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Autore: Werewolf1991    05/08/2013    0 recensioni
Post " Cronache di un'infausta avventura"
Allora immaginavo che, in un impeto di rabbia, mi rinfacciassi tutto il male che ti avevo fatto e ricacciassi indietro le mie suppliche, schernendomi e dicendomi di tornare strisciando da dove venivo e che mi ero meritata tutto ciò che di peggiore mi stava accadendo.
Naturalmente so che tu difficilmente ti comporteresti in questo modo. Non l’hai fatto neanche all’epoca del fattaccio, ma, in un certo senso, quella visione non era altro che la proiezione inconscia della mia coscienza che non mi dava pace. Ed è esattamente quello che avrei meritato. Ma tu, non la pensi così, non è vero?
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Orario di Visite

 






-Hei, ragazze? Sapete la novità?-
-No, dicci, di che si tratta?-
-Ci sono visite per 11229141!-
-No! Davvero? Non ci credo!-
-Di chi si tratta?-
-Non ci starai prendendo in giro, vero?-
-Vi dico che è così! Indovinate un po’? È … È  … lei!-
-Noo! Lei? Ma sei sicura?-
-Mhmh. Non è incredibile?-
-Ma io pensavo che fosse impossibile per 11129141 avere visite!-
-Lo so! Ma, pare che le abbiano dimezzato la pena!-
-Addirittura?-
-No, così non ci potremo più divertire!-
-Tranquille! Abbiamo ancora tempo! Comunque, visto che oggi siamo a un quarto della sua condanna, o meglio, a metà, visti i cambiamenti, è stata fatta un’eccezione!-
-Sono già passati tutti questi anni! Wow! Mi sembra solo ieri che la vedemmo per la prima volta!-
-Già. Beh, tenete presente che qui, il tempo passa diversamente, rispetto a la fuori! –
- Sono passati già 360 anni qui, ma sulla Terra sono … quanti sono?-
- 90 giorni. Tre mesi, quindi!-
-Oh! Ehehehe, meno male che ci sei tu! Io non avrei saputo che pesci prendere!-
-Sentite, ma adesso chi lo dice alla prigioniera?-
-E se non glielo dicessimo?-
-Non vorrai impedirle di ricevere visite? Lo sai che è obbligatorio, si?-
-Oh, no! Cioè, non è che non ci avessi pensato, però credo  che sarebbe altrettanto divertente far finta di nulla!-
-Caspita, devo ammettere che certe volte sai essere spregevole! Sicura di essere un Anti-Virus?-
-Dai! Adesso non esageriamo! E poi, dopo quello che ha fatto, se lo merita!-
-Adesso andiamo da lei e comportiamoci come nulla fosse!-
-D’accordo! A dopo ragazze!-
-Si, a dopo!-
 
 
360 anni. Sono già passati 360 anni! Non ci credo! 360 anni di giorni tutti uguali a se stessi, sempre pieni di un grigiore e di un vuoto che mi hanno consumata. A momenti mi ritrovo a pensare che tutto quello che è avvenuto prima non sia altro che un frutto della mia immaginazione …
 
Quelle pensano che io non le abbia sentite, ma si sbagliano … mi giro pigramente, anche se giro è una parola grossa, perché nello spazio angusto e ridicolmente stretto in cui sono rinchiusa, è difficile parlare di spostarsi.
 
360 anni di puro orrore. La mia unica compagna costante la mia … non riesco nemmeno a dirlo! Eppure, se non fosse per la luce che filtra appena da tre piccoli fori, davanti a me, direi che sono completamente intrappolata nella roccia. Essa mi avvolge, stringendosi sempre di più, soffocandomi.
 
Ricordo che i primi tempi, mi fu difficile abituarmi alla routine di questo posto. Ormai abituata agli spazi aperti e alle mille attenzioni che ricevevo da lei, fu un trauma per me dovermi adattare alla vita qui. Se così la posso definire.
 
Ogni giorno, sempre la stessa cosa: sveglia presto la mattina, controllo del mio stato di salute fisico e mentale. Tutte quelle Digimon che, senza alcun riguardo, mi toccavano e mi guardavano, come se fossi stata una qualche attrazione da circo … ricordo che, i primi tempi, scalciavo e mordevo, inferocita, mal sopportando quell’atteggiamento …  quelle si limitavano a guardarmi divertite, additandomi e parlandomi con tono mellifluo e falso.
 
