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Autore: Leopoldo    03/08/2013    1 recensioni
In un McKinley apparentemente diverso da quello che conosciamo, Quinn Fabray è una ragazza dell'ultimo anno non particolarmente popolare. Motivo? Scrive articoli di accusa nei confronti delle prepotenze che ogni giorno vengono perpetrate nei corridoi del liceo sul giornalino scolastico, 'L'Impiccione'.
Cosa succederà quando si troverà tra le mani un grande scoop? Che decisioni prenderà? E, in tutto questo, che ruolo avranno Brittany, studentessa con una media e un curriculum invidiabili, e Santana, una skank indolente che sembra avere un motivo per odiare tutto il mondo?
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Brittany Pierce, Quinn Fabray, Santana Lopez, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Lezione 6. Anonimato, notizie errate, pregiudizi e credenze infondate, diffamazione volontaria: ecco alcuni dei problemi dei mezzi d’informazione di internet.

 

 

Come si diventa la coach di un team di cheerleading vincente?

 

Questa fu la prima domanda che le posero quando, al suo secondo anno da responsabile delle Cheerios, riuscì a portare a casa il titolo nazionale. Un’impresa talmente insperata e improbabile che, nonostante sia molto più esperta e abbia alle spanni molti più anni di prove, ancora non è riuscita a ripetere.

Alla giornalista che le fece quella domanda, comunque, disse semplicemente ‘Non lo so’.

 

Perché? Beh, fondamentalmente perché Holly Holliday, la coach sopracitata, si è laureata per diventare professoressa di Letteratura o, in alternativa, di Storia Americana.

Di certo il suo sogno non era insegnare stupide coreografie scopiazzate da Youtube o vecchi VHS ammuffiti ad un branco di ragazzine/oche.

Come dicono in molti, però, piuttosto che niente, è meglio piuttosto. È un detto che deve aver sentito anche lei a giudicare da quanto ora non possa fare a meno che condividerne il significato.

 

D’altronde la sua vita post college era già stata un duro colpo al suo ‘sogno’ di fare l’insegnante. Aveva iniziato a girare tutti gli Stati Uniti, sballottata di qua e di là come un pacco a cercare di inculcare qualche nozione nelle testi di studenti che, essendo lei una semplice supplente, non avevano alcuna intenzione di stare ad ascoltarla. Poi una pazzoide/fervente donna di chiesa/pugile in erba l’aveva stessa con un colpo solo, mettendo fine in questo modo non solo al suo occhio destro, ma soprattutto al suo sogno.

A quel punto era stato facile accettare la proposta del Preside Figgins –e della professoressa Corcoran- di prendersi cura delle ragazze scartate dal Glee allenando le Cheerios. Nessuna persona sana di mente avrebbe rifiutato una cattedra a tempo praticamente indeterminato piovuto dal cielo durante l’ennesima supplenza senza senso in Ohio.

 

Ormai sono passati otto anni dalla sua assunzione e quasi sette anni da quel giorno di improvvisa gloria e, oggi come allora, la risposta a quella domanda è sempre la stessa.

Non so cosa cavolo sto facendo

 

Infatti nessuna persona in pieno possesso delle proprie capacità mentali avrebbe lasciato in disparte, anzi, praticamente sullo sfondo della coreografia –o alla base della piramide-, una ragazza con un talento del genere.

 

 

“Uno spettacolo incredibile” applaude, sinceramente commossa, avvicinandosi per abbracciare colei che le permetterà di vincere il suo secondo titolo nazionale. “Hai una voce incredibile, Rachel

 

La brunetta ricambia timidamente il gesto affettuoso della sua coach, balbettando qualche timido ringraziamento.

La coach che le chiede di cantarle il testo modificato di ‘Fergalicious’ –numero che farà da apertura alle Locali di cheerleading- faceva sicuramente parte di uno scherzo.

La coach che le fa i complimenti dopo averla ascoltata con finto trasporto non può che confermare i suoi timori.

 

“L’ho già detto che sei incredibile?” ripete Holly, stringendole le spalle con appena una punta di possessività. “Come mai non ti sei proposta nemmeno una volta per fare da voce alle nostre coreografie? Sei … incredibile

 

“Non pensavo di essere abbastanza brava” ammette in tutta sincerità. Perché sì, non è vera -o finta- modestia. Rachel Corcoran non ha la minima cognizione delle sue doti canore. Anche e soprattutto per ‘merito’ di qualcuno che glielo ha ricordato ogni giorno da praticamente sempre.

 

Amica mia …” mormora la Coach Holliday con lo stesso tono di chi vuole confessare un segreto, dandole un paio di amichevoli pacche con il gomito “… se ti fossi presentata prima saresti stata la voce solista a mani basse. Le altre non valgono la tua voce nemmeno messe tutte assieme”

 

“Grazie” farfuglia, imbarazzata. Per un attimo solo riesce ad immaginarsi al posto di Marley nelle innumerevoli coreografie che hanno provato in questi anni e sorride. Le piacerebbe, negarlo sarebbe una colossale bugia.

