Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: Shichan    09/02/2008    7 recensioni
«Chi devi cercare?» chiese, osservandolo. Subaru prese posto sulla sedia di fronte alla scrivania, e indugiò qualche attimo, prima di rispondere. Nulla gli assicurava che quei due uomini volessero davvero aiutarlo, e sicuramente Kamui, al suo posto, non avrebbe mai accettato aiuto così facilmente.
Ma lui, non era Kamui.
Era semplicemente Subaru, ed era preoccupato a morte.
«Mio fratello. Gemello.»

[Oneshot su richiesta e al richiedente dedicata XP Di nuovo i gemellini vampiri e i cacciatori, tanto per fare una cosa diversa XD Spoiler per la saga di Acid Tokyo ^^]
Genere: Malinconico, Suspence, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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Disclaimer: I personaggi utilizzati non mi appartengono, bla, bla, bla… insomma, la solfa la sapete e a  me non va di scrivere ù_ù

La frase (con relativa traduzione) subito sotto al titolo è copyright dei Linkin Park, dalla canzone “In Between”.

Note: storia che non è né un sequel (non vedo proprio come potrebbe lol), né si collega a nient’altro di già scritto XD Nasce su richiesta della nuova nee-chan acquisita, che mi ha chiesto di punto in bianco su msn “neesan, se ti chiedessi una fanfiction la scriveresti?” XDDD

Avevo una mezza idea di fargliela leggere in anteprima, ma alla fine la pubblico e basta ù.ù

Sperando di non aver dato vita ad un’oscenità e di aver rispettato tutte le clausole concordate con la nee-chan, vi lascio alla lettura ^^ Ah, il titolo significa: "desideri riflessi" ù.ù"

Ringraziamenti & Dediche: Dunque, la dedica è ovviamente a Pucchyko, come anche i ringraziamenti per avermi involontariamente aiutata a sbloccare la pianificazione della long fic di Tsubasa che era ferma ad un punto morto XP Grazie e goditi la lettura (si spera, in caso contrario, trai gaudio dalla sua distruzione ù.ù)

Grazie a Sephta, che mi fa sempre da beta-reader.

Grazie a nacchan, per la traduzione del titolo ^*^

 

 

Hoshii Utsuri

 

«But trying to be someone else was harder than it seemed,

and somehow I got caught up in between.

Between my pride and my promise,

Between my lies and how the truth gets in the way.

And things I want to say to you get lost before they come,

The only thing that’s worse than one, is none.»

 

«Ma cercare di essere qualcun altro è stato più difficile di quanto sembrasse,

e in qualche modo ci sono rimasto bloccato in mezzo.

Tra il mio orgoglio e la mia promessa,

tra le mie bugie e come la verità si fa strada.

E le cose che voglio dirti si perderanno prima che arrivino,

l’unica cosa peggiore di uno, è nessuno.»

 

Kamui, me lo sono chiesto diverse volte, da quando siamo partiti da Acid Tokyo, o chissà, forse ancor prima di arrivarvi… cosa guida la nostra fuga fra le dimensioni?

Cosa decide in quale mondo finiremo subito dopo quello che abbiamo lasciato?

All’inizio, credo di aver pensato che fosse dovuto a quell’inevitabilità di cui parla la Strega delle Dimensioni: mi ero detto che un potere così grande, non poteva davvero essere controllato da chiunque, e Yuuko-san non aveva certo motivo per volerci in una dimensione anziché nell’altra. Però, non riuscivo a capire… se davvero non erano coincidenze… non stavamo forse abusando della fortuna, continuando a raggiungere mondi in cui il maggiore pericolo per noi non era presente?

Kamui, ho creduto… no, ho pensato che fossimo noi, inconsciamente, a decidere in quale luogo finire.

Ma anche questa tesi era assurda: se fossi stato davvero anche io ad influire su una cosa del genere, al di là del fatto che potesse essere o meno nelle mie capacità farlo, noi avremmo di certo incontrato Seishiro.

Fratellino, dopo che ce ne siamo andati da Acid Tokyo, dimmi… com’è stato possibile non incrociarli mai? Non trovarli, anche per una coincidenza o inevitabilità, sul nostro cammino?

Forse, è stato deciso da qualcuno, in qualche luogo, che noi non incontreremo mai più i due cacciatori.

O forse, il mio desiderio, quello che influenzerebbe il nostro viaggio, è semplicemente troppo debole.

Troppo, troppo debole rispetto al tuo, Kamui.

 

***

 

«Mh…» mormorò, girando lentamente la testa da un lato e dall’altro, le palpebre abbassate sugli occhi smeraldini. Aggrottò leggermente la fronte prima di socchiudere quegli stessi occhi, dapprima non riconoscendo neppure i contorti, e poco più tardi, riuscendo a mettere a fuoco la stanza che, tuttavia, non riconobbe. Si rese conto di essere sdraiato su una superficie troppo comoda per essere un semplice pavimento: «Dove…?» si chiese, il tono basso che nel silenzio della stanza risultava comunque udibilissimo.

«In casa mia e del mio compagno.» si sentì rispondere, voltandosi di scatto verso la voce, procurandosi una lieve fitta alla testa, cosa tecnicamente anomala per lui che il dolore fisico non dovrebbe essere in grado di provarlo. Fissò l’uomo davanti a sé perplesso, prima di azzardarsi a domandare: «Come?»

Lo vide sorridere cortese in sua direzione: «Ti ho trovato svenuto a terra, poco lontano dal posto di lavoro del mio compagno. Così, visto che non mi sembrava il caso di lasciarti in mezzo alla strada, ti ho portato a casa nostra.» spiegò con pazienza. Subaru lasciò vagare lo sguardo nella stanza, ma fu interrotto in quell’analisi dall’uomo seduto di fianco al suo letto: «Il mio compagno non è in casa, al momento.» disse, senza che gli venisse posta alcuna domanda, sebbene quella fosse esattamente l’informazione che il ragazzo cercava. Annuì, forse per riflesso condizionato e lasciare intendere che aveva capito le sue parole, prima di parlare a sua volta: «Mio fratello?» domandò, poiché Kamui non era nella stanza.

«Tuo fratello?»

«Sì, il mio gemello. Il ragazzo che era con me.» si chiarì il giovane, mentre osservava l’uomo osservarlo pensieroso e soppesare la risposta, prima di darla a lui: «Non c’era nessuno con te.» disse, e lo sguardo di Subaru mutò immediatamente, allarmato. Quello sembrò non accorgersene, o più probabilmente far finta di nulla: «Ma stai pure tranquillo, mio giovane amico. Di certo, come molti altri si è perso. Ed io conosco una persona che sta aspettando il suo pranzo sul posto di lavoro e che può aiutarci a sapere dove si trova esattamente, e se c’è possibilità di ritrovarlo.» cercò di metterlo a suo agio.

Con scarsi risultati, a dirla tutta.

«Cosa significa “se c’è possibilità di trovarlo”? Avete detto che può aiutarci a localizzarlo, dunque…»

«Beh, non vuol dire necessariamente che potrà tornare indietro. Insomma, dove si trova saprei dirtelo anche io per sommi capi, in quanto questo mondo è un luogo in cui molti, persino gli abitanti che ne conoscono la natura, si perdono. E purtroppo, mi dispiace ammettere che ben pochi ritrovano la via.» chiarì ulteriormente il concetto l’uomo, porgendo a Subaru una mantella simile a quella che il vampiro aveva visto indossare a suo fratello ad Acid Tokyo.

Lui la prese, indossandola velocemente dopo essersi alzato dal letto, l’espressione confusa: «E questa persona…?» fece per chiedere ma l’uomo, raggiunta la soglia, lo anticipò, aprendo la porta: «Se ti tranquillizza, è uno dei migliori, nel suo campo. Alcuni dicono che sia proprio nato per cercare le persone.» disse, uscendo poi dalla stanza e, successivamente, dalla casa, seguito da Subaru.

 

«Era ora! Iniziavo a credere che ti fossi dimenticato che stavo per morire di fame e che la mia vita era completamente nelle tue mani, e…» eruppe l’uomo, decisamente alto, con i capelli scuri e gli occhiali da sole a celare lo sguardo, interrompendosi nel notare Subaru: «Mi tradisci con un bambino! Che razza di uomo immorale sei?!» cambiò completamente argomento, fissandoli. Il ragazzo, da parte sua, già poco incline a perdere tempo in quella situazione, si chiese se non fosse il caso di cercare Kamui da solo.