Poi c’erano i pasti e la sera a dormire presto. Niente ora d’aria, ne orario di visita.
 
Non dimenticherò mai le loro risate di scherno, o il loro tocco, così umiliante e sprezzante, come se fossi stata un topo da laboratorio, anziché una Digimon.
 
Comunque, appresi presto che, se volevo sopravvivere lì, dovevo lasciare che facessero quello che volevano.
Per loro, non ero altro che feccia. Me lo dissero, mentre mi bloccavano e mi iniettavano un sedativo.
 
Poi ripresero i loro palpeggiamenti e le loro risate oscene si fissarono come marchiate a fuoco, nell’oceano di ovattato stordimento che mi avvolgeva.
 
Finito questo, vennero loro. E a quel punto, tutto si tramutò in un oceano di dolore.
 
Poi, quando a fatica riuscì a riprendermi, mi dissero, con falsa comprensione:
 
-Scusa! Sappiamo che è esagerato, ma questi sono gli ordini!-
 
Appresi più tardi che, in realtà, era solo il loro modo perverso di punirmi e divertirsi con me.
Poi, all’ora dei pasti, venivano e, deridendomi, mi portavano via il cibo, dividendoselo fra loro. Una delle due mi diceva:
 
-Tanto, a te non serve, giusto, Feccia?-
 
Le prime volte tentati di riprendermelo. Ma imparai presto che, contro di loro, non potevo fare molto.
 
Erano abilissime nel far ricadere la colpa su di me. E, essendo loro Digimon Angelici, ed io una Digimon demoniaca, l’avevano sempre vinta. Sempre.
Ed io ero costretta a subire nuovamente botte e insulti.
 
Col passare del tempo, le due assunsero un atteggiamento lievemente diverso con me. O meglio, io mi adattai al loro.
 
Riuscì, facendomi servile, a spese della mia dignità e del mio orgoglio, a fami maltrattare meno.
E così, all’ora dei pasti, dovevo dividere con loro pena botte ed umiliazioni.
Facendo il loro gioco, lusingandole, facendo loro credere di essere superiori a me, riuscì a sopravvivere.
 
In più, dal momento che loro mi consideravano, e mi considerano ancora adesso, di loro proprietà, mi difendono dagli altri detenuti e dalle altre guardie.
 
E così sono passati i miei primi 360 anni qui dentro. Mi picchiano ancora, di tanto in tanto e le diverte rivangare la loro presunta superiorità su di me, ma, nonostante questo, non mi posso lamentare.
 
In fondo io sono ancora viva. Molti altri non lo sono più.
 
Oh, ecco che si avvicinano. Le sento ridere sguaiatamente, poi i loro passi si fermano.
 
-Ehi, Feccia! Siamo noi!- Esclama la prima, Angelica, che del suo nome non ha che l’aspetto.
-Non sei contenta di riceverci? In fondo siamo amiche, no?- Questa è Serafina. Mai nome fu più sbagliato.
-Allora, che novità ci sono?- Domando cercando di sembrare sottomessa.
-Nulla di che. – Risponde Angelica, che sento armeggiare con la porta.
-Oh, eccoti qua! Accidenti, come sei ridotta! Hai bisogno di un bel bagnetto!- Aggiunge Serafina, arricciando il naso.
Da quello che posso vedere, non ha tutti i torti. Sono sporca come mai prima, e sicuramente non profumo di rose … ma, soprattutto, ho un aspetto smunto e trasandato. Sembro uno straccio vecchio.
-Dai, alzati! Andiamo a darti una sistemata!- Afferma Angelica, tirandomi su a fatica. Serafina nel mentre, provvede a liberarmi dalle catene.
-Come mai tutte queste premure, ragazze?- Domando, tentando di capire il motivo del loro strano comportamento.
-Nulla, nulla. Solo, ci dispiace vederti così. Dico bene, Serafina?- chiede, con aria cospiratrice Angelica, nel mentre tirandomi fuori dalla cella.
-Infatti!- Replica l’altra, mentre si sistema la treccia con cui ha acconciato i capelli.
-Dai, sbrighiamoci!- Aggiunge decisa, e, a queste parole, c’incamminiamo lungo una serie di corridoi bui e stretti, fino ad arrivare davanti a una porta di pietra.
Serafina apre la porta, e mi fa cenno di entrare.
Io le guardo, perplessa.
-Ma, ragazze, non capisco … come mai qui?-
-Mah, sai, oggi ci sentiamo particolarmente buone!- Dichiara evasiva Angelica.
-E abbiamo pensato che, una volta tanto, un bagno come si deve ti avrebbe fatto bene! Di, non siamo state carine?- Domanda, con quel tono dolce che io ho ormai imparato a temere.
- Si! Grazie, davvero grazie mille!- Replico ostentando un’entusiasmo che in realtà non provo.
Dunque, entro nella stanza. Dietro l’apparenza grigia del suo esterno, essa contiene un bagno con tutti i confort.
-Mi raccomando, fatti bella!- Si raccomanda ridacchiando Angelica.
-Chiamaci, quando avrai finito!- Aggiunge Serafina, passandomi un cambio di vestiti.
Dunque, chiudono la porta ed io mi preparo a fare, per la prima volta dopo almeno una decina d’anni, un bagno degno di questo nome.
Mentre l’acqua bollente mi rilassa i muscoli, vengo assalita da ricordi, alcuni belli, altri orribili.
 
