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Autore: Somoody    12/02/2008    3 recensioni
C’era una volta… No, sembra una favola, ma in realtà è così, perchè queste sono cose che non accadono nella realtà e, come si dice, sono cose che puoi aspettarti solo dai libri. Quindi… C’era un giorno, non tanto lontano, una ragazza. Monica. La sua vita senza esser tale, la vita vissuta come vegetale. Un brutto episodio le ha rovinato la vita e ora lei non vuole più viverla. C'era un giorno, non tanto lontano, Stefano. La sua vita appannata dalla tristezza, vissuta nei9 ricordi. Per una ragazza che l'ha solo preso in giro e per un papà che detesta. Tutti e due odiano la vita, tutti e due non vogliono più viverla... Ma il loro incontro potrebbe cambiare loro la vita e risvegliare un sentimento che ritenevano morto per sempre...
Genere: Romantico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccola. Una di quelle solite mattinate noiose come non so cosa. In cui non hai mai voglia di fare qualcosa perchè quello che puoi fare sono sempre le stesse cose. Una rottura che più rottura non ce né. E allora cosa faccio? Apro il portatile e mi metto a scrivere una storia, più precisamente una storia d’amore. Non so perchè, forse per cercare di ricordare o forse per aprirmi al futuro. Sta di fatto che le mani cominciano a scrivere, a spingere verso l’interno tutti questi tastini sulla tastiera con disegnate sopra le lettere dell’alfabeto. E man mano che vado avanti vedo sempre più “inchiostro” che riempie questo foglio bianco davanti a me. Poi sorrido. Perchè un’idea prende il sopravvento. L’idea di come svolgere questo racconto, di come iniziare sapendo che poi tanto le parole verranno automaticamente, senza pensare scriverò tutto quello che mi verrà in mente. Allora inizio.

C’era una volta… No, sembra una favola, ma in realtà è così, perchè queste sono cose che non accadono nella realtà e, come si dice, sono cose che puoi aspettarti solo dai libri. Quindi…

C’era un giorno, non tanto lontano, una ragazza. Monica. Hai presente quelle mattine che passi come quelle che ho descritto a inizio libro? Questa non è una solita mattina… Questa è la sua vita. Si alzò dal letto ancora addormentata. Camminò dondolate per la sua camera fino alla porta, quando ne uscì. Suo padre le andò incontro e la salutò con un bacio sulla guancia.

<< Ciao scricciola. >>

<< Ciao pa’. >>

Suo padre la guardò con un triste sorriso per un attimo, poi riprese quello che stava facendo. Le dispiaceva un casino per quello che stava succedendo alla figlia, ma oramai aveva capito che non c’era più nulla da fare, solo un miracolo avrebbe fatto tornare a galla la vecchia Monica, quella con sempre la battuta pronta e la voglia di scherzare che ti sorprendeva per ogni suo sorriso.

S’incamminò per il bagno e arrivò al lavandino, fino a guardarsi allo specchio. Una smorfia, due, tre. Ma quella faccia non cambia. Ma lo sguardo non si leva da quel punto. Da quello che riflette ne esce una ragazza di sedici anni dai capelli biondi, lisci e abbastanza lunghetti con gli occhi marroni, magra e alta quanto basta. Ne esce una ragazza chiusa in se stessa, con difficoltà a socializzare, per niente timida, ma troppo scorbutica e pensante di sapere di avere sempre lei la ragione, che tutti gli altri sono dei dementi e lei è l’unica sana. E questo per un solo, un crudele motivo che le ha fatto perdere la fiducia in se stessa e verso gli altri.

Solo tre anni prima perse la madre e il fratello di diciannove anni in un incidente stradale in autostrada per colpa di un uomo ubriaco che li fece sbandare su un ponte. Da quel giorno Monica non fu più la stessa. E dopo un anno giurò di non dimenticare mai quella storia, che l’avrebbe fatta pagare a tutti quelli che l’avrebbero dato fastidio, che l’avessero indotta a ricordare quel giorno e tutti quelli che ne avevano a che fare. Le era rimasta solo la sua migliore amica che però in quel periodo, esattamente in giugno, era partita con i suoi in un viaggio in Australia che sarebbe durato tutta un'estate. Monica si lavò la faccia e si diresse in camera sua per prendere dall’armadio i vestiti. Colse una salopette di jeans con la minigonna e una maglietta a maniche corte bianca sotto. Poi prese le infradito e urlò a suo padre quando ormai si ritrovò dalla porta d’ingresso.

<< Ciao pa’, vado in biblioteca! >>

<< Ok… >>

Uscì di casa e si diresse alla fermata dell’autobus. In realtà dopo l’incidente Monica si era lanciata sullo studio, tutto per togliersi la rabbia di dosso. Monica non era mai stata una secchiona, non gli era neanche mai piaciuta la scuola, ma era come se dopo fosse l’unico suo impegno e passatempo. L’unica cosa che faceva di diverso era, appunto, andarsene in biblioteca a leggere migliaia di libri perchè le piaceva sedersi su una di quelle piccole poltroncine di quell’edificio e passare le ore a perdersi nelle pagine di piccoli raccoglitori di fogli che parlavano di storie d’amore, di vite problematiche, di gialli, di horror… Non le importava il genere. Le piaceva e basta. Era molto difficile che reputasse un libro anche semplicemente accettabile. Ogni libro che leggeva era “Entusiasmante, stupendo, meraviglioso”, a tutti trovava il meglio e dopo che andava a casa lo raccontava al padre e dai suoi racconti e da tutti i suoi punti di vista e interpretazioni diventava ancora più bello di com’era già. Riusciva anche a trasformare i più brutti e scarni in qualcosa di magico. La spaventava la vita reale, è per quello che si rifugiava in vite inventate, dove le cose andavano secondo un certo motivo e non accadevano mai per conto della sventura, ma secondo la voglia del narratore. Perchè lei era così. Da quell’incidente smise di aver fede in qualcosa lassù ed era convinta nel destino e della sfiga che aveva preso il controllo della sua famiglia. L’autobus arrivò. Salì guardando l’espressione dell’autista e dei passeggeri. Il primo la salutò sorridendo, ma lei non contraccambiò. Fece un cenno col capo e si mise a sedere. E’ dall’incidente che non aveva più anche solo sorriso. Suo padre aveva tentato in mille modi. Ogni giorno si inventava una storia divertente, una barzelletta, l’aveva portata al circo, al cinema a vedere film comici. Ma lei non riusciva mai a cambiare la sua espressione neanche in un semplice accenno. La sua fermata era la prossima. Suonò il campanello e si alzò già pronta per scendere. L’autobus si fermò e si aprirono le porte. Scese attraverso gli scalini e percorse i pochi passi che le servivano per entrare dentro la biblioteca comunale. Attraversò le grandi porte di legno per antrarvi dentro e alla fine ci fu. Fece pochi passi e guardò l’uomo al banco che controllava, questo fece un cenno col capo, ma lei non si mosse. Girò lo sguardo da un’altra parte e si diresse verso gli scaffali pieni di libri. Si guardò prima un attimo in giro. Non c’era nessuno. La biblioteca era vuota. Ad unica eccezione di un ragazzo. Sembrava abbastanza grande ed era sopra ai libri che stava studiando. Probabilmente per gli esami dato che non erano ancora passati. Aveva i capelli neri sul viso e una camicia bianca quasi sbottonata. Quando con i suoi occhi marroni alzò la testa dai libri e guardò Monica. Si soffermarono un attimo a guardarsi l’un con l’altra, senza espressioni, senza tono, solo sguardi. Poi lei si girò di nuovo verso i libri e vi andò incontro. Monica non aveva più guardato i ragazzi, non li aveva più giudicati. E’ come se non le fosse interessato più niente. Non li aveva neanche più giudicati e non ne era più abituata. Non classificva mai un ragazzo come farebbero tutte le ragazze appena ne incontrano uno. Scelse tra vari titolo. Tanti li aveva già letti, anzi, quasi tutti. Ma quel giorno aveva voglia di un libro d’amore, anche se tragico, ma di un grande sentimento più grande della vita stessa. E a cosa pensare se non a “Giulietta e Romeo”? L’aveva già letto centinaia di volte, ma era il suo libro preferito e oramai era come se fosse suo. Si diresse verso i divanetti e si sistemò sopra e si buttò sulla lettura. Lo terminò tutto, fino alla fine. Erano passate solo quattro ore. Girò lo sguardo indietro. Non sa attirata da cosa, ma lo fece. Il ragazzo era ancora lì.
  
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