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Autore: Lenni    03/08/2013    3 recensioni
Willow Mellark è cresciuta e, da brava adolescente, anche lei è in guerra fredda con la madre. Parentele ingombranti come quella con la Ghiandaia Imitatrice e il Ragazzo del Pane, gli Sventurati Innamorati del Distretto 12, possono essere dure da sopportare quando hai solo 16 anni.
Cosa dovrebbe succedere se, nel tentativo di proteggere chi ami, dovessi vivere vittima dei silenzi rotti solo dai pianti e le grida notturne? Cosa dovrebbe succedere se, nel corso di uno dei crolli emotivi notturni di Katniss, Willow trovasse il Libro della famiglia Everdeen, continuato dai suoi genitori con i particolari delle loro storie che le erano sempre rimasti nascosti? E se Willow volesse dare un volto a quei nomi, cosa dovrebbe accadere?
La Ghiandaia Imitatrice, la Ragazza in Fiamme, la Sventurata Innamorata del Distretto 12, la ragazza dei boschi che vive cacciando: chi è veramente sua madre?
[SPOILER! Hunger Games / La Ragazza in fiamme / Il canto della Rivolta]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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«Buongiorno a tutti, è un onore presenziare qui, al Distretto 12, in ricordo del giorno in cui … »

«Certo che la fa lunga!» commenta Heat, dandomi di gomito «Tutti gli anni è qui, possibile che sia sempre questo grande onore presenziare qui

Sta cercando di farmi ridere, ma non ci riesce.

«Heat, chi è quell’uomo? Lo conosci per caso?» chiedo, senza farmi sentire da altri.

Heat segue la traiettoria indicata dal mio indice, mentre Effy Trinket continua ad elencare i nomi dei caduti durante la Rivoluzione.
Finnick Odair, gli agenti speciali Leeg e il comandante Boggs, gli stilisti Cinna e Portia, di Capitol City …

«Quale, Will?» mi chiede, bisbigliando e confondendosi nei brusii generali.

«Quello là, sulla cinquantina, con gli occhi grigi … »

«Chi, quello che si sta grattando la barba?»

«No, quello alla sua destra, quello che adesso si sta grattando la barba.»

Heat osserva obbediente, facendo lavorare le meningi.

«È quel tizio del Distretto 2, quello che si vede spesso in TV» borbotta «Solo che non riesco a ricordare il nome»

Il discorso di Effy si conclude, un applauso la accompagna a sedere e mia madre, Katniss Everdeen, sale sul palco.
È la prima volta che sale da sola, di sua spontanea volontà, senza papà a sostenerla.

«Io sono Katniss» sussurra al microfono, con gli occhi relativamente bassi «e non sono stata la Ghiandaia Imitatrice. O meglio, non l’unica.»

Un brivido si diffonde come un virus per la sala.

«Sono stata una delle tante ragazze in fiamme, una delle tante che ha partecipato ad un attacco aereo o ad un mina antiuomo restando ustionata.»
Si tira su una manica del vestito e mostra ai presenti una bruciatura orribile, nonostante i trent’anni che sono passati, la pelle innaturalmente rosa luccica sotto ai riflettori.
Non l’avevo mai vista prima e questo, per qualche ragione, mi fa arrabbiare e impaurire.

«Però sono Katniss, Katniss Everdeen, l’unico tributo del Distretto 12 che ha sfidato Capitol City provocando una rivolta che ci ha fatto soffrire per anni. Ho portato dolore, tanto dolore, e tutto per una manciata di bacche … » mamma si ammutolisce per un attimo, sorridendo per trattenere le lacrime. Guarda in alto e ricomincia «Avevo la vostra età, avevo sedici anni il giorno della Mietitura. Estrassero mia sorella e io mi offrii volontaria, volevo farla restare, volevo farla vivere … e lei è morta comunque. Lei … lei era una guaritrice, come mia madre, ed è morta durante l’ultimo attacco aereo su Capitol City. Io l’ho vista morire e anche lei era una ragazza in fiamme, come me, solo che io ero la Ghiandaia e soccorrere me era più importante … mentre lei … o, al diavolo!, cos’era più o meno importante, alla fine?»

D’istinto guardo l’uomo, quello che sa di ricordi, e vedo che piange. È sempre strano vedere un adulto che non sia mia madre piangere, eppure oggi nessuno si contiene: l’uomo dei ricordi, papà, Effy Trinket, mamma, io. Piangiamo tutti, per ragioni diverse, e non riesco a capire perché parli proprio adesso e non quando glielo chiedevo io.

«Will, stai bene?»

Heat è preoccupato nella penombra della sala.

«Mamma … » biascico, impiastricciando rabbia e lacrime in quell’unica parola.

Faccio per alzarmi, ma qualcuno mi fa restare seduta.

«Eravamo tutti Ghiandaie: io, Peeta, Rue, Haymitich, Gale, Effy, Boggs, Prim, Finn, Annie, Johanna … tutti Ghiandaie, dal primo all’ultimo, e tutti abbiamo perso. Chi un arto, chi un marito, chi tutto, ma abbiamo perso tutti. L’unica cosa che mi consola è che anche Snow ha perso, e con lui Capitol City e la Coin, e che anche se mia sorella è morta bruciata viva, se migliaia di persone sono morte per uno stendardo con il mio viso sopra, se mia madre non mi parla da anni e io, be’, stia impazzendo … noi ci siamo e siamo liberi.»

Un applauso fragoroso scroscia come un temporale estivo, inzuppando le pareti e i presenti. C’è anche chi si alza in piedi e improvvisa una standing ovation. È un successo, un gran finale, ma io sono stanca e mi sento svenire.
Due braccia, probabilmente quelle di Heat mi tengono su.