Il modo in cui solitamente vengo lavata è assolutamente orrendo. In pratica, mi spruzzano addosso dell’acqua tramite una grossa pompa, ma, in realtà, si divertono a vedermi contorcere e rischiare di soffocare. Dopo essersi divertite, mi lasciano zuppa e tremante a cercare di riprendere possesso dei miei polmoni. Inutile dire che, dopo, sono più sporca di prima.
 
Massaggio per bene tutti i punti arrossati e indolenziti dove sono ben visibili i segni delle catene.
Poi, mi occupo dei capelli. È un lavoraccio districare i nodi, specialmente perché qui non è certo possibile lavarli con una certa regolarità, o spazzolarli.
Dunque, mi godo ancora per qualche minuto l’acqua calda, poi, a malincuore, esco dalla vasca e mi asciugo, rivestendomi.

-Oh, guarda come sei pulita adesso!-  Si complimenta Serafina, guardandomi.
-Dai, che senno facciamo tardi!- Puntualizza Angelica, poi mi guidano attraverso un’altra serie di passaggi, bui e sporchi, fino a fermarsi davanti ad un portone che riconosco.
-Ragazze, perché siamo qui? Sapete che io non ho diritto all’orario di visite!- Proferisco, stupita.
Per tutta risposta, quelle si guardano e scoppiano a ridere. Poi, Angelica Ridacchiando esclama:
-Dai, non fare quella faccia! Adesso, entra e fai un bel sorriso!-
Io resto basita e allora Serafina mi spinge verso la porta ed incalza:
-Su, non essere timida! Entra!-
Ma, poco prima che io abbia aperto la porta,Angelica mi agguanta per il collo ed intima :
-Bada, sai! L’accordo dei pasti vale anche qui!- Io annuisco, confusa.
Poi, finalmente, entro.
La stanza dell’orario di visite è vuota, al momento. C’è una porta, al di la della quale, solitamente, i visitatori entrano e s’incontrano con i prigionieri.
Angelica mi raggiunge, poi, mi incatena nuovamente, e posa la chiave delle catene su un tavolo, posto al centro della stanza.
-Sia chiaro, 11229141!- Mi ha chiamata col mio numero. Di solito non lo fa.
-Che non ti salti in testa di parlare dei nostri … passatempi, intesi?- Sussurra , ed io so che dietro quel sorriso si nasconde una minaccia.
-C-Certo, naturalmente!- Balbetto, ed il terrore che incrina la mia voce è tutt’ altro che simulato.        
 Quella annuisce, soddisfatta, poi aggiunge:

-Mi spiacerebbe molto se finisse come l’ultima volta.-

Annuisco nuovamente. Mi sento svenire al solo pensiero.

Di tutte le cose orribili che mi hanno fatto, quella a cui si riferisce Angelica è da me considerata la peggiore in assoluto.
Deprivazione sensoriale.
Mi hanno chiusa dentro una stanza insonorizzata, legata mani e piedi, probabilmente sospesa in aria, al buio, per via di un cappuccio che avevo calato sulla testa. Inoltre, mi avevano tappato le orecchie.
All’inizio tentai di liberarmi, ma tutto fu inutile. Ero legata troppo stretta. Allora, urlai, con tutto il fiato che avevo in gola, ma non sentivo nulla. Nemmeno il battito del mio cuore.
Ricordò che piansi, quasi come quando mi rinchiusero, dopo aver scoperto quello che avevo fatto. Non avevo idea di cosa stesse accadendo, in quanto la sera prima mi ero addormentata nella mia cella, e, al risveglio mi ritrovai in quella condizione.
 