«Suvvia, Saiga, non dire sciocchezze. Al contrario, non solo non ti tradisco e ti ho salvato dalla fame, ma ti ho persino portato un cliente. E anche carino.» rispose l’uomo che aveva apparentemente soccorso Subaru, un sorriso sul volto dalla pelle chiara, mentre la mano sistemava prima gli occhiali e successivamente una ciocca di capelli chiari. Subaru vide il moro chiamato Saiga prendere in mano il contenitore per il pranzo e fissarlo a lungo. Dopo diversi minuti, lo vide sogghignare: «Ma sì, ma sì, non è proprio possibile che tu mi tradisca con un bambino, Kakei!» giunse alla sua conclusione, sistemandosi meglio sulla sedia e posando il contenitore sulla scrivania, prima di rivolgersi al ragazzo con tono amichevole.

«Allora, parliamo di lavoro, signorino.» incalzò subito, mentre l’altro uomo gli si sedeva sulle ginocchia «Chi devi cercare?» chiese, osservandolo. Subaru prese posto sulla sedia di fronte alla scrivania, e indugiò qualche attimo, prima di rispondere. Nulla gli assicurava che quei due uomini volessero davvero aiutarlo, e sicuramente Kamui, al suo posto, non avrebbe mai accettato aiuto così facilmente.

Ma lui, non era Kamui.

Era semplicemente Subaru, ed era preoccupato a morte.

«Mio fratello. Gemello.» precisò, osservandolo «Eravamo insieme quando siamo arrivati qui… o almeno credo. No, cioè… sono sicuro. Sì, sicuramente quando siamo arrivati eravamo insieme. Però, poi…»

«Tu hai perso i sensi, e Kakei ti ha portato a casa nostra. E quando ti abbiamo trovato, tu eri da solo, posso assicurartelo. Tuo fratello, te lo sei perso per strada prima di arrivare qui, poco ma sicuro.» lo bloccò Saiga.

Subaru si morse appena il labbro inferiore, alle sue parole; a dirla tutta, non aveva la minima certezza di quando, effettivamente, lui e Kamui potevano essersi separati.

Sospirò: «Come può essere così sicuro? Potremmo essere svenuti entrambi e qualcuno potrebbe averlo portato via, prima che il signor Kakei mi trovasse.» ipotizzò, mentre nella sua mente si diceva che, per credere ad una cosa del genere conoscendo l’indole e la forza di suo fratello, doveva o essere impazzito, o essere caduto in paranoia. E supponeva di poter essere quasi certo di entrambe le condizioni.

Saiga, malgrado sembrasse conscio della gravità della situazione da parte del ragazzino, non poté non ridere: «Te lo spiego, perché. Punto primo, qui già sparisce tanta gente di per sé, quindi i rapitori di professione temo ci abbiano perso gusto.» disse, una nota divertita nel tono, mentre Kakei si limitava ad annuire. Saiga continuò: «Punto secondo, questo luogo è protetto da una barriera particolare. Se noi che siamo gli investigatori dovessimo sparire, non immagino a chi si rivolgerebbero per le ricerche.» aggiunse e in effetti, da quel punto di vista, a Subaru sembrò un discorso così ovvio da farlo quasi sentire in imbarazzo per le proprie assurde supposizioni. Saiga, tuttavia, non sembrava aver concluso il discorso: «Inoltre, questo è il mondo dello smarrimento per eccellenza. E qui, non ci si perde mai in coppia.» concluse la spiegazione, destando l’attenzione di Subaru.

«In che… senso?» domandò, perplesso e preoccupato al tempo stesso.

«Vieni.» disse Saiga, facendo alzare Kakei e facendo poi lo stesso «Ti mostro perché la mia teoria sulla sparizione di tuo fratello è sensata anche senza che mi racconti niente di lui.» buttò lì, aspettando che Subaru fosse pronto a seguirlo per guidarlo in un’altra stanza.

 

***

 

Si mosse appena, nel silenzio quasi irreale che lo circondava, e al quale non era più abituato dopo la partenza da Acid Tokyo. Aprì gli occhi, rimanendo nella posizione in cui si stava risvegliando che, almeno di primo impatto, gli sembrava supina. Si aspettava un soffitto, probabilmente bianco, che non trovò; al contrario, gli occhi chiari non trovarono proprio il soffitto, ma un cielo con molte stelle, seppur privo di luna.

Sbatté un paio di volte le palpebre, come a sincerarsi di non essere ancora mezzo svenuto, sebbene anche quella fosse una condizione che lo lasciava perplesso.

Da quando i vampiri dormono o svengono?

«Ma guarda, ti sei svegliato. È un vero sollievo, pensavo il peggio e invece per fortuna stai bene.» sentì dire, con tono sollevato. Si mise a sedere, facendo forza sulle mani posate a terra, prendendo coscienza della consistenza del pavimento ligneo e voltandosi.

Bene, a questo punto le opzioni erano molteplici, offrendo una vasta scelta: era impazzito a seguito di un colpo alla testa clamoroso, e quindi o ci vedeva male o la sua mente rielaborava in maniera sbagliata le immagini che gli occhi percepivano.

Un’altra ipotesi, poteva essere che quello fosse un incubo.

Un’altra ancora, che qualcuno avesse fatto il lavaggio del cervello alla persona di fronte a lui che aveva pronunciato quelle parole.

Ma qualunque fosse l’opzione giusta, sempre che esistesse, Kamui era sicuro che quello non era chi cercava di apparire: perché Seishiro non poteva rivolgersi a lui come se fosse suo figlio o il bambino di cui occuparsi finché non tornano i genitori, anziché il vampiro che tentava di ucciderlo appena lo aveva di fronte.

No.

Non esisteva e basta.

«Sei impazzito?» domandò subito Kamui, sulla difensiva, in un mezzo ringhio. Quello – perché si rifiutava di chiamarlo come il cacciatore tanto odiato – inclinò il capo leggermente di lato, il sorriso onnipresente sulle labbra: «Oh, capisco, deve essere il colpo alla testa. Per il momento te l’ho fasciata, e non dovresti avere problemi, ma dalla visita che ti ho fatto ti sconsiglio movimenti bruschi e, ovviamente, di provocarti altri traumi.» chiarì con pazienza, come se comprendesse il disagio e il disorientamento del vampiro che, da parte sua, era indeciso se prendere a pugni quella faccia o girarsi dall’altra parte e andarsene. Specialmente perché, a giudicare dalla sua fortuna quasi inesistente quando si trattava della coppia di cacciatori, era pronto a scommettere che l’arrivo dell’altro cacciatore fosse se non imminente, quantomeno vicino.

Si alzò dunque in piedi, un’unica decisione ben chiara nella mente, in tutta quella confusione: allontanarsi. Seishiro lo fissò perplesso: «Scusami, ma non dovresti alzarti, hai davvero battuto forte la testa. È meglio che riposo, non ci arreca disturbo ospitarti.» disse, cortese.

Kamui lo fissò; e un bel “chi se ne frega se ti arreco disturbo” poteva permetterselo?

Sbuffò, seccato: «Stammi a sentire. Io non so se stai usando questa cortesia per prenderti gioco di me, o perché qualcosa in quella tua testa è andata irrimediabilmente perduta.» disse, lo sguardo di sufficienza su  di lui «So solo che non ci casco e  che non aspetterò oltre, specie perché tuo fratello arriverà da un momento all’altro, e non lo vorrei incontrare nemmeno se fossi in punto di morte e lui fosse la mia unica salvezza.» concluse, voltandogli le spalle. Pochi istanti dopo, si sentì afferrare per un polso.

Finalmente un po’ di giustizia: il cacciatore lo implorava di ucciderlo!

«Lasciami.» ringhiò.

«È da incoscienti, non posso! Come medico, non posso permetterti di allontanarti con quella ferita fino a che non riterrò che puoi farlo!»

Al diavolo i buoni propositi, pensò il vampiro, concentrandosi quel minimo necessario a scaraventarlo altrove con un semplice movimento, come a Tokyo aveva dimostrato di poter tranquillamente fare. Eppure, quando ormai Seishiro sarebbe dovuto essere “in volo”, ancora lo fissava deciso a non mollarlo.

Kamui lo fissò, irritato e sorpreso, tentando di mostrare solo la prima delle due emozioni: «Ho detto di lasciarmi, o te ne faccio pentire, te lo giuro.»

«Le minacce di un paziente che si regge in piedi per miracolo non mi spaventano, né mi convinceranno.» replicò lui, deciso.

