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Autore: Kiki87    05/08/2013    1 recensioni
Una giovane ragazza si trasferisce a Glasgow per concedersi un anno sabbatico, alla fine del suo percorso universitario, con la sua migliore amica. Qui incontrerà il suo amico di penna, nuovi amici ma, soprattutto, imparerà a conoscere se stessa. Perché se è vero che tutto è iniziato da un "sogno", Sara deve ancora imparare cosa sia davvero l'amore e come possa essere diverso da ciò che ha sempre immaginato.
La fanfiction è una revisione di un progetto omonimo del 2013: molti personaggi di Harry Potter sono stati sostituiti con quelli di Merlin e ci sono stati significativi cambiamenti anche nelle diverse storyline dei protagonisti.
CROSSOVER CON LA SEZIONE: "CAST DI HARRY POTTER".
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri, Bradley James, Katie McGrath, Nuovo personaggio, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tu, da dove sei venuto?
Eri diverso […]
E lo sento anche adesso.
Sento i brividi,
l’aspettativa di ciò che verrà […]

Fino a stanotte ho solo sognato di te,
non credo che respirerò senza di te.
Mi fai sentire viva e nuova […].

Heartbeat Song – Kelly Clarkson[1].
 
 
 
 
Non avrei saputo spiegare ciò che stavo provando in quel momento: la mia mente era un brulicare intricato di pensieri ma i brividi che mi scorrevano lungo la spina dorsale non potevano essere imputabili soltanto alla naturale sorpresa di trovarselo di fronte. Era qualcosa di molto più profondo, solleticato dal barlume del suo sguardo, dalla piega delle sue labbra e dal suono così gradevole della sua voce che riusciva a farmi scalpitare il cuore più intensamente.  Ero a malapena cosciente del fatto che non fossimo soli e che il tempo non si fosse fermato, ma lo avrei voluto per immortalare l’attimo e non rischiare una cocente delusione.
Quasi sussultai quando Tom mi passò accanto: nonostante avesse tutto lo spazio necessario per raggiungere la gradinata e scendere dal palco, decise di avvicinarsi al punto da urtarmi con il gomito. “Con permesso”, mormorò di fronte al mio sguardo di rimprovero con quel suo sorrisetto insopportabile.
Ingoiai l’imprecazione e la rispostaccia che mi erano balenate in mente e scossi il capo mentre discendeva dalla pedana e passava di fronte a Bradley. Seppur fosse decisamente più basso e gracile non dovette resistere dal tentare di sbattergli contro ma l’altro, senza degnarlo di sguardo, lo scansò facilmente. Senza perdere il sorriso, si avvicinò ai gradini e mi porse la mano affinché potessi scendere agevolmente nonostante le scarpe eleganti[2]. Notai soltanto distrattamente che Tom, nel frattempo, aveva raggiunto Emma, si era ripreso la borsa e si era incamminato verso l’uscita. La ragazza parve metterci qualche istante di più per sollevarsi, ancora frastornata da quella novità.
“Grazie”, sussurrai per risposta e cercai di reprimere il brivido quando la sua mano calda avvolse la mia. Una volta tanto sembrai persino dimentica del lancinante dolore ai piedi, mentre mi soffermavo sui suoi occhi. Dovetti sollevare leggermente il mento per osservarlo, quando ci trovammo l’uno di fronte all’altra. Non aveva ancora lasciato la mia mano ma se l’era portata alle labbra come quella sera londinese per sfiorarla  con un bacio.
“Ti trovo benissimo”, sussurrò.
Sorrisi, ma dubitai che fosse del tutto vero: quella sera avevo presentato la mia “versione migliore” con tanto di trucco, abito da sera e istruzioni di Morgana, ma lo sfolgorio dello sguardo sembrava una conferma di quanto fossero sincere quelle parole. D’altro canto, lui era semplicemente incantevole anche in quelle vesti “moderne” e mi sembrava ancora incredibile che si trovasse lì. Era come se stessi contemplando un personaggio fuoriuscito dalle pagine di uno dei miei romanzi preferiti. Fin troppo meraviglioso per essere reale. O vagamente simile ai ragazzi che avevo conosciuto fino a quel momento.
“Anche io”, mi sentii rispondere per poi schiarirmi la voce. “Cioè trovo che tu stia benissimo”, precisai perché non fraintendesse il mio commento.
Parve divertito e inclinò il viso di un lato, guardandomi più giocosamente e ammiccando.  “Mi sono impegnato, devo ammetterlo”, mormorò nel tentativo di schermirsi.
“Bradley, che ne diresti se parlassimo un po’ nel mio ufficio?”, intervenne il Professor Lupin. Ebbi una fugace visione di Silente che, alle sue spalle, scuoteva il capo e si portava le mani sui fianchi con un vago sospiro.
Il nuovo arrivato mi rivolse quasi un sorriso di scuse ed era evidente che non si sentisse nella posizione di rifiutare la richiesta, ma fu il Preside a intervenire. “Remus, devo ricordarti che anche oggi ti sei intrattenuto più del dovuto?”. Gli fece presente in tono gentile ma piuttosto eloquente.
Il professore sorrise con aria accattivante: “Ma Preside, si tratta di una questione importante, non ci vorrà molto”, parve promettergli.
“Più importante di tua moglie che ti attende?”, lo incalzò l’uomo anziano con un’altra occhiata penetrante.
Fu evidente che il Professor Lupin si vergognasse immediatamente, perché si affrettò a passarsi una mano tra i capelli e a scuotere il capo. Silente strizzò gli occhi in mia direzione prima di aggiungere, in tono premuroso: “Allora è meglio che tu vada. Ho promesso ad Anthony di prendermi personalmente cura del suo pupillo. Non vorremmo stressarlo fin dal suo arrivo, vero?”.
Lupin sorrise a Bradley con aria quasi di scuse e gli strinse nuovamente la mano. “Certo che no, perdona il mio entusiasmo: come scoprirai, sono piuttosto ansioso ”.  
Il ragazzo gli sorrise con la medesima gentilezza. “Sarà un piacere lavorare per lei”.
“Con me. Lavorare con me”, sottolineò Lupin con la sua tipica cortesia. “A domani. Ottimo lavoro Sarah”, si congratulò, prima di lasciare l’auditorium.
“Bradley, temo di doverti ricordare, mio malgrado, che delle noiose scartoffie ti attendono nel mio ufficio come ha più volte sottolineato il mio Vice”, sospirò Silente al pensiero. Controllò il proprio orologio da polso e gli sorrise con aria complice: “Diciamo che ti attenderemo tra… mezzora?”.
“Mezzora”, confermò Bradley. “Le sono molto grato”.
“A presto Professor Silente”, lo salutai a mia volta con calore. Non potevo ancora credere che quella nostra chiacchierata in aeroplano fosse in qualche modo collegata a ciò che stava avvenendo in quel momento, ma se aveva preso quella decisione anche per me, non avrei mai potuto ringraziarlo abbastanza.
“Molto presto, mia cara”, mi rispose con la consueta vivacità.
Lo seguii con lo sguardo prima che Bradley richiamasse la mia attenzione. “Ho solo mezzora: pensi che potremo trovare un posto tranquillo per riprendere la nostra conversazione interrotta?”.
Sentii un’ondata di calore travolgermi e farmi colorare le gote al riferimento a quella sera, ma annuii. “Potrei avere in mente il luogo adatto”.
“Allora dopo di voi, Milady”, mi sorrise e mi tenne la porta aperta affinché passassi per prima.
Lo condussi in uno dei miei luoghi preferiti di quell’Accademia: il porticato interno[3], che ospitava diverse panchine e dava la vista su un bel prato fiorito. In quei mesi invernali, tuttavia, l’erba era ricoperta da uno strato di neve, facendola somigliare a un lago ghiacciato. Era una delle scorciatoie usate spesso dagli studenti per spostarsi da un’aula all’altra, ma anche un’occasione di ristoro, se il tempo lo concedeva, e di intrattenimento prima dell’inizio delle lezioni. Non potei fare a meno di notare che, ovunque si trovasse, Bradley sembrava catturare l’attenzione dei passanti. Esattamente come la mia amica Morgana, sembrava avere un fascino evidente a prima vista che non poteva che attirare l’ammirazione e l’invidia altrui. Persino lo scorbutico custode, il Signor Gazza, dopo avermi rifilato la consueta occhiata di biasimo, di fronte al suo cordiale saluto non sembrò trovare nulla da ridire. O forse già sapeva quale ruolo avrebbe rivestito e non avrebbe certamente potuto trattarlo come uno studente qualsiasi, quindi si limitò a borbottare un “buongiorno” e si allontanò.
“Mi piace”, assentì Bradley con un sorriso, alludendo al luogo. Mi indicò panchina libera e presi posto al suo fianco, concedendomi, a mia volta, uno sguardo tutto attorno. In primavera avremmo potuto assistere alla fioritura delle rose e delle altre specie che abbellivano le aiuole. Quel pensiero mi riportò alla memoria il fiore che Bradley mi aveva lasciato in albergo.
Mi volsi in sua direzione e lo trovai già intento a osservarmi, facendomi arrossire.
“Finalmente ho l’occasione di ringraziarti per quella rosa”, esordii in un sussurro. Seppur stessi cercando di non lavorare troppo di fantasia, non potevo negare l’emozione che stavo sentendo in quel momento. Stato d’animo che non poteva che acuirsi allo sguardo e al sorriso che gli increspava ancora le labbra e che, se possibile, lo rendeva persino più bello.
“A questo proposito dovrei scusarmi per non essere stato più esplicito nel biglietto”, ribatté Bradley ma senza abbandonare quel sorriso compiaciuto di fronte al mio ringraziamento. Inclinò il viso di un lato e pronunciò le parole successive in un sussurro più complice: “Ma devo ammettere che non ho saputo resistere alla tentazione di farti un’ulteriore sorpresa”.
Dovetti distogliere brevemente lo sguardo per impedirmi di smascherare troppo il mio entusiasmo, ma non riuscivo a smettere di sorridere. “Ci sei riuscito perfettamente”, mormorai con voce più rauca rispetto al mio naturale timbro.
Lui parve farsi serio, quando ne incontrai nuovamente lo sguardo. “Senza contare che non avrei potuto prevedere quale accoglienza ci sarebbe stata dopo quasi due mesi[4]”, sussurrò.
Sentii il mio cuore scalpitare più intensamente: mi stava implicitamente confermando che lui stesso aveva ripensato a quella sera? O si era domandato cosa sarebbe potuto accadere se fossi rimasta a Londra per più tempo? Avevo il terrore di svegliarmi nel mio letto e scoprire che quella mattinata era stata solo frutto delle mie fantasie o di un sogno particolarmente vivido.
“Non credevo che ti avrei rivisto prima di Giugno, ma sono felice di essermi sbagliata”, confermai in un sussurro che ne fece baluginare lo sguardo di evidente soddisfazione. Mi schiarii la gola, tentando di riprendere il controllo delle mie corde vocali. “Devo anche confessare di essere spiazzata: immaginavo che ti saresti subito dedicato a provini e audizioni dopo il diploma”.
Bradley annuì. “L’intenzione iniziale era quella”, confermò in tono tranquillo. “Ma Silente sa rivelarsi particolarmente convincente e non mi tiro mai indietro quando si tratta di provare qualcosa di nuovo. Sarà un’interessante esperienza teatrale  anche se non sarò io sotto i riflettori. Per vostra sfortuna”, soggiunse con un breve ammiccamento che mi strappò una risata e un cenno di assenso. Dopotutto avevo già avuto prova di quanto fosse talentuoso e la sua vanità al riguardo non era certamente inappropriata.
“A proposito di quella sera, ti devo anche io delle scuse”, mi sentii dire e mi mordicchiai il labbro, non potendo fare a meno di ricordare il malumore che aveva guastato quei momenti emozionanti. “Mi dispiace di essere sparita in quel modo: non era mia intenzione”, mormorai e sperai che non me ne chiedesse il motivo.
Lessi curiosità nel suo sguardo, ma sembrò convenire che non fosse quello il momento idoneo ad approfondire quel discorso. Mi rivolse un sorriso più accattivante e parlò in tono complice: “Se fossi stata vestita d’azzurro saresti stata una perfetta Cenerentola”.
Non potei fare a meno di sorridere al ricordo del ballo dell’Accademia nel rendermi conto che anche la scelta di quell’abito sembrava quasi “profetica”. E senza intervento di Luna avrei dovuto aggiungere. “In effetti ho un vestito da Cenerentola nel mio dormitorio”, gli rivelai. “Ma questa è un’altra storia”.
Aveva inarcato le sopracciglia, senza smettere di sorridere. “Che non vedo l’ora di conoscere nei minimi dettagli”, mi confermò in un sussurro, prima di guardarmi più intensamente. “Non sono affari miei, ma potrei chiederti se quella sparizione improvvisa abbia avuto a che fare con Tom?”.
Sentirgli pronunciare il suo nome, per qualche motivo, mi sembrò strano. Era come se, nella mia mente, loro appartenessero a mondi diversi e difficilmente avrei potuto abituarmi al fatto che queste due realtà dovessero collimare. Così come mi sembrava difficile collegare la mia esistenza italiana con quella scozzese.  Mi colpì anche la sua delicatezza nel formulare quella domanda: seppur fosse legittimamente incuriosito, sembrava voler rispettare la mia riservatezza. O forse riteneva che i miei trascorsi con Tom o qualsiasi altro ragazzo fossero parte della persona che si trovava di fronte e pertanto non lo riguardassero direttamente. Continuavo a ripetermi che, se non fosse avvenuto il litigio tra me e Tom, non necessariamente le cose tra me e Bradley sarebbero andate diversamente. La mia unica certezza era che non volevo nascondergli nulla e tanto meno mentirgli, seppur avrei avuto bisogno di tempo per aprirmi e lasciarmi conoscere. E tanto più per cercare di spiegare le complicate dinamiche tra me e Tom, soprattutto dovendo condividere quella bugia di cui non ero affatto fiera. Posto che Bradley desiderasse lo stesso e che non si sarebbe persuaso che quella sintonia istantanea non fosse stata semplicemente frutto di un momento “particolare”.
Sospirai ma non potei che annuire. “Abbiamo avuto una brutta discussione”, mormorai. “Non credo di averlo mai perdonato per aver guastato la magia di quella serata”, rivelai in un sussurro.
Il sorriso tornò a increspargli le labbra e a farne scintillare lo sguardo. “Nemmeno io”, soggiunse con un breve ammiccamento, prima di farsi nuovamente serio. “Perdona la domanda diretta, ma quella sera ho percepito una certa tensione tra voi nonché degli istinti omicidi rivolti al sottoscritto”, precisò in tono quasi divertito.
Sospirai. “Abbiamo dei trascorsi complicati che non si possono riassumere in poche parole”, cercai di fargli capire, senza scendere in troppi dettagli per il momento. “Ma a scanso di equivoci, avrei volentieri continuato quella conversazione”.
Lo sguardo continuò a scintillare e mi scrutò con maggiore attenzione, parlando con voce vellutata: “Mi basta sapere questo per adesso”. Inclinò il viso di un lato e mi rivolse un breve ammiccamento, prima di rimettersi in piedi. “In realtà vorrei sapere molto di più, ma temo di essere costretto a congedarmi: ho un contratto da firmare e degli scatoloni da disfare”, alluse all’ora con una vaga smorfia.
“Certo”, gli sorrisi e mi alzai a mia volta.
“A scanso di equivoci”, continuò Bradley, prendendomi nuovamente la mano. “Spero di poter conoscere tutto di te nei prossimi mesi”. Ne sfiorò il dorso ma la trattenne qualche secondo in più. “E con tutto, intendo tutto ciò che vorrai condividere con me”.