Non so quanto tempo passò prima che mi calmassi, ma, a lungo andare, una sorta di stordimento cadde su di me. Non concepivo più lo spazio o lo scorrere del tempo.
 
Non mi dissero mai quanto tempo passai in quelle condizioni, ma mi promisero che se avessi fatto qualcosa contro di loro, avrei passato il resto della mia condanna in quel modo.
 
Non ho intenzione di ripetere l’esperienza, grazie tante!
-Bene! Allora io vado! Mi raccomando, divertiti!- Ghigna Angelica, prima di allontanarsi, e richiudere la porta alle sue spalle.
Sospiro sollevata, poi torno a concentrarmi sulla porta. Se sono qui, vuol dire che c’è qualcuno per me. Ma chi? E per quale motivo?
 
Sento dei passi, in avvicinamento. Li riconosco … no, non può essere!
Il cuore comincia a battermi all’impazzata al solo pensiero!
Riconoscerei i suoi passi fra mille …
Sta succedendo davvero?
Fisso la porta, in trepidazione.
Oh, ecco, stanno aprendo.

La prima persona che vedo è Ophanimon. Non è cambiata di una virgola, dal’ultima volta che ci siamo viste.
-Ciao. È da molto che non ci si vede!- Saluta, in tono gentile.- Come stai?- Domanda, avvicinandosi.
-Non c’è male!- Rispondo, cauta. So che mi osservano, devo fare molta attenzione a quello che dico.
L’altra annuisce, poi afferma:
-Bene. Ho una cosa da dirti.-
Io mi metto in ascolto. Sembra molto seria.
-In considerazione della tua buona condotta, è stato deciso di dimezzarti la pena!-
A quelle parole, sento il mento scendere fino a terra. Ophanimon ride, divertita.
-D- Davvero?- Chiedo, sorpresa, con un pizzico di commozione.
L’altra annuisce, benigna. Poi, inaspettatamente, mi abbraccia. Io sono troppo sconvolta per reagire. Essendo una creatura di luce, il contatto con lei mi provoca una fastidiosa scarica che però al momento non mi sfiora, troppa è l’emozione per la notizia appena ricevuta.
-Tieni duro, sei già a metà!- Mormora l’angelo, per poi allontanarsi. Io annuisco, e quasi mi viene da piangere, ma mi trattengo, per salvare quel poco di dignità malvagia che mi è rimasta.
-Bene! Adesso, ti lascio. Spero che la sorpresa ti faccia piacere!- Annuisco, avendo ormai compreso di che si tratta.
Poi, Ophanimon si allontana, dirigendosi verso la porta e comincia a parlare.
-Qualcun altro vuole entrare a salutare, prima che le lasciamo sole?-
A quel punto, sento una voce molto familiare.
-Si. Io!-
È Angewomon.
-D’accordo! Mi raccomando, una cosa veloce! Dopo tocca a me!-
Katrina …
-E a me!- Questo è Chris.
-E io, non esisto?- Tim.
-Ci sono anch’io!- Rick.
-E noi!- E questi sono i loro Digimon.
-Non vorrete rubarmi la mia donna, vero?- Obbietta lui. Oh, non posso crederci! È venuto!
-Sta tranquillo, amico! Sono sicuro che vogliono solo salutarla!- Questa voce appartiene al suo ragazzo.
-Infatti! E poi, l’unica che dovrebbe effettivamente entrare è proprio la mamma.- Werewolfmon. Mi costa ammetterlo, ma quella palla di pelo mi manca da morire.
-Dai, sono sicura che per cinque minuti non avrà niente da ridire!- Esclama Kat convinta.
Poi, dalla porta fanno capolino Chris, seguito da Rick e Tim, e Katrina.
-Ehilà! Ti siamo mancati?- Domanda Chris, con un sorriso a trentadue denti. Io annuisco, divertita.
Poi, all’improvviso, me li ritrovo tutti addosso. È bello rivederli, nonostante tutto.
-Ci hai combinato un bello scherzo, eh?- Mi riprende Kat, abbracciandomi. Nel mentre, sono entrati anche i loro Digimon.
-Già. Fortuna che lei ti ha perdonata.- Io annuisco, ancora incredula. Chris, nel mentre, mi strofina la testa con un pugno. Io rido, lievemente divertita.
-Ciao, bellissima!- Rick si avvicina, ed io quasi scoppio a ridere, ricordandomi quello che è successo con lui.
-Su, adesso basta! Così la strozziamo!- Li blocca Angewomon, facendo allontanare tutti. Così, dopo una serie di saluti e pacche sulle spalle, i ragazzi escono dalla stanza. Faccio in tempo a fissarmi sui suoi occhi rossi, che mi guardano con intensità, ricambiata, poi restiamo solo io e Angy.
 