Il resto è buio.
 


Il primo viso che vedo, quando rinvengo, è quello di mia madre.

«Will, ci sei? Guardami, svegliati, forza!» ripete, scuotendomi e dandomi dei piccoli colpetti in faccia.

«Mamma?» chiedo, ancora intontita, cercando di tirarmi su a sedere.

Qualcuno mi sta aiutando, mi volto per ringraziare Heat, ma al posto del suo viso completamente sbarbato mi trovo quello del tipo del Distretto 2, l’Uomo dei Ricordi, tutto impegnato a sostenermi per le ascelle.
Lo squadro e incrocio i suoi occhi grigi, grigi come quelli degli abitanti del Distretto 12, e mi convinco che non può essermi noto solo per i servizi sul 2.

«Will, tesoro, stai bene? Hai avuto un calo di zuccheri?»

Papà, premuroso come sempre, mi offre una mano e mi fa alzare. Mi stringe forte e mi appoggia le mani sul viso, per poter tirare giù la mia palpebra inferiore e controllare i livelli di ferro.

«Papà, sto bene» lo rassicuro, ribellandomi alla sua presa «Ho solo mangiato poco, evidentemente, e - »

Non riesco a finire la frase che mia madre mi si butta al collo, abbracciandomi e stringendomi forte contro il petto. Le sue lacrime bagnano la polvere che mi è finita sui capelli, ci intreccia le dita come per ancorarsi al mio corpo e non lasciarmi andare via.

«Lasciami!» grido senza rendermene conto, spintonandola e indietreggiando «Non mi toccare!»

«Willow, cosa - »

«Perché non me ne hai mai parlato, eh? Sono troppo stupida per capire?» la aggredisco senza neanche riprendere fiato «Dovevi salire su un palco davanti a centinaia di persone per farmi sapere come è morta mia zia? E quella cicatrice, quella bruciatura, perché non potevo vederla? Credevi, che so!, che ci potessi buttare sopra del sale? Pensi che sia un’idiota, mamma, lo pensi davvero?»

Papà si mette fra noi e pianta i suoi occhi ghiacciati nei miei, nel chiaro tentativo di farmi sentire in colpa.

«Willow Mellark, piantala immediatamente di - »

«Di fare cosa papà, di chiedere ai miei genitori di parlarmi? Di chiedergli di essere il mio papà e la mia mamma, prima degli Sventurati Innamorati del Distretto 12? Cosa devo smettere di fare, eh? Dimmelo, forza, che cosa?»

Sono furiosa, sembro un vulcano in eruzione e ho parole cattive per tutti, le sputo fuori al momento opportuno e, come dardi avvelenati, colpiscono la vittima con una crudele precisione.
Anche papà è zitto, adesso, rimane qualche momento a bocca aperta per colpa di alcune parole lasciate in sospeso, ma poi la richiude e si limita a fissarmi deluso. Mamma invece è disorientata, probabilmente ha la mia stessa espressione: gli occhi vitrei e spenti, il volto pallido chiazzato di rosso e le mani fragili tremanti e fredde. So di aver colpito senza pietà un punto vulnerabile e delicato, ma non riesco a sentirmi completamente in colpa. Una parte di me è troppo ferita per sentirsi veramente in colpa.

«Volevo proteggerti.» biascica, dopo un tempo indefinito, cercando i miei occhi.

«Da cosa?» le chiedo, con una nuova stanchezza addosso.

«Da me, suppongo.»

Solo adesso mi accorgo di aver pianto, per tutto questo tempo. Ho le guance e i capelli completamente bagnati di sale, mi bruciano gli occhi e ci vedo a malapena, dietro questa barriera d’acqua che mi avvolge le iridi.

Mi volto e li lascio lì, sono troppo stanca per continuare a parlare o ad essere arrabbiata. È come se ci fosse una ferita, dentro di me, più profonda delle altre, che sta sanguinando come un fiume in piena: vorrei bloccarla, ma non ci riesco, o non voglio, non so. So che voglio andarmene, adesso.

«Willow!»

«Lasciala andare.»

È stato l’Uomo dei Ricordi a parlare.

Si è avvicinato a mio padre e l’ha invitato a tacere semplicemente ponendogli una mano sulla spalla. Poi, rivolto a mia madre, dice abbastanza forte da farmi sentire: 
«È pur sempre tua figlia, non poteva non essere una Ragazza in Fiamme.»
 


Cammino a lungo, senza guardarmi indietro, cammino finché non raggiungo il Lago.

Probabilmente non sono l’unica a sapere di questo specchio d’acqua, ma mi piace credere che sia così. Lascio a terra i vestiti e quasi nuda entro in acqua, lasciando che la mia pelle si increspi dolce per il freddo: mi immergo completamente, sprofondando ad occhi aperti,  guardando il fondale e le pareti del lago. Grido e l’acqua assorbe il mio dolore, la mia rabbia, lasciandomi senza fiato. Riemergo e inspiro rumorosamente, per poi ritornare a galleggiare in superficie. Il mio corpo va alla deriva e io continuo a piangere, senza capire perché.

Papà dice che anche lui, alla mia età, piangeva molto. Peccato che lui abbia partecipato agli Hunger Games, alla mia età, mentre io ho solo questa rabbia cieca contro mia madre e i suoi silenzi. Chiudo gli occhi, provo a controllare i singhiozzi e in un modo o in un altro mi calmo.

Non possiamo andare avanti così.

Mi serve un piano.
  
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