Sentii la gola seccarsi e immaginai il sorriso sognante che mi stava sfiorando le labbra, ma non potei che ricambiarne lo sguardo e lasciare che mi lasciasse la mano che ricadde mollemente al mio fianco. “Lo vorrei tanto anche io”, sussurrai in tutta onestà.
Mi sorrise nuovamente. “A presto, Milady”.
“A presto”.
Lo seguii con lo sguardo fin quando non fu scomparso alla mia vista e mi sedetti nuovamente sulla panchina, sentendo il cuore tambureggiare e i suoi tonfi risuonarmi nei timpani. Trassi un profondo respiro e scossi lievemente il capo. Era vitale restare coi piedi saldamente ancora al terreno: metaforicamente e letteralmente. Ripresi il cellulare dalla borsa e, come immaginai, mi trovai di fronte diversi messaggi delle mie amiche che mi chiedevano aggiornamenti sulla mia discussione con Tom. Mi resi conto che avevo completamente ridimensionato quell’episodio e che lo stato d’animo iroso della sera precedente aveva lasciato spazio a quell’improvvisa euforia.  Mandai loro un breve messaggio per rassicurarle e promettere che avrei spiegato il tutto a parole. Fui anche tentata di parlare di Bradley ma cancellai rapidamente il riferimento: non era una cosa da anticiparsi con un freddo sms. Senza contare che avrei voluto semplicemente godermi la miriade di opportunità che si aprivano di fronte a me nei prossimi mesi. Almeno per qualche ora volevo serbare solo per me quei sogni ad occhi aperti, quasi avessi il timore che si sarebbero dissolti se li avessi condivisi prematuramente.  
 
~
 
Quando giunsi al pub, in netto anticipo rispetto all’orario in cui avrei iniziato a lavorare, mi sentivo ancora piena di energie e con il sorriso che continuava ad ammorbidirmi le labbra. Il campanellino appeso alla porta aveva segnalato il mio ingresso e Morgana ed Amy si erano girate istantaneamente in mia direzione con sguardo indagatore. La seconda aveva addosso la divisa da lavoro: avrebbe smontato quando io avrei preso il suo posto e sarei rimasta fino all’orario di chiusura.
“Eccoti finalmente!”, mi accolse la mia coinquilina, parlando nella mia lingua madre e facendomi cenno allo sgabello al mio fianco. Salutai i colleghi che stavano sparecchiando i tavoli,  raggiunsi il bancone e presi posto.
 “Ciao ragazze”, le salutai allegramente. “Potrei avere una tazza di the?”, domandai ad Amy.
“Non hai qualcosa da dirmi?”, mi incalzò lei, le mani sui fianchi e lo sguardo sospettoso.
Sentii rivoli di sudore freddo scivolarmi lungo la spina dorsale: che già sapessero che Bradley era arrivato in città? Non era possibile, mi ripetei: era appena successo e non ero certa che Tom lo avesse già detto a Sean. Era probabile che lo facesse anche Emma, ma a quel punto anche il mio amico mi avrebbe contattata per chiedermi ulteriori spiegazioni.
“Allora?”, insistette Morgana. “Si può sapere cosa è successo tra te e Tom?”.
Non potei fare a meno di sospirare per il sollievo, suscitando nelle due ragazze uno sguardo persino più circospetto.
“Perché sorridi?”, incalzò Amy, trattenendo il filtro per la preparazione del the.
“Aspettate un attimo”, guardai dall’una all’altra con aria confusa e sospettosa. “Com’è che vi trovo nello stesso luogo e nessuna delle due sanguina?”. Mi volsi in direzione della mia coinquilina: “Non ti avevo detto di stare alla larga dal pub per oggi?”.
Lei fece un vago cenno con la mano, come stessi parlando di dettagli poco significativi. “Non potevo aspettare fino a stasera, visto come sei stata sintetica nel messaggio”. 
L'altra le scoccò un’occhiata velenosa. “Oh, credimi: non abbiamo affatto risolto”, specificò con tono funesto per poi stringersi nelle spalle. “Ma non posso cercare di ucciderla con la Bumb e Riddle nelle vicinanze”.
“A proposito di Riddle, è ancora di buon umore?”, le domandò Morgana con uno dei suoi sorrisi più melliflui e dispettosi.
Il viso di Amy divenne di una bella tonalità di rosso. Si sporse dall’altra parte del bancone e aprì e chiuse le mani come se si stesse trattenendo a fatica dall’allungarle verso il suo collo e strangolarla. Dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per tornare in sé e rivolgersi a me, agendo come se Morgana non esistesse. Almeno per il momento, immaginai. “Allora? Che ti ha detto Tom?”.
Mi strinsi nelle spalle. In tutta onestà non avevo molta voglia di raccontare dell’ennesima discussione con lui e guastare quella piacevolissima bolla di sapone nella quale mi sentivo completamente immersa. Mi sforzai di restare concentrata sul presente e di non lasciar la mente vagare su dei lineamenti ben noti. “Gli ho restituito il libro”, risposi laconica.
“E poi?!”, mi incalzò Morgana sporgendosi verso di me. “Come ha reagito?”.
“Scommetto che ha sminuito il tutto da lurido vigliacco quale è”, si intromise Amy con sguardo quasi disgustato al pensiero del ragazzo in questione.
“Ovviamente”, le confermai con uno scuotimento del capo e riferii loro brevemente ciò che era accaduto. Nonostante la ragazza offesa si stesse sforzando di mantenere la sua momentanea inimicizia con Morgana, più volte le due si scambiarono sguardi e scuotimenti del capo quasi in sincronia, alternando insulti più o meno coloriti ai danni del ragazzo. Alla fine del racconto, tuttavia, continuavano a osservarmi curiosamente.
“Che c’è?”.
“Sei fin troppo calma: ieri sera al telefono mi hai quasi assordato”. Si riferiva alle note più acute della mia voce, quando perdevo completamente le staffe.
“Infatti”, si intromise Morgana, seppur Amy la ignorasse volutamente, e si sporse in mia direzione. “Nonostante tutto, il modo in cui sorridevi appena sei entrata, persino il modo in cui camminavi… sembravi con la testa tra le nuvole”, mi scrutò con aria clinica ed ebbi l’impressione che volesse leggermi il pensiero.
Dovetti ricorrere a tutto il mio autocontrollo per impedirmi di distogliere lo sguardo, ma le sorrisi con aria rassicurante e sollevai le spalle. “E’ vero: ieri ero fuori di me”, le concessi. “Ma gli ho restituito il libro e da questo momento in poi cercherò-”.
Bla bla bla, lo abbiamo già sentito altre volte”, mi interruppe Morgana. “No, c’è qualcosa di diverso in te”, dichiarò nello studiarmi persino più scrupolosamente. “E’ come se stessi cercando di nasconderci che sei entusiasta di qualcosa”.
Mi schermii con una risata e scossi il capo. “Francamente credo di aver già perso fin troppo tempo ad arrabbiarmi a causa di Tom e non voglio più che accada, quindi voglio tornare alla normalità. O almeno a qualcosa di simile”, precisai e ringraziai che Amy mi avesse finalmente messo di fronte la tazza di the. Mi presi qualche secondo più del dovuto per inserirvi una bustina di zucchero e per mescolarlo alla miscela.
Oddio”, mormorò Morgana in tono affranto, portandosi una mano alle labbra. Sembrò impallidire e si agitò così tanto sullo sgabello che quasi perse l’equilibrio. “Dimmi che non l’hai baciato mentre litigavate! Dimmi che non sei stata così stupida!”.
Dovetti farmi aria con le mani perché mi ero scottata la lingua e avevo cominciato a tossire convulsamente.
Amy si lasciò sfuggire un’imprecazione, dimenticandosi del suo momentaneo proposito di fingere che Morgana non esistesse. “No, Maria: io esco”, recitò con enfasi nella nostra lingua madre. Fu il suo turno di guardarmi con espressione sgomenta e al contempo indignata: “Non puoi averlo fatto davvero! Ti disconosco!”.
“Ma certo che no!”, risposi con voce soffocata, appena la tosse mi diede tregua, seppur con le lacrime agli occhi per quanto avevo annaspato negli ultimi secondi. “Per chi mi avete presa?”. Scossi il capo energicamente e quell’ipotesi fu abbastanza sconvolgente da farmi allontanare dalla mente il pensiero di Bradley. Inoltre, dovevo seriamente cercare di tornare in me se volevo evitare di smascherarmi in modo così sciocco.
“Eppure mi nascondi qualcosa”, commentò Morgana che non sembrava affatto persuasa. “Anzi, due cose”, si corresse, facendo riferimento al segreto che, a suo giudizio, le stavo nascondendo dal giorno precedente. Non potevo rischiare di compromettere la sorpresa di Sean, quindi sbuffai apertamente, incrociando le braccia al petto e sollevai gli occhi al cielo.
“Potrei gustarmi una tazza di the senza essere sottoposta a un interrogatorio?”, domandai in tono aspro. “O forse devo rivolgermi alla concorrenza?”, allusi alla possibilità di fare merenda in un altro pub.
Morgana inarcò le sopracciglia: evidentemente anche quella reazione le sembrava sospetta. “Peggio per te: dovrò scoprirlo da sola”, mi ammonì con un sorriso serafico.
Sospirai ma scossi il capo. “Almeno non tormentare Sean”.
“Io non tormento Sean”, ribatté in tono visibilmente stizzito alla scelta di quel verbo.
L'altra si lasciò sfuggire un verso di ironica incredulità a quella frase, ma prese i soldi che le avevo porto e li mise in cassa per poi porgermi lo scontrino e il resto.  
“Stai insinuando qualcosa?”, le domandò Morgana.
Una volta tanto fui grata di quella loro tensione che, forse, le avrebbe distratte dal mio comportamento.
Neppure la guardò. “Sara, puoi dire a quella stronza della tua amichetta che le è concesso stare qui soltanto perché ci sono troppi testimoni e non posso perdere questo lavoro prima del tempo?”.
“Sara, di’ a quella rancorosa della tua nuova amica che se avessi cercato di imbarazzarla volontariamente, avrei potuto fare davvero di peggio”, ribatté in tono piuttosto eloquente. La conoscevo da troppo tempo per poter ignorare il fatto che non fossero parole vane.  
“Vi prego”, sospirai in tono melodrammatico. “Sono di turno fino alla chiusura”, le supplicai nel tentativo di bere tranquillamente ciò che restava della mia tazza di the. Senza contare che sentivo sulla nuca lo sguardo di Rankin che probabilmente stava controllando l’orologio per assicurarsi che Amy finisse il turno esattamente all’orario stabilito e io contemporaneamente iniziassi il mio. “Come sta Luna? E’ pronta per il saggio di danza?”.
Mi era sembrata una buona carta quella di introdurre un argomento neutrale, riguardante una persona che tutti adoravamo, ma trasalii quando Neville urtò l’espositore con il vassoio. Fortunatamente non cadde alcuna pasta ma il nostro amico diventò di una bella tonalità di rosso acceso.
“Ciao Neville”, gli sorrisi. “Mi lasceresti da parte una fetta della tua torta? Sono impaziente di assaggiarla”, gli dissi per compiacerlo e cercare di lenire la sua mortificazione all’ennesima gaffe.
“Ciao Sarah”, ricambiò il mio saluto con le guance ancora colorate. “Ma certo, poi fammi sapere cosa ne pensi. Ma sii sincera, è importante per migliorare”, soggiunse in tono fin troppo serio.
Annuii con aria complice e lo tranquillizzai: “Non sono Iginio Massari[5] ma farò del mio meglio”.
Neville sorrise persino più incantato al riferimento al noto maestro pasticciere bresciano che era famoso in tutto il mondo e non solo nel mio paese d’origine.
Amy gli prese dalle mani il vassoio e dispose le nuove paste, prima di rispondermi. “Non vede l’ora”.
“Non è nervosa?”, domandai con una certa curiosità. Io ancora non sapevo come, a prescindere dalla preparazione, sarei riuscita a recitare la parte di Elisabeth di fronte a centinaia di persone e al personale della stampa.
Scosse il capo. “Non credo che Luna conosca il significato di questa parola”, convenne con un sorriso. “Dovreste… cioè dovresti vederla ballare: le riesce naturale come respirare”, ammise con un misto di ammirazione e quasi di invidia.
Sorrisi al pensiero. “Allora dovremo organizzare dei festeggiamenti”.
“Chiedo scusa”, ci interruppe una voce alquanto sgradevole, soprattutto per il tono altezzoso con cui ci si rivolse. “Forse non lo avete notato, ma tra pochissimi minuti finirà il tuo turno”, si rivolse ad Amy, prima di scoccarmi un’occhiata severa. “E inizierai il tuo, quindi ti conviene cambiarti se non vuoi che riferisca del tuo ritardo”.
“Comandi”, risposi in tono ironico, ma mi rimisi in piedi e mi affrettai a raggiungere lo spogliatoio.
 
Indugiai qualche attimo di fronte allo specchio a studiare il mio riflesso, non potendo fare a meno di notare che le mie amiche avessero ragione nel sostenere che ci fosse qualcosa di diverso nel mio aspetto. Era come se, malgrado l’espressione neutrale sul mio volto, vi fosse una luce nuova nello sguardo e non potei che sorridere al pensiero di chi ne fosse l’artefice. Scossi il capo e mi affrettai a spazzolare i capelli e a raccoglierli in una coda alta. Allacciai la cravatta (onde evitare di dare a Rankin altri spunti di critica) e mi diressi di nuovo verso il public bar. Non feci in tempo a raggiungere il bancone che Madama Bumb mi richiamò: teneva tra le mani un portablocco e stava controllando la lista dei turni con espressione incupita.
“C’è qualche problema?”, le domandò Percy con quel suo insopportabile tono deferente.
La donna gli rivolse una delle sue proverbiali occhiate arcigne. “Ti ho convocato, Rankin?”.
Sembrò sgonfiarsi di fronte a lei ma non perse il sorriso o il modo quasi ossequioso di parlare e di darsi arie di importanza. “No, mi perdoni l’intromissione, ma mi stavo solo domandando se-”.
“Allora datti anche da solo questa risposta: chi ti ha cercato?”.
“Nessuno ma-”.
“Allora non farmi perdere altro tempo! Anzi, non è già finito il tuo turno?”, gli berciò contro e io, a differenza di Amy e di altri colleghi in sala, dovetti farmi violenza per non sghignazzare alle sue spalle. Persino Coulson, che aveva appena finito il suo turno, sembrò particolarmente sorridente quando augurò a tutti una buona serata prima di uscire dal pub. Ogni tanto era piacevole che i superiori lo punissero per quel suo atteggiamento arrogante e dispotico e ridimensionassero le sue ambizioni. Il ragazzo scoccò a tutti i colleghi un’occhiata malevola e si allontanò.
“Venendo a noi”, mormorò la donna, tornando alla sua lista e tambureggiando con il cappuccio della penna contro la lista. “Siamo ancora a corto di personale: vorrei che questa sera si occupasse di servire ai tavoli. Chiederò alla Signora Sprite di cederci uno dei pasticcieri perché ti sostituisca al bancone”.
“D’accordo”, acconsentii.
“Tra poco arriverà la signorina Bell: lei ti farà vedere come vogliamo che siano apparecchiate le tavole e piegati i tovaglioli”, continuò con la solita pignoleria, assicurandosi che avessi compreso tutto, prima di dirigersi verso le cucine.