-Allora, vecchia mia, come stai?- Domanda la bionda, incerta.
-Potrei stare meglio. Voi, come va?-
-Insomma. – Comincia, poi prende un respiro. – Ci manchi.- Ammette, commossa.
-Mmhh … lo so che non è vero!- Replico, fingendomi imbronciata. Poi le domando:
-Come vanno le cose con … tu-sai-chi?- Lei arrossisce e risponde:
-Piuttosto bene. Non mi aspettavo che fosse così cambiato.-
Io annuisco, soddisfatta.
-Allora io vado. Così potete stare un po’ da sole!- Io, senza rendermene conto, sorrido fino quasi a rompermi la faccia in due.
Dopo che Angy se ne va, finalmente la vedo.

Non è cambiata affatto. Beh, effettivamente, non dovrei stupirmi troppo, sulla Terra sono passati solo tre mesi.
Si avvicina, guardandomi e cercando di contenere l’enorme sorriso che sicuramente rischia di dischiudersi dalle sue labbra. Cerca di apparire fredda e composta, nonostante tutto. È sempre lei.

Io, invece,non ce la faccio più a contenermi. Dunque, mi alzo, per quanto consentitomi dalle catene e grido, al colmo della gioia:

-CHIARA!-

A quel punto, lei mi viene incontro, poi, dopo un: –Ci si rivede, alla fine!- all’apparenza distaccato, mi abbraccia.
Io, a quel punto, mi sento avvolgere da quel meraviglioso calore che lei sprigiona. È una sensazione che provo solo in sua presenza. Ma non ho intenzione di dirglielo. Ma credo che lei lo sappia già.   

 -Hei, Caduta? Che sono queste scene? Contieniti!- Mi sgrida scherzosamente, ma sento che è commossa quanto me.
- Mi sei mancata da morire … - Gemo, e, inavvertitamente, mi sfugge un singhiozzo.
-Oh, amica mia.- Replica lei, accarezzandomi i capelli. Le sue mani … quando è stata l’ultima volta che mi ha toccata?
-Hai un aspetto spaventoso …- Asserisce, e dal suo sguardo deduco che è terribilmente preoccupata.
-Già! Colpa della dieta forzata!- Cerco di scherzarci su, goffamente. Il mio tentativo sembra riuscire. Lei sorride.
-Beh, credo che allora ti farà bene uno strappo alla regola!- E a queste parole, mette sul tavolo un contenitore, coperto di pellicola. Il profumo che si sprigiona mi fa venire l’acquolina in bocca.
Devo avere un’aria famelica, perché Chiara mi riprende:
-Hei, aspetta almeno che abbia tolto la carta!-
Io non desidero altro che poter sentire il sapore di quella squisita crema sul palato, ma il ricordo dell’accordo che ho con le mie carceriere mi frena.
-Non ti preoccupare! Aspetterò! Per ora, mi basta rivederti!- La mia risposta è sincera, nonostante tutto. Poter passare del tempo con lei, cosa che non credevo avrei potuto fare per tanti anni ancora, vale più di qualsivoglia dolce. Anche di quello che preferisco.
 