Poi però le altre Cheerios, intente a fare un giro di campo, le passano alle spalle e il solo rumore delle scarpe sulla pista di atletica è sufficiente a ricordarle che esiste una bella differenza tra sogni e realtà. Nessuno la accetterebbe come solista.

 

“Che ne diresti di diventare capitano?”

 

Rachel sbianca di botto e spalanca gli occhi dal terrore.

“Oh no, assolutamente no. La prego, questo no” farfuglia nervosamente agitando le mani in aria quasi a scacciare fisicamente l’idea dalla testa della coach. Ci sono troppi motivi per rifiutare una cosa del genere, davvero troppi. “Tina è un’ottima head cheerleader. Ed ha una voce bellissima” aggiunge e, anche se alla fine lo pensa veramente, sembra davvero un modo per togliersi da un pasticcio.

 

“Sì, ha una bella voce” concede Holly, controllando sul cronometro da quanto le altre ragazze stiano correndo. “Però le manca quel qualcosa che fa la differenza tra l’essere brave e l’essere speciali, quella marcia in più … le manca quello che hai tu, Rachel”

 

“Veramente io … non so”

Lei? Speciale? Fatica davvero a crederlo. Purtroppo non ha fiducia nelle persone che si accorgono degli altri così all’improvviso e proprio quando le migliori cheerleader sono più impegnante in una guerra fratricida per il comando che ad allenarsi.

 

La coach Holliday le appoggia una mano sulla spalla dopo qualche secondo di silenzio, costringendola in questo modo ad alzare lo sguardo su di lei.

Le sta sorridendo in modo tenero, affettuoso e gentile, cosa che le ricorda terribilmente l’unica persona che solitamente le rivolge quel tipo di sorrisi: Quinn.

“Il compito di noi insegnanti dovrebbe essere quello di aiutare i nostri studenti a crescere e a coltivare i propri talenti” comincia, sospirando e massaggiandosi la tempia con la mano libera. “Mi rendo conto di non averti prestato sufficientemente attenzioni e di questo ti chiedo scusa. Però meglio tardi che mai, no?”

 

Per la seconda volta è quasi tentata dal crederle. Per la seconda volta, però, non ci riesce. Ha imparato a sue spese che quando le cose sembrano andare troppo bene, c’è di sicuro qualcosa sotto.

“Se proprio non si fida di Tina, credo che sia io che le mie compagne ci troveremmo meglio se chiedesse in prestito alla professoressa Corcoran una delle sue coriste” mormora in tono sommesso, quasi sconfitto, stupendo parecchio la coach a giudicare dal modo in cui aggrotta la fronte.

 

“Non devi rispondermi subito” si sforza di dirle nonostante sia evidente la sorpresa nel suo volto e persino nel suo tono di voce. “Pensaci un paio di giorni, ok?”

 

“V-va bene” annuisce, stropicciandosi le labbra per lo strano senso di inutilità che la colpisce con la forza di un ciclone. “Grazie per l’opportunità”

 

“Mi piacerebbe prendermi il merito di questa scoperta, ma la verità è che ho seguito il consiglio di un biglietto anonimo che ho trovato ieri mattina sulla scrivania del mio ufficio” confessa Holly, facendole poi l’occhiolino. “Hai qualcuno che crede in te, mi pare di capire. Forse dovresti farlo anche tu”

 

Un bigliettino anonimo di qualcuno che crede in lei. È molto più facile che fare due più due. Quinn.

 

“Ora vai a bere, sciacquati la faccia e poi torna qui” ridacchia all’improvviso Holly, cosa che fa spesso in effetti, sempre in maniera inopportuna, dandole anche un’amichevole pacca sul sedere. “Dobbiamo ripassare le coreografie”

 

E se fosse una proposta vera? Se non fosse uno scherzo?

 

Il dubbio attraversa la mente di Rachel mentre sta aprendo la porta degli spogliatoi.

Potrebbe essere l’occasione giusta per il riscatto che agogna da quando è stata scartata ai provino per il Glee il primo anno. Oppure potrebbe essere un buon modo per mettersi in ridicolo ancora una volta.

 

Sospira, combattuta, passandosi l’acqua fredda del rubinetto sul viso.

Deve parlare assolutamente con Quinn. E chiederle scusa.

 

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Secondo il piano originale, una volta tolta dai piedi Marley Rose la maggiore preoccupazione di Mike sarebbe dovuta essere quella di mantenere il ruolo di head cheerleader completamente instabile.

 

Fino a due settimane fa non avrebbe immaginato che a fare tutto il lavoro ci avrebbero pensato addirittura le stesse Cheerios.

Si sono azzannate alla gola l’una con l’altra mettendosi fuori gioco da sole, a conti fatti meglio di quanto avrebbe potuto fare lui, usando sia il suo sito che le più classiche ‘voci di corridoio’.

 

Aubrey si era dimessa tra le lacrime dopo appena tre giorni da capitano, rifiutandosi comunque di abbandonare le Cheerios.

Nei dieci giorni seguenti la sua dipartita, erano ascese al ruolo di capitano ben dieci ragazze diverse. Tutte, nessuno esclusa, erano state sputtanate in qualche modo e con una cattiveria tale che, un paio di volte, persino lui era rabbrividito.

 

Alla luce degli ultimi avvenimenti Mike si è reso conto che, nel suo piano originale, si è dimenticato di inserire una variabile fondamentale: l’animo umano. Al mondo non c’è nulla che possa più bramoso, feroce e crudele di esso.

Meglio per lui.

 

 

Cammina nei corridoi della scuola con grande tranquillità, un sorriso enorme stampato in volto. Non si divertiva tanto da anni e, con il suo nuovo ‘passatempo’, studiare tomi di seicento pagine per i test di ammissione ad Harvard è diventato persino piacevole.

 

Mancano ancora una decina di minuti a Studi Sociali quindi non ha una meta precisa. Certo, tecnicamente ora che Quinn si è praticamente tirata indietro gli servirebbe una mano ma, a conti fatti, sbandierare in giro il fatto di essere il creatore de ‘The dark side of McKinley’ sarebbe solo un rischio inutile. Resta il fatto che gli piacerebbe, eccome se gli piacerebbe.

A tempo debito, però …

 

La sua attenzione viene catturata da una ragazza piuttosto slanciata con i lunghi capelli biondi raccolti in una treccia.

Sorride, perché la riconoscerebbe anche ad occhi chiusi: l’unica persona della scuola con cui potrebbe passare il tempo senza annoiarsi, l’unica che lo supera come media scolastica.

 

“Incontri interessanti oggi in corridoio” la saluta, spuntandole all’improvviso alle spalle. Si appoggia con la schiena agli armadietti, ghignando per il modo in cui l’ha fatta sobbalzare per lo spavento.

 

“Oh, Mike” ansima Brittany, la mano appoggiata al petto per controllare i battiti. “Mi hai quasi fatto venire un infarto” si prende un attimo per riprendersi, rivolgendogli finalmente il suo solito sorriso. “Come va?”

 

“Abbastanza bene. Volevo farti i complimenti per la tua ricandidatura” sorride mellifluo, stringendole vigorosamente la mano. “Sono sicuro che sarai una straordinaria rappresentante per noi senior”

 

“Grazie” sorride Brittany, raggiante.

 

Non che ci fossero tante possibilità di avere qualcun altro per quel posto visto che nessuno dei suoi sfidanti era una minaccia, ma a Mike lei piace particolarmente come persona, perciò è davvero contento per lei.

“La tua assenza si sente molto al club di dibattito” le fa l’asiatico, approfittando del momento per tastare il terreno per un’idea che gli è passata per la testa qualche giorno fa.

 

“E a me mancate voi” ammette la bionda, sospirando esausta.

 

“Il livello è sceso talmente tanto che sono tentato dal lasciarlo anche io” aggiunge, facendola sembrare una battuta. “Magari vengo a darvi una mano al giornalino”

 

“Sarebbe bello, davvero. Siamo completamente in alto mare” mormora Brittany affranta, continuando a sistemare il suo armadietto. “Siamo in ritardo di due settimane con il giornalino e sarebbe piuttosto umiliante smettere dopo un solo numero, no?”

 

Mike ride, un po’ forzatamente a dire il vero, tanto che Brittany lo guarda in modo strano.

“Perdonami, però mi sembra davvero strano che tu mi voglia nel tuo gruppetto. Io non ho mai scritto nulla” tenta di rimediare, riuscendoci a giudicare dal modo in cui la ragazza scrolla le spalle.

 

“Abbiamo perso un membro pochi giorni fa, siamo addirittura sottonumero” spiega Brittany, aggiungendo poi, prima che Mike possa chiedere chi “Una Cheerio del secondo anno che è scappata ad un certo punto urlando ‘Dottie è un’elfa libera!’” gracchia con voce particolarmente acuta, agitando le mani per renderle più forte l’idea.

 

“Non si chiamava Dobby?” chiede il ragazzo, cercando di ricordare qualcosa che ha letto anni fa.

 

“Già, ma lei si chiama Dottie” gli spiega Brittany. “O era una gran fan di Harry Potter, oppure viveva davvero male l’essere iscritta al mio club”

 

Mike ride, stavolta sinceramente divertito.

Pochi istanti dopo, però, è costretto ad alzare la testa. Qualcosa attira la sua attenzione dall’altra parte del corridoio.

 

“Beccati questo promemoria, stracciona!”

 

Una ragazza è appena stata slushiata e, a giudicare dal fatto che sia circondata da Cheerios e dall’epiteto che le hanno rivolto, è sicuramente Marley.

 

Muove le sue iridi scure qualche metro più in là, notando Ryder Lynn, il wide receiver dei Titans, intento a fare la stessa cosa che sta facendo lui: fissarlo.

Gli fa un cenno a mo’ di saluto, gesto sufficiente a farlo scappare via di gran carriera.

 

“Hai un asciugamano, per caso?” chiede Mike a Brittany, anche lei abbastanza toccata dalla scena a cui hanno appena assistito.

 

“Una vecchia maglietta” mormora, senza nemmeno guardarlo, estraendo dall’armadietto una t-shirt dall’aspetto vissuto. “Non chiedere, non so nemmeno io da quanto tempo è lì”

 

Mike non risponde. Si limita ad annuire ed afferrare la maglia, avvicinandosi a passi svelti verso la ragazza intenta a togliersi quella roba appiccicosa dagli occhi.

Serve una mano?”

 

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Ripetere un gesto tante volte può finire con il renderlo scontato, meccanico, banale.

 

Rachel Corcoran ha attraversato la strada che passa davanti al McKinley per raggiungere il parchetto di fronte ogni giorno di ogni anno passato al liceo da quando ha conosciuto Quinn.

 

Per lei, però, pranzare con la sua migliore amica è sempre stato qualcosa di speciale, un divertente intermezzo in otto ore monotone e buie.

Non l’ha mai data per scontata, nemmeno una volta, nemmeno per sbaglio.

 

Probabilmente perdere questo piccolo frammento della loro routine è stato il lato peggiore della loro furiosa litiga. Più del non parlarsi e dell’ignorarsi, molto più di andare e tornare da scuola insieme.

 

Per questo fatica a trattenere una sorta di magone quando la vede seduta sotto il loro albero, intenta a divorare quello che quasi certamente è un panino con il bacon.

 

“Sei qui”

Le parole le escono a fatica tanto è felice di trovarla esattamente nello stesso posto di sempre. Può sembrare esagerato emozionarsi in questo modo per una cosa così, eppure non lo è.

 

“Sei sorpresa?” chiede Quinn, inarcando il suo solito sopracciglio dopo aver deglutito il boccone. “Sei tu che mi hai mandato un sms chiedendomi di venire qui” le ricorda, come se ce ne fosse bisogno, avvolgendo il suo panino nella carta e rinfilandolo nella tracolla.

 

“Mi dispiace di aver ignorato i tuoi messaggi e le tue chiamate” le fa con una certa fretta, come se volesse togliersi il peso. “Ero molto molto molto arrabbiata”

 

“L’avevo intuito” prova a scherzare la bionda, battendo la mano vicino a sé per invitare Rachel a sedersi.

 

La brunetta scuote rapidamente il capo. Deve prima parlarle di cose davvero importanti e la prima nella sua lista è …

“So quello che hai fatto”

 

Quinn corruga la fronte, sinceramente sorpresa, passandosi lentamente una mano sul braccio per smorzare il nervosismo che evidentemente l’ha presa.

“Non so di cosa tu stia parlando“ ammette assumendo un’espressione vagamente confusa, addirittura forse colpevole.

 

“So quello che hai fatto con la Holliday” le viene incontro Rachel, ricambiando all’istante il sorriso che si dipinge sul viso di Quinn. “E ti ringrazio infinitamente”

 

“Ho solo fatto scivolare un foglietto anonimo sulla sua scrivania. Non è niente di che”

 

Rachel scuote il capo ancora. No, non è vero. Per lei è qualcosa che significa molto più di un miliardo di parole e gesti, esattamente ciò di cui ha sempre avuto bisogno e che ha sempre trovato in lei. 

“Tu credi in me”

 

“Sì” annuisce Quinn, convintissima. “Io credo in te sopra ogni altra cosa”

 

“Non era una domanda” precisa subito a scanso di equivoci. “Lo so bene. Quello che fai per me … quello che fai sempre, soprattutto quando non sono io a chiedertelo … sei impagabile, Quinn”

 

“Mi stai chiedendo scusa?” le chiede la bionda con un sorriso furbo, ottenendo come punizione un calcetto sul piede.

 

“No, affatto. Sono ancora furiosa” le comunica con tono deciso e le guance piene, nella sua tipica espressione offesa, puntandole il dito contro. “Però …” si calma improvvisamente, allacciando le mani dietro la propria schiena ed iniziando a mugugnare con voce insicura “… però mi sono messa nei tuoi panni. Ho pensato a cosa avrei potuto fare di diverso. Alla fine sono giunta alla conclusione ch avrei tenuto tutto per me, quasi sicuramente. Sarei rimasta immobile”

 

“Avresti fatto la cosa giusta” concorda Quinn, ma non è questo quello che l’amica le sta dicendo.

 

“No. Cioè, sì. Ma solo in parte”

Rachel prende un sospirone, chiudendo gli occhi ed iniziando a gesticolare per aiutarsi. “Io sto ferma ad aspettare che le cosa accadano, tu fai in modo che succedano. Io ti ammiro molto per questo, lo sai. Vorrei avere anche io la tua forza”

 

“Credo sia solo stupidità”

 

Finalmente Rachel decide che è il momento di sedersi. Appoggia il borsone da allenamento a terra e, tenendo ferma la gonnellina da Cheerios, si piega aggraziatamente in basso, prendendo posto esattamente al fianco di Quinn.

“Senza Marley o chi per lei a dare ordini, i giocatori di football hanno smesso di tirare granite” sorride all’amica, stringendole una mano tra le sue per trasmettergli quanto sia elettrizzata. “Due settimane senza essere slushiata! Ti rendi conto? Non solo io … tutti!”

 

Quinn abbassa il capo, mantenendo comunque sorriso e contatto di sguardi.

 

“E ieri all’allenamento la coach mi ha offerto il ruolo da solista e di capitano! Mi ha notata, capisci?”

 

C’è più di semplice euforia in Rachel. C’è gioia, c’è felicità, c’è un profondo senso di liberazione. Il fatto che sia bastato così poco per liberare queste cose fa capire piuttosto bene quanto fossero strette le catene che le hanno tenuto le ali tarpate per tutto questo tempo.

 

“Ruoli che tu non hai ancora accettato, per questo sei qui” ridacchia Quinn, pentendosi non appena si accorge degli occhi di Rachel ridotti a due fessure. “Oltre a fare pace, ovvio” si affretta ad aggiungere, provando ad intenerirla con uno sfarfallio di ciglia.

 

“Ti sei salvata per il rotto della cuffia, Fabray”

 

Ridono entrambe, sollevate enormemente dal fatto di riuscire a scherzare come prima dopo quello che è successo.

Che sarà mai una lite e un silenzio reciproco di due settimane, direte voi. Beh, dipende.

Litigano più volte di quanto sembri ad un occhio esterno ma si tratta per la maggior parte delle volte di bisticci che, nei casi peggiori, si risolvono dalla sera alla mattina, il tempo di una dormita. 

Non si sa mai come persone che si conoscono da anni possano reagire ad un momento di difficoltà.

 

Il resto lo lasciano fare ai gesti.

 

Quinn prende dalla tracolla una piccola tovaglia e la stende davanti a loro, prendendo poi il panino che stava mangiando prima e una bottiglietta d’acqua.

Rachel si tira le gambe, ora avvolte nei calzettoni rossi e bianchi per combattere l’ormai prossima stagione invernale, al petto, appoggiando sulla tovaglietta la sua classica insalata mista di verdure, conservata fino a questo momento in una delle tasche del borsone delle Cheerios.

 

È quasi fatta.

 

“Giusto per la cronaca, sappi che io ho ufficialmente chiuso con quella persona. Mi sono chiamata fuori una volta per tutte” commenta quasi casualmente tra un morso e l’altro al suo panino, osservando con la coda dell’occhio eventuali reazioni di Rachel. “Quello che è successo a Marley è stato orribile e mi sento in colpa. Detto questo, però, sappi che non le chiederò scusa”

 

La Cheerio prende nota e annuisce, continuando a pranzare come se niente fosse.

 

“Mi dispiace un casino di averti aggredita in quel modo, non ne avevo alcun diritto. È che … boh, averla vissuta in prima persona mi ha colpita in un modo che non credevo possibile” mormora Rachel una volta finita l’insalata, tirandosi il gonnellino il più possibile oltre le ginocchia per coprirsi. “Ho reagito male e d’istinto, senza mettermi per un secondo nei tuoi panni”

Si volte completamente verso Quinn, sorridendole furbescamente.

Per la cronaca, ora ti sto chiedendo scusa”

 

La bionda le da’ un’amichevole spintarella, iniziando a ridere di gusto per il modo in cui quasi la fa crollare comunque a terra.

 

“Dovresti accettare la proposta della Holliday” se ne esce Quinn con tono decisamente serio dopo qualche minuto di scambi di finte minacce e spinte piuttosto blande.

 

Rachel sperava che dicesse qualcosa di simile per fugare i suoi dubbi.

“E se mia madre-”

 

“Tua madre non capisce un cazzo” la blocca Quinn, correggendo il tiro –ma non troppo- non appena la vede spalancare gli occhi per lo stupore. “Perdonami, è la verità. Quale persone sana di mente scarterebbe da un coro una voce come la tua?”

 

“Al provino ho steccato” farfuglia con la voce rotta dal ricordo di quell’orribile giorno del primo anno in cui non è riuscita a cantare quello che è praticamente il suo inno, ciò che più la rappresenta al mondo: ‘Don’t Rain on my Parade’.

Le sale sempre un orribile groppo alla gola quando ripensa allo sguardo di disapprovazione di sua madre.

 

“Poteva fartelo rifare o, al massimo, accettarti gli anni successivi” controbatte Quinn, appellandosi ad una logica sensata. “È solo gelosa

 

Rachel non aggiunge altro, preferendo evitare il solito dibattito su quanto sia madre sia pessima con lei. Lo sa già, non c’è bisogno di ricordarlo ogni volta.

“Quindi se tu fossi al mio posto …” butta lì dopo aver rimuginato, lasciando la frase in sospeso per farla completare alla sua migliore amica.

 

“Accetterei, inviterei mia madre alle Locali e le farei vedere cosa vuol dire essere Rachel Corcoran

 

Sa sempre cosa dire, non c’è nulla da fare.

Rachel le crolla addosso per abbracciarla un istante dopo, ridacchiando alle timide proteste di Quinn su quanto sia pesante. Le è mancata da morire la sua migliore amica, cavolo.

 

Dopo qualche minuto di totale pace e relax, sono costrette ad alzarsi in piedi. Inizia a fare davvero freddo e, cosa forse più importante, le lezioni pomeridiane stanno per cominciare.

Quinn infila rapidamente la sua roba nella tracolla, imitata dalla Cheerio.

 

Quando ormai sono pronte a tornare verso l’edificio scolastico, però, Rachel la tira per un braccio e la obbliga a girarsi verso di lei.

“Non voglio sapere cosa hai fatto esattamente e chi è quella persona che ti ha aiuta. Non mi importa. Però d’ora in poi niente più bugie e segreti, ok?”

 

Promesso

 

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Vergogna e sensi di colpa vengono spesso usati dalle persone in modo sbagliato.

Anziché prendere esempio dai propri errori per evitare di ripeterli in seguito, molti li accampano come scuse per non comportarsi nella maniera evidentemente più giusta.

 

Anche Ryder Lynn l’ha fatto. Ha usato a lungo la vergogna per aver ‘venduto’ Marley a Mike Chang e i sensi di colpa per come le altre Cheerios l’hanno pugnalata a tradimento per evitare di parlarle e, anche se le probabilità che servano a qualcosa siano prossime allo zero, chiederle scusa.

 

Ma il Titan, a differenza di molti compagni di squadra, è un ragazzo fondamentalmente buono. Una mente po’ lenta, questo sì, che però sa bene quale sia la cosa giusta da fare –almeno in questa occasione, s’intende.

 

Dopo averci rimuginato a lungo è riuscito a raccogliere tutto il coraggio necessario a prendere la macchina e guidare fino a casa Rose, complice anche l’ennesima slushiata ai danni di Marley che ha visto questa mattina nei corridoi del McKinley.

 

Prende un lungo respiro prima di bussare alla porta.

Casa Rose è una piccola villetta a schiera in uno dei vecchi quartieri residenziali di Lima Est. Non è troppo grande ma, visto che l’ha visitata parecchie volte, può affermare con molto certezza che è accogliente. Nonostante lei, sì.

 

Ad accoglierlo è Millie Rose, la mamma di Marley, una donna decisamente grassa –obesa, ma Ryder non l’ha mai pronunciata quella parola per non mancarle indirettamente di rispetto- che è tanto gentile ed amorevole da mediare da sola alla freddezza della figlia.

“Oh, Ryder! È da un po’ che non ci si vede. Come procede a casa?” l’accoglie con entusiasmo, come sempre, rivolgendogli un sorrisone. “Prego, accomodati”

 

 “Tutto bene” ricambia il suo sorriso entrando in casa. “E lei come sta, Millie?”

 

“Non c’è male” ammette la donna, chiudendo la porta alle sue spalle ed avviandosi abbastanza lentamente verso il soggiorno. “Qualcosa da bere? Da mangiare?”

 

È la cordialità fatta persona, è innegabile. Spesso si è chiesto come potesse essere davvero sua madre.

“No, grazie, sono a posto così” rifiuta educatamente, buttando uno sguardo piuttosto esplicito alle scale. “Marley è in casa?”

 

“Di sopra” conferma la donna, facendogli un segno con la testa per dargli il permesso di salire.

“Ryder?” lo richiama quando ormai è già salito di diversi gradini, facendolo voltare. “Non sono affari miei ma … tutto ok tra voi due?”

 

“Sì, certo”

Gli dispiace molto mentire, soprattutto ad una persona come lei. Tuttavia, almeno in questo caso, è convinto che sia meglio omettere la verità.

Millie ama così tanto sua figlia che sicuramente soffrirà moltissimo una volta scoperto che si sono lasciati –anche se le cose non sono andate proprio così- e, ancora peggio, quello che le sta capitando a scuola.

Ancora una volta, Ryder non può fare a meno di chiedersi se Marley se lo meriti davvero.

 

Si ritrova davanti alla sua stanza in pochi passi.

La porta è aperta e gli permette di avere una visuale perfetta di lei: è stesa sul letto e gli da la schiena, i lunghi capelli castani che ricadono senza ordine sul materasso.

Vederla così, abbracciata a quello che probabilmente è un cuscino, la rende ai suoi occhi in un modo che credeva impossibile fino a qualche settimana fa: vulnerabile.

 

È quasi tentato dall’andarsene, mandando a quel paese tutti i suoi buoni propositi, quando la voce di Marley lo fa sobbalzare.

“Entra. E chiudi la porta”

 

Più spaventato che sorpreso, Ryder ubbidisce.

Nel frattempo Marley si alza dal letto e, senza spostare i suoi penetranti occhi azzurri da quelli del Titan, si sistema rapidamente i capelli in una coda.

 

“Non sono un’indovina” borbotta stiracchiandosi dopo aver notato lo sguardo ancora perplesso di Ryder. “Ti ho sentito parlare con mia madre”

 

La ragazza si alza in piedi, fronteggiandolo, e, anche indossa solo una maglia decisamente grande –le arriva alle ginocchia quasi, certamente appartiene a sua madre-, non c’è più traccia di vulnerabilità.

 

“Perché la Cohen-Chang?” sibila in tono estremamente duro, incrociando le braccia al petto.

 

“Non mi sembra il caso, Marley” deglutisce a fatica Ryder, scambiando erroneamente la freddezza di Marley per un tentativo ben realizzato di mascherare una sorta di gelosia che, visto di chi stiamo parlando, si riduce ad una questione di ‘possesso’ più che di emozioni.

 

“Non credere che stia penando per te” scuote il capo Marley, abbozzando addirittura una specie di sorriso maligno. “Sapevo che vedevi un’altra, non sei certo così furbo come credi. Non me ne fregava prima, non me ne frega adesso”  

 

“Vuoi sapere perché lei?” sbotta Ryder, forse per la prima volta nella loro relazione, allargando le braccia per indicarla. “Per questo! Tu mi svilisci sempre, non ti è mai importato di me. Lei invece mi fa sentire bene, apprezzato, voluto”

 

La ragazza lo scruta per qualche secondo con il suo solito modo di fare volutamente glaciale, scrollando infine le spalle come se non le possa fregare di meno.

“Bene. Ora vattene”

 

Ryder annuisce e si volta per uscire dalla camera. Ha già appoggiato la mano sulla maniglia quando si ricorda di quello che deve fare.

“Sono venuto qui per dirti una cosa e non me ne andrò prima di averlo fatto”

 

Marley sembra sinceramente stupita dal gesto improvviso del Titan, quasi non si aspettasse un atto di ‘coraggio’ da lui.

“Avanti, allora” lo invita, sedendosi sul bordo del letto ed accavallando le gambe nude.

 

Non saprebbe dire perché ma, per un istante, il ragazzo è sicuro che lei sappia già.

Fa un paio di passi verso di lei, scacciando mentalmente l’idea in quanto impossibile, prendendo il solito grande respiro prima di vuotare il sacco.

“Sono io la persona che per prima ha messo in giro la storia di tua madre”

Anche questa non è la vera verità, eppure mettere in mezzo Mike Chang potrebbe ancora non essere una buona mossa. Ha pochi dubbi che il sito sia suo e, considerato che ora Tina è l’head cheerleader, è ancora più esposta. Non può correre rischi.

 

“Ok” mormora Marley con una totale noncuranza. Rimane a fissare le reazioni di uno stralunato Ryder per diversi secondi, senza muovere nemmeno un muscolo, prima di fare un cenno verso la porta. “C’è altro?”

 

“N-n-on vuoi chiedermi il perché?” chiede lui, spiazzato totalmente. Si aspetta decisamente qualcosa di diverso, qualche urla e persino un pugno. invece, per la seconda volta, Marley gli dà la netta impressione di sapere già ogni cosa.

 

“Dovrei?” fa spallucce di nuovo la sua ex fidanzata.

 

“Come è possibile che proprio tu non sei incazzata per una cosa del genere?”

 

Ti sopravvaluti, come sempre” lo gela, accavallando le gambe dall’altra parte come se ogni sua mossa sia stata già calcolata. “Sei un fidanzato molto peggiore di quanto tu creda. Inoltre sei davvero uno sciocco se credi di avermi fatto male”

 

“Non è così?” chiede, stavolta ironico, indicando con la mano la divisa abbandonata a terra, sotto il letto.  

 

Con il piede, Marley la caccia più indietro possibile, facendo poi uno schiocco con le dita per far alzare la testa di Ryder e parlargli guardandolo dritto negli occhi.

“Sono abituata ad essere ferita” afferma con un tono che si userebbe con un tonto e, probabilmente, si è trattenuta a stento dall’aggiungere idiota alla fine della frase.

“Fin dalle elementari ho sempre avuto a che fare con persone che mi prendevano in giro. Per mio padre, per i miei vestiti da povera, per mia madre cicciona. Durante le medie lei lavorava addirittura nella mia stessa scuola, quindi puoi immaginare in che condizioni andavo a lezione giorno dopo giorno. Non dormivo più, avevo crisi di panico e di pianto … ci siamo trasferite sei volte e ho cambiato undici istituti prima di riuscire a trovare un minimo di pace. Due mesi dopo era già tempo di trovare un liceo”

 

Ovviamente Ryder non poteva aspettarsi una cosa del genere. Rimane imbambolato qualche secondo, la bocca spalancata per la sorpresa, una vaga sensazione alla bocca dello stomaco.

“N-no-n lo sapevo” balbetta, sistemandosi nervosamente il ciuffo che gli ricade sulla fronte. “È per questo che ti vergogni di tua madre?”

 

“Vergognarmi?” ride –già, ride- di gusto Marley, appoggiandosi al letto per non cadere all’indietro o in avanti. “Io la amo. La amo” ripete due volte, giusto per essere sicura che abbia capito. “Vorrei avere un decimo della sua forza di volontà. È stata lei a chiedermi di fare finta che non esistesse”

 

Lei?”

 

“Non voleva più vedermi stare male. Ho solo fatto in modo che ciò non potesse più accadere” si alza in piedi, fronteggiandolo di nuovo e, pur essendo molto più bassa di lui, la differenza di altezza non si nota per nulla. “Ora vai a piagnucolare dalla tua Tina e chiediti chi è il cattivo e chi la vittima tra di noi”

 

Ryder non ha ovviamente la forza di controbattere. China il capo ed esce dalla camera di Marley il più rapidamente possibile, rivolgendo un appena udibile “Arrivederci” alla signora Millie prima di scappare fuori da casa Rose.

 

Ancora una volta, non appena raggiunge la macchina, gli piovono addosso vergogna e sensi di colpa. Non ha mai capito Marley anche se, se fosse del tutto onesto con sé stesso, dovrebbe ammettere che semplicemente non ci ha mai provato.

In ogni caso, ormai il dado è tratto e l’unica cosa che gli rimane da fare è buttarsi questa storia alle spalle, sperando di non commettere gli stessi errori con Tina e che Marley, dopo aver abbandonato quella che apparentemente era una maschera, non provi a vendicarsi.

 

Povero illuso.

 

 

 

 

 

 

Note dell’autore.

 

Quasi puntuale, stavolta!

 

Il capitolo è un po’ un filler se lo analizziamo solo dal punto di vista della trama principale ma ho lasciato diversi indizi sparsi per il capitolo :)

Inoltre mi sembrava giusto tirare un attimo le fila di alcuni personaggi.

 

Ho introdotto il primo adulto della storia –non ritengo Figgins un  adulto, già- e non poteva che essere Holly Holliday. Mi piace troppo, sia lei che Gwyneth :)

 

Per la prima volta avete avuto modo di vedere cosa intendo con What if dei personaggi. Anche nella serie tv la madre di Marley si offre di lasciarla qualche isolato prima e di non dire in giro che sono parenti. Qui, però, Marley si è buttata a capofitto nella storia.

Sarebbe come dire … cosa sarebbe successo se Marley avesse seguito il consiglio di sua mamma ed avesse agito per proteggere entrambe dalle persone?

Che ne pensate? Fatemelo sapere, le vostre opinioni sono molto importanti.

 

A proposito, ringrazio coloro che hanno letto lo scorso capitolo, che hanno lasciato un commento per dirmi le loro impressioni e hanno messo la storia tra le seguite.

Se avete domande, obiezioni, consigli, dubbi o altro, sentitevi liberi di scriverlo in una recensione o per messaggio privato.

 

Detto questo, il prossimo aggiornamento potrebbe arrivare in tempi più brevi.

Conto di pubblicare tre capitoli prima del venti, visto che poi sarò a Parigi e per un po’ non potrò aggiornare o scrivere.

Speriamo di riuscirci –incrociamo le dita!

 

Alla prossima!

Pace. 

  
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