Nell’attesa della mia collega, raggiunsi Morgana che era ancora seduta sullo sgabello. “Ceni qui stasera?”, le domandai.
“Forse sì. Non ho voglia di cucinare”, convenne con uno scrollo di spalle. “Sto aspettando che Sean abbia finito con le prove per assicurarmi che non ci siano altre proposte per la serata”.  
“Tu invece?”, domandai ad Amy che si era già tolta il grembiule e stava circumnavigando il bancone per andare allo spogliatoio. “Che programmi hai per stasera?”.
Lei si strinse nelle spalle e parve accigliarsi, ma mi fece cenno di seguirla perché Morgana non potesse sentire, anche se era china sul suo cellulare. “Il tizio con cui dovevo uscire mi ha dato buca”, mi rivelò a voce bassa.
“Che sfortuna”, convenni in tono solidale.
“Forse è meglio così”, borbottò tra sé e sé. “Ma fammi la cortesia di non dire nulla a Luna”.
“Perché?”, le domandai perplessa.
“Credo di aver insistito troppo a chiederle notizie e ha cominciato a inventarsi delle cazzate per tenermi buona”, confessò con un sospiro.
“E cosa ti ha detto?”, la incalzai ancora più incuriosita.
Amy sollevò gli occhi al cielo. “Di aspettare che il tristo figuro  mi permetta di far breccia nella sua quotidianità”, mi rispose con voce mistica, cercando di imitare gli sguardi di Luna sovente persi nel vuoto o in qualche elucubrazione personale.
“Il tristo… cosa?!”, ripetei con una risata.
Scosse il capo ripetutamente. “Lascia perdere: è evidente che non vuole che le chieda più niente”, concluse con uno scrollo di spalle.
Stavo per risponderle qualcosa di consolatorio quando il campanello ci segnalò l’ingresso di altri clienti e sgranai gli occhi nel riconoscere le due persone stagliate sulla soglia.
“Buonasera”, salutò Silente con la sua consueta vivacità, abbracciando con lo sguardo tutti i presenti. Bradley si stava guardando attorno con evidente curiosità e un sorriso allegro a farne increspare le belle labbra. I nostri sguardi si incontrarono e mi rivolse un breve ammiccamento che mi fece deglutire e scalpitare furiosamente il cuore. Fu come se uno strano silenzio fosse calato sulla sala e persino gli altri clienti si fermarono dalle loro chiacchiere e non si sentiva neppure il tintinnio delle posate. Avrei giurato che questa volta non fossero le maniere calorose e i vestiti sgargianti dell’uomo anziano, ma la figura del più giovane ad attirare l’attenzione.
Cazzo”, sentii mormorare Amy nella nostra lingua madre: sembrava che la mascella le stesse cadendo nel guardare Bradley.
Morgana, dal bancone, si era voltata in direzione della voce familiare di Silente, ma alla vista del ragazzo si era bloccata a sua volta, quasi sputando il drink che stava bevendo. La vidi smanettare con il cellulare per controllare il profilo del ragazzo e fissare dalla foto al ragazzo e dal ragazzo alla foto per almeno quindici secondi.
Oddio.
Oddio.
Volli evitare accuratamente i loro sguardi e avanzai verso il Preside con un sorriso. “Buonasera signor Silente, ma che bella sorpresa”, lo accolsi in assenza di Madama Bumb e di colleghi più esperti, approfittando dello shock di Amy.
“Ma che fortunata coincidenza, mia cara”, mi sorrise Silente, stringendomi brevemente la mano. “Vedo che sei di turno questa sera”.
“Sì, infatti”, mormorai, cercando di mantenere con lui il contatto visivo per evitare di impappinarmi di fronte all’eleganza di Bradley che si era persino cambiato per l’occasione.
“Spero che mi perdonerai, ma è stata un’idea del tutto improvvisata”, convenne e mi scoccò una garbata strizzatina d’occhi che contraddiceva quello che aveva appena detto. “Ho telefonato direttamente a Tom che ci ha prenotato un tavolo”, continuò e rivolse lo sguardo alle mie amiche. Il suo sorriso sembrò farsi persino più gigantesco. “Oh, ci sono le tue amiche: immagino che il signor James non abbia bisogno di molte presentazioni o sbaglio?”, mi domandò con una nota di complicità.
Sentii le mie guance ardere mentre Bradley non nascondeva un certo compiacimento, guardando dall’una all’altra e rivolgendo loro un sorriso. Si diresse verso Amy che era più vicina e le porse la mano. “Sono Bradley, piacere di conoscerti”, pronunciò nel suo fine accento inglese.
Il piacere è tutto mio”, mormorò la mia amica in italiano, con tono quasi languido e lo sguardo così adorante che avrei voluto che una botola si aprisse ai miei piedi e mi facesse sprofondare nelle viscere della terra. Insieme a lei.
“Scusami?”, le domandò il ragazzo con adorabile confusione nello sguardo.
Per fortuna sembrò riscuotersi abbastanza velocemente, tornando a parlare con voce più naturale e in inglese. “Il piacere è mio: sono la sua amica e collega Amy”, specificò. Quando Bradley le strinse la mano, la vidi arrossire fino alle orecchie.
Morgana, d’altro canto, non aveva fatto alcun segno di avvicinamento, ma aveva lasciato che fosse lui a ricoprire la distanza. Anche se in quel momento Bradley mi dava le spalle potevo ben immaginare quanto la sua evidente bellezza potesse colpirlo. Come la sua aveva fatto con me d’altronde. Mi vergognavo ad ammettere a me stessa che temevo quel loro incontro perché sembravano entrambi fatti di una sostanza diversa da noi “comuni” mortali.
Bradley allungò la mano e ripeté la formula di rito e il suo nome. La mia amica lo studiò con espressione circospetta ma un tiepido sorriso, inclinando il viso di un lato e ricambiandone la stretta. “Morgana”, si presentò in tono composto. “E di certo qualcuno deve averti accolto con piacere”, convenne, scoccandomi un’occhiata eloquente. “Sei un po’ in anticipo per lo spettacolo: dovevi essere impaziente di visitare la Scozia”.
Silente batté le mani con aria divertita. “Temo proprio di aver rovinato la sorpresa della vostra amica: ho assunto Bradley affinché sia l’assistente di Lupin fino alla sera dello spettacolo”, spiegò in tono pimpante e non poco orgoglioso di se stesso.
“Ma senti senti”. Il sorriso di Morgana si fece persino più largo e lo sguardo scintillò in mia direzione. Sollevò persino il calice come a dedicarmi un brindisi. La conoscevo abbastanza per sapere che, una volta sole, mi avrebbe mostrato quanto fosse indignata per non avergliene parlato subito.
Non ebbi modo di scusarmi con lo sguardo perché Bradley aveva ricoperto le distanze e si era fermato di fronte a me. “Perdonami, Milady”, mormorò. “Buonasera”.
Sentii il cuore tambureggiare più rapidamente ma un sorriso mi increspò le labbra automaticamente e tutte le mie preoccupazioni parvero dimentiche. “Ben arrivato”, sussurrai.
“Sono sicuro che Bradley svolgerà un ottimo lavoro”, stava commentando Silente ma mi parve che la sua voce fosse distante anni luce da noi.
“Lo spero proprio”, sorrise Morgana.
“Io penso che già lo stia facendo”, commentò Amy in tono più complice.
“Bene, siete già arrivati”.
Ci riscuotemmo tutti all’arrivo del signor Riddle che indossava un completo elegante su cui spiccava una camicia azzurra che ne faceva risaltare lo sguardo. “Preside, è sempre un piacere”, allungò la mano ma l’uomo più anziano la schivò e preferì abbracciarlo. Seppur non sembrasse una persona particolarmente incline al contatto fisico, ancora una volta la compostezza del Signor Riddle sembrò venir meno e ricambiò il gesto.
“Buonasera Tom, il piacere è tutto mio: spero che in pasticceria si lavori con la stessa lena di sempre”, commentò in tono complice.
“Non potrei pretendere di meno quando so che viene a trovarci. E questo deve essere il ragazzo di cui mi ha parlato: Tom Riddle”, si presentò allungando la mano.
Bradley sgranò gli occhi. “Riddle? Quel Tom Riddle?”, domandò, guardando dall’uno all’altra.
“Proprio lui”, convenne Silente in tono compiaciuto.
Il Signor Riddle scosse il capo, come a schermirsi, mentre il ragazzo si affrettava ad allungare la propria mano. “Mi scusi, signore, ho sentito parlare benissimo di lei. Sono Bradley James, dell’Accademia di Londra. Anthony non ci crederà quando gli dirò che l’ho incontrata”.
Silente parve divertito al pensiero. “Credo che una parte di lui si penta ancora che Tom mi sia sempre rimasto fedele e non abbia abbandonato la mia Accademia per la sua”.
Il Signor Riddle, di fronte ai nostri sguardi sorpresi, quello ancora entusiasta di Bradley e quello orgoglioso di Silente, si schermì e scosse il capo. “E’ stato molto tempo fa ma lo saluti per me”, commentò dopo essersi schiarito la gola. “Ho sentito parlare benissimo di te: so che la Signorina ha gradito moltissimo il vostro spettacolo e il Preside ha sempre avuto un buon istinto con le persone. Sono sicuro che il tuo aiuto sarà prezioso per tutti loro”.
Bradley mi aveva rivolto un sorriso così grato che non potei che intenerirmi: era evidente che, seppur non avesse mai assistito a una sua performance dal vivo, dovesse aver sentito parlare del mio datore di lavoro al punto da averne una grande stima e ammirazione. Senza contare che trovavo sempre interessante quei dettagli sul passato di Riddle che era sempre così evasivo al riguardo. Nessun ninnolo del suo ufficio, piuttosto spoglio di oggetti personali a parte la teca di Nagini, rimandava a un passato nella prestigiosa Accademia.
“Ho già fatto apparecchiare il vostro tavolo”, disse loro in tono premuroso.
“Ti unisci a noi, Tom?”, sembrò incoraggiarlo il Preside con la consueta vivacità.
Il Signor Riddle scosse il capo, ma gli sorrise con aria di scuse. “Mi piacerebbe, ma ho del lavoro amministrativo da svolgere”.
Naturalmente il Preside non desistette facilmente. “Insisto almeno per il dessert”.
“Per il dessert, promesso”, ribatté con un sorriso. “Jordan vi accompagnerà ai vostri posti”.
“Prego, signori: da questa parte”, sorrise loro in modo professionale.
Li seguii con lo sguardo fin quando non scomparvero alla mia vista e sentii il cuore tambureggiare ancora più nervosamente. Non soltanto Bradley era tornato nella mia vita da poche ore e lo avrei rivisto in Accademia, ma forse sarebbe divenuto persino parte della mia routine lavorativa.
“Mi raccomando”, commentò Riddle guardando i dipendenti. “E’ superfluo dire che siano ospiti di riguardo: non voglio distrazioni ed errori”, disse in tono pacato ma era evidente che la sua tolleranza sarebbe stata più bassa del solito in quella circostanza. Ci guardò tutti con aria quasi intimidatoria mentre rispondevamo in coro un: “Sì, signore”, prima di tornare nel suo ufficio.
“Sentito il Signor Riddle?”, rincarò la dose Madama Bumb. “Ognuno al suo posto”.
“Signora?”, le si era rivolta Amy con un sorriso. “Non ho potuto fare a meno di notare che siamo ancora a corto di personale: potrei restare per un altro turno e aiutare Sara a servire ai tavoli”.
Non potei celare la mia sorpresa: dopo la sfuriata che entrambe avevamo ricevuto dalla nostra coordinatrice avevamo sempre fatto di tutto per non essere nel suo mirino più a lungo del necessario. Senza contare che, dopo aver rimproverato Percy, non mi aspettavo che si azzardasse a proporsi: evidentemente avrebbe fatto di tutto per avere un pretesto per restare quella sera.
La donna la scrutò a lungo ma scosse il capo. “Apprezzo la tua disponibilità, ma hai appena concluso il doppio turno: è meglio che ti riposi”, rispose con il solito pragmatismo.
“Ah”, rispose in tono evidentemente deluso. “Allora resterò a cena qui”.
Madama Bumb parve perplessa per quella specificazione. “Accomodati pure, ma non nella saletta privata: il Signor Riddle l’ha riservata esclusivamente per i suoi ospiti”.
Vidi la stessa espressione delusa passare sul volto delle mie amiche: era evidente che avessero entrambe escogitato di accomodarsi a uno dei tavoli per poter osservare Bradley da vicino. Quando la coordinatrice si allontanò, mi rivolsero entrambe un’occhiata tra l’indignato e l’offeso: “Perché non me l’hai detto prima?!”, mi domandarono quasi all’unisono.
Sorrisi al suono della campanella. “Oh, è arrivata Katie: è meglio che vada!”.
“Non così in fretta”, mi sentii trattenere il polso da Amy e Morgana mi si piantò di fronte per impedirmi di allontanarmi.
Alzai le mani e rivolsi loro uno sguardo di scuse. “Volevo dirvelo, sul serio”, mormorai in tono contrito e le guance arrossate, convenendo che era stato un colpo basso da parte mia.
“Come hai potuto tenermelo nascosto?!”, mi domandarono ancora in coro.
“Sul serio”, mormorai debolmente. “Non credo di averlo ancora assimilato io stessa e avevo solo bisogno di tempo”, cercai di giustificarmi.
Morgana sorrise con un certo compiacimento. “Ora si spiega perché non riesci a smettere di sorridere da quando sei entrata”, sentenziò con un luccichio malizioso nello sguardo.
“Assistente di Lupin, eh?”, intervenne Amy. “E non ne avevi il minimo sospetto?”.
“Assolutamente no!”, spiegai con voce entusiasta. “Ancora ho paura di svegliarmi e scoprire che sia solo un sogno: è incredibile!”.
Morgana scosse il capo come se stessi peccando di ingenuità e mi rivolse quel suo sorriso più sardonico: “Incredibile non è la parola giusta. Sembra evidente che Silente abbia avuto il suo peso in questa decisione”.
“Quindi vi siete già parlati?”, incalzò Amy con sguardo avido di dettagli.
“Più o meno”, risposi in tono laconico, osservando i movimenti della mia collega.
“Che significa?!”, mi incalzarono in tono trepidante.
“Ora non posso”, mormorai in tono di scuse, indicando Katie che aveva appena indossato la divisa e mi aspettava per andare ad apparecchiare la sala del ristorante.
“Non finisce qui”, mi dissero all’unisono e mi affrettai a seguire la mia collega. Faticai molto più del consueto a restare concentrata sul mio lavoro ma era fondamentale che imparassi a disporre le tovaglie, le posate e a piegare il tovagliolo come stabilito dal Signor Riddle.
 
 
Fortunatamente quella sera non vi era particolare affluenza per cena, ma in breve tempo era girata la voce dell’arrivo del Preside della prestigiosa Accademia e dell’affascinante ospite. Sembrava esserci una sorta di competizione in cucina per riuscire ad accaparrarsi il vassoio con le loro portate, tanto da richiedere l’intervento di Madama Bumb che aveva sgridato Susan e Hannah, lasciando a me e a Seamus la consegna dei loro ordini. Ogni volta che entravo nella saletta privata li trovavo piacevolmente coinvolti in qualche conversazione e sembrava che avessero presto accantonato l’argomento dello spettacolo e Silente gli stesse facendo domande sulla sua vita a Londra e sui suoi progetti futuri. Tuttavia, non mancavano mai di sorridermi o di porgermi i piatti ormai vuoti, gesto che avrei apprezzato da qualsiasi cliente, ma che era particolarmente piacevole se accompagnato dai loro sorrisi o dalle premure di Silente che cercava sempre di convincermi a “prendermi una pausa”.