Il mio stomaco brontola. Chiara ridacchia, un po’ a disagio. Allora io mi schiarisco la voce e chiedo:
-Non è che avresti qualcos’altro da mangiare? Sai, qualcosa di salato!- Chiara annuisce, guardandomi con aria sospettosa.
Spero solo che non faccia domande.
Senza esitazione, mi porge un panino.
-Tieni, questo doveva essere il mio pranzo, ma a te lo cedo più che volentieri!-
Annuisco, e , letteralmente, lo divoro, leccandomi le dita soddisfatta subito dopo.
-Mmhhh …- Mugolo, soddisfatta. – Ci voleva proprio. Adesso mi sento meglio.
-Tieni.- afferma Chiara, porgendomi la sua borraccia. Bevo avidamente, smettendo solo quando ormai è quasi vuota.
-Ahahaaa- Emetto un sospiro soddisfatta.
-Allora? Come va?- Domanda Chiara, dopo che ho finito di ripulirmi la bocca.

-Chiara … - Comincio, un po’ incerta. Spero che dica di si.
-Puoi … puoi togliermi le catene, per favore?- Chiedo e lei mi guarda un po’ confusa.
-Per favore! Mi sento a disagio, se ce le ho addosso!- Pigolo, implorante. Allora Chiara annuisce e, presa la chiave comincia ad aprirle.
Prima il collo, poi i polsi, il busto e le caviglie. Poi, si blocca e fissa il punto davanti a se con aria oltraggiata e sbalordita.
-Ma … perfino le ali …? Perché?- Chiede ed io le rispondo:
-Per una creatura in grado di volare, non c’è umiliazione peggiore che avere le ali bloccate a terra!- Lei sembra capire e annuisce. Poi mi domanda, seria:
-Non hai cercato di scappare, vero?- Poi, pronuncia il nome che mi ha dato.
 -No! Certo che no!- Affermo, offesa. Chiara allora, mi guarda con aria mortificata e mormora:
-Scusami. Non avrei dovuto dubitare di te!- Io mi fingo arrabbiata per qualche altro secondo, poi l’abbraccio di nuovo.
Poi, finalmente, le racconto come passo il tempo qui.
-Sembra orribilmente noioso.- Costata Chiara, poi io le chiedo come va a casa sua e lei mi risponde:
-Ultimamente le cose vanno bene! Sto per finire l'università, finalmente, poi pensavo di trasferirmi a DigiWorld! Sai, stanno aprendo una scuola per bambini e Digimon, e credo che potrei andare a lavorare li, quando avrò finito gli studi!-
Annuisco, e sono davvero felice per lei. Insegnare è sempre stato il suo sogno, e finalmente, sta per realizzarsi.
-Sai, a casa ci manchi tanto …- Prosegue, ed io sorrido. Ma è un sorriso amaro, il mio.
-Non vedono l’ora di rivederti! Specialmente Aurora e Jacopo!- Esclama, riferendosi a sua sorella e a suo cugino.
 Chiara mi ha presentato alla sua famiglia, durante una sosta che abbiamo fatto sulla Terra mentre combattevamo contro Luna. È stato strano incontrarli, soprattutto per il modo in cui mi hanno accolta in famiglia.
 
-Non vedo l’ora di tornare a casa con te! Sai, anche lui sente la tua mancanza!- Aggiunge, e, capendo a chi si riferisce io le rispondo:
-Come va con il tuo, di lui?- Lei arrossisce, poi replica:
-Tutto bene. Anche se è geloso, sai? Dice che non è mai stato così contento come quando ti hanno arrestata!-
Lo dice per scherzare, ma, a quella parola, io mi blocco. Non so come, ma, al’improvviso, mi ritrovo le guance rigate di lacrime.
-S-S-Scusa … Scusami!- Balbetto, un po’ per l’imbarazzo, un po’ perché sento il bisogno di chiedere nuovamente perdono.
-Via, via! Non fare così!- Cerca di consolarmi Chiara, abbracciandomi, in maniera rassicurante. – Ormai è tutto passato! Sshhh-
Ormai in preda ai singhiozzi, non posso fare altro che ripetere, pateticamente:
-Scusami! Perdonami!-
Lei, allora, con tutta la forza che ha, mi stringe a se, sussurrandomi parole di conforto. Ed io me ne sto qui a piangere e chiedere scusa, anche per le cose che non ho potuto dirle.
 
-Quando tornerai a casa, faremo una festa gigantesca!- Esclama poi, e nel mentre mi accarezza una guancia. Mi vergogno profondamente, ma, tanto è il piacere che provo, che finisco per fare le fusa.
 
