-Si grazie.
In silenzio preparò il necessario: un pentolino, due tazze, del te in foglia –un dono di Effie- e un sacchetto di carta con dentro dei biscotti alle mandorle, i suoi preferiti per quanto ne sapeva.
-È Alec, vero?
Peeta annuì: ormai era entrata in cucina, che senso aveva nasconderglielo? Il suo corpo dilaniato dalle pietre popolava i suoi incubi, i suoi pensieri più cupi, e le pareti di casa.
-Quando il dolore diventa insopportabile lo devo portare fuori, in qualche modo. Tanto col prossimo servizio fotografico ritinteggeranno tutto di nuovo
-Non è stata colpa tua, Peeta
Invece si, il fratello di un vincitore portato dentro l’arena per l’edizione della memoria, non solo aveva dovuto fargli da mentore, vederlo subire gli inevitabili confronti, ma aveva dovuto anche assistere all’esecuzione in diretta della sua lapidazione, vendetta dei tributi del distretto due.
Non poteva parlarne a nessuno, lo aveva giurato a Snow, non almeno finchè c’era ancora qualcuno ancora in età da Hunger Games , come Primrose.
-Hai visto che Delly si è sposata?
Lei sembrò accettare bene il cambio di argomento:
-Davvero? Ma non aveva una cotta per te?
-No no, noi siamo solo buoni amici, poi siamo come fratello e sorella; le ho anche fatto da testimone
-Allora non è lei…
-Chi?
Prim arrossì:
-La ragazza da cui saresti tornato
Peeta scoppiò in una breve risata: Delly… per fortuna appena tornato non avevano infierito sulla cosa. Anche lui arrossì violentemente al pensiero di doversi dichiarare davanti alle telecamere: se avesse rifiutato sarebbe stato umiliante, ma se fosse stata costretta ad accettare sarebbe stato veramente un incubo,  lei lo avrebbe odiato.
Prim si alzò e versò l’acqua bollente nelle due tazze, poi ci aggiunse delle foglie di te.
-Posso chiederti un favore?
Peeta alzò lo sguardo su di lei e annuì.
-Per domani, potresti anche portarmi del pane bianco?
Ma non passa tua sorella da mio padre?
-Ecco… non potrà domani, e oggi si è dimenticata e ha mandato me qua… ma ci serve fresco per domani. Puoi per piacere?
-Certo- rispose Peeta preso alla sprovvista- quanto ne vuoi?
-Ne basta uno solo
L’abisso si aprì dentro il ragazzo non appena comprese che ciò che chiedeva era pane da tostatura. Cercò di mantenere un’espressione serena.
-Volete anche una torta? Ve la posso fare io, non ho niente da fare…
Gli occhi di lei si illuminarono al pensiero di una torta glassata, comparve un sorriso sincero sulle sue labbra, ma si rabbuiò rifiutando cortesemente, una simile frivolezza non era necessaria, per di più non avrebbe saputo come sdebitarsi. Sembrava parlasse con le parole della sorella.
Si congedarono, lui insistette per darle tutta la busta di biscotti, come regalo, poi quando lei uscì dalla porta ripiombò nella più tetra disperazione. E ricominciò a pitturare Alec.
 
Qualche ora dopo,  al Forno Mellark, Peeta stava sfogliando il ricettario del padre in cerca del pane da tostatura:  era vero che per la cerimonia andava bene qualsiasi tipo di pane, per Delly ne aveva cucinato uno dolcissimo al latte, ma sapeva che c’era un vecchio tipo di pane alle erbe che liberava il suo profumo solo con la tostatura.
Trovò la ricetta in fondo al libro, su un foglietto anonimo. Più che una ricetta era un elenco di erbe che portavano buon auspicio e che potevano essere utilizzate per il pane, ce n’erano per tutte le stagioni, così che fosse possibile impastare sempre il pane; c’erano anche delle note a piè pagina che spiegavano come bisognasse trattare le erbe raccolte. Peeta lesse l’elenco e roteò gli occhi: dove le andava a prendere tutte quelle varietà? E come faceva a riconoscerle?
Dopo circa due ore era davanti alla scuola, mentre uscivano gli studenti dell’ultimo anno. Tra loro spiccava Primrose, che chiacchierava con due sue compagne, ma appena lo vide sorrise, e si congedò da loro per raggiungerlo. Una piccola folla si formò intorno a loro –un vincitore, sbronzo o no attira sempre l’attenzione- e  lui le porse la lista di erbe presente sul foglietto.
Lei non chiese spiegazioni e cominciarono subito a girare per il distretto in cerca delle diverse piante: alcune, le più comuni, le trovarono facilmente al prato, poi dovettero arrampicarsi su un particolare tipo di albero per prendere un tipo di lichene e scavare tra le ortiche per una manciata di foglie biancastre. Peeta non le aveva rivelato il vero motivo della caccia alle erbe, ma cominciava a dubitare persino lui stesso della commestibilità di ciò che avrebbe preparato.
-Con questa abbiamo finito –disse la ragazza mettendogli nella bisaccia un mazzetto di piccole foglie nere – manca solo la primula stellata, è un po’ rara, ma mia mamma e io  ne teniamo una buona scorta nell’armadietto. Se vuoi ne andiamo a prendere un po’.
Un po’perché quella passeggiata lo aveva alleggerito, un po’perché distratto da quella versione candida di Katniss finì per accettare.
Si incamminarono verso il giacimento ed entrarono nel villaggio dei minatori. Doveva essere strano vedere un Vincitore passeggiare in quella zona del distretto, per giunta assieme ad una delle Everdeen: molti volti affioravano alle finestre, le donne sedute fuori dalle loro case interrompevano le loro attività per guardarli. Ma i due non ci facevano caso più di tanto, Primrose aveva cominciato a chiedergli come le persone a Capitol City celebrassero le nozze e Peeta aveva cominciato a fare imitazioni dei vari casi umani che gli era capitato di vedere durante i suoi viaggi. Questo fino a quando non entrarono in casa. Primrose aprì la porta e si trovarono davanti a Katniss, in piedi su una sedia, mentre indossava un vestito bianco. Si guardarono per un istante, lei lo fulminò come se l’avesse sorpresa nuda, vulnerabile: il vestito, probabilmente quello del matrimonio della madre, le calzava a pennello nonostante le si vedessero le caviglie. Era di lino, con rose ricamate lungo tutta la lunghezza. Peeta abbassò lo sguardo, non portava bene allo sposo vedere la sposa pri.. ma che cosa stava pensando? Non era un problema suo quello.
Prim scomparve su per le scale, poco dopo sua madre entrò nella stanza, aveva con se diversi nastri, rimase pietrificata per un secondo poi sorrise:
-Sei il figlio di Mellark, vero?
Peeta annuì, incapace di fare altro
-Portagli i miei saluti, da parte di Cross
In quel momento Primrose irruppe nella stanza portando a Peeta un foglio di carta con all’interno dei fiori secchi.
-Sono per un nuovo dolce che vuole provare –si giustificò con la madre.
Lui sorrise con calore, ringraziò e fece per andarsene
-Peeta!
C’era un che di disperazione nella voce che lo aveva chiamato. Peeta si bloccò sulla soglia, si voltò; l’espressione di Katniss sembrava combattuta, per il cuore del giovane uomo passarono mille emozioni diverse.
-Grazie per il pane
Peeta se ne andò senza replicare, sarebbe stato incapace di controllarsi. A passi svelti si diresse verso il villaggio dei vincitori, dove appena entrato lo accolse il viso di Alec ripetuto sulle pareti. Appoggiò la borsa delle erbe sul tavolo della cucina e si addormentò sul divano. Quella notte, la prima da quattro anni, tornò a sognare Katniss.
 
Si svegliò quella notte verso le quattro. Accese la luce e cominciò ad impastare: mise a mollo alcune erbe nel latte, che poi unì alla farina; mise l’impasto a lievitare e poi impastandolo di nuovo aggiunse tutte le altre erbe tritate. Era una preparazione piuttosto lunga e la pulitura di tutte le piante richiedeva una certa metodicità, anche se non era tanto facile con una mano ricoperta di bende e l’altra con diverse scottature. Mentre lo faceva si chiese se suo padre avesse fatto lo stesso a sua madre, la notte prima del loro matrimonio, poi realizzò che molto probabilmente lui lo aveva fatto per Cross,la madre di Katniss, con la stessa lieve disperazione, con il risentimento per non aver potuto fare di più per la sua felicità, con la consapevolezza che sarebbe stata la fine delle sue speranze, con lo stesso groppo in gola, con la stessa vista offuscata dalle lacrime.
 
Il giorno dopo era come un fantasma dietro il bancone della panetteria. Aveva lasciato che Primrose ritirasse il panino dal tavolo della cucina in casa sua, non voleva vedere nessuno, non voleva sentire nessuno. Fu grato per essere solo nel Forno. Peeta si arrotolò le maniche della sbiadita casacca rossa che usava per lavorare. Così facendo scopriva le diverse cicatrici dei giochi che aveva chiesto di non togliere, erano il prezzo della sua vittoria, erano ormai l’unica orma tangibile che rimaneva degli altri tributi.
Sentì delle voci dalla piazza, guardò fuori e vide un gruppo abbastanza nutrito di persone passare davanti al negozio; i suoi occhi trovarono subito la macchia bianca, Katniss. Aveva i capelli intrecciati di fiori azzurri, un sorriso impacciato sul viso; di fianco a lei un uomo alto, coi capelli castani scompigliati. Gale.
Peeta si sforzò di vedere rimanendo all’interno del negozio, notò che si tenevano per mano. Vicino a loro notò saltellare Primrose, che indossava un abito color pesca e un sorriso radioso; più in la le due madri, che camminavano insieme; dietro di loro c’erano altre persone, alcune potevano essere i parenti di Gale, altri persone che vivevano vicino al giacimento, non c’era la figlia del sindaco, Madge, forse soffriva anche lei di forti emicranie. Si sforzò di rimanere li a guardare, di non ritirarsi nel retrobottega; in fondo, pensò amaramente,era solo un altro matrimonio estivo, di come ce n’erano molti in quel periodo. Da fuori lei scoccò un’occhiata alla panetteria, a lui stesso; era seria ora. Peeta non si sottrasse al contatto visivo e lo sostenne finchè il piccolo corteo non fosse uscito dalla piazza.
Rimasto solo Peeta pensò a come sarebbero andate le cose se lui si fosse dichiarato, una creatura selvatica come lei tra le telecamere, monitorata, obbligata ad accompagnarlo a tutti gli Hunger Games e a vedere ogni tributo morire, il tutto ogni anno. Non voleva per lei una vita così, anche nel remoto caso in cui fosse stato corrisposto. Non l’avrebbe voluta per nessuno.
 
Gale appoggiò la piccola pagnotta sull’erba alta mentre accendeva il piccolo fuoco sulla loro roccia. Poco dopo arrivò Katniss con delle more in mano
-Ma sei in sottoveste!
-Non volevo sporcare di mora il vestito
Disse lei accovacciandosi accanto a lui. Di norma la tostatura avveniva  nel focolare di casa, ma per lorocasa erano quei boschi; dove si erano incontrati, conosciuti, dove la loro amicizia si era evoluta in amore, dove sarebbero stati felici.
Gale spezzò il panino in due parti e infilò in ciascuna uno spiedino; non appena vennero in contatto col calore del fuocherello, dalle due metà si liberarono profumi silvestri, di tutte le piante che potevano essere sentite passeggiando per il distretto, quello forse era la parte più bella del posto dove vivevano, povero, selvatico, ma libero come l’aroma che si librava intorno e sopra di loro.
Delle lacrime di commozione sgorgarono dagli occhi di Katniss, quando vide dei piccoli petali gialli nella sua fetta, il ragazzo del pane lo aveva fatto ancora, pensò, le aveva dato fiducia nel futuro, il coraggio di amare ciò che si ha: Prim, Gale, le foreste, sua madre, il distretto intero, pacificatori compresi.
-Perché piangi?
La donna tirò su ridendo
-Non lo so, sono felice. –un attimo di silenzio mentre il pane continuava a tostare- Potremmo avere dei bambini, che ne dici?
 
La tostatura del pane, il rituale più idiota che potesse essere inventato. Però si inserisce benissimo per questa fic.
Prima storia su Hunger Games! Una delle cose che mi hanno impedito di scriverla fino ad ora era il modo in cui Peeta avesse vinto i giochi senza amanti sfortunati e senza l’aiuto di Katniss, poi mi sono resa conto che era una fanfiction quella che volevo scrivere, quindi mi sono presa una piccola licenza. Grazie mille a tutti coloro che sono passati sopra errori ortografici e incongruenze sintattiche e hanno letto fino a questo punto.
Se notate cose che potrebbero essere migliorate per piacere fatemelo sapere, anche con un messaggio personale.
Gavriel

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Gavriel