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Autore: _Ella_    04/08/2013    2 recensioni
Era carino, col nasino tutto bianco.
«Mi annoio» sbuffò, lasciando il tubetto sul tavolino dell’ombrellone. «E non so nuotare. E c’è gente. E mi fa schifo».
[A Syr.]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Demyx, Zexyon
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Shall I compare thee to a Summer’s day?
– thou art more lovely and temperate.

 

"But thy eternal summer shall not fade,
nor lose possession of that fair thou ow’st,
nor shall death brag thou wander’st in his shade,
when in eternal lines to time thou grow’st."
W. Shakespeare, sonnets (1609)

 
«Com’è che non ti piace il mare, Zexion?».
Sarebbe stato saggio chiederglielo prima di trascinarlo lì, probabilmente. È che lui il mare lo adorava, lo adorava da morire: la sabbia fine piacevole al tatto o le pietruzze che lasciavano i fondali limpidi, l’odore di salsedine e il pizzicore della pelle baciata dal sole, le risate e i giochi, e le nuotate. Avrebbe nuotato ore ed ore intere se la pelle delle mani non fosse diventata rugosa come quella di una vecchia tartaruga.
A lui piaceva il mare anche d’inverno.
Il fatto è che Demyx non ci aveva pensato. Nei suoi pensieri non poteva assolutamente esistere qualcuno a cui non piacesse stare in spiaggia – ed il fatto che Zexion fosse una tra queste persone lo lasciava attonito. Ma magari no. Avrebbe dovuto suggerirglielo il fatto che lui e Zexion non avessero niente in comune, se non il fatto che mangiavano tanto e che si amavano tantissimo.
Demyx lo amava tantissimo. E Zexion non è che gli aveva detto esattamente la stessa cosa ma-
Doveva essere così di sicuro. Altrimenti perché perdere del tempo con lui?
Il ragazzo grugnì, guardandolo storto mentre si passava la crema solare sul naso, il ciuffo tenuto fermo dietro l’orecchio perché non gli desse fastidio – teneva i piedi sul bordo della sdraio, evidentemente non voleva saperne di toccare la sabbia.
Era carino, col nasino tutto bianco.
«Mi annoio» sbuffò, lasciando il tubetto sul tavolino dell’ombrellone. «E non so nuotare. E c’è gente. E mi fa schifo».
Doveva essere davvero arrabbiato se aveva deciso di parlargli così tanto.
Demyx rise appena e sorridendogli si sedette di fronte a lui, sulla sabbia con la quale cominciò a giocherellare, lasciandosela scivolare da un palmo all’altro. «Anche io ti facevo schifo, eh» gli fece notare, guardandolo tranquillo.
Zexion tirò fuori la migliore smorfia indispettita che aveva nel repertorio, ed anche se aveva il collo e la fronte umidi per il sudore non sembrava essere intenzionato a togliersi la maglia. «E sarà di nuovo così se troverò questa roba fastidiosa sul tuo cazzo, stasera».
Avvampò, gonfiando le guance e sbuffando, e sfregò un palmo contro l’altro per togliere via i granelli che erano rimasti incastrati tra le pieghe della pelle. «Potevi dirmelo prima che non ti piaceva».
Semplicemente Zexion lo fissò col solito sguardo da ma-perché-esisti-assieme-al-mondo e lui sbuffò di nuovo, avvicinandosi e posando il mento su una delle sue gambe.
Un ringhio. «Cosa vuoi».
«Un sorriso!».
«’Fanculo» sibilò tra i denti, litigando coi capelli scossi dal vento.
Fu Demyx a sorridere leggermente. Gli lasciò un bacio un po’ a caso sulla gamba scoperta ed alzò il viso per guardarlo meglio, senza riuscire a togliere via l’espressione contenta dal volto.
«Grazie per non aver detto di no, Zeku».
Zexion non disse niente neppure questa volta. Arrossì soltanto, non troppo da essere palese ma abbastanza perché Demyx trovasse una differenza nel suo incarnato sempre così chiaro. Quando gli baciò di nuovo la gamba si ritrovò la sua mano a carezzargli i capelli, e lo sentì sospirare un po’ mentre lo mordicchiava.
«Andiamo a fare il bagno, dai» disse, e non c’era neppure più traccia di nervosismo nella sua voce calma.
Demyx glielo diceva sempre che lo amava, e lo amava davvero tanto. Certo, Zexion non glielo aveva mai detto, ma quando tutti i giorni Demyx si ritrovava ad osservarlo mentre metteva via una piccola parte di sé per fargli spazio si diceva che non importava.
Lui lo sentiva e basta, e allora non ce n’era bisogno.


 
 

"Dovrò paragonarti a un giorno d'estate?
Tu sei più amabile e temperato.

Ma la tua eterna estate non dovrà svanire
né perdere possesso di quella bellezza che è tua,
né la morte si vanterà che tu vagli nella sua ombra,
quando in versi eterni tu crescerai nel tempo".
Traduzione by mio libbbbro. Penso sia a senso, anzi, sicuramente. Non prendetevela con me se fa schifo, plz.

 

Notare prima di tutto l'anno in cui è stato scritto il sonetto.
Fatto?
Bene.
Adesso.
Questa fic fa cagare - ma nel senso che doveva essere solo un po' spucci e non è manco quello, alla fine le parti più belle sono quelle rubate al caro buon vecchio Guglielmino ma ahimé, non posso proprio prendermene il merito.
Questa storia avrei anche voluta pubblicarla l'8 MA- come minimo oggi Syr non se l'aspetta proprio. E quindi ecco qua questa puttanata.
Amen.
Non so cosa dire, sul serio. Mi sento spastica. Quindi fuggo e beh, odiatela pure ma ZEMYX. Il mondo ne ha BISOGNO.
*fugge*

P.S.: Syr non sborrare per l'inglese antico pls. E non odiarmi per questo aborto.
   
 
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