-Oh! Ma guarda!- Commenta divertita, mentre io continuo a strofinarmi contro la sua mano. – Non credevo potessi farlo anche a livello Evoluto!-
Questa scoperta sembra averla messa di buon umore, ed io ci metto ancora più impegno.
-La mia gattina dolce!- Mormora, dandomi una grattata dietro le orecchie.
-Sai, l’altro giorno è venuto Puppetmon a casa … - Racconta mentre io continuo a fare le fusa, sempre più forte.
-Abbiamo visto un film insieme e ci siamo riempiti di pop corn e schifezze varie! Ma dopo, sai che mal di pancia!-
 
-Avrei voluto che ci fossi anche tu!- Aggiunge, ed io mi blocco .nuovamente
Poi, senza che io possa fare nulla per fermarle, le lacrime tornano, più forti di prima.
 
-Chiara … - Inizio, con tono implorante. – Voglio tornare a casa con te!- ormai l’ho detto. Si, l’ho detto. Non ce la faccio più a tenermelo dentro!
- V-Voglio … t-tornare a casa con te! Voglio stare anch’io sdraiata sul divano a mangiare schifezze e guardare film! E voglio anch’io farmi venire il mal di pancia!-
Poi, senza rendermene conto, mi ritrovo con la testa appoggiata alle sue gambe. Ma continuo a piangere e balbetto. Dapprima non comprendo cosa sto dicendo, ma poi diviene sempre più chiaro:

-V-Voglio … andare a casa! Voglio tornare a casa con te!-
Poi, mi aggrappo alle sue ginocchia, e, senza darle il tempo di reagire, imploro:

-Portami a casa! Ti prego! Portami a casa con te! Per favore, ti prego non lasciarmi qui! Portami a casa con te! Sarò buona, sarò buona, lo prometto! Non lo farò più! Non voglio restare qui, portami a casa con te!-
 
Lei cerca di calmarmi, ma ormai ho totalmente perso il controllo.
 
-Ti prego, per favore … Voglio andare a casa! Non voglio più stare qui! Sarò una brava gattina! Sarò una brava Digimon! Vedrai, sarò perfetta! Non ti accorgerai neanche che esisto!-
Ormai, i miei singhiozzi sono diventati così forti che non riesco quasi più a parlare. Ma io DEVO convincerla! DEVO.

-V-Voglio … tornare a casa … con te!- è la mia ultima supplica, prima di abbandonarmi al pianto.     
 
 È da quando sono entrata che mi sei sembrata strana. Ormai ti conosco troppo bene. Non sapevo esattamente cosa avessi, ma il tuo comportamento la dice lunga.
Ho tirato fuori il tuo dolce preferito. Ho visto come lo guardavi. Eppure non l’hai neanche sfiorato.
Mi hai detto che la mia presenza ti basta … eppure c’è qualcosa, in fondo ai tuoi occhi, che mi dice che non mi sta dicendo tutto. Perché?
Mi sembri così smagrita … quasi trasparente. Osservo come divori il panino che ti do, leccandoti le dita, come se non avessi visto un pasto decente da giorni. Che cosa ti sarà successo, povera amica mia?
Quando ti ho parlato della mia famiglia, di come ho intenzione di muovermi una volta finiti gli studi, t’ho vista illuminarti, fiocamente. Poi, ti è tornata quell’espressione terrorizzata nascosta malamente dalla gioia di rivedermi.

Poi, quando ti ho parlato del mio lui, e ti ho detto cosa pensa, mi sono morsa la lingua, perché poi hai iniziato a piangere e scusarti. Io t’ho abbracciata e ti ho detto, intanto che eri stata già perdonata, poi che  quando saresti tornata a casa avremmo fatto una festa. E, mentre ti accarezzavo la guancia, hai fatto le fusa.
Hai continuato, mentre ti dicevo di Puppetmon, ed è stato in quel momento che sei crollata.

Mi ti sei  aggrappata alle ginocchia, supplicandomi, affinché ti riportassi a casa. Non piangevi così da subito dopo il fattaccio.
Ti comporti come una bambina, che ha fatto una marachella e che vuole essere perdonata. Ma forse, il paragone più azzeccato è come una schiava che il padrone ha colto nell’atto di tradirlo e che adesso cerca di salvarsi la vita.

-Voglio … tornare … a casa!- Gemi, piangendo, aggrappata alle mie ginocchia.

Io, allora, ti accarezzo la testa e ti sussurro:
-Su, fatti coraggio … devi avere solo un po’ di pazienza! Presto tornerai a casa!-

A quelle parole, sembri calmarti. Le lacrime continuano a scorrere copiose sulle tue guance e a guardarti ora, sembri una bambola di pezza, completamente abbandonata sulle mie gambe come sei adesso.