“Hai l’aria stanca mia cara: devo sgridare Tom perché ti consenta di prendere almeno una fetta di torta con noi?”, mi propose, quando tornai in sala per sparecchiare la tavola.
Mi schermii con un sorriso, impilando i piatti e prendendo quello che Bradley mi stava porgendo con espressione altrettanto premurosa. “Divorerei l’intera torta se potessi”, rivelai al Preside con un sorriso complice.
“Si direbbe che siamo un trio di golosi”, mi rispose, alludendo anche a Bradley che annuì con enfasi e uno scintillio più puerile nello sguardo alla menzione dei dessert.
“Volete che vi porti la lista?”.
“Quale ci consiglieresti?”, mi domandò Bradley con un sorriso affascinante che mi fece salire un’ondata di calore lungo il collo e il viso.
Non ebbi alcun dubbio sulla risposta. “Ci sarebbe una torta alle mele che sembra particolarmente invitante”.
“Mi hai convinto”, asserì Bradley. “E’ una delle mie preferite”, mi informò e ammiccò brevemente.
“Ne prenderei volentieri un assaggio”, convenne Silente, lisciandosi la barba. “Anche se io preferisco-”.
“La torta al limone[6], lo so bene”, intervenne il Signor Riddle che aveva portato di persona la lista dei dolci.
“Ben detto, Tom”, gli sorrise Silente che gli spostò la sedia a capotavola e attese che prendesse posto.
“Vado subito a prendervele”, mi proposi con un sorriso.
“Lasci i dessert a Finnigan”, mi invitò il Signor Riddle, dopo aver preso finalmente posto a sua volta.
“Che bella idea, Tom”, lo lodò Silente, già indicandomi la sedia all’altro capotavola e accanto a Bradley. “Sarah merita una pausa dopo tutto questo lavoro”.
Riddle stava leggendo distrattamente dalla lista e neppure ne ricambiò lo sguardo. “L’avrà quando sarà il suo turno di cenare”, rispose in tono pacato, per poi rivolgersi a me. “Torni dietro al bancone: la signorina Delacour ha finito il suo turno e deve tornare a casa”.
“Sì, Signor Riddle”, annuii e rivolsi un sorriso ai due ospiti. “Buona continuazione: spero che la torta di mele sia di vostro gradimento”.
“Ne sono sicuro”, mi sorrise Bradley. “Ma te lo farò sapere dopo l’assaggio, promesso”, soggiunse con voce vellutata che mi strappò l’ennesimo brivido lungo la spina dorsale.
“Buon lavoro Sarah”, mi sorrise Silente con il consueto calore.
Dovetti trattenermi dal ridere perché quest’ultimo non attese neppure che fossi uscita per rimproverare bonariamente il suo ex studente per non avermi concesso di sedere con loro per qualche minuto. Sentii quest’ultimo schermirsi e giustificarsi, alludendo alla riduzione del personale, seppur la sua voce sembrasse molto più imbarazzata di quando si rivolgeva a noi. Sembrava che, nonostante il passare del tempo, ancora si comportassero come insegnante e studente e Riddle si preoccupasse del giudizio del suo mentore.
Tornai al mio posto dietro al bancone e avevo appena avuto il tempo di congedare un cliente, dopo che aveva pagato caffè e liquori, che Amy e Morgana presero posto sugli sgabelli, lasciando vuoto quello centrale. Superfluo dire che nessuna delle due se ne sarebbe andata fino a quando non avessi raccontato loro ogni dettaglio succulento sull’arrivo di Bradley e sulla nostra conversazione.
“Allora?”, mi incalzarono in coro, nonostante Amy ancora evitasse a ogni costo di parlare o di guardare l’altra.
Sospirai per la stanchezza fisica e psicologica e cercai di raccontare il tutto, premunendomi di parlare in italiano e a bassa voce, continuando a gettare occhiatine alla saletta privata nel caso in cui uscisse qualcuno dei tre.
Morgana parve particolarmente compiaciuta alla fine del mio resoconto. “Spera di conoscere tutto di te e non solo del tuo personaggio”, ripeté con lo sguardo scintillante. “Mi sembra un’ottima premessa e adesso puoi rimangiarti tutti i dubbi e i tormenti degli ultimi mesi: te lo avevo detto che gli sei piaciuta da subito!”. Soggiunse soddisfatta. “Ancora una volta avevo ragione”.
Amy che aveva ascoltato il tutto con altrettanta trepidazione ed entusiasmo mi stava scrutando con espressione quasi di rimprovero. “Io mi sono iscritta su un sito di incontri e mi capita un caso umano dopo l’altro”, borbottò con aria indignata. “Tu ti sei rifiutata di incontrare qualsiasi nostra conoscenza e un simile manzo è venuto da Londra appositamente per te: qual è il tuo segreto?”.
“Non è venuto solo per me”, le ricordai con le guance arrossate, ma il sorriso che mi increspava le labbra non poteva dissimulare quell’euforia che ancora sentivo dentro malgrado la fatica delle ultime ore.
“Dov’è che sbaglio?”, domandò Amy in tono quasi mortificato.
“Vuoi che te lo dica?”, la punzecchiò Morgana.
“Parla pure”, le sorrise l'altra in tono serafico, sporgendosi a prendere una forchetta dalle stoviglie che dovevo ancora lavare. La brandì con aria particolarmente minacciosa, attendendo che prendesse parola.
“Vi prego”, le supplicai, alludendo a Madama Bumb che stava scrutando la sala con occhi da falco.
Ripresi la posata e la sciacquai insieme a delle tazze ma senza smettere di sorridere.
“Sapete che non voglio farmi troppe illusioni”, continuai in tono cauto. “Voglio vivere un giorno alla volta, imparare a conoscerlo e ad aprirmi con lui”, mormorai senza smettere di sorridere.
Morgana si morse le labbra, ridacchiando. “Mi è venuta una battuta sconcia sull’aprirsi ma la terrò per me”, convenne di fronte al mio sguardo scandalizzato per poi sorridermi. “E se nel frattempo ti portasse a cena fuori potrei concedergli il mio benestare, dopo una chiacchierata privata”, mi fece sapere con tono quasi altezzoso.
“Se poi ti baciasse prima dello spettacolo”, continuò Amy sulla stessa onda. “Doppia goduria alla faccia della coppia reale”, soggiunse con un ammiccamento. Superfluo dire che non avesse affatto preso bene il mio racconto sulle allusioni di Emma riguardo alla sua rottura con Daniel e la speranza che si fidanzasse con Bonnie. Per mia fortuna, non avevo il recapito telefonico di Emma, ma aveva garantito che quella frase non sarebbe passata impunita.
Mi schiarii la gola e ripetei: “Un giorno alla volta”.
Morgana sembrò in procinto di aggiungere qualcosa, ma ci riscuotemmo quando Riddle mi si avvicinò e parlò in tono discreto. “Prepara il conto del Professor Silente e assicurati che né lui né il signor James paghino qualcosa: se il Preside insiste mandalo direttamente da me”, mi disse in tono così serio e autoritario che mi limitai ad annuire e ad assicurargli che avrei seguito le sue istruzioni.
“Si sta avvicinando”, mi avvertì Morgana. “Fai finta di nulla, sta venendo verso il bancone”, mi disse in italiano, salvo fingersi sorpresa quando Bradley ci salutò nuovamente tutte.
Sollevai lo sguardo dal conto e gli sorrisi. “E’ stato tutto di tuo gradimento?”.
“Tutto quanto”, mormorò Bradley ma inclinò il viso di un lato e mi rivolse uno sguardo così intenso che sentii lo stomaco contorcersi al pensiero che non si riferisse solo al cibo. “A proposito, vi avanza della torta di mele? Perché me ne porterei volentieri una porzione a casa. Anzi due”, asserì in tono così entusiasta che non potei fare a meno di ridere, ma mi premunii di controllare nell’espositore.
“Sei fortunato”, gli dissi, recuperando la pinza per i dolci.
“Potrei fare i complimenti di persona al maestro pasticciere?”, mi domandò.
Non potei fare a meno di sorridere. “In realtà l’ha preparata Neville che è un allievo della Signora Sprite: è lei il capo pasticciere”, gli spiegai con un sorriso orgoglioso, mentre ricoprivo le porzioni della torta con la carta su cui era impresso il blasone e il nome del pub.
“Ed è stato un allievo a preparare questa torta?”, mi domandò in tono sorpreso.
“Proprio lui, vuoi che te lo chiami?”.
Sembrò ancora più colpito ma sorrise e annuì con vigore. “Se non ti dispiace”.
“Affatto”, ribattei, scambiando un’occhiata con Amy. “Neville merita questo ed altro”.
“Vai pure”, mi sorrise Morgana con aria serafica. “Teniamo noi compagnia a Bradley”.
Le rivolsi uno sguardo ammonitore ma lei sorrise con la sua espressione più innocente. Nonostante tutto il mio affetto per Sean e il mio stato d’animo, non potei fare a meno di pensare che lei e Bradley sembrassero perfetti insieme da un punto di vista meramente estetico[7]. Senza contare che temevo seriamente per l’incolumità del ragazzo se lei non gli avesse dato la sua “benedizione”. Cercai lo sguardo di Amy e lei mi fece un cenno di assenso come ad assicurarmi che avrebbe monitorato il tutto.
Entrai in cucina e tutto lo staff si rivolse a me con espressione sorpresa e impaurita: capitava raramente che un piatto tornasse indietro o un cliente volesse lamentarsi, ma ogni volta era assai spiacevole. Soprattutto perché il Signor Riddle indiceva una riunione con lo staff della cucina, ci aveva raccontato Neville, e passava in rassegna tutto il menù e le comande della serata per capire chi avesse sbagliato e che cosa. Non era quindi sorprendente che il nostro amico fosse sempre terrorizzato in sua presenza e solo di recente, dopo l’approvazione della Signora Sprite, osasse esporre una sua ricetta.
“Va tutto benissimo”, li rassicurai con un sorriso e tutti sembrarono sospirare di sollievo.
“Ti ho lasciato da parte della pasta, cara”, mi sorrise la Signora Weasley e la ringraziai, prima di chiamare Neville. Quest’ultimo stava riordinando la postazione dei dolci mentre la Signora Sprite si godeva la sua meritata pausa.
“Un cliente vorrebbe parlare della tua torta di mele”.
Il viso del ragazzo divenne subito rosso e sgranò gli occhi: “Ho sbagliato qualcosa?”.
Gli sorrisi e scossi il capo. “Niente affatto: me ne ha persino chiesto altre due fette da portare a casa”, gli confidai e vidi il suo sguardo illuminarsi.
“Dici sul serio?”, mi domandò come se non riuscisse a crederci di essere stato oggetto di ammirazione. “Ed è un cliente vero? Non un collega?!”.
Gli sorrisi e annuii. “Vieni con me”.
“Avanti Neville, i clienti non si fanno aspettare!”, gli sorrise la Signora Sprite con espressione orgogliosa. “Togliti il grembiule!”, si raccomandò tuttavia, prima che uscisse.
Al mio ritorno Bradley doveva aver ceduto alle maniere persuasive di Morgana perché si era accomodato tra le due ragazze. La prima stava parlando con la sua solita intraprendenza e lui sembrava avere sempre la risposta adatta perché lei sorrideva compiaciuta, mentre la seconda li ascoltava attentamente e sorrideva di qualche commento scherzoso.  
“Neville, ti presento Bradley: l’ospite di Silente nonché Assistente del Professor Lupin[8]”.
Bradley gli sorrise e si rimise in piedi per poi porgergli la mano che Neville strinse con aria ancora incredula. Seppur fossero entrambi alti[9], il nostro amico sembrava più minuto per quell’atteggiamento remissivo e goffo, nonostante si trovasse sulla pedana.
“Piacere di conoscerti Neville”, mormorò Bradley. “Scusami se ti ho interrotto dal tuo lavoro, ma ci tenevo a complimentarmi: la tua torta di mele è fenomenale”.
Neville arrossì ma lo sguardo sfolgorò di uno scintillio orgoglioso che raramente appariva sul suo volto. “Davvero signore?”.
L’altro fece una vaga smorfia al sentirsi appellare in quel modo. “Chiamami Bradley”, si schermì in tono più confidenziale. “Sappi che non scherzerei mai su una torta”, asserì in tono fin troppo serio. “Questa è persino migliore di quella di mia madre anche se ovviamente non potrò mai dirglielo”.
L’entusiasmo e la felicità di Neville erano quasi commoventi perché gli strinse calorosamente la mano. Drizzò le spalle e parve persino più alto del solito. “Grazie Bradley, davvero: ho ancora molto da imparare ma cercherò di fare sempre del mio meglio”.
“Non ne dubito”, gli sorrise con garbo. “E mi offro volontario per essere la tua cavia”, aggiunse.
“Allora ci conto”, mormorò Neville ancora entusiasta. “Buona serata e ancora grazie”.
“A te e ancora complimenti”.
Seguii Neville con lo sguardo mentre tornava alle cucine e io ed Amy ci scambiammo un sorriso orgoglioso. Nessuno più di lui meritava quell’encomio e speravo che quell’innesto di fiducia lo avrebbe ulteriormente spronato.
Finii di confezionare il vassoio e lo porsi a Bradley che mi ringraziò con un sorriso ed estrasse il portafoglio.
“Il Signor Riddle mi ha categoricamente impedito di accettare denaro da parte vostra”, commentai con un sorriso.
“Che persona squisita”, convenne tra sé e sé, prima di controllare l’orologio appeso alla parete. “Ladies, è stato davvero un piacere”, commentò con un sorriso e si rimise in piedi.
“Non te ne starai già andando?”, gli domandò Morgana con voce modulata a simulare sorpresa e costernazione alla sola idea.
Lui annuì. “Temo di sì: domani sarà il primo giorno di lavoro e voglio essere ben riposato”.
Lei non parve impressionata inclinò il viso di un lato. “Davvero? Neppure se insistiamo perché resti altri cinque minuti?”, gli propose con la sua espressione più accattivante. Sapevo naturalmente che stava dando fondo al suo repertorio per me, ma non potei fare a meno di sentire una fitta allo stomaco all’idea che anche lui fosse facilmente “preda” delle sue manipolazioni.
Il ragazzo parve incuriosito dalla sua insistenza, ma non si scompose. “Sono sicuro che non mancheranno occasioni: credo che diventerò un habitué di questo pub”, ci rassicurò con un sorriso.
“Di questo pub, certo”, convenne Morgana sorridendo in mia direzione. “Il cibo è delizioso”.
“E il personale anche di più”, intervenne Amy dall’altro lato.
Bradley sorrise all’una e all’altra e sembrò perfettamente comprendere il sottinteso: lo sguardo baluginò e la voce si fece più bassa e intensa, come stesse loro rivolgendo un segreto. “Credo che la parola giusta sia speciale”.
“Speciale”, ripeté Morgana con un sorriso persino più allusivo.
Bradley assentì. “L’ho capito dal primo istante”, rivelò loro in tono quasi mistico e sorrise di nuovo, ma fu il mio sguardo che cercò infine.
Non potei fare a meno di sorridere, seppur negli ultimi istanti non fossi riuscita a pronunciare motto,  e avrei voluto che quel bancone tra noi scomparisse. Mi domandai distrattamente se stesse pensando qualcosa del genere, ma si sporse leggermente in mia direzione.
“Potresti accompagnarmi all’uscita?”, mi domandò in un sussurro discreto.