«Parole degne di un medico coscienzioso, Sei-chan!» se ne uscì una terza voce, che fece voltare entrambi. Seishiro rilassò l’espressione in un lieve sorriso, mentre Kamui prese a ringhiare sommessamente, osservando quello che, purtroppo, era senza alcun dubbio Fuuma. Lo vide alzare appena un sopracciglio osservandolo; indugiò con lo sguardo sul vampiro, soprattutto all’altezza della fasciatura fatta da Seishiro, socchiudendo appena gli occhi nell’avvicinarsi al moretto, fino ad arrivare a pochi passi da lui: «A quanto pare sei ancora vivo, Kamui-chan!»

«Fammi un favore, muori.»

«Su, su, ho ancora troppo da fare, per morire!» ridacchiò di rimando, posandogli una mano sulla testa e scompigliando i capelli con delicatezza, vista la fasciatura. Si voltò dunque verso Seishiro, senza chiedere nulla e, tuttavia, ricevendo un cenno d’assenso da lui: «Bene, mi metto ai fornelli. Avete preferenze?»

«Me ne vado.»

«Kamui-chan, non fare i capricci e aspetta buono buono che la cena sia pronta.»

«Spero tu stia scherzando…»

«Sei-chan, incatenalo, io vado in cucina.» concluse Fuuma, strizzando l’occhio in direzione del fratello, rientrando in casa. Il maggiore fissò lo sguardo sul vampiro, che per tutta risposta assunse un’espressione che lasciava poco alla libera interpretazione e alla quale, nel dubbio, aggiunse la versione verbale: «Azzardati a fare quello che ha detto e ti massacro.»

«No, no, ci tengo alla mia vita.» replicò subito l’altro, sorridendo e alzando le mani in segno di resa, lasciando cadere il silenzio fra loro per qualche minuto, prima di parlare nuovamente, il tono serio: «Per fortuna, Saiga non si è ancora mosso.» mormorò, senza fornire altre notizie, ma limitandosi ad aggiungere, prima di rientrare «Dopo cena dobbiamo parlare. Dopotutto, ci tieni a rivedere Subaru, no?» disse, scuotendo Kamui dall’indifferenza che aveva ostentato fino a quel momento.

Il vampiro l’osservo rientrare: se aveva toccato suo fratello, quella sarebbe stata l’ultima cena del cacciatore.

 

«Un’ottima cena, Fuuma.»

«Modestamente, a te le medicine e a me i fornelli, Sei-chan.» ribatté divertito il più giovane, mentre da una stanza adiacente a quella in cui si trovavano si udì chiamare il “signor Seishiro”, che con un lieve sospiro si rivolse a Kamui: «Kamui, ti spiace aiutare Fuuma a sgombrare? Io torno subito.» disse, uno sguardo significativo al vampiro, quasi a ricordargli che ancora dovevano parlare.

Kamui si limitò ad osservarlo uscire dalla stanza, commentando con uno “Tsk”.

«Eh, sembra proprio che Seishiro continui a risultarti insopportabile come sempre, eh?» buttò lì Fuuma, prendendo i piatti sporchi dalla tavola. Il vampiro lo fulminò con lo sguardo, prendendo i bicchieri con l’aria di chi sta facendo un enorme sforzo a non tirare quegli stessi bicchieri al proprio interlocutore, rispondendo con un secco e, a suo avviso, esauriente: «Mh.»

Notò Fuuma posare i piatti vicino al lavabo senza replicare, dunque si poté dire soddisfatto, avvicinandosi mentre l’altro si dirigeva nuovamente verso la tavola. Fece appena in tempo a posare i bicchieri vicino ai piatti, che la voce del cacciatore risuonò pericolosamente vicina al suo orecchio. Decisamente, troppo vicina, per i suoi gusti: «Kamui… perché te ne sei andato senza nemmeno salutare?» gli sentì domandare, mentre le braccia del cacciatore gli cingevano appena i fianchi. Poco mancò che il vampiro sobbalzasse, voltando la testa di scatto: «Mollami immediatamente.» sibilò. Sentì Fuuma sorridere, le labbra a sfiorargli i lobo, forse per caso: «Non era questa, la domanda.» lo rimbeccò.

Kamui estrasse le unghie, avvicinandogliele al collo: «Vediamo se così sono più chiaro, o se oltre a spiegartelo a voce ti serve anche un disegnino. Mollami.» sibilò di nuovo, il tono gelido, mentre Fuuma scioglieva la lieve presa sui suoi fianchi, il sorriso sarcastico sul volto: «Mamma mia, come siamo intrattabili.»

«Tu impara a starmi lontano, e potremmo anche riscoprirci ad andare d’accordo.» replicò, allontanando mano e unghie da lui, fissandolo in cagnesco, quasi. Lo vide rimanere in silenzio ad osservarlo, prima di muovere nuovamente qualche passo verso di lui; Kamui non scostò lo sguardo, chiedendosi se per quel periodo in cui – grazie al cielo, a suo modesto avviso – non si erano incontrati, il cacciatore più giovane fosse totalmente uscito di testa o se invece, più semplicemente, avesse sviluppato delle manie suicide non indifferenti.

In ogni caso, comunque, lui era più che disposto ad andare incontro a queste sue manie, o a mettere per sempre fine alla sua follia. Per altruismo, ovviamente, non perché morisse dalla voglia di picchiarlo dai tempi di Acid Tokyo.

E allora, se quelli erano i suoi propositi, perché anche se Fuuma era in avvicinamento lui, anziché puntargli le unghie al collo per la seconda volta, si stava limitando ad indietreggiare? Perché non riusciva a sostenere lo sguardo, fin troppo serioso per come lo ricordava, del cacciatore?

Da quando lui… lo guardava a quel modo?

«Stai indietreggiando, Kamui-chan…» gli sentì dire e, benché se ne fosse già accorto senza bisogno dell’illuminazione da parte sua, non poté fare a meno di continuare, almeno fino a che le spalle non toccarono una superficie fredda, piastrellata: il muro. Riportò lo sguardo sul cacciatore, deciso a pestarlo a sangue nel momento stesso in cui anche solo un suo dito si fosse avvicinato troppo per gli standard che gli concedeva. Che fossero pressoché nulli, era un dettaglio trascurabile.

La mano del moro si posò sul muro, a lato del volto del vampiro, l’altra tenuta lungo il proprio fianco, lo sguardo su Kamui: «Dove sei stato per tutto questo tempo, Kamui?» chiese, il tono basso.

«Lontano da te e da tuo fratello.»

«Per Subaru, vero?»

«Visto che lo sai, la nostra conversazione può finire qui, direi.» concluse, secco, muovendosi per togliersi da quella posizione scomoda e indesiderata. O almeno, l’intenzione era quella, se non si considerava un ipotetico movimento di Fuuma, volto a bloccarlo fra il muro e il proprio corpo, senza possibilità di fuga finché il cacciatore non si fosse deciso a togliersi di mezzo.

«Che cosa diamine vuoi?» domandò esasperato il vampiro, fissandolo con chiaro nervosismo. Fuuma, per tutta risposta, mantenne lo sguardo fisso in quello del ragazzo, costringendo quest’ultimo a distogliere il proprio. Perché? Perché diamine non faceva quel suo solito sorrisetto da idiota, facendolo innervosire e dandogli una buona motivazione per mandarlo al diavolo?

Perché continuava a guardarlo seriamente, come se da un momento all’altro avesse dovuto comunicargli la peggiore delle notizie? Per quale stramaledetto motivo continuava a fissarlo con quell’espressione così identica a quella di Subaru, quando da solo pensava al cacciatore che adesso, vittima di chissà quale squilibrio mentale, stava giocando a fare il medico nella stanza adiacente?

Non capiva.

Così come non capiva perché quell’espressione gli imponesse di non attaccarlo, di avere una sorta di accondiscendenza nei suoi confronti, quasi gli fosse dovuta la sua pazienza, che spesso faceva vacillare.

Non capiva perché gli sembrasse per la prima volta un essere umano.

Perché sembrasse provare quella cosa di cui gli esseri umani avevano così tanta paura…

…ma poi, era davvero dolore quello che gli sembrava di notare?

In fondo, lui non lo conosceva abbastanza da poterlo riconoscere.

Non quello fisico.

Lo vide chinare il capo verso di lui, facendo sfiorare i loro volti, poggiando la fronte al muro, accanto alla propria testa. Sospirò, quasi sollevato, senza comprenderne il motivo: «Ti ho cercato… in lungo e in largo. Ma sembravi scomparso nel nulla. Sembrava che non avessi più alcuna intenzione di tornare Kamui.» gli sentì soffiare vicino al suo orecchio, di nuovo.

Si irrigidì appena: «Per la sicurezza di Subaru, più sto lontano da tuo fratello e meglio è.»

«Lo so.» gli sentì replicare, non senza una certa sorpresa.

Stupore che aumentò esponenzialmente nel momento in cui, poco dopo quell’affermazione che dal cacciatore di certo non si sarebbe mai aspettato, sentì le sue labbra sfiorargli il collo, in un contatto veloce e leggero. Stavolta, sussultò visibilmente: «Che cavolo stai facendo?!» sbottò, non senza imbarazzo.

Insomma, quello che era stato l’unico di tutta Tokyo a poter vantare di riuscire a tenergli testa, il cacciatore che aveva imparato – per di più senza sforzo – a non sopportare, stava facendo il carino di punto in bianco, senza motivo, e soprattutto con la persona sbagliata!

«Scusate il ritorno, il vecchio Shu…» disse Seishiro, rientrando nella stanza e tacendo appena notò i due e la posizione che di dubbio aveva ben poco. Sorrise, come sempre, sdrammatizzando la cosa: «Ops, sembrerebbe che io abbia interrotto qualcosa!» commentò divertito «Fuuma, posso rubartelo un attimo? Prometto che poi ti faccio una consegna a domicilio in camera.» aggiunse, ridacchiando, osservando il fratello minore allontanarsi dal vampiro e rimettersi a sistemare la tavola. Kamui, da parte sua, sembrò disorientato più dallo scambio fra i due che dalla posizione in cui si era trovato fino a qualche istante prima, ma il cenno di Seishiro che lo invitava a seguirlo gli fece anche tornare in mente le parole del cacciatore a proposito di suo fratello. Improvvisamente lucido, si scostò dal muro pronto a seguirlo, fermandosi quando una mano gli si posò sulla spalla, bloccandolo nuovamente.

Prima che potesse reagire in qualsiasi modo, Fuuma lo fece voltare in modo da poterlo guardare in faccia, ma si limitò a portare la mano che non stringeva il braccio del vampiro all’altezza della fasciatura, allentatasi senza che Kamui se ne accorgesse, sistemandogliela con gesti veloci e precisi, attento a non provocargli fitte in alcun modo: «Se si allenta troppo, fattela cambiare.» disse, semplicemente, tornando poi al lavabo.

Kamui non replicò, limitandosi ad abbassare impercettibilmente lo sguardo e a seguire quindi Seishiro.

 

***

 

«Ma questo… cosa diamine…?» domandò Subaru, lo sguardo mantenuto di fronte a sé a dir poco sbalordito. Saiga ridacchiò appena, ma senza allegria: «Il motivo di cui ti parlavo. E il motivo per cui sostengo che non è affatto detto che riusciamo a riportare indietro tuo fratello.»

Kakei sospirò appena, notando il terrore attraversare per un attimo gli occhi verdi del più giovane, posandogli una mano sulla spalla: «Ma è pur vero» iniziò, il tono calmo, cercando di rilassarlo «Che ti ho portato da uno dei migliori investigatori sul mercato.» asserì, facendogli l’occhiolino. Subaru sorrise lievemente, grato del tentativo di Kakei di tranquillizzarlo, voltandosi poi verso Saiga: «Ci deve essere un modo per tentare di farlo tornare qui.» disse, in quella che più che un’affermazione era una speranza. Il moro lo osservò, prima di portare lo sguardo di fronte a sé, su quelle “cose”, che costituivano il suo lavoro, ma che avrebbe preferito non fossero mai esistite: «Beh, posso fornirti i mezzi, ma ti avviso, ragazzino» disse, una nota di ammonimento nella voce «Dipende tutto da tuo fratello.»

 

***

 

«Siediti, Kamui, non è una cosa che posso spiegarti in due parole.» disse Seishiro, il tono cortese e tuttavia serio, diverso da quello con cui lo aveva accolto, ma diverso anche da quello che Kamui gli aveva sempre sentito utilizzare. Quel misto di derisione e ironia che mai aveva sopportato. Rimase in piedi, dissentendo con il capo: «Preferisco non sedermi.» si limitò a rispondere, osservandolo «Cosa intendevi con quella frase su Subaru? Se gli hai fatto qualcosa, ti consiglio di esprimere l’ultimo…»

«Calma, calma.» lo redarguì il più grande «Andiamo per gradi. Tuo fratello è sano e salvo, e se non lo è la cosa è indipendente da me. Piuttosto, come sta il mio, di fratello?» domandò, lasciando perplesso Kamui, che non capiva dove il cacciatore volesse andare a parare, ricordandogli che Fuuma, in ogni caso, stava abbastanza bene da… comportarsi in quel modo, ecco.

«Mi è sembrato fin troppo in buona salute, a te no?» ironizzò il vampiro, cercando di scacciare l’immagine di ciò che era avvenuto poco prima, mentre Seishiro lo fissava per qualche istante prima di replicare: «No, non mi è sembrato.»

Kamui lo fissò, mascherando l’incredulità per quell’affermazione: «Allora non voglio sapere cosa fa quando sta bene.»

«Fossi in te non ci scherzerei troppo, Kamui.» replicò Seishiro, con una nota d’irritazione nella voce, che mai Kamui gli aveva sentito, quando si era rivolto a lui in passato, sebbene non avessero certo avuto numerose occasioni per fare conversazione, specie considerando che quando accadeva si riduceva tutto in un insieme di imprecazioni da parte sua, e monosillabi irritanti da parte del cacciatore. Il vampiro non disse nulla, lasciando che fosse il cacciatore a riprendere la parola: «Perché sei qui? Cosa non ti va bene?»

«…Eh?» fu costretto a chiedere, visto che davvero non comprendeva il filo logico di quel discorso, sempre ammesso che ci fosse. Vide Seishiro sospirare paziente, come se quelle sue parole fossero state un’ovvietà che Kamui non capiva quando persino un bambino sarebbe già arrivato al nocciolo della questione al suo posto.

«Sai perché non c’è Subaru, con te?» chiese, senza dargli il tempo di rispondere, conscio che si trattava di una domanda retorica: «Perché Subaru non è in questo mondo.» spiegò, lasciandogli il tempo di assimilare la cosa. Il giovane vampiro tacque, lo sguardo su Seishiro quasi cercasse di indovinare il momento in cui gli avrebbe detto: “quanto sei stupido Kamui, ci hai creduto”. Parole che non arrivavano, e che sembravano destinate a non essere mai pronunciate.

«Cosa significa? Dove siamo?» domandò, guardingo, sedendosi.

«Te l’avevo detto di sederti.» scherzò su Seishiro, riprendendo però quasi subito il discorso, senza dargli modo di replicare: «Qui siamo in un mondo diverso da quello di tuo fratello. Probabilmente, vi siete divisi dove è rimasto lui, mentre tu sei finito qui. Devi aver dimostrato una certa… compatibilità. O non saresti qui.» replicò, concedendosi una pausa per soppesare le parole con le quali avrebbe dovuto spiegargli la situazione. Lo sguardo, che era stato lasciato vagare per la piccola saletta dove si erano sistemati, tornò sul vampiro: «Cerco di spiegarmi meglio, Kamui. Questo mondo è definito da quasi tutti “l’interno”.»

«Ci resti male se ti dico che i tuoi propositi di spiegarti meglio non stanno perseguendo l’obiettivo?»

«No, ma vorrei che tacessi un secondo e mi facessi dire più di tre frasi di seguito, così forse ti chiarisco un po’ le idee senza costringerti a passare la notte in bianco.» replicò Seishiro, osservando il vampiro sbuffare.

Sorrise, enigmatico come il Seishiro di sempre faceva: «Dicevo, questo mondo è definito “l’interno” da molte persone, e con diversi significati. Lo chiamano così quelli che sono nel mondo dove si trova tuo fratello, quelli di questo stesso mondo che sono consapevoli della propria natura, e quelli di altri mondi paralleli a questo e subordinati a quello di tuo fratello. Mi segui, fin qui?»

«Poco.»

«Bene.» disse, apprezzando la sincerità in quel discorso delicato e complesso: «Supponiamo che tu ami i fiori, Kamui.»

«Ti sembro una ragazzina con la voglia di fare coroncine di fiori?»

«Veramente sto cercando di spiegarmi con un esempio semplice, e farlo immaginandoti con una ghirlanda di boccioli in testa non è il massimo.» replicò quello, provocando nel giovane vampiro un moto di stizza: «Dicevo, se supponiamo che tu sia un amante dei fiori, Kamui e un giorno, per sbaglio, tu ne calpestassi uno, cosa faresti?» domandò, con calma.

«…»

«Va bene, ho capito, cambiamo esempio.» si arrese notando il silenzio e l’espressione del vampiro, riprendendo quasi subito «Facciamo finta che qualcuno ferisca Subaru, che è una persona molto importante per te. Quando lo scopri, qual è la prima cosa che fai?»

«Scovo il colpevole e lo massacro.»

«…Ok, e la seconda cosa che fai?» domandò, fissandolo.

«Cercherei di curarlo, ma mi chiedo se non ci sia un modo più semplice e sbrigativo per spiegarmi la cosa.»

«Ci arriviamo anche così. Cerchi di curarlo. E penseresti, “vorrei che non fosse mai accaduto”?» insinuò il cacciatore, attendendo in silenzio una risposta che non tardò ad arrivare.

«Mi sembra ovvio.»

«E questo ci velocizza la spiegazione, sappilo. Qui, anzi, nel mondo dove si trova ora Subaru, avviene la stessa cosa. Lì arrivano persone da molte dimensioni diverse, che hanno dei rimpianti, dei sogni… o dei desideri. Talmente forti e che tengono così nascosti, che alla minima disattenzione sarebbero capaci, se potessero, di prendere il sopravvento sulla persona stessa.» spiegò, chinandosi appena in avanti, i gomiti poggiati sulle ginocchia. Kamui lo fissò, prestando attenzione malgrado l’identità del suo interlocutore. Si limitò ad annuire, senza dire nulla.

Seishiro, parve soddisfatto: «A quel punto, nasciamo noi.»

«Ti prego, non mettermi davanti alla prospettiva che tu sia un mio desiderio, perché allora c’è un’anomalia. Non ti vedo agonizzante a terra a chiedere una pietà che non ti concederò mai.» ironizzò – ma neanche tanto per scherzo, forse – osservandolo. Seishiro rise, divertito, per assurdo che potesse sembrare: «Diciamo che io sono una versione.» disse.

«Peggio ancora, ce ne sono più di due…»

«Sì, molti di più. Ci sono tante sfaccettature quanti sono i tuoi desideri che mi vedono personaggio di un ipotetico futuro. Mi spiego meglio.» lo anticipò, cosicché Kamui dovette tacere: «Tu e Subaru, siete arrivati nel mondo “esterno”. Ci siete arrivati insieme, ma nel momento in cui vi siete giunti, i tuoi desideri si sono dimostrati più forti e tu il più compatibile fra i due ad essere catapultato qui. Il tuo desiderio di proteggere tuo fratello, sembra uno solo, ma in realtà contiene molteplici desideri.» continuò, concedendosi pause brevissime, solo per accertarsi che Kamui stesse seguendo il discorso: «Vorrei proteggere Subaru. Vorrei che Seishiro smettesse di darci la caccia. Vorrei che Fuuma non mi seguisse. Vorrei che Fuuma non mi rivolgesse la parola. Vorrei che Subaru mi amasse. Vorrei che Seishiro mi odiasse. Vorrei che mio fratello odiasse Seishiro. Vorrei che Seishiro morisse.» elencò, uno dopo l’altro, i desideri che Kamui aveva riunito in un semplice: “vorrei proteggere Subaru da quel dannato cacciatore”.

«Questi, sono desideri molto forti in te. E creano altrettante dimensioni in cui ti è possibile finire all’arrivo nel mondo “esterno”, Kamui. Ognuno di quei mondi, viene definito “l’interno”. Perché è un desiderio di chi vi si è perso. E alla fine, il desiderio più forte nel momento in cui hai messo piede nel mondo “esterno”, diventa il mondo in cui verrai trascinato. E tu sei qui.» concluse.

Kamui si concesse diversi attimi per assimilare il tutto, e dovette ammettere che il discorso di quel Seishiro non faceva una piega: spiegava perché il cacciatore era un medico, se non altro.

«E questo mondo, a quale desiderio corrisponderebbe?» domandò, scettico.

« “Vorrei che tutto fosse diverso”. Per questo io non sono un cacciatore, per questo non mi interesso di Subaru, per questo…» indugiò, forse per la prima volta da quando Kamui era arrivato lì «per questo vorrei che tu non trattassi questo Fuuma come quello che hai conosciuto altrove.» disse. Kamui l’osservò attentamente, l’espressione indecifrabile.

«Perché? Lui sembra idiota esattamente quanto l’altro.» disse, facendo ridacchiare nuovamente Seishiro.

«Quello è dovuto al fatto che, di base, sono la stessa persona, o quanto meno la stessa anima o una parte di essa. Sono solo alcune caratteristiche che cambiano per assecondare il tuo desiderio. Kamui, io credo che tu abbia desiderato un Fuuma diverso, senza dubbio, da quello che conosci. E avendo ben presente il Kamui di questo mondo, non fatico nemmeno ad indovinare sotto quali e quanti aspetti dovesse essere diverso.» aggiunse. Kamui tacque, la mente che oscillava tra quella spiegazione decisamente complessa, e la scena in cucina interrotta dallo stesso Seishiro: «Perché io e l’altro Kamui non ci siamo incrociati?» chiese, a bruciapelo.

E vide Seishiro alzare lo sguardo di scatto su di lui.

«Perché il Kamui di questo mondo non è più qui. È partito, senza avvisare nessuno e senza lasciare tracce.»

«Per quale motivo?»

«Non posso dirtelo.»

«Ha abbandonato il Subaru di questo mondo?»

«Non posso dirtelo, Kamui.»

«Non vedo perché proprio adesso devi metterti a fare il misterioso!»

«Perché se te lo raccontassi, rimarresti certamente bloccato in questo mondo! Ma tu non appartieni a questo luogo, Kamui, non puoi permetterti di rimanere e io non devo permetterti di farlo, peggio ancora non devo assolutamente agevolarti!» sbottò il medico, fissandolo duro.

«Grazie, ma non ho bisogno del tuo aiuto.» replicò, aspro.

«Detta in tutta sincerità, Kamui, di te mi interesso entro un certo limite. Non sei il Kamui che ho conosciuto, quindi potresti anche marcire in questo mondo creato da un desiderio che hai continuato a rifuggire perché troppo codardo per affrontarlo.» giudicò, secco e senza riguardi «Ma non ho intenzione di portare Fuuma a stare peggio di così.»

 

 

Sentì diversi passi in corridoio, prima che qualcuno abbassasse la maniglia per entrare nella stanza. Si voltò verso la porta, notando Kamui richiudersela alle spalle; perplesso, si limitò a mettersi a sedere: «Tu e Sei-chan avete finito di parlare?» chiese, il tono tranquillo.

«Mh.» si limitò a rispondere il vampiro, guardando altrove, analizzando la stanza, le parole del cacciatore – non riusciva proprio a pensarlo medico, era inutile – ancora vivide nella mente. Avrebbe anche retto la spiegazione, ma già iniziava a vacillare all’ipotesi di non poter più rivedere Subaru. Eppure no, non bastava.

Seishiro aveva voluto essere così gentile da spiegargli che finché non esaudiva almeno in parte il desiderio che l’aveva condotto lì – “giusto il tanto che serve a diminuirne il potere che ti blocca in questo mondo”, aveva detto – non ne sarebbe uscito, ma d’altra parte, lui si rifiutava categoricamente di accettare il desiderio che Seishiro, con chissà quale analisi, aveva scovato. E soprattutto, non voleva l’aiuto di Fuuma.

«Kamui-chan, tutto bene?»

«Dopo una chiacchierata di più di un’ora con tuo fratello? Come potrei.» osservò lui, acido. Sentì Fuuma ridacchiare divertito: «Ah, proprio non andate d’accordo, eh?»

«Non dirmi che è una novità.» disse Kamui, sedendosi dall’altra parte del letto. Eccolo, un altro danno esistenziale di produzione “medica”: doveva dormire con Fuuma. Assurdo. Per non dire allucinante. Sentì una mano posarsi sulla sua testa e scompigliargli i capelli, mentre voltandosi vide il viso di Fuuma abbastanza vicino, ma mai quanto lo era stato in cucina prima: «Su, in fondo Sei-chan ti vuole bene.» lo tranquillizzò Fuuma.

Perfetto… quando mai l’affetto di Seishiro non era stata una delle sue maggiori preoccupazioni?

«Non te la prendi a male se ti dico che dell’affetto di tuo fratello, non mi interessa nulla, vero?»

«No, non me la prendo. Però potrei offendermi se la cosa si riflettesse anche su di me.» replicò il più grande, con un sorrisetto sulle labbra.

Simili.

Troppo simili, quel Fuuma e quello da cui stava scappando.

Sospirò; perché doveva fargli domande che temeva di sentirsi rivolgere dall’altro Fuuma, quello del suo mondo? Per quale motivo doveva essere costretto a fare in conti con lui in quel mondo, solo per avere la possibilità di abbandonare lo stesso e ricongiungersi a suo fratello? Non c’era logica, nemmeno un po’.

«Ti ho messo in imbarazzo di nuovo.» commentò Fuuma, dando un’altra scompigliata ai capelli del vampiro, prima di alzarsi dal letto, mentre Kamui sussurrava un “idiota”, forse udito, forse no.

«Perché?»

«Mh? Perché cosa, Kamui?»

«Perché prima… insomma, in cucina. Perché?» chiese, un lieve rossore a colorargli la pelle chiara del volto, mentre Fuuma lo osservava dapprima perplesso, poi stupito, ed infine con quel sorrisetto divertito sulle labbra. Si chinò verso di lui, poggiando le mani su materasso, a sinistra e a destra del vampiro, così da mantenersi stabile, il viso abbastanza vicino a quello dell’altro: «Perché le parole, o perché i gesti?»

«Tutti e due…» mormorò in risposta Kamui, lo sguardo altrove.

«Le parole, perché sei sparito senza dire niente, senza più farci sapere nulla. Mi sono preoccupato.» disse, chinandosi ulteriormente a baciargli una guancia «Mi sei mancato.» aggiunse, tornando di fronte a lui, il sorrisetto serafico ancora ad increspargli le labbra sottili. Kamui, al contatto con le labbra del ragazzo sulla propria pelle, arrossì leggermente, stavolta in maniera più visibile di quella precedente. Se quello era il perché delle parole, iniziava seriamente a pensare di non voler conoscere quello dei gesti.

Vide Fuuma indugiare ancora qualche istante, prima di parlare: «I gesti» riprese, poggiando il peso solo sulla destra, mentre la mancina arrivava all’altezza del viso, a carezzare l’altra guancia, e lui si chinava a sussurrargli all’orecchio «perché ti…» disse, in tono così basso che se non fosse stato così vicino, probabilmente nemmeno Kamui l’avrebbe sentito.

Eppure, aveva compreso ogni parola di quella breve frase.

E se anche non l’avesse mai ammesso, il colore tendente al purpureo che ormai gli colorava il volto, avrebbe parlato per lui in ogni caso. Fuuma si tirò indietro, quel tanto che bastava a tornare con il proprio viso di fronte a quello del vampiro, i respiri che quasi si mescolavano.

Era quello… era quello lo stupido e infantile desiderio che lo aveva trascinato lì.

Sentirsi dire quelle parole, sentirgli dire quelle parole.

Con la sua voce, nessun’altra.

Con il suo respiro regolare, con la mano calda che accarezzava la sua guancia.

Esattamente così.

«Kamui…» mormorò Fuuma, sfiorandogli le labbra con le proprie in un tocco fugace, facendolo sussultare impercettibilmente. Era ciò che desiderava, eppure… sentiva che c’era qualcosa che non andava, qualcosa di sbagliato. A cominciare dal fatto che lui non sarebbe rimasto lì per sempre, e forse il vero Kamui di quel mondo non sarebbe mai tornato: e allora per quel Fuuma sarebbe stato molto peggio.

Lui non era il Kamui che Fuuma voleva.

E per quanto quel mondo fosse il riflesso di un suo desiderio, quello non era il Fuuma che lui voleva.

Anche se identici.

Anche se la voce, le parole, i gesti, erano simili.

Anche se sembrava lui.

«…torna nel tuo mondo.» gli sentì sussurrare sulle sue labbra, prima di allontanarsi.

Kamui lo fissò allibito: «Te ne eri… accorto?» domandò, incerto per la prima volta su quale tono dover utilizzare. Lo vide sorridere di quel sorriso che conosceva bene: «Certo che sì. Innanzitutto, il Kamui di questo mondo è meno manesco di te.» disse, divertito «Poi, se lo chiamo “Kamui-chan” diventa intrattabile. Ma al contrario di te, lo diventa perché solitamente lo chiamo con un altro soprannome più… più intimo, diciamo.» aggiunse, lasciando ad intendere più di una cosa, senza per questo aggiungere altro al riguardo: «E infine, tu hai la stessa espressione che ho visto a Kamui la prima volta che ci siamo incontrati. L’aria di chi è solo e ha tutta l’intenzione di restarci per chissà quale stupido motivo dovuto ad un altrettanto stupido atteggiamento eroico. E malgrado le intenzioni, si vede lontano un miglio che desiderate qualcuno accanto. Solo che siete due mocciosi cocciuti e per farvelo capire ci vuole un’eternità.» concluse. Kamui stava per aprire bocca, ma Fuuma lo anticipò: «Il Kamui di questo mondo, non ha quell’espressione da diverso tempo. Quindi non potevi essere tu.»

«Ah…» riuscì a dire, osservandolo stiracchiarsi, come se anziché spiegargli per filo e per segno pensieri che lui stesso faticava a formulare, gli avesse raccontato la favola della buonanotte. Fuuma lo osservò di rimando, sedendosi di nuovo affianco a lui: «Allora, com’è?»

«Com’è cosa?» chiese, spiazzato.

«Com’è il tuo Fuuma?»

«Già parti male definendolo “mio”.» disse, imbarazzato sebbene cercasse di nasconderlo, provocando la risata dell’altro: «Kamui-chan, intendevo “quello del tuo mondo”, sei tu che la pensi in altri termini.» lo prese in giro, il tono bonario. Il vampiro sbuffò: «Se ti consola siete entrambi insopportabili quando vi comportate così.» sbottò, voltandosi dall’altra parte. Fuuma sospirò paziente: «E a parte l’essere insopportabili abbiamo altre cose in comune o diverse? Che so, magari il modo di comportarsi con te?» lo incalzò.

E fu allora, che Kamui se ne accorse, non senza una certa sorpresa: i due Fuuma, si comportavano in maniera pressoché identica. Certo, il Fuuma del suo mondo non lo aveva mai inchiodato al muro – per fortuna sua, bene inteso – ma l’atteggiamento, le parole, la voce, il modo di porsi, di prenderlo in giro, non differivano poi molto fra l’uno e l’altro. E non sapeva perché, ma aveva la sensazione che quella non fosse una buona cosa.

«Oh, sembri essertene accorto!» esclamò Fuuma, il tono divertito.

«Cosa?»

«Che non è Fuuma, ad essere diverso.»

«Cosa stai insinuando?»

«Niente più di quello che già sai. Ossia, che quello che cambia e permette alle situazioni e ai legami di cambiare sei tu, non lui.» spiegò.

«Mi stai dicendo che qui sono il migliore amico di tuo fratello, che odio il mio? E magari ora scopro anche che mi sono gettato ai tuoi piedi, implorandoti di mostrarmi il tuo affetto inchiodandomi al primo muro che avevi vicino.» ironizzò, l’imbarazzo dell’ultima parte appena percepibile nella voce.

«A grandi linee.»

«CHE COSA?!»

«Dai, Kamui-chan, stavo scherzando! Qui si modificano alcune cose delle persone originali, non si compiono certo miracoli!» lo prese in giro «Ovviamente il cambiamento in alcuni caratteri porta a uno svolgersi della vita differente, ma addirittura gettarti ai miei piedi è un tantino eccessivo.» continuò, senza riuscire a trattenere un leggero sghignazzare alla faccia sconvolta che il vampiro si era concesso insieme all’ultima esclamazione. Stette un attimo in silenzio, quasi soppesando un seguito di quella spiegazione – o era una provocazione? – prima di fornirla al più giovane: «Il Kamui che conosco io, si fa semplicemente meno problemi. Disdegna chi non gli piace, avvicina chi gli piace. Non si cura di chi odia, protegge chi ama. Se ci pensi, non è un concetto così difficile da capire, no?» gli chiese, portando lo sguardo su di lui.

Già.

Non era così difficile, no?

 

***

 

«Bene, così dovrebbe essere sufficiente.» disse Saiga, allontanando Subaru dallo specchio. Il giovane vampiro fece quanto detto, coprendo il braccio con la stoffa, il sangue ormai già fermatosi. Fissò in ansia la superficie in vetro, che non rifletteva la sua figura, né quella di Saiga o Kakei; un mondo nello specchio, creato per riflettere il desiderio più forte di suo fratello. Un desiderio che lui non poteva vedere e quindi nemmeno esaudire per poter riportare indietro Kamui, che solo poteva decidere se tornare o rimanere in quel mondo dove – così gli aveva spiegato Saiga – poteva realizzare quel desiderio molto più facilmente che se si fosse trovato in qualsiasi altro mondo.