Non credevo che avrei mai visto la mia Lady in questo stato. Sembra così piccola e fragile, in questo momento.
 
Mi abbandono, sfinita, sulle gambe di Chiara. Continuo a piangere, ormai completamente distrutta.
-Oh, piccola mia …- susurra lei, con quel tono materno che usa solo con me.
-Ma che cosa ti hanno fatto?-

 Oh, Chiara! Quanto vorrei poterti dire tutto quello che ho passato! Come vorrei poterti raccontare ogni singolo momento di sofferenza che mi è stata inflitta, in questi interminabili trecentosessanta anni, che per te sono stati solo tre mesi!
 
So che, conoscendoti, tu mi ascolteresti, e mi terresti al sicuro, fra le sue braccia!
 
Sarebbe bello raccontarti la verità!
 
Se solo sapessi, quante volte e con quanta disperazione, in questi anni, ho desiderato di vederti! Di sentire il suono della tua voce, o il tuo tocco delicato su di me!
 
E,quante volte, in preda agli incubi, mi sono svegliata cercandoti, trovando solo scherno e le loro mani che mi afferravano e picchiavano! Alle volte ti sognavo. Mi sembrava di poter sentire distintamente il tuo tocco sulla mia fronte, quando ti prendevi cura di me,malata.
Ti chiamavo, sai? Specie quando i loro sfoghi si facevano insostenibili, ti chiamavo. Ma loro ridevano, e mi picchiavano ancora più forte. Godevano delle mie sofferenze, così come io, dopotutto, avevo goduto delle tue, quel maledetto giorno.

Allora immaginavo che, in un impeto di rabbia, mi rinfacciassi tutto il male che ti avevo fatto e ricacciassi indietro le mie suppliche, schernendomi e dicendomi di tornare strisciando da dove venivo e che mi ero meritata tutto ciò che di peggiore mi stava accadendo.
 
 
Naturalmente so che tu difficilmente ti comporteresti in questo modo. Non l’hai fatto neanche all’epoca del fattaccio, ma, in un certo senso, quella visione non era altro che la proiezione inconscia della mia coscienza che non mi dava pace. Ed è esattamente quello che avrei meritato. Ma tu, non la pensi così, non è vero?
 
E, nei momenti in cui pensavo fosse finita per me, pensavo a te. Ai momenti passati insieme, nel bene e nel male.
 
So che, tutto questo, potrò raccontartelo solo dopo che sarò uscita da qui.
 
Tutto questo, mi passa per la testa, mentre lei mi guarda. Mi asciuga le lacrime con la mano, poi mi incoraggia:
-Fatti forza! Io sono con te! Resisti! Presto tutto sarà finito!-
Dal suo tono di voce intuisco che, probabilmente anzi, sicuramente ha capito. Lei sa. Lei sa come solo lei può sapere.
 
-Ora devo andare! Non mollare! Tornerai a casa prima di quanto immagini!- Poi, mi da un bacio sulla guancia.

Mentre si allontana, il mio primo istinto è quello di fermarla. Poi, di stringerla forte e non lasciarla più.

Ma, invece, porto la mano alla guancia che ha baciato e sento una grande forza scaturire da dentro di me.
Rimango in questo stato molto a lungo, tanto che quasi non mi accorgo delle prese in giro delle mie due carceriere.
So che dovrò ancora sopportare questa vita  per molto tempo. Ma le parole di Chiara mi hanno lasciato dentro un grande calore.
Tutto ha una fine. Quindi, anche quest’incubo finirà presto. E torneremo insieme.
Ora lo so.
Aspetterò paziente che arrivi quel giorno.
Intanto, ripenserò a lei e a tutti gli altri e dai ricordi troverò la forza per andare avanti.
Fino ad allora, arrivederci, Chiara.
 

 
 
 
Ok. Questa è una post-Cronache. È ambientata dopo la fine, ma prima dell’epilogo finale. Lo so, ancora sto all’inizio e già penso alla fine, ma tant’è! A proposito, il codice numerico nasconde una sorpresa! Se riuscite ad indovinare, tanto di cappello!
Se no, ve lo dirò io!
Un saluto e a presto.
Werewolf1991
  
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