Le mie amiche neppure si sforzarono di fingere di non aver udito e sembrarono incoraggiarmi con lo sguardo a non farlo attendere.
Seppur morissi dalla voglia di seguirlo, dovetti cercare un collega e fu Susan a raggiungermi, dopo aver rivolto a Bradley uno sguardo sognante. “Vai pure, Sarah”.
“Grazie Susan”, mormorai in sua direzione e feci strada a Bradley verso l’uscita. Notai che, ancora una volta, stava attirando tutti gli sguardi su di sé, ma non sembrava prestare attenzione a quel dettaglio o forse, come Morgana, vi era fin troppo avvezzo.
Uscimmo nella piazzola fuori dal locale in cui, nei mesi più caldi, venivano allestiti dei posti affinché le persone potessero consumare le loro ordinazioni anche all’esterno, sotto un gazebo appositamente montato per l’occasione. Mi strinsi le braccia al corpo alla folata di vento e ringraziai che Riddle permettesse a noi ragazze di indossare i pantaloni in quel periodo dell’anno.
“Oh, perdonami”, convenne Bradley nel notare il mio disagio e si affrettò a togliersi la giacca di pelle.
“Non ti preoccupare, è solo un attimo”, mi schermii.
“Insisto”, sussurrò più dolcemente.
Sentii un effluvio di calore, misto al suo profumo, quando me l’adagiò sulle spalle e non potei fare a meno di sorridere a quella piacevole sensazione. “Non vorrei che prendessi freddo e dovessi perderti il tuo primo giorno di lavoro, Signor Assistente”, gli feci presente con il volto inclinato di un lato.
Lui scosse il capo. “Non sarebbe un raffreddore a fermare me o lo spettacolo”, convenne per poi osservarmi più attentamente. “In realtà è di questo che volevo parlarti”.
Non potei fare a meno di nascondere la sorpresa, anche se sarebbe stato prematuro e inopportuno pensare che ci fosse un altro scopo. “Dimmi pure”.
Bradley sembrò scegliere accuratamente le parole da pronunciare. “Silente mi ha concesso una grandissima opportunità e non ho alcuna intenzione di far venire meno la sua stima e la sua fiducia”.
Annuii. “Lo capisco: ho provato lo stesso appena l’ho incontrato, anche se ci sono ancora giorni in cui credo che sia stato folle a dare il benestare per la mia partecipazione. Ma è un uomo così amabile che la sola idea di deluderlo sarebbe insopportabile”.
“Esattamente”, convenne Bradley e mi guardò più intensamente. “Intendo svolgere il mio lavoro con tutta la serietà e la professionalità richieste al mio ruolo”.
“Oh, certo”, convenni dopo aver intuito cosa intendesse. “Non mi aspetto niente di meno da chi ha una vocazione come la tua: accetterò tutte le tue osservazioni e non farti remore a sgridarmi e a riprendermi se lo ritieni necessario”, lo invitai, gesticolando con più foga, come quando ero particolarmente avvinta da una conversazione o dal tentativo di farmi capire.
Mi interruppe con un sorriso e uno scuotimento del capo. “Non era ciò a cui mi riferivo”, specificò con espressione divertita. “O meglio non solo a questo aspetto, anche se sono felice che tu sia altrettanto professionale”.
Inarcai le sopracciglia con espressione confusa. “Allora di cosa stavi parlando?”.
Mi guardò più dolcemente. “Dentro quelle mura dovrò svolgere delle mansioni ben precise e di conseguenza dovrò rispettare un certo… codice deontologico ed etico”.
Sentii le guance arrossire. “Certo”, convenni e sollevai le mani. “E’ naturale che sia così”.
“Quindi spero che tu non fraintenda le mie parole o i miei gesti se ti apparissi distaccato”.
Non potei fare a meno di sentire un moto spontaneo di affetto nei suoi confronti alla sola idea che si preoccupasse del mio stato d’animo al vederlo assumere un approccio e un tipo di interazione che erano più adeguati a quel ruolo. Il fatto che, benché ci conoscessimo appena, si preoccupasse così tanto dell’impressione che avrebbe avuto su di me era emozionante. Al punto che avrei voluto, malgrado il mio buon senso, fargli comprendere in qualche modo ciò che mi stava procurando e la dolcezza che mi aveva pervasa dal suo ingresso in auditorium.
“Non lo farò”, promisi e gli sorrisi. “Grazie di avermelo detto”, aggiunsi in un sussurro.
“Non vorrei mai che nascessero simili equivoci tra noi”, sussurrò per risposta e il sorriso tornò a farne baluginare lo sguardo.
Sembrò in procinto di voler aggiungere altro, ma ci riscuotemmo quando fu Silente ad attraversare la soglia del pub, guardando dall’uno all’altra con un sorriso bonario e uno scuotimento del capo.
“Il tempismo, Signor James, è tutto e non solo sul palcoscenico”, lo rimproverò bonariamente, passandogli una mano sulla spalla. “Io e Ariana[10] ti aspettiamo nel parcheggio. Buonanotte mia cara e ringrazia ancora tutti dell’ospitalità”.
“Buonanotte Professore”, gli sorrisi e lo seguii con lo sguardo.
Bradley estrasse dalla tasca dei pantaloni il cellulare e mi guardò con un sorriso: “Posso chiederti il numero? Non sarebbe facile rintracciarti in tutti i dormitori di Glasgow”, convenne con un sorriso che ricambiai, pur sentendo il cuore in gola.
“Ma certo”, mormorai, prendendolo dalle sue mani per poi memorizzarglielo in rubrica.
“E’ meglio che ti lasci tornare al lavoro”, convenne dopo averlo insinuato nuovamente in tasca.
Annuii e mi affrettai a restituirgli la giacca, ma lui se l’appoggiò su un braccio distrattamente e mi trattenne brevemente la mano. “Buonanotte”.
Sospirai al contatto, ma lasciai che mi sfiorasse il dorso con le dita e la strinsi brevemente a mia volta.  “Buonanotte e ancora ben arrivato a Glasgow”.
Tornai sui miei passi con un sorriso che non sembrò svanire neppure di fronte alle implacabili domande delle mie amiche nonché le congetture su cosa avrebbe comportato la sua permanenza. Non solo tra le mura dell’Accademia.
 
 
~
 
Non appena valicai la soglia della stanza riconobbi l’ambiente in cui mi ero già trovata precedentemente. La sala da ballo era fiocamente illuminata e dalla terrazza proveniva una piacevole brezza e nel cielo stellato brillava una meravigliosa luna piena. Mi guardai attorno, cercando altri indizi già noti ma questa volta non vi era una rosa bianca ad attendermi sulla superficie del pianoforte. Solitamente era un profumo a rivelarmi la presenza del misterioso Principe ma sembrava tutto silenzioso.
“Sei qui?”, domandai e attesi risposta per qualche secondo.
Udii uno scalpiccio di passi alle mie spalle e mi volsi: speravo di scorgere quel volto o di sentirne la voce, mentre pronunciava il mio nome come solo lui avrebbe saputo fare…
“Sara?”.
“Mh?”.
“Sara!”.
Sbattei le palpebre all’ennesimo e impaziente richiamo di Morgana, con la mente ancora annebbiata e il cuore in gola per l’attesa così emozionante che si era rivelata un semplice sogno.
“Finalmente!”, commentò la mia amica, in vestaglia da camera, seduta sul bordo del letto.
Sbattei le palpebre, ancora frastornata dalle immagini oniriche, soprattutto dall’ultima sequenza così misteriosa e l’irrisolta domanda su chi fosse la persona giunta alle mie spalle. Non potei fare a meno di rivolgerle uno sguardo stizzito. “Si può sapere perché mi hai svegliata?!”.
“Ma non dirmi: di nuovo il Principe?”, mi domandò lei con quel suo sorrisetto incuriosito.
“Lascia perdere”, borbottai. “Allora?”, le domandai e non potei fare a meno di notare, dalla sveglia, che aveva anticipato il mio consueto risveglio di ben un’ora. “Perché siamo già sveglie a quest’ora?”.
“E me lo domandi pure?”, mi incalzò lei rimettendosi in piedi e recuperando in fretta i suoi modi più autoritari. “Fila sotto la doccia: devo ancora pensare a cosa farti indossare, a come truccarti e dobbiamo passare la piastra ai capelli per farti i boccoli”, alluse ai miei capelli raccolti in una treccia.
“Stiamo festeggiando il nostro anniversario?”, le domandai in tono ironico.
Morgana si piantò le mani sui fianchi e mi guardò con aria quasi scandalizzata. “Questo sarà il primo giorno di lavoro di Bradley o sbaglio?”.
“Non ci posso credere”, convenni e mi lasciai cadere sul cuscino.
“Sì, lo so”, sorrise con aria piuttosto compiaciuto di sé. “Anche io sarei grata di avere me ad aiutarmi in una situazione simile, ma non perdiamo tempo”.
“Morgana so vestirmi da sola”, ribattei con aria stizzita da quel brusco risveglio.
La mia amica fece una smorfia piuttosto eloquente. “Tra le cose che ti scelgo io”, mi concesse salvo poi guardarmi più intensamente. “D’accordo, te la metto in termini chiari e inequivocabili: hai visto l’effetto che il tuo Cavaliere ha sulla popolazione femminile?  Sospetto che è così anche su una buona parte di quella maschile”, aggiunse tra sé e sé.
“Non dici sempre che sono bellissima?”, la incalzai a mia volta, ricordando le sue tiritere.
“Certo che lo sei”, convenne Morgana. “Ma la bellezza richiede impegno e il supporto di accessori, trucco, pettinatura e portamento e in queste, mia cara, sei piuttosto carente”.
“Grazie tante per l’iniezione di autostima di prima mattina”, sbuffai, facendo per stendermi di nuovo, ma Morgana mi tolse il copriletto e mi guardò con aria di rimprovero.
“Vuoi davvero essere l’unica ragazza in quell’auditorium ad apparire sciatta e casual? Scommetto che Emma e Pansy hanno già scelto ieri cosa indossare quest’oggi e che faranno di tutto per farsi notare. Sarà anche un cavaliere, ma è pur sempre un uomo e la carne, hem, hem, è molto debole!”, soggiunse nell’imitare il tono quasi puritano della Umbridge.
Aveva toccato un nervo scoperto: non potei fare a meno di ripensare all’eleganza di Emma e al modo in cui Pansy si era letteralmente divorata Bradley con lo sguardo dal suo arrivo in auditorium. L’espressione di mero disgusto doveva essere abbastanza palese perché Morgana sorrise soddisfatta.
“Mantieni questa grinta e vai sotto la doccia: non gli permetterò di guardare nessun’altra”, mi promise con espressione parecchio esaltata alla prospettiva dell’ennesima sfida.
La guardai con espressione ancora dubbiosa. “Ricordi cosa mi ha detto ieri sera, vero?”.
“Certo”, ribatté lei con un cenno vago della mano. “La sua versione pubblica sarà professionale e distaccata, ma tu devi puntare al ragazzo che si nasconde sotto quella cortina e che, credimi, non attende altro che confermare quanto tu sia… speciale”. Aveva pronunciato l’ultima parola imitando il tono di Bradley, strappandomi un’occhiata molto perplessa e vagamente inquieta.
“Mi stai facendo paura”, la informai con voce pigolante.
“Non perdere altro tempo!”.
Dopo quasi un’ora di coercizioni più o meno gentili della mia amica e coinquilina, una dittatrice del gusto che avrebbe fatto sfigurare persino Blair Waldorf [11], mi trovavo di fronte allo specchio della sua camera per osservarmi. Morgana aveva scelto un completo elegante: una lunga gonna a tubino scura che mi cingeva morbidamente i fianchi e mi arrivava fin sotto al ginocchio, abbinata a una camicia bianca con le maniche di pizzo trasparente e un fiocco nero sul davanti. Aveva inoltre insistito per prestarmi un paio di Jimmy Choo dal tacco di cinque centimetri e un suo lungo cappotto morbido e ampio di una bella tonalità di azzurro con una borsa abbinata nella quale avrei dovuto cercare di “strizzare” lo stretto necessario per quella giornata. Era fuori discussione che potessi usare la mia che era il doppio capiente ma che, a suo dire, avrebbe compromesso l’outfit.
Mi aveva inoltre truccato e acconciato i capelli in modo da arricciarne qualche ciocca.
Mi contemplò con espressione soddisfatta, studiando anche il dettaglio degli orecchini e sorridendo tra sé e sé. “Sei un figurino”.
“Dovrei ringraziare Allock”, risposi distrattamente ma studiando il mio riflesso con altrettanta soddisfazione. Mi addolcii di fronte al suo sguardo offeso e ne baciai la guancia. “Grazie Fata Madrina”.
Si sciolse e mi abbracciò brevemente, attenta a non spettinarmi. “E’ meglio che tu vada, non potrai correre per prendere la metro”, convenne in direzione delle scarpe eleganti quanto dolorose.
 
Quando giunsi in Accademia ebbi l’impressione che si respirasse una certa trepidazione: ero quasi certa che la voce dell’arrivo di Bradley si fosse ormai diffusa, ma ne ebbi la conferma quando incontrai Sean in cortile.
“Buongiorno”, mi sorrise e mi rimirò. “Come sei elegante questa mattina”.
Ne ricambiai il saluto e lo ringraziai. “Puoi immaginare chi sia l’artefice”.
Lui sorrise persino più divertito, salvo scrutarmi con finta espressione di rimprovero. “Non hai nulla di nuovo da raccontarmi?”, mi domandò con le braccia incrociate al petto.
“Lo hai saputo?”, gli domandai, abbassando la voce, mentre mi faceva strada verso la caffetteria per concederci una colazione prima delle lezioni. Ci dirigemmo verso un tavolo libero.
“Sembra che tutta l’Accademia non parli d’altro”, mi confermò. “Senza contare l’espressione di disgusto di Tom: dovrò ringraziarlo di persona solo per quello”, mi raccontò con espressione palesemente divertita al pensiero.
Non potei fare a meno di sorridere al pensiero che Sean lo prendesse realmente in simpatia e viceversa. “Non vedo l’ora di presentartelo: spero tanto che andrete subito d’accordo”.
“Non per infastidire ulteriormente qualcuno di nostra conoscenza, immagino”, commentò ironicamente.
Scossi il capo e mi feci seria, valutando se potessi parlargli o meno dell’ultima discussione. Seppur l’arrivo di Bradley avesse del tutto smorzato la mia rabbia nei confronti di Tom, non potevo ignorare che il nostro amico in comune si potesse trovare indirettamente coinvolto.
Sean abbandonò il suo caffè. “Avete discusso di nuovo, vero?”.
“Non ti ha detto niente?”, cercai di svicolare la domanda.
Lui sospirò ma la risposta era piuttosto evidente. “No, il che significa che deve averne fatta una grave: se vuoi parlarmene, ti ascolto”, aggiunse con un sorriso più dolce nei miei confronti.
Alla fine del mio breve resoconto sulla rivelazione sfortunata del libro e del nostro screzio in auditorium, Sean si stava strofinando la fronte con espressione insieme stanca e preoccupata. “Sei stata ineccepibile Sarah, senza contare che avresti potuto sbugiardarlo di fronte a Emma”.
“Le ragazze mi hanno sgridato un sacco di volte per non averlo fatto”, gli confidai in un sussurro.
“Lo immagino”, convenne con un sorrisino divertito,  prima di farsi serio. “Potrei parlargli, ma sarei costretto a dirgli che mi hai raccontato tutto”, mi ammonì con espressione dubbiosa al riguardo.