Sospirò, sentendo una mano di Kakei posarsi sulla sua spalla, con fare rassicurante: «Vedrai, tornerà.» disse l’uomo, gentile. Subaru fissò lo specchio, senza dire una parola, mentre Saiga si allontanava e lo affiancava: «Ti avviso, potrebbe anche non funzionare. Pochi tornano indietro, te l’ho spiegato. E se tuo fratello è deciso a restare lì…» lasciò in sospeso, osservando Subaru stringere i pugni, imponendosi una calma che in quel momento non possedeva. Sentì Saiga sospirare: «D’altra parte, tuo fratello sembra un vero piantagrane, per come me lo hai descritto. Magari anche di là si sono stancati di averlo fra i piedi, e ce lo rimandano indietro con tanto di protesta.» scherzò su, cercando di sdrammatizzare, facendo calare una minima parte di quella tensione che era divenuta palpabile appena gli aveva spiegato cosa fosse quello specchio.

«Beh, signorino… adesso dipende da te.» disse, dandogli così il permesso di avvicinarsi allo specchio. Subaru mosse qualche passo, avvicinandosi all’oggetto, ben più alto di lui; rimase ad osservarlo per qualche istante, prima di tendere una mano verso di esso, incerto, quasi temesse di ridurlo in pezzi solo sfiorandolo.

«Kamui…» mormorò, senza toccarlo, inspirando appena. Se qualcosa fosse andato storto…

«Sta fermo!» sentì esclamare alle sue spalle, mentre qualcuno gli afferrava il polso, allontanando la sua mano dallo specchio: «Ma cosa…?!» sbottò, voltandosi e rimanendo sorpreso nel ritrovarsi ad osservare suo fratello, apparso da nulla e chissà quando, poi.

«Kamui?! Ma… ma come…»

«Non toccare quello specchio.» replicò in direzione di Subaru, spostando poi lo sguardo prima su Saiga e poi su Kakei, che lo fissavano con l’espressione in un misto tra sorpresa e curiosità. Il moro fu il primo a rivolgersi ai due fratelli: «I miei complimenti, ragazzino, sei uno dei pochi che possono vantare di esserne usciti.» disse, un cenno del capo verso lo specchio, che ancora non rifletteva nessuna delle loro figure.

Subaru fissò il fratello, ansia e preoccupazione nello sguardo: «Kamui, come…?»

«Non potevo rimanere lì.» replicò lui, l’espressione indecifrabile, lo sguardo rivolto all’oggetto. Kakei l’osservò in silenzio, un lieve sorriso sulle labbra, un cenno a Saiga, quasi impercettibile: «Dopo.» sussurrò all’uomo, ben attento a non farsi sentire dai gemelli. Saiga annuì, rivolgendosi poi a Kamui: «Beh, direi che possiamo allontanarci da qui.»

«E lo specchio? Che ne farete?»

«Normalmente, li custodiscono perché all’interno ci sono le persone che si sono perse. Ma quando ne escono, tendiamo a distruggerli.»

«E… le persone all’interno?»

«Spariscono. Ma sono pur sempre delle proiezioni dei desideri degli originali che giungono qui.» spiegò Saiga, per poi tacere, dando il tempo al vampiro di rispondere. Kamui rimase in silenzio, pensieroso, e distratto solo dalla mano di Subaru che sfiorava la sua: «Fratello, cosa c’è che non va?»

«Sono lì dentro.» rispose, inizialmente criptico «Un Fuuma diverso, un Seishiro diverso. Credo che, da qualche parte, ci siano anche altri Subaru e Kamui.» aggiunse, lasciando intendere al fratello più di quanto lui stesso volesse comunicare. Era chiaro, ai suoi occhi, il pensiero di Kamui.

Non voleva cancellare le persone all’interno.

E d’altra parte, Kakei era stato chiaro nella sua spiegazione, su quel punto: le persone “all’interno”, non differiscono in molte cose dagli originali. Solo alcune caratteristiche. E forse, quelle poche differenze non avevano reso il Seishiro di quel mondo così detestabile per suo fratello, forse il Fuuma che vi aveva trovato non era qualcuno che Kamui volesse uccidere, o “cancellare”, come specificato da Saiga nella sua spiegazione.

Come personaggi di una storia che si inventa per modificare la propria.

Ci si affeziona spesso al punto tale che concludere o interrompere la storia diventa una scelta difficile, spesso insopportabile, altre volte dolorosa; un tipo di dolore che non è fisico, che non è mentale, che forse non è nemmeno reale, ma che si avverte con ogni parte di quel sé stesso che ha riversato un po’ della propria anima in ogni singola persona. E Kamui, era così.

Scrittore e creatore di esistenze che ora doveva decidere di distruggere e cancellare.

«Adesso, comunque, tutto è ricominciato dall’inizio.» disse Saiga, interrompendo i pensieri di Subaru e destando l’attenzione di Kamui. Questi lo osservò, lievemente accigliato, senza comprendere: «Che cosa vuol dire?» chiese.

«Vuol dire che ora, quel mondo è tornato indietro. Se come credo hai incontrato qualcuno, questo qualcuno deve averti spiegato qualcosa di quel mondo, a cominciare da cosa fosse. In caso contrario, non avresti avuto nemmeno coscienza del fatto che era un luogo fittizio, e non ne saresti uscito mai. In fondo, è quello che capita alla maggior parte delle persone che si smarriscono.» spiegò, osservandolo annuire appena, e decidendo dunque di continuare: «Quindi, saprai che prima del tuo arrivo c’è stata una storia, alternativa visto le differenze delle persone che vi hai trovato, che aveva portato allo sviluppo della situazione che hai trovato.»

«Insomma, il loro passato?»

«Qualcosa del genere.» asserì Saiga, spostando lo sguardo sullo specchio «Quando il creatore dei mondi “interni” entra in uno di questi, ci sono due possibili evoluzioni. Se vi rimane intrappolato, manda avanti la storia, finché non ne esce. O finché non muore.» disse, concedendosi una breve pausa «Se invece ne esce, il mondo interno si… riavvolge su sé stesso. Torna indietro, ecco, ricominciando a vivere quel passato che si interromperà quando il creatore vi si smarrirà dentro di nuovo. Ma questo, difficilmente succede, quindi si distruggono gli specchi.» concluse.

Kamui rimase in silenzio, conscio in parte di cosa significasse lasciare che il passato venisse rivissuto dalle persone all’interno dello specchio: Seishiro, probabilmente, avrebbe nuovamente scoperto che il lavoro di cacciatore in quel mondo non era fatto per lui, e avrebbe optato per fare il medico. Fuuma avrebbe conosciuto il Kamui di quel mondo, probabilmente instaurando con lui un rapporto che inizialmente, non differiva molto da quello che lui aveva con il cacciatore del proprio mondo.

E, probabilmente, quel Kamui se ne sarebbe andata di nuovo, ancora senza spiegare nulla, di nuovo senza avvisare nessuno.

Lasciar tornare indietro quel mondo, significava far rivivere di nuovo tutto alle persone all’interno: tutto, dagli avvenimenti più stupidi a… «ai più dolorosi.» sussurrò, in maniera quasi inudibile.

«Cosa?» indagò Saiga, osservandolo.

«Non voglio che distruggiate quello specchio.» disse, secco, voltandosi per uscire da quella stanza quasi opprimente. Subaru lo seguì a ruota, un veloce cenno a Kakei, per poi uscire dalla stanza.

Dovette mantenere un passo velocizzato, per affiancare il fratello, che camminava senza nemmeno prestare attenzione alla direzione presa. Tacque, come rispettoso di quel silenzio in cui Kamui sembrava aver bisogno di chiudersi. Avanzò senza parlare, almeno finché non fu Kamui stesso a fermarsi: alzò lo sguardo poco dopo che suo fratello ebbe fatto lo stesso, e una goccia gli bagnò inaspettatamente la guancia.

Pioggia.

E nessun dolore, nessun acido a corrodere le rocce, gli edifici, o la terra stessa.

«Kamui… chi di loro, ti ha fatto tornare?» domandò, unica curiosità che si sarebbe concesso, almeno fino a che suo fratello non avesse deciso di raccontargli cos’era accaduto nello specchio.

Lo vide mantenere lo sguardo verso l’alto, la pioggia che s’infittiva, bagnando entrambi.

«Nessuno.» sussurrò.

«Ma…»

«In quel mondo io… non sarei potuto rimanere in ogni caso.»

 

***

 

«E così, l’agenzia ha effettuato una ricerca con successo, stavolta.» disse Kakei, posando una tazza di thé fumante sul tavolo, di fronte a Saiga, che annuì senza aggiungere nulla alle sue parole. Attese che l’altro si fosse seduto e avesse sorseggiato appena la propria bevanda, prima di aprire bocca: «Hai visto qualcosa, vero? A proposito di quei due mocciosi.»

«Non ti si può nascondere nulla, eh?»

«Non vedo come potresti, dopo anni che viviamo insieme e conosco il tuo potere come le mie tasche.» rimbeccò Saiga, gli occhi celati dagli occhiali scuri sull’uomo di fronte a lui. Kakei sorrise come se non ci fosse nulla di cui preoccuparsi: «Sai che non posso rivelarti quello che ho visto.» disse, con tono gentile. Saiga annuì, sbuffando impercettibilmente.

Vedere il futuro e non poterne parlare. In parte ne capiva il motivo, o almeno pensava di riuscirci: «Già. Immagino che, altrimenti tutti, io per primo, faremmo di tutto per cambiare gli atteggiamenti del presente per modificare le parti di quel futuro che non ci piacciono.»

«Non è esattamente per questo. O meglio, non in questo caso.»

«Eh?» chiese Saiga, spiazzato da quella risposta. In fondo, quale altro motivo poteva esserci?

«Non posso dirti il futuro che ho visto, perché non ho visto il futuro di una sola persona. Ma di altre che tu non hai ancora incontrato, e nemmeno io.» spiegò Kakei, non chiarendo la situazione, in realtà.

«Non hai visto quei due?»

«Sì, ma non erano soli. Ci vorrà un po’ perché arrivino, quindi abbiamo tutto il tempo di prepararci.» continuò, spostando lo sguardo celato dagli occhiali sulla finestra che lasciava intravedere il maltempo scatenatosi subito dopo la partenza dei due gemelli: «Sai, è davvero strano vedere cose del genere.» buttò lì, e Saiga posò la tazza sul tavolo, fissandolo male.

«Kakei, o non mi dici niente o mi dici tutto.» disse, una nota indispettita nel tono che fece sorridere il compagno: «Oh, non fare il burbero. Sono sorpreso anche io, cosa credi?»

«Tu non ti sorprenderesti nemmeno se nel futuro vedessi una mia improbabile trasformazione in donna, quindi non farmi credere che il futuro che hai visto, o qualunque cosa fosse, ti ha sconvolto.» lo prese in giro, divertito. Kakei tacque, alzandosi e raggiungendo la finestra; la mancina andò a posarsi sul vetro: «Non mi ha sconvolto. Mi ha sorpreso.» lo corresse.

«Va bene, come preferisci. Lasciamo stare.» mise fine al discorso Saiga, conscio del fatto che quando Kakei decideva che doveva parlare per enigmi e farlo impazzire, era capacissimo di continuare a rigirare la situazione a suo favore all’infinito. Si alzò anche lui, stiracchiandosi: «Torno al lavoro.» annunciò.

«Saiga.» lo richiamò Kakei, voltandosi verso di lui, la schiena poggiata al vetro della finestra a cui stava dando le spalle: «Avvisa i tuoi colleghi di non toccare lo specchio che Kamui ha lasciato intatto. Nemmeno se glielo ordinasse un superiore.» disse.

«Beh, non che ci si possa fare molto in quel caso, ma glielo dirò. Perché, c’è qualche problema?»

«Potrebbe esserci. Lo specchio li ucciderebbe.»

«Che cosa?!» esclamò Saiga, stupito. Kakei sorrise in maniera strana, l’espressione indecifrabile, a metà fra la consapevolezza del reale significato delle proprie parole e l’impotenza di chi vede il futuro e proprio per questo non può interferirvi se non in piccolissima parte.

«Ucciderà chi cercherà di distruggerlo. Perché i personaggi che lo compongono, devono ancora incontrare qualcuno che non è ancora arrivato.»

 

«Non ti sopporto, parola mia!» esclamò il moro, fissando in cagnesco il proprio interlocutore.

«Sì Kamui, lo dici tutte le volte che Sei-chan ti mette alle strette e io gli do man forte.» replicò quello seguendolo in camera e chiudendosi la porta alle spalle. Aveva la sensazione che ai loro vicini interessasse ben poco il motivo per cui quel giorno Kamui era di cattivo umore.

«Evidentemente tutte le volte fai esaurire la mia pazienza!»

«Non è che magari hai livelli inferiori alla media?» chiese, scherzoso, beccandosi una cucinata in pieno stomaco. Beh, se non altro Kamui dimostrava di avere una mira discreta.

«Sta zitto e piantala di farmi la balia!»

«Kamui, andiamo, lo sai meglio di me che non puoi uscire da qui in questo periodo…»

«E sai quanto me ne frega del livello smisurato di iper protezione che vi portate appresso tu e Seishiro!»

«Adesso piantala!» tuonò il ragazzo più grande, avvicinatosi, afferrandolo per un polso e strattonandolo così da costringerlo ad avvicinarsi a lui e a guardarlo negli occhi, in quel momento estremamente seri.

«Non ti permetto di andartene in giro a rischiare la vita solo perché a mala pena conosci il significato della parola “pericolo”, va bene?! Se vuoi andare a farti ammazzare, mi dispiace che non rientra nelle mie priorità lasciar morire le persone che amo, quindi puoi scordarti di fare come ti pare.» concluse, secco.

Kamui sgranò gli occhi, distogliendo quasi subito lo sguardo: «Sei un bastardo…»

«Grazie.»

«Perché devi rivolgermi parole come quelle, sapendo che poi finirò con il fare come dici tu?» chiese, in un mormorio appena udibile, lo sguardo che analizzava un interessantissimo pavimento.

Fuuma si rilassò, portando una mano sotto il mento dell’altro, costringendolo ad alzare il viso e, conseguentemente lo sguardo. Il proprio volto a pochi centimetri dal suo: «Perché voglio sempre avere ragione, con te.» sussurrò, prima di avvicinare il volto a quello del più giovane, che a quelle parole era arrossito, posando le labbra sulle sue.

 

Osservò Saiga avanzare veloce lungo la strada, sotto la pioggia, diretto al lavoro dopo il suo avvertimento di appena due settimane prima, che non aveva potuto rendere in maniera più chiara di quella utilizzata, sebbene avere segreti con il suo compagno non lo entusiasmasse affatto. Sospirò, nella mente la visione apparsa nel momento in cui il Kamui che si era smarrito era comparso, fermando il fratello ed impedendogli di toccare lo specchio. Ridacchiò; chissà se quel ragazzo, pur senza la capacità di vedere il futuro, aveva avvertito la sensazione che gli suggeriva di non sfiorare l’oggetto. Che ne avesse percepito il pericolo perché lui stesso ne era appena uscito?

«Chissà a che punto è la storia, adesso.»

 

«Fuuma! Kamui!» si sentirono chiamare, dal giardino in cui erano a sistemare, sotto ordine perentorio di Seishiro. Si guardarono per un attimo, perplessi, vedendo il medico arrivare trafelato, l’espressione grave sul volto: «Kamui, vattene immediatamente. Ci sono intrusi, e non ho idea di chi siano.»

Fuuma si parò nell’immediato di fronte al più giovane, sollecitandolo ad andarsene da lì, mentre notava dei movimenti alle spalle di Seishiro, e alcune figure mai viste prima apparire, l’espressione quanto meno perplessa.

«Aspettate, signor Seishiro!» disse uno dei presenti, alzando la mano a mezz’aria, come per fermare l’uomo, che si voltò verso di lui, guardingo. Una seconda figura fu visibile, dietro la prima: «Non siamo qui con cattive intenzioni.» assicurò, osservandoli. Seishiro lanciò un’occhiata a Fuuma e, dietro di lui, a Kamui, che non sembrava né in procinto di attaccare, né di difendersi.

Fuuma tacque, osservando gli “ospiti”: «Credo che… non siano qui per conto suo.»

«Per conto di chi?» domandò l’ultima figura, alle spalle dei due compagni. Seishiro, fece un cenno a Fuuma di tacere, parlando al suo posto: «Per conto di chi vuole uccidere Kamui.» rispose.

 

Kamui, te l’hanno mai detto?

Ti hanno mai detto che il futuro che scegli potrebbe influenzare quello di qualcun altro?

   
 
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