Fanfic su artisti musicali > Selena Gomez
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Autore: ellyjeliebers    04/08/2013    6 recensioni
“So whenyou're lost and you're tired, when you're broken in two, let my love take you higher cause I still turn to you.”
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Psycho.
1.

Justin.

Camminai lungo il corridoio per vari minuti ma non trovai la stanza, eppure mi sembrava di essere nel reparto giusto anche se di indicazioni, non ce n'era nemmeno l'ombra e tanto meno di infermiere a cui chiedere così mi fermai e bussai in una stanza, la numero 2303.

«avanti» una voce femminile e dolce rispose dall'altro lato della porta ed entrai.

Una ragazza mora, della mia età circa e dai capelli lunghi era seduta sul letto, rivolta verso la finestra dall'altro lato e con lo sguardo fisso fuori, immobile, in cerca di libertà.

«ciao, scusa questa è pediatria? Sto cercando la camera di mio fratello ma non la trovo» spiegai.

«no, questa è psichiatria» d'un tratto la stanza luminosa si fece più cupa, le pareti era come se si chiudesse poco alla volta e la finestra diventava una ringhiera. Solo il nome mi metteva ansia e un po' di timore.

«scusami, ho sbagliato» abbassai la testa, in cerca di qualcosa che non sia il pavimento, anche solo un granello di polvere. Feci un passo in avanti. La ragazza sospirò, un sospiro triste, di chi non può fare altro che immaginare di uscire da quel posto.

«come ti chiami?» domandai curioso.

Lei girò la testa, lentamente, come in un film horror, solo che non faceva paura, anzi, era bellissima nonostante l'aria trascurata. Aveva di chi ha pianto giorno e notte, marroni, le labbra di chi chiede costantemente aiuto, aiuto da se stessa. Era perfetta ricoperta dei suoi sbagli e delle sue cicatrici.

«Selena» rispose continuando a guardare di lato.

«quanti anni hai?» continuai.

«sedici» il freddo nel suo tono.

«anch'io» lei annuì, senza aggiungere altro.

«posso entrare?» «sì», altra risposta secca.

Avanzai nuovamente e chiusi la porta alle mie spalle.

«di dove sei?» «qui, di Mashville», Selena si girò guardandomi incuriosita, forse dalle tante domande. Le gambe e le braccia coperte da tagli, ematomi neri e graffi. Si vedeva chiaramente che implorava aiuto, solo con lo sguardo. Uno sguardo spento, freddo, lontano ma bellissimo.

Come faceva una ragazza tanto triste e sola ad essere così perfetta? O forse la domanda era un'altra: come faceva una ragazza così perfetta ad essere tanto triste e sola? Per ora trovare la risposta mi era impossibile. La ragazza indicò la sedia e annuì in segno di dovermi sedere, o almeno io mi sentivo in dovere. Mi sedetti con calma, tenendo i miei occhi fissi suo suoi, come faceva lei.

«come mai tante domande?» chiese lei stavolta.

«Non mi piace il silenzio»

«è bello, è misterioso»

«a volte il silenzio uccide», spalancò gli occhi spostando lo sguardo sul pavimento e continuando a fissarlo, quasi mi desse ragione.

«da quanto sei qui?» domandai.

«un anno e tre mesi», lo sguardo fisso a terra.

«e non ti fanno uscire? Come mai?»

«dicono che non sono ancora pronta ma io voglio andarmene.»

«ci credo, sembra una prigione qua», mi guardai intorno.

«tu come mai sei qua?» cambiò discorso riportando il suo sguardo su di me.

«mio fratello è stato operato di appendicite e sono venuto a trovarlo, dice che gli manco ma appena entrerò in stanza inizieremo a litigare, ne sono sicuro, è un vero piantagrane»

«credo che tu debba andare da lui allora» sorrise debolmente e quasi sforzatamente.

Stava cercando di liberarsi di me o voleva essere lasciata da sola?

«già, dovrei» dissi alzandomi e sistemando la sedia.

«tornerai a trovarmi?» un pizzico di speranza nel suo tono.

«tornerò, se vuoi» sorrisi, avviandomi verso la porta.

«voglio» cercò di ricambiare il sorriso e per breve tempo sembrava quasi automatico anche se sentivo che era più forzato di qualunque altra cosa al mondo. Uscii dalla porta e mi soffermai a leggere i fogli sulla porta. Il prima pagina c'erano una lunga lista di farmaci che doveva prendere: per la depressione, calmanti, antidolorifici e altri di cui non sapevo nemmeno l'esistenza. Nel secondo foglio c'era la diagnosi, troppo lunga da leggere, troppo complicata da capire e troppo triste da immaginare ma l'occhio mi cadde comunque su quattro delle tante parole: depressione, autolesionismo, solitudine, istinti suicidi.

Quella ragazza aveva bisogno di essere aiutata, non aveva bisogno solo di farmaci ma di qualcuno. Qualcuno che stia anche soltanto insieme a lei in silenzio, a guardare fuori, qualcuno che le stia vicino, qualcuno che le tenda la mano e che la aiuti ad uscire da quel buco oscuro nel quale è caduta e da quando aprii quella porta mi sentii subito in dovere di essere io quel qualcuno.

#SpazioAutrice
Aloha.
Gente, rieccomi. Alur, in questo capitolo si capisce meglio, credo. 
Che ne pensate? Guardate che se mi lasciate una recensione nun è che me fa schjif eh...
Ve se ama,
ciao (:

  
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