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Autore: Liberty Bell    02/08/2013    1 recensioni
Oneshot Jaime/Arya
"Jaime aggrottò ancora una volta le sopracciglia, prima di guardare cosa la ragazza avesse appena scritto sul legno del bancone. In un piccolo, elegante graffio lei aveva scritto “NED”.
Jaime si immobilizzò. Alzando ancora gli occhi sulla ragazza gli tornò alla mente Harrendal, e Lyanna Stark che stringeva tra le mani un mazzo di rose invernali.
No. Lyanna è morta tanto tempo fa. Ma … Jaime inspirò bruscamente, «Tu sei l’altra figlia, Arya Stark.»"
Buona lettura!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Arya Stark, Jaime Lannister
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Note:

Crackche più crack non si può!
Jaime/Arya, con accenni Jaime/Cersei, Jaime/Sansa e, ovviamente, un piccolo minuscolissimo accenno Jon/Arya.
Post-series, non penso che ci siano spoiler (non credo che niente andrà così, e che il caro George Martin ci sorprenderà) anche se qui assumo vera la teoria R+L=J, e quindi Jon Snow non è Snow ma Targaryen.
Il rating è giallo per qualche accenno, anche se più che altro per sicurezza.
Buona lettura, spero, così come spero di ricevere i vostri commenti!
Un bacione,
Ceci.
 


 



I find my glory in the northern wind

 

L’aveva riportata a casa. L’aveva giurato alla madre della ragazza, e un Lannister paga sempre i suoi debiti – anche se mai, mai con la morte.

Quando l’aveva trovata era una piccola donna con i capelli scuri e le mani sporche di sangue, che combatteva una battaglia interna tra Sansa Stark e Alayne Stone.

L’aveva portata verso nord, e in una delle lunghe notti passate sul terreno ghiacciato, due logore coperte stretta sulle spalle per tenersi al caldo, lei gli aveva detto che combatteva ancora contro Alayne Stone – il simulacro di sua madre, che sentiva ancora la voce dolce e misurata, viscida, di Petyr nelle sue orecchie, che la chiamava Catelyn, che la baciava.

Era una donna diversa dalla bambina che aveva lasciato anni prima ad Approdo del Re, e questo l’aveva sorpreso.

Avrebbe detto che era lui quello più forte tra loro due, che era lui a doverla proteggere.

Ma Tywin era morto, Joffrey assassinato, Myrcella e Tommen dichiarati bastardi, Lancel aveva tradito, e Cersei, la sua Cersei, era chiusa in una torre da qualche parte, probabilmente morta. La Madre dei Draghi aveva chiamato a sé Jon Snow – ora Targaryen – e Tyrion. Il Drago li aveva dichiarati suoi, si era seduto sul Trono di Spade.

Aveva bruciato e perdonato.

E Jaime proprio non riusciva a conciliare la Sansa spazzata che aveva salvato dal bordello dove Ditocorto la teneva confinata con la donna fiera, i capelli rossi dietro di lei come un mantello, che sedeva ora sul trono di Grande Inverno.

Grande Inverno stessa era più dura di come la ricordasse. Il vento gli tagliava il viso, i suoi stessi capelli lo schiaffeggiavano, e Jaime non riusciva a ricordare di aver mai sentito così tanto dolore in tutta la sua vita. Il caldo era meglio, persino quando lo cuoceva nella sua armatura non faceva così tanto male.

Aveva chiesto perdono a Sansa, le aveva chiesto di salvare i suoi figli e Cersei, appellandosi alla ragazza che aveva salvato mesi prima, e non alla regina dura che aveva di fronte.

Si era inginocchiato, e il viso di lei si era ammorbidito, «Non ho dimenticato che mi avete salvata, che mi servite con lealtà, Ser Jaime, e per questo porrò i vostri figli sotto la protezione del Nord.» aveva detto, e il cuore di Jaime aveva fatto un balzo. Poi lei aveva parlato ancora, e questa volta la sua voce era dura come l’acciaio, «Ma non farò niente per Cersei Lannister.»

Lei l’aveva guardato e Jaime aveva abbassato gli occhi. Dopo tutto, non moriremo insieme, sorella.

«Sì, mia signora.»


            Una settimana dopo Myrcella arrivò, e lui pensò che non ricordava quella ragazza piena di cicatrici, ma solo la bambina bella e serena di Approdo del Re. Nemmeno Tommen era come lo ricordava; era più alto, gli occhi totalmente privi di quella dolcezza infantile che l’aveva caratterizzato. Per un attimo Jaime si chiese se l’espressione sul viso dei suoi figli non fosse il crimine più grave che avesse mai commesso.

Ma ancora una volta Sansa si dimostrò misericordiosa con i suoi bambini. Passò molte sere con Myrcella nelle sue stanze, le fece confezionare vestiti, e fece addestrare Tommen perché un giorno potesse fare parte della sua guardia personale.

Jaime vedeva la serenità negli occhi di Tommen quando la regina lo applaudiva per le sue doti di cavaliere, in quelli di Myrcella quando lei le stringeva la mano dopo pranzo, e avrebbe voluto cadere in ginocchio davanti a Sansa, ringraziarla con tutto sé stesso per quello che stava facendo per lui.

            «Voglio che andiate a cercare i gruppi di ribelli che tramano contro di me, Ser  Jaime. Voglio che andiate in incognito, da solo, e che torniate con dei nomi.» gli aveva detto la regina del Nord una sera ventosa di qualche mese dopo, immobile, come scolpita nell’alabastro nella Sala del Trono.

Lui aveva obbedito senza battere ciglio, e all’alba del giorno dopo era partito.


*


Fu costretto a fermarsi a una locanda dopo pochi giorni di cavalcata, i venti gelidi che avevano scavato solchi nella sua mano sana, che gli avevano provocato tagli sulle labbra, sul viso, dove non portava più la barba lunga di quando era fuggitivo con Lady Sansa.

Si era seduto su uno sgabello, aveva ordinato una birra scura, densa, tipica del Nord, molto diversa dal vino rosso e inebriante del sud.

Poteva sentire gli sguardi della gente su di sé, e si chiese con scarso interesse se qualcuno l’avesse riconosciuto come lo Sterminatore di Re, fino a quando una figura non prese posto al suo fianco con l’agilità di un gatto, avvolta in uno spesso mantello sudicio, un cappuccio calato sulla testa.

Ma Jaime riuscì comunque a vedere un viso bianco e allungato, un naso pallido e diritto, una bella bocca a cuore e un grande, brillante occhio grigio.

«Sei lo Sterminatore di Re.» disse una voce di donna.

Jaime avrebbe voluto ridere, ma era troppo stanco e voleva solo bere la sua birra e dormire, così scrollò le spalle, «Sì, mi chiamano così.»

La donna alzò una mano, fece calare il cappuccio con grazia, rivelando una massa di ricci scuri. Non è una donna, è una ragazza.

Una bella ragazza, in effetti, con un viso duro che a Jaime sembrava vagamente famigliare, come quello di una persona vista una vita prima, quando ero ancora il fratello della regina mentre ora non sono nulla, se non il servitore di un’altra regina. Più bella, più gentile,più buona, che siede su un trono per diritto di nascita, ma non Cersei.

Aveva gli occhi pallidi e l’accento dell’est. «Una felice coincidenza. Stavo cercando tua sorella, e invece gli dei mi hanno portata da te.» disse, e sorrise di un sorriso freddo, che non le scaldò gli occhi né portò dolcezza.

Jaime aggrottò le sopracciglia, le rivolse tutta la sua attenzione, «Mia sorella?»

Quella ragazza sarebbe stata delusa nel vedere Cersei ora, non più la bellezza di una volta, forse è addirittura morta, ridotta a un mucchio di carne putrida e ossa senza importanza, come me.

«Sì.» disse lei in tono assente, fissando la lunga unghia con cui iniziò a grattare sul bancone della locanda, «Si dà il caso che lei mi debba una testa.»

Jaime rise, «Beh, si dà il caso che debba davvero molte teste a molte persone, bambina. E un Lannister paga tutti i suoi debiti, esclusa la morte.»

«Allora sono ancora una volta fortunata,» disse la ragazza, ritirando la mano dal bancone una volta che ebbe finito di grattare, «perché non ho intenzione di chiederle il permesso.»

Jaime aggrottò ancora una volta le sopracciglia, prima di guardare cosa la ragazza avesse appena scritto sul legno del bancone. In un piccolo, elegante graffio lei aveva scritto “NED”.

Jaime si immobilizzò. Alzando ancora gli occhi sulla ragazza gli tornò alla mente Harrendal, e Lyanna Stark che stringeva tra le mani un mazzo di rose invernali.

No. Lyanna è morta tanto tempo fa. Ma… Jaime inspirò bruscamente, «Tu sei l’altra figlia, Arya Stark.»

« “L’altra Stark”,» disse l’ultima figlia di Ned Stark, l’unica vera Stark con i suoi colori, lanciandogli un altro sorriso freddo, «sì, è così che mi chiamano.»

«Ti credono tutti morta.»

Lei abbassò la testa, sorrise leggermente, «Oh, lo sono. Sono morta. Nessuno è più morto di me.»
Questa volta fu Jaime a sorridere, «Mi sembra che tu sia viva e vegeta, mia lady. Tra noi due penso di essere io il più morto.» disse, alzando verso di lei la mano dorata.

Lei sorrise ancora, e Jaime si domandò come potesse sorridere tanto frequentemente e mantenere sempre gli occhi così freddi, «Hai perso una mano. E come questo? C’è gente che ha perso molto di più. Theon Greyjoy per esempio.»

Allungò una mano lungo il legno del bancone e prese un sorso della birra scura di Jaime, schioccando le labbra alla fine.

«I tuoi occhi sono ancora brillanti, ti lecchi ancora le labbra quando sono secche, mangi quando senti lo stomaco dolorante per la fame. Se ti potessi vedere in faccia, saresti d’accordo con me. Nessuno può vedere il colore sul tuo viso e definirti morto, no?»

Jaime realizzò in quel momento che il viso di Arya era bianco come il ghiaccio, privo di qualsiasi colore. Sembrava come se lei avesse addestrato il suo stesso sangue ad andare solo dove lei voleva che andasse.

Rimase in silenzio per un momento. Poi, «Ho fatto un giuramento una volta,» disse Jaime, e Arya alzò un sopracciglio. Lui roteò gli occhi, «no, non quel giuramento, un altro, su di te. A tua madre, quando stavo per essere riconsegnato a mia sorella in cambio di te e Lady Sansa, le ho giurato che avrei riportato te e tua sorella da lei sane e salve.»

«Menti. Ho lasciato Approdo del Re subito dopo che mio padre è stato decapitato.»

«E io non lo sapevo. Intendevo davvero mantenere il mio giuramento, e infatti ho riportato tua
sorella a Grande Inverno.»

Lo sguardo di Arya si posò prima su un occhio di Jaime, poi sull’altro. «Questo sì che è interessante, non stai neppure mentendo.»

Jaime alzò il boccale di birra tra le mani e bevve un altro sorso prima di rimetterlo giù con un piccolo tonfo. «Sorprendente, lo so.»

Quando Arya sorrise il suo sorriso era più caldo e raggiunse i suoi occhi, anche se leggermente.

«Adesso non ti posso più uccidere in coscienza. Hai, dopo tutto, cercato veramente di aiutare me e mia sorella, e sembri anche piuttosto addolorato.»

Jaime avrebbe potuto dire migliaia di frasi ciniche e pungenti, avrebbe potuto implorare che quella ragazzina pallida e sottile, fiera quanto Sansa ma che sembrava molto più crudele, lo uccidesse. E invece, scelse di dire la verità, che pulsava nel suo petto con  forza.

«Sei la mia ultima chance d’onore.»

            Lei sorrise, e non fu un sorriso pietoso, e Jaime ne fu grato. Per un momento sembrò un gatto che gioca con il topo, e gli ricordò Tyrion. Sentì un tuffo al cuore al pensiero di suo fratello.

«Puoi portarmi ancora dalla mia famiglia, se ti fa piacere.» disse Arya, e scrollò le spalle, come se non le importasse affatto, «Ero venuta per uccidere la regina, ma c’è tutto il tempo del mondo per farlo dopo. Potrebbe anche essere dolce lasciarla soffrire per un altro po’ di tempo. E tu sei diventato una creatura così disperata, così rannicchiato su te stesso e patetico.»

Jaime sbattè le palpebre. Ma di cosa stava parlando questa ragazza matta?

«Dalla tua famiglia? A Grande Inverno?»

«Sì, Grande Inverno. Portami lì e adempisci alla tua promessa, se devi.»

«Non sembri aver bisogno di un cavaliere.» disse lui. Da come parlava e si muoveva sembrava che fosse da sola da molto tempo. «Non adempirei al mio voto, ti stai semplicemente prendendo gioco di me.»

«Ser Jaime, permettimi di rassicurarti; se non mi porti a Grande Inverno non ho altra scelta che andare subito ad Approdo del Re, dove ser Ilyn Payne mi sta aspettando, per poi andare a cercare Cersei Lannister nella sua torre.»

Jaime supponeva che si sarebbe dovuto sentire arrabbiato, disgustato, forse spaventato da quello che lei aveva appena detto, dal fatto che ucciderà Cersei, non importa quando, lo farà. Invece si sentì solo divertito.

«Siamo a pochi giorni da Grande Inverno e da tua sorella la regina.»

«Fantastico,» disse solo lei nel suo piccolo tono misurato con il suo piccolo sorriso, «magari mio fratello, il nipote della regina dei Draghi quando tornerò da lui potrebbe addirittura perdonarti per aver sterminato la nostra famiglia.»

Jaime si chiese brevemente perché Arya stesse parlando di Jon Tragaryen e non di Sansa, perchè lo chiamasse ancora "fratello", e se questo significasse che l’aveva visto. Invece arricciò il naso,

«Non vi sembra di essere un po’ dura, mia lady?» le chiese in tono formale.

Arya Stark appoggiò un gomito sul bancone appoggiando il mento sul palmo di una mano mentre con le dita dell’altra batteva sul legno. Fece un mezzo sorriso, e i suoi occhi di tempesta danzarono.

«Beh, ser Jaime, anche voi lo siete.»

No, non assomiglia affatto a Lyanna come avevo pensato. Sembra essere più come me.
  
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