“Francamente credo che gli abbiamo dedicato fin troppi pensieri”, risposi dopo un breve istante di riflessione. “Non volevo neppure dirtelo perché non ti sentissi costretto a fargli di nuovo la predica”.  
Mi sorrise e mi strinse brevemente la mano. “Tu puoi sempre parlarmi di tutto, lo sai. Aspetterò di vedere come si comporterà”, mi promise per poi controllare l’orologio. “Devo scappare a lezione. Ci vediamo oggi a pranzo?”.
“Volentieri”, ne baciai la guancia. “Buone lezioni”.
“Anche a te”, mi sorrise prima di andarsene.
 
Restai in caffetteria per un’altra ventina di minuti e approfittai di quel tempo per ripassare alcune scene che trovavo particolarmente complesse. Sentivo un misto di impazienza e di trepidazione all’idea di cosa sarebbe accaduto alle prove, ma ero anche incredibilmente curiosa di scoprire quale sarebbe stato, di preciso, il ruolo di Bradley. Mi diressi in auditorium quando mancavano dieci minuti all’inizio della lezione, camminando cautamente e cercando di celare il fastidio che provavo a causa di quelle scarpe eleganti quanto rigide. Al mio ingresso mi accorsi che c’erano poche persone e camminai lungo il corridoio, passando in rassegna lo sguardo ai primi posti che solitamente occupavo. Sgranai tuttavia gli occhi e sbattei le palpebre a più riprese quando scorsi due volti fin troppo familiari che stavano bisbigliando tra loro. Mi fermai all’altezza dei loro sellini con gli occhi sgranati: “Che ci fate voi qui?”, domandai con un misto di incredulità e di orrore alla prospettiva.
Le mie amiche mi rivolsero un sorriso radioso e apparvero perfettamente a loro agio.
“Ho appuntamento con Sean”, trillò Morgana in tono del tutto naturale. “La sua insegnante non permette di assistere alle loro prove, quindi ho pensato di guardare le tue nell’attesa”.
Incrociai le braccia al petto con le sopracciglia aggrottate. “E sei arrivata con ben due ore di anticipo?”, le domandai in tono sarcastico, conoscendo gli impegni del mio amico per quella mattinata.
“Ho pensato di farti una sorpresa”, rispose lei con il suo tipico savoir faire, ma improvvisando persino un’espressione offesa. “Francamente speravo in una reazione migliore”.
Non le risposi neppure, ma volsi lo sguardo ad Amy che sorrise con altrettanta sicurezza: “Il Signor Riddle mi ha chiesto di fare una consegna a uno degli studenti. E poi sapevamo che a quest’ora ti stavi preparando per le prove e volevamo esserti di sostegno”, aggiunse con tono premuroso.
Scossi il capo, ma il mio cipiglio si fece persino più sospettoso: “Un momento!”, esclamai nel guardare dall’una all’altra con aria ancora più perplessa. “Ma non eravate ancora ai ferri corti?!”.
Morgana al riferimento fece un vago cenno della mano come a sminuire la portata del loro recente dissapore. Amy, invece, si irrigidì e rilasciò un sospiro, prima di guardarmi con espressione stoica. “Ho deciso di accantonare tutto”, precisò per poi rifilare all’altra uno sguardo di sbieco. “Per il momento. E lo faccio solo per te”, sottolineò in mia direzione in tono quasi drammatico.
“Per me?”, rimarcai in tono ironico. “Immagino che questo non abbia nulla a che fare con il fatto che questo sia il primo giorno di Bradley, vero?”, le incalzai con voce incredula.
“Certo che no!”, risposero in coro.
Sospirai e scossi il capo. Cercai di parlare in tono fermo ma gentile:  “Sentite, apprezzo il vostro interessamento ma-”.
“Non ti metteremo in imbarazzo!”, mi rassicurò subito Morgana per poi indicare la gigantesca platea. “Insomma con tutte le persone che ci saranno, non si accorgerà neppure che ci siamo imbucate”, sembrò volermi rassicurare.
Amy rincarò la dose con voce più stizzita: “E poi non hai detto che Emma è quasi sempre presente, anche se non fa parte di questo spettacolo? Perché lei potrebbe e noi no?”.
“Forse perché lei è iscritta?”, la incalzai in tono ironico.
“Ah! Non lo sei neppure tu se è per questo!”, ribatté Morgana che doveva aver previsto le mie remore e aver giocato d’anticipo come sempre.
Stavo per replicare qualcosa di altrettanto pungente, ma fui dissuasa dall’arrivo di altri studenti, compresi Tom ed Emma. Convenni che non fosse il momento e il luogo adatto. Senza contare che non mi sembrava il caso di attirare l’attenzione su di loro. Amy borbottò una parolaccia nel suo dialetto nativo alla vista della coppietta, ma io la zittii per timore che qualcuno le scoprisse. Le feci cenno di scalare e presi posto all’estremità della loro fila così da poter facilmente raggiungere il palcoscenico in caso di bisogno. Sfilai con attenzione il cappotto di Morgana per non stropicciarlo.
“Visto come l’ho vestita bene?”, la sentii chiedere ad Amy con un certo compiacimento.
“Non mi offenderei se ogni tanto mi dessi qualche dritta”, rimarcò l’altra salvo poi volgersi in mia direzione. “Sei agitata?”.
“Vuoi che ti ripassi al volo il lucidalabbra?”.
Ci interrompemmo a uno scalpiccio di passi e ci voltammo tutte e tre verso l’ingresso delle doppie porte. Bradley le valicò con la stessa sicurezza del giorno prima e si levò un mormorio tra i presenti, soprattutto tra le ragazze che ne stavano ammirando la silhouette, mentre io sentivo un moto di calore salirmi al volto. “Buongiorno a tutti”, salutò e sorrise con aria affabile.
Quel giorno indossava un completo molto elegante che ne metteva in risalto la figura atletica: una camicia bianca e un paio di pantaloni scuri a cui aveva abbinato una giacca di una tonalità chiara. Dalla camicia pendeva una cravatta dello stesso colore e portava in spalla una borsa di pelle in cui doveva aver racchiuso il copione e altri oggetti di uso quotidiano[12].
“E’ proprio manzo”, mormorò Amy al mio orecchio.
“Ha buon gusto nel vestire”, gli concesse Morgana con la tipica espressione noncurante, ma avrei giurato che fosse più impressionata di quanto volesse dare a vedere.
Da parte mia non riuscii a pronunciare motto, ma ne seguii i movimenti fin quando non salì sul palcoscenico di modo da poter essere visibile e udibile a tutti agevolmente. Mi sarei aspettata che Lupin lo precedesse e lo introducesse, ma probabilmente aveva ritenuto più efficace lasciare a Bradley fin da subito la direzione della lezione di modo da accattivarsi la fiducia e l’attenzione generale.
Sembrava perfettamente a suo agio al centro del palco e guardò gli alunni di fronte a sé con un sorriso. “Quest’oggi vorrei proporvi una lezione diversa da quella a cui siete abituati: in parte perché credo sia utile testare quanto abbiate assimilato la personalità dei vostri personaggi e in parte perché spero di rompere il ghiaccio e conoscervi meglio”, soggiunse con un sorriso più accattivante. Dalla mia postazione vidi chiaramente Pansy, Padma Patil e altre ragazze riservargli occhiatine più languide o ridacchiare in modo lezioso. Cercai di ignorare quella punta di fastidio che mi stava facendo distrarre da Bradley. Quest’ultimo aveva già estratto il plico imponente del copione e non potei fare a meno di notare che vi avesse inserito dei post-it colorati, probabilmente per annotare qualche osservazione o qualche domanda da porre al Professor Lupin.
“Goloso di dolci e maniaco della cancelleria: mi sa che è proprio la tua anima gemella”, commentò Morgana, rivolgendomi uno sguardo saputo che mi sforzai di non ricambiare. Non avrei ammesso neppure sotto tortura che avevo iniziato ad annotare mentalmente quei piccoli dettagli per imparare a conoscerlo meglio.
“Non perdiamo tempo e, se siete d’accordo, vorrei iniziare proprio da-”.
“Dov’è il Professor Lupin?”.
La voce di Tom, strascicata e indolente riempì l’auditorium. Era seduto in seconda fila insieme a Emma. Vidi Morgana sollevare gli occhi al cielo. “Eccolo che comincia”, borbottò mentre Amy era impegnata a fargli il verso a mezza voce. Dovetti trattenermi dal ridere: di primo acchito ero così preoccupata dalla loro presenza che non avevo pensato a quanto potesse essere comica la situazione.
Rivolsi nuovamente lo sguardo a Bradley che non sembrò aversela a male per quell’interruzione  che sembrava avere il solo scopo di minarne l’autorevolezza fin da subito. “Grazie della domanda, Tom”, gli rispose in tono tranquillo prima di rivolgere lo sguardo a tutta la classe. “Il Professor Lupin è esattamente dove dovrebbe stare: accanto a sua moglie che sta per sottoporsi a un’ecografia”.
“Ci raggiungerà più tardi?”, continuò Tom con lo stesso tono petulante.
“Ma non può imbavagliarlo nessuno?”, azzardò Morgana in tono infastidito.
“E questo è niente, ve lo assicuro”, replicai e sollevai gli occhi al cielo. Non avevo dubbi che il ragazzo avrebbe mostrato il peggio di sé: ancora ricordavo come si era comportato in modo odioso durante la mia prima settimana, non soltanto sorridendo dei miei errori ma rivolgendosi in modo sprezzante persino al Professor Lupin di cui in quel momento sembrava sentire la mancanza.
Non potei che ammirare Bradley che non diede segni di impazienza ma sorrise leggermente. “Temo di no. In verità si era offerto, ma ha convenuto che potesse lasciarmi gli onori di casa almeno per questa mattina”, concluse brevemente, prima di richiamare l’attenzione generale. “Come stavo dicendo, vorrei chiedere a ognuno di voi di fare una breve analisi del proprio personaggio: lo status sociale, le origini della famiglia e le caratteristiche psicologiche che a vostro avviso sono più salienti e che dovrebbero essere messe in risalto”.
Le mie amiche si volsero in mia direzione mentre deglutivo: sembravano preoccupate quasi quanto me. “Sei preparata?”, mi domandò Amy e mi parve di tornare indietro nel tempo, quando ero una matricola universitaria e scambiavo simili chiacchiere prima di un esame.
“Se devi farlo per scritto, tu mi detti e faccio io”, mi rassicurò Morgana e non potei che esserle grata. Non avrei voluto certamente farmi distinguere al primo giorno per qualche errore grammaticale o la difficoltà a comporre un saggio da sottoporre a una persona di madrelingua inglese.
La richiesta di Bradley sembrò aver creato una certa preoccupazione generale, ma lui fu lesto a sollevare le mani e sorriderci con aria rassicurante. “Non vi sto chiedendo di scrivere una biografia: ne parleremo a voce naturalmente”.
“E’ davvero necessario?”, intervenne nuovamente Tom. La domanda era stata pronunciata in quel suo tono apparentemente educato ma che non nascondeva la sua perplessità al riguardo. “Forse non ha avuto modo di leggere per intero il copione?”, gli domandò, incurante persino del gesto con cui Emma sembrò cercare di placarlo.
Bradley parve divertito, ma scosse leggermente il capo. “Al contrario, Tom, ma sono impaziente di sentire quello che hai da dire su William e immagino che tu lo sia di riempire questo auditorium con il suono della tua voce che deve esserti particolarmente gradevole”.
Morgana neppure cercò di celare la risatina e Amy, sotto il mio sguardo incredulo, tirò fuori uno dei block-notes del pub e ci scrisse i nomi dei due ragazzi e disegnò un paio di colonne sotto il nome di Bradley, evidentemente volendo segnare il punteggio.
“A questo proposito, vorrei iniziare proprio da te e dalla tua co-protagonista”, continuò Bradley e passò in rassegna la platea per cercarmi con lo sguardo, mentre le mie amiche quasi mi spingevano per farmi alzare.
“Cammina lentamente e con la schiena dritta”, mi istruì Morgana in un sussurro mentre io prendevo un profondo respiro, cercando nervosamente di raccogliere le idee e, al contempo, di non inciampare sul tappeto.
Tom si era già alzato, costringendo Emma e altri compagni di corso a spostarsi di lato per lasciarlo passare mentre Bradley discendeva gli scalini e mi aspettava.
“Buongiorno”, avevo pigolato quando mi ero ritrovata di fronte a lui.
Mi sorrise e fece per sollevare la mano per aiutarmi a salire, ma fui affiancata da Tom che ne anticipò il gesto e mi fece cenno al palco. “Prego”, mi incoraggiò.
Lo guardai perplessa, ma non volli accettarne l’aiuto. Non davanti a Bradley e tantomeno davanti alle mie amiche che probabilmente mi avrebbero rimproverato fino alla fine dei tempi, senza considerare come la stessa Emma avrebbe interpretato il tutto.  “Grazie, faccio da sola”, mormorai in tono educato. Una parte di me, tuttavia, avrebbe voluto schiaffeggiarlo al pensiero che, ancora una volta, stesse fingendo che tra noi non ci fosse stata alcuna discussione di recente.
“Accomodati”, replicò con uno scrollo di spalle.
Salii i gradini, cercando di ignorare il pensiero che tutti quanti si aspettassero di sentirmi parlare, compresi Bradley e le mie amiche. In fondo, continuavo a ripetermi, si trattava di fare pratica, in vista dello spettacolo di Giugno. Era anche vero che, a differenza delle altre volte, non mi sarei dovuta limitare a dar voce e suono ai pensieri e alle gesta di Lady Elisabeth.
In momenti simili invidiavo l’evidente mania di egocentrismo di Tom che, al contrario, sembrava godere delle attenzioni altrui e, dall’altra parte, la sicurezza di Morgana che sarebbe stata capace di recitare una filastrocca per bambini e ricevere una standing ovation o persino un riconoscimento pubblico.
Mi volsi in direzione della platea: Bradley aveva preso posto su una poltroncina centrale della prima fila. Aveva accavallato le gambe e aveva appoggiato sul ginocchio un taccuino sul quale stava prendendo qualche annotazione. “Quando vuoi”, mi sorrise con aria cordiale e incoraggiante.
Tom, al mio fianco, aveva conficcato le mani nelle tasche dei pantaloni e stava guardando in modo ostentato il suo orologio in un atteggiamento silenziosamente polemico.
Socchiusi gli occhi, ripensando al mio arrivo a Glasgow e alla prima volta che avevo letto quelle pagine, non potendo fare a meno di provare ammirazione, comprensione, divertimento e talvolta esasperazione per i comportamenti della giovane dama. Dopotutto era da circa quattro mesi che cercavo di “darle vita”. “Lady Elisabeth, come apprendiamo dalle prime pagine del copione, è l’unica figlia di Lord e Lady Crawford, una nobile famiglia originaria del Wiltshire che si è stabilita nel Nuovo Mondo. Ha compiuto da poco diciassette anni ed è fidanzata con Lord Duncan da quasi sei mesi e, come naturale all’epoca, si tratta di un’unione concordata dalle due famiglie, seppur Elisabeth si convinca per buona parte dello spettacolo di esserne realmente innamorata”, esordii. Come mi era capitato in altre occasioni, una volta rotto il ghiaccio, il mio battito si placava, il respiro diveniva più naturale e la mia voce assumeva una maggiore sicurezza. Senza contare che le mie amiche mi stavano facendo ampi cenni d’assenso e di incoraggiamento.
“Questo è quello che si evince fin da subito”, confermò Bradley, dopo aver finito di prendere nota, sollevando lo sguardo in mia direzione e inclinando il viso di un lato. “Tu chi pensi che sia al di là dei titoli altisonanti, della stima e dell’affetto dei suoi familiari e dei conoscenti?”.
Provai a immaginare di descrivere a una persona esterna ciò che, a mio avviso, rendeva Elisabeth memorabile. “Devo confessare di essermi innamorata di questo personaggio fin da subito  perché credo che racchiuda alcune delle virtù delle nobildonne più amate nei romanzi di Jane Austen”, esordii. Ignorai il verso di sgomento che si era lasciato sfuggire Tom all’idea che le elencassi tutte. Al contrario Bradley si mise più comodo e mi sorrise come un silenzioso incoraggiamento a continuare.
“Si potrebbe pensare, di primo acchito, anche per l’omonimia che sia ispirata esclusivamente all’orgogliosa, razionale ma coraggiosa Lizzy Bennet di Orgoglio e Pregiudizio[13]. Certamente condivide il suo senso di responsabilità nei confronti della propria famiglia, la lealtà e la generosità verso le amiche e la testardaggine nel tenere testa ai vari Wickam e Darcy della situazione”, gettai uno sguardo in direzione di Tom, pensando alle numerose scene dedicate ai battibecchi tra i due personaggi. “Elisabeth ha anche l’esuberanza di Emma Woodhouse[14] e la sua stessa propensione al complotto e all’incoraggiare relazioni amorose tra le persone a lei care. Sembrerebbe avere la sua stessa ingenuità nel non comprendere i sentimenti di William nei suoi confronti, fraintendendoli anche a causa di un certo snobismo nei confronti dei ceti inferiori”.
“Prima che scopra che lui è un suo pari[15]”, intervenne Tom con un sorrisetto saputo.
“Touchée”, gli concessi con uno scrollo di spalle, prima di tornare a osservare la platea. “Ma credo che l’aspetto più interessante di Elisabeth siano le sue sfaccettature: sembra racchiudere in sé alcuni aspetti che la Austen ha estremizzato nelle sorelle Dashwood[16]”, spiegai. “Nel romanzo si è giocato molto sulla differenza abissale tra le due sorelle: Elinor sembra spiccare per la razionalità e il buon senso che spesso e volentieri la inducono a reprimere i suoi sentimenti per mantenere integra la sua apparente compostezza; laddove Marianne, al contrario, sembra ostentare in modo drammatico ed energico lo sconvolgimento del primo amore, non curandosi di calpestare il proprio orgoglio e la propria reputazione, pur di essere fedele a se stessa. Credo che questa sia l’essenza di Elisabeth: la razionalità e l’orgoglio da un lato, la passione e la fragilità dall’altro”, conclusi.
Bradley sembrò necessitare di qualche altro minuto per prendere nota sul taccuino, ma lasciai vagare lo sguardo sulla platea. Amy sollevò entrambi i pollici in segno di approvazione, Morgana ammiccò in mia direzione. Altre persone come Pansy e Calì non si diedero la briga di fingersi vagamente interessante, ma rivolsero sguardi tediati al soffitto. Emma, al contrario, mi stava ancora osservando con aria incuriosita e un lieve solco tra le sopracciglia.
“Ti ringrazio, Sarah”, mormorò Bradley dopo aver finito di scrivere. Era la prima volta che pronunciava il mio nome e, seppur mi fossi ormai abituata all’accento anglosassone, non potei fare a meno di provare un piacevole brivido lungo la spina dorsale, soprattutto quando ne incontrai nuovamente lo sguardo. Mi sorrise. “A quanto pare abbiamo di fronte un’esperta di Jane Austen”, convenne con espressione più sbarazzina, prima di tambureggiare con la penna sul taccuino. “Vorrei che tenessi a mente queste due sfaccettature: la razionalità e la passione che contraddistinguono questa giovane donna, a dispetto dei canoni della compostezza e dell’assoluto rigore dello stereotipo vittoriano”.
“Prometto che ci proverò”, mormorai per risposta.
Bradley voltò la pagina del suo taccuino e rivolse lo sguardo al ragazzo. “Prego, Tom”.
Lui non si diede pena di dissimulare il proprio scetticismo di fronte a quella richiesta, ma raddrizzò le spalle, tolse le mani dalle tasche e fissò Bradley con il sopracciglio inarcato prima di articolare la propria risposta ermetica ed essenziale. “In apparenza William è l’anti-eroe: scorbutico, insolente, sarcastico, orgoglioso, diffidente e misogino. Sembra amare solo i cavalli e provare profondo astio e rancore verso le classi nobili nonché Lady Elisabeth e Lord Duncan che sembrano incarnare lo stereotipo che tanto disprezza”.
Bradley stava continuando a prendere nota, ma sollevò lo sguardo, quasi in attesa che Tom continuasse.
Quest’ultimo si strinse nelle spalle. “E’ cresciuto in un orfanotrofio ma ciò non significa che cercherò confronti con Oliver Twist[17]”, rimarcò con un sorrisino insolente nei miei confronti.
“William agisce in modo vigliacco”, ribattei io. Normalmente non mi sarei permessa di intervenire, ma non avevo potuto trattenermi di fronte ai modi insolenti e superficiali di Tom.
“Prego?”, ribatté con un sorrisino e mi pentii di aver ceduto nuovamente alla sua provocazione.
“Come lo definiresti un uomo che preferisce farsi credere un misogino senza cuore, piuttosto che confessare a una donna i suoi reali sentimenti?”.
Tom mi scoccò un’occhiata in tralice. “Un uomo saggio considerando la donna in questione, un amante della propria vita e privo di masochismo”, aggiunse con un sorrisetto compiaciuto della sua stessa battuta.
“Oppure”, intervenne la voce pacata di Bradley che non sembrava affatto indispettito dalla nostra interazione. “Un uomo che, a dispetto delle sue parole, è disposto anche al sacrifico più grande: rinunciare alla donna che ama perché crede che Lord Duncan sia la scelta più adatta a lei”.
“Senza dubbio è il personaggio che ha l’evoluzione più sorprendente e ammirevole”, dovetti ammettere.
Tom inclinò il viso di un lato. “Ciò che è davvero sorprendente, a mio avviso, è che sia Lady Elisabeth a capirlo, andando oltre i suoi pregiudizi e decidendo, malgrado tutto, di accettare i propri sentimenti e smetterla di agire a sua volta in modo vigliacco”.
Mi morsi la lingua per non rispondergli in modo brusco e velenoso, ma fu Bradley a riprendere la parola e ad annuire. “Come avete sottolineato è un aspetto cruciale a cui dovremo lavorare per rendere bene l’evoluzione del loro rapporto. Prima di lasciarvi tornare al posto, vi dispiacerebbe provare qualche battuta insieme? La scena di ieri andrebbe benissimo”.
Non potei fare a meno di sentire il mio cuore scalpitare ancora più intensamente all’idea di sottopormi alla sua esamina, seppur fossi consapevole che prima o poi sarebbe accaduto. Seppur mi sforzassi di mantenere un atteggiamento professionale come il suo, l’idea che fosse proprio lui a osservarmi e a giudicare la mia performance mi innervosiva non poco. Dopotutto non si trattava solo di un bellissimo ragazzo ma di un altro aspirante attore che aveva ricevuto una formazione ad hoc. Una parte di me temeva che lui stesso avrebbe giudicato “folle” la mia partecipazione.
“Certo”, mormorai nel rendermi conto che, ignorando il ragazzo al mio fianco, era da me che stava aspettando un cenno di assenso.
“Va bene”, acconsentì Tom in tono neutrale. Si volse in mia direzione e, con un gesto fin troppo fluido, mi cinse la vita, lasciandomi senza fiato.
“Ma che fai?!”, lo rimproverai, guardandolo male. Non osavo controllare  le reazioni delle mie amiche e tanto meno quella di Emma.
“Ha detto che basta solo qualche battuta”, mi ricordò con tono amabile e un sorrisino dispettoso. “Tanto vale fargli vedere la parte più interessante, sempre che il nostro Assistente sia d’accordo”, soggiunse con voce melliflua, rivolgendosi a Bradley. Fu la prima volta in assoluta che riuscì persino a sorridergli.
Quest’ultimo lo guardò con le sopracciglia inarcate e mi parve che la mascella si fosse leggermente tesa, ma assentì con un cenno del capo. “Quando volete”, ci incoraggiò.
Tom fece per prendere parola, ma gli pestai il piede di modo da pronunciare per prima la battuta: non gli avrei permesso di far iniziare il dialogo dove avesse voluto lui, costringendomi a sostare in sua compagnia e tra le sue braccia più del dovuto.
“Lasciatemi William”, mormorai in tono deciso, ma abbassando lo sguardo come da sceneggiatura.
Il ragazzo, suo malgrado, mantenne la concentrazione e mi sorrise in quel modo viscido e irritante che era così lineare al suo personaggio. “No”, pronunciò in tono quasi svogliato e mi strinse maggiormente a sé. “A costo di farmi odiare più di quanto non facciate al momento”.
“Non osate!”, esclamai, sollevando le braccia al suo petto per allontanarlo.
Vidi un barlume di soddisfazione nel suo sguardo nel riprendere la scena esattamente dove ci eravamo fermati il giorno prima. Lasciò una delle mani sul mio fianco e con l’altra mi sfiorò lo zigomo in un gesto delicato e deciso, con movimento circolare delle dita.
“Allora fermatemi”, fu il suo commento provocante, sussurrato a pochi millimetri dal mio viso.
Era uno dei momenti topici della rappresentazione: in Elisabeth aveva luogo quello scontro tra la sua razionalità e l’inevitabile e spietata passione che sembrava intensificarsi in quei momenti. Tom stava eseguendo tutto alla perfezione, ma io avevo difficoltà a pensare al mio alter ego. Quando mi sfiorò le labbra con le dita, indietreggiai di istinto, anziché sollevare la mano per uno schiaffo che, secondo il dialogo, William avrebbe dovuto fermare.
Tom inarcò le sopracciglia al mio errore ma, intuendo il mio stato d’animo, sorrise con aria piuttosto compiaciuta.
Bradley ci interruppe in tono deciso: “Grazie a entrambi, potete accomodarvi”.
Sbattei le palpebre e Tom lasciò la presa, cercai per istinto lo sguardo di Bradley ma sembrava concentrato nello scrivere sul taccuino e mi costrinsi a scendere dal palco, ignorando la mano che Tom mi stava porgendo e lo sguardo intenso di Emma.
Bradley invitò sul palco gli studenti che interpretavano la parte di Lord e Lady Crawford, ma continuai a camminare e mi lasciai cadere accanto ad Amy. “La pestata al piede era prevista?”, mi domandò con una risatina.
“No”, ammisi e mi sforzai di sorridere, ma in quel momento non ebbi il coraggio di ammettere che neppure l’indietreggiare di Elisabeth a quella carezza lo fosse. Mi morsi il labbro, osservando la nuca di Bradley e domandandomi cosa pensasse di tutto questo.
“Sei andata benissimo”, mormorò Morgana, sporgendosi oltre Amy per stringermi brevemente la mano. “La tua analisi su Elisabeth? Neppure alla tua discussione di tesi eri tanto presa o tanto sexy”, soggiunse con un breve ammiccamento che, mio malgrado, mi strappò un sorriso e uno scuotimento del capo. Sospirai, ma mi rilassai contro lo schienale. Era inutile lambiccarmi la mente fino a quando non avessi parlato apertamente con Bradley in veste professionale. E non.
Il resto delle prove trascorse in modo analogo: a coppie gli interpreti salivano sul palco, esponevano le loro riflessioni e condividevano qualche notizia biografica sui loro personaggi e Bradley chiedeva loro di provare qualche battuta. Tuttavia, prima di congedarli e ringraziarli, dava un primo giudizio sulla loro performance condito da qualche suggerimento o da qualche osservazione. Mi morsi il labbro, domandandomi perché non avesse fatto lo stesso con me e Tom.
“Forse preferisce parlartene in privato”, convenne Morgana e scambiò un’occhiata di intesa con l'altra, mentre io cercavo di non cadere vittima di troppe paranoie. Gettai un’occhiata in direzione del mio co-protagonista ma, come prevedibile, non sembrava affatto nervoso, ma piuttosto annoiato. Lo vidi parlottare con Emma che gli carezzò il braccio in un gesto confortante e si appoggiò alla sua spalla. Tornai a concentrarmi sulla lezione. Non potei fare a meno di sorridere nel rendermi conto che Bradley si era avvalso della collaborazione di tutti. Le uniche voci stonate del coro erano: da un lato Tom con la sua evidente insofferenza seppur non fosse particolarmente sorprendente; dall’altro ragazze del calibro di Pansy Parkinson e  Padma Patil che sembravano fin troppo entusiaste della sua attenzione, tanto da sorridere e parlare in modo stucchevole o fingere un’esitazione che ben poco era tipica del loro naturale atteggiamento. Avevo osservato il tutto con sguardo critico e cercando di ignorare i sorrisetti saputi delle mie amiche.
Quando anche l’ultimo studente fu tornato al suo posto,  Bradley si alzò in piedi.
“Grazie a tutti: è stato molto istruttivo”, ci confidò con un sorriso accattivante, trattenendo tra le mani il blocco note su cui aveva scritto parecchio. “Per oggi è tutto: grazie della collaborazione”. Ci alzammo tutti in piedi e l’auditorium fu avvolto da un mormorio di approvazione, ma Bradley sovrastò nuovamente le nostre voci. “Sarah, Tom: una parola per favore”.
“Vai”, mi incoraggiarono le mie amiche e mi affrettai a percorrere nuovamente il corridoio tra le due schiere di poltroncine. Mi guardai attorno, notando che le due ragazze sembravano cercare di attardarsi, fingendo di parlottare tra loro e ignorando i miei cenni di lasciare l’auditorium. Bradley seguì il mio sguardo e compresi dall’inarcatura delle sopracciglia che le aveva riconosciute entrambe. Mi sentii diventare di un colore simile al viola, mentre le due, con tutta la tranquillità di questo mondo, gli rivolgevano un saluto con la mano prima di uscire dalle doppie porte. Avrei potuto scommettere il braccio che si sarebbero appostate nella speranza di origliare la conversazione.
Raggiunsi i due ragazzi e mi resi conto che un’altra persona stava indugiando al proprio posto: Emma. Quando sembrò realizzare che tutti fossimo in sua attesa, si mise prontamente in piedi e si avvicinò con la mano tesa in direzione di Bradley e un sorriso accattivante. Mi passò di fronte apparentemente senza vedermi. “Ciao Bradley”, lo salutò con voce tintinnante. “Scusami, non mi sono ancora presentata: sono Emma, la ragazza di Tom”.
Il ragazzo, che ne aveva stretto brevemente la mano, sembrò incapace di nascondere un moto di sorpresa a quella presentazione, ma rispose garbatamente. “Piacere di conoscerti, Emma: non mi ero reso conto di avere pubblico o sarai una nostra comparsa?”, le domandò educatamente.
Lei  ridacchiò come se si fosse trattata di una battuta di spirito, ma avrei giurato che l’idea di essere una comparsa non fosse particolarmente lusinghiero. “Essendo la sua ragazza, come ti dicevo, assisto sempre alle prove quando gli orari me lo consentono: noi ci sosteniamo in tutto, vero?”, domandò al suo ragazzo e sorrise.
Bradley si schiarì la gola ed ebbi la sensazione che stesse trattenendosi dal sorridere per non apparire maleducato. “Non lo metto in dubbio ma, a costo di sembrarti insensibile, devo chiederti comunque di lasciarci soli. Ti dispiace?”.
Fu evidente che Emma non si sarebbe aspettata tale reazione, perché per la prima volta dal ballo, da quando Morgana aveva malignamente insinuato che a stento l’avesse riconosciuta come Belle, mi parve completamente inerme. “Oh”, commentò dopo aver fatto mulinare nuovamente i capelli, rivolgendogli uno sguardo contrito. “Se lo ritieni davvero necessario”, soggiunse con un sospiro.
Bradley inclinò il viso di un lato con le sopracciglia ancora inarcate, ma fu Tom a intervenire. Non potei fare a meno di notare che sembrava piuttosto infastidito e non potevo negare a me stessa di provare qualcosa di altrettanto pungente all’altezza dello stomaco. “Vai pure”, le fece cenno all’uscita laterale. “Ci vediamo dopo”, soggiunse in un sussurro, carezzandole la schiena.
“Va bene”, gli sorrise e ne baciò la guancia. “E’ stato un piacere, Bradley”, mormorò, passandogli di fronte. “Oh, ciao Sarah”, soggiunse in secondo tempo, rivolgendomi appena un cenno della mano senza neppure voltarsi[18].
“Ciao Emma”, risposi nel mio tono più cordiale seppur senza sorriso, ma feci l’errore di incrociare lo sguardo di Bradley che sembrava piuttosto compiaciuto, come se avesse perfettamente compreso il mio stato d’animo. Sentii un effluvio di calore salirmi alle gote e dovetti distogliere lo sguardo per tornare in me.
“Allora?”, domandò Tom con aria impaziente.
L’altro ci fece cenno di accomodarci e rimase in piedi di fronte a noi: sembrò anche in questo caso scegliere bene le parole. “Sono rimasto molto colpito dalla vostra performance per quanto breve”, esordì e io mi tesi sulla poltroncina mentre Tom si stravaccava sulla sua.
“L’ho già sentito dire”, commentò con un vago cenno della mano come a respingere ulteriori complimenti.
 Bradley  continuò a parlare come se non lo avesse sentito. “Tra voi vi è un’evidente chimica e non fatico a capire perché Lupin fosse così entusiasta di avervi entrambi su un palcoscenico”, ammise prima di assumere un’espressione pensierosa. “Ma è altrettanto chiaro che ci sono delle questioni irrisolte tra di voi”, continuò in tono velatamente preoccupato.
Il sorriso sulle labbra di Tom si congelò e inclinò il viso di un lato: “Credevo tu fossi l’Assistente, non lo psicologo, ma ti faremo sapere se avremo bisogno di un terapeuta di coppia”, commentò con un sorrisetto irriverente.
“Ti dispiacerebbe lasciarlo parlare?”, lo rimproverai io in tono aspro. A quelle parole avevo sentito un nodo serrarmi la gola perché era evidente che non gli fosse sfuggita la mia esitazione e il mio errore, seppur non ne avesse fatto parola di fronte agli altri studenti. Senza contare il nostro dialogo privato nel porticato, quando avevo brevemente fatto riferimento alla complicata relazione tra me e Tom.  
“Non è certo una novità che lei sia sempre volubile in mia presenza”, replicò quest’ultimo, rivolgendo a Bradley un sorriso piuttosto compiaciuto.
Non ne ricambiò il gesto ma lo vidi stringere le labbra, prima di replicare: “In verità il suo autocontrollo con te è invidiabile”. Un sorriso evidentemente sarcastico gli increspò le labbra nell’alludere al suo temperamento tutt’altro che amabile. Scosse brevemente il capo e tornò a incontrare il mio sguardo, prima di continuare. “Come stavo dicendo, la natura del vostro rapporto sembra essere molto affine a quello dei protagonisti e senza dubbio facilita molto la vostra performance quando si portano in scena le discussioni e i rancori tra i protagonisti, ma temo che, al contempo, possa compromettere il romanticismo che è altrettanto importante per la credibilità delle scene”.
Tom inarcò le sopracciglia e incrociò le braccia al petto con espressione evidentemente risentita e dubbiosa. “Hai solo visto uno stralcio di scena: mi sembra prematuro come giudizio. Forse dovremmo parlarne con il Professor-”.
“E’ vero”, ribattei io, sospirando e attorcigliandomi le dita in grembo. Mi sentivo esattamente come ogni volta che apparivo di fronte al mio datore di lavoro, dopo aver combinato qualche guaio, in attesa di riceverne la sgridata e l’eventuale sanzione. “A volte faccio fatica a restare concentrata sul personaggio, soprattutto nei momenti che si suppone debbano essere romantici e importanti per la crescita del loro rapporto”. Soprattutto quando ero infuriata con Tom, avrei voluto aggiungere, ma non era il caso di fare precisazioni polemiche. Si supponeva che io imparassi a dissimulare meglio, seppur mi fosse ben difficile anche nella vita reale.
Bradley mi sorrise con tale dolcezza che mi sentii ancora più sprofondare per la mortificazione. “Non fraintendetemi: il mio non vuole essere un rimprovero”, mormorò in tono gentile. “Sono qui per aiutarvi”.  
Tom si strinse nelle spalle. “Immagino che dovremo lavorare insieme parecchio”, convenne e mi rivolse uno sguardo di sottecchi. Seppur avesse parlato in tono strascicato sembrava cercare di nascondere un sorriso vittorioso.
Mi morsi il labbro e strinsi i pugni. In assenza di Bradley non avrei esitato a spalmargli la borsa sulla faccia per togliergli quell’odioso ghigno. Viscido bastardo.
“Questo senza dubbio, Tom”, gli rispose Bradley con sguardo serafico, ma non potei fare a meno di notare che si era raddrizzato come a voler apparire ancora più imponente. “Tu non hai nessun commento da fare sulla tua performance? Sei soddisfatto di te stesso?”, gli domandò in tono pungente.
Tom inarcò le sopracciglia, ma sorrise con aria fintamente innocente: “Estasiato”.
L’altro sospirò. “Credo che questo dica molto di te”.
“Stai insinuando che non mi ritieni all’altezza del ruolo?”, gli domandò in tono quasi minaccioso.
“Al contrario”, replicò  senza perdere la calma, ma continuando a studiarlo. “Sei molto empatico con William. Sei sempre concentrato e hai un grande talento: tutto questo è innegabile”. Ma sembrava evidente che non gli facesse piacere dirlo e che fosse Tom a mettere a dura difficoltà i suoi tentativi di mantenersi “professionale”. Riprese a parlare, prima che potesse interromperlo nuovamente. “E’ il tuo atteggiamento che non mi piace: ti trovo profondamente irritante”, gli rivelò senza alzare la voce, ma inclinando il viso di un lato. “Al tuo posto mi interrogherei sul come riuscire a fare in modo che la mia partner di scena si senta a suo agio perché siete co-responsabili del fallimento o del successo dello spettacolo, non dimenticarlo”, lo ammonì in tono severo.
Tom strinse gli occhi in due fessure. “Non sai un bel niente di noi”.
“Forse”, gli concesse Bradley, ma non sembrava affatto preoccupato. “So per certo che questo atteggiamento potrebbe essere controproducente: ti consiglio caldamente di cambiarlo”.
“Bene”, rispose lui con uno scrollo di spalle, per nulla impressionato. “Farò finta di annotarlo”, si permise di aggiungere.
“Sei sempre così infantile”, lo rimproverai.
Mi ignorò ma si rivolse nuovamente a Bradley. “Quindi dovremo fare delle sedute private”.
“Ne parlerò con il Professor Lupin”, rispose, prima di tornare a guardarmi. “In realtà stavo pensando a qualcosa di diverso”. Inclinò il viso di un lato e mi osservò più intensamente. “Potremmo lavorare noi due insieme, magari nei giorni in cui verrai in Accademia solo per le prove di ballo, così da non fare troppe sedute di recitazione. Che ne pensi?”.
Tom gli sorrise di sbieco e intervenne prima che potessi rispondere. “Perdonami, ma non ricordo il momento in cui Silente ti ha scelto come mia controfigura”, gli fece notare ironicamente.
Bradley gli sorrise con una certa soddisfazione che ne fece baluginare lo sguardo. “Sono quasi certo che tu fossi presente, quando ha fatto riferimento al mio ruolo di tutor”, ribatté prontamente.
Il suo viso si contorse in una smorfia sdegnata. “Davvero professionale, complimenti”.
“Grazie Tom, sono felice che tu apprezzi i miei sforzi”, gli sorrise amabilmente, prima di rivolgermi nuovamente lo sguardo, in attesa di una mia risposta.
Quasi non avevo neppure percepito quello scambio di battute ironiche, ma sentivo il cuore tambureggiare più intensamente all’idea di condividere con lui simili momenti, seppur per finzione. Sorrisi con le guance accalorate: “Te ne sarei molto grata”, sussurrai.
Sorrise a sua volta e mi sentii letteralmente sprofondare nella morbidezza della poltroncina.
“C’è altro?”, gli domandò Tom in tono sferzante e al cenno di diniego di Bradley, si rimise in piedi e, ignorando entrambi, si diresse verso l’uscita laterale. Si chiuse la porta alle spalle con più energia di quella realmente necessaria.
L’altro sospirò e si passò una mano tra i capelli, rivelando in quel momento un moto di stanchezza che fino a quel momento aveva nascosto bene. “E’ sempre così amabile o quest’oggi sono fortunato?”, mi domandò con un sorriso divertito.
“Non è stata una delle sue giornate migliori, ma sei stato impeccabile”, lo rassicurai. Cacciai rapidamente il pensiero di Tom, concentrandomi su questioni più serie. Lo guardai con un moto di preoccupazione. “Bradley, tu me lo diresti se rischiassi di rovinare tutto, vero? Non avrei problemi a ritirarmi se Lupin trovasse qualcuna di più adatta, anche se mi rendo conto che i tempi sono stretti”, rivelai con un sospiro.
Lui scosse il capo alla mia esitazione, ma mi porse la mano per aiutarmi a rimettermi in piedi. Me la strinse delicatamente. “Mi avevi già convinto al primo riferimento a Jane Austen”, mormorò e mi sorrise più dolcemente. “Non ti permetterò di arrenderti e tanto meno di perderti la mia performance nei panni di William”, soggiunse con un breve ammiccamento.
Dovetti trattenermi dal sorridere più compiaciuta alla sola idea. Inclinai il viso di un lato e gli rivolsi uno sguardo più sbarazzino: “Temo di doverti dire che fisicamente ti avvicini di più al personaggio di Duncan”.
“Ne sono consapevole”, convenne con una smorfia. “Ma non sarei così sciocco da lasciarmi sfuggire una simile donna”, mormorò con sguardo più intenso.
Sentii il mio cuore scalpitare più rapidamente, ma non potei fare a meno di sorridere e schiarirmi la gola nel tentativo di non lasciarmi troppo sopraffare dall’emozione del momento. “Cercherò di non ricordarlo quando dovrò, mio malgrado, cadere tra le braccia di William”, replicai con un sorriso.
Fece una breve smorfia con le labbra al pensiero che mi strappò una risata più giocosa, ricordando quante volte, nello spettacolo di Londra, avesse rivolto una simile espressione al suo co-protagonista.
“E’ stata una bella lezione”, mormorai con il volto inclinato di un lato. “E’ stato interessante soffermarsi a riflettere sui nostri personaggi”.
Bradley sorrise con autentico compiacimento. “Lo penso anche io: avrò molto da raccontare a Lupin”, convenne prima di concentrarsi sulla sua borsa per insinuarvi il copione e il taccuino. Mi osservò con il volto inclinato e un sorrisino. “Toglimi un’altra curiosità: le tue amiche vengono sempre a vederti durante le prove o devo ritenermi doppiamente lusingato?”.
Scossi la testa quasi a simulare la mia esasperazione. “Devi esserne lusingato”, confermai prima di rifarmi seria. “Spero non ti sia dispiaciuto: impedirò che diventi una loro abitudine”.
“Non è assolutamente un problema, almeno non per me”, soggiunse con aria più sbarazzina, mentre ci incamminavamo insieme verso le doppie porte. “Hai finito in Accademia per oggi?”, mi domandò dopo aver aperto l’uscio, facendomi cenno di precederlo.
“Grazie”, mormorai con un sorriso, finendo di allacciare il cappotto. Come avevo immaginato, Morgana e Amy si erano intrattenute in corridoio ed erano a pochi passi da noi, ma mi concentrai sul ragazzo al mio fianco. “Dovrei vedere un amico a pranzo: vuoi venire con noi?”, gli proposi.
Bradley assunse un’aria dispiaciuta e mi mordicchiai il labbro prima di sentirne la risposta. “Mi piacerebbe molto, ma temo che anche in quell’ambiente io debba mantenere una certa professionalità”, mi spiegò in un sussurro.
“Ma certo”, ribattei prontamente. “Ti presenterò Sean in un’altra occasione”.
“Sean?”, ripeté Bradley con le sopracciglia inarcate e l’espressione pensierosa nel tentativo di capire di chi stessi parlando.
“E’ il mio pen-friend, nonché il ragazzo di Morgana: è una storia lunga. Sappi che è stato grazie a lui che sono giunta a Glasgow”.
Bradley sorrise. “Sappi che gli sono già grato e che vorrò conoscere questa lunga storia nei minimi dettagli”, convenne con tono simile al mio. Si guardò attorno, quasi a sincerarsi che non ci fossero altri sguardi su di noi, a parte quelli delle due ragazze, prima di avvicinarsi di un passo, di modo da parlare in un sussurro.
Sbattei le palpebre, sentendomi letteralmente senza fiato di fronte a quello sguardo, a quel sorriso o al tono soffuso della sua voce.
Chinò il volto. “In ogni caso, Milady, so dove lavori quindi né tu né le torte di Neville potrete sfuggirmi”, mi rivelò con sguardo più affascinante, strappandomi un altro singulto. Addolcì il sorriso. “Buona giornata”.
“Ciao Bradley”, mi sentii rispondere con voce più acuta del naturale.
Scomparve dietro l’angolo, dopo aver rivolto un cenno di saluto anche alle mie amiche che si affrettarono ad avvicinarsi. A giudicare dai sorrisi entusiasti, dovevano essere riuscite a origliare buona parte della conversazione in auditorium e forse a leggere il labiale di quegli ultimi saluti.  
“E così proverete insieme le scene romantiche”, mi incalzò Morgana con un sorriso compiaciuto.
“Quanto avete sentito?”, domandai loro con aria di rimprovero.
“Quanto basta!”, rispose prontamente Amy. “Piuttosto, quand’è che torna a trovarci al Pub?”.
“Immagino presto”, risposi in tono cauto, cercando di celare il mio stesso entusiasmo.
“E voi che ci fate qua?”, domandò Sean in tono interdetto, guardando dall’una all’altra, prima di raggiungerci. “E soprattutto quand’è che l’avresti perdonata?”, aggiunse in direzione di Amy.
Morgana rise del suo stupore ma lo baciò brevemente e rispose alla sua domanda. “Siamo venute a dare il nostro sostegno a Sara”.
“Quindi vi siete infiltrate”, commentò Sean con una punta di ironia, guardando dall’una all’altra.
“E tu allora?”, lo incalzò la sua ragazza. “Non dovevi aspettarla in refettorio?”.
“Aha!”, lo additò l'altra in tono sagace. “Volevi vedere Bradley anche tu”.
Sean sembrò arrossire perché colto in flagrante, ma sollevò le mani: “Sono l’unico che ancora non l’ha conosciuto!”, protestò in tono così puerile da strapparmi una risata.  
“Venite anche voi in refettorio?”, domandai alle ragazze.
“Perché invece non andiamo a pranzo fuori?”, convenne Morgana. “Sia mai che l’arrivo di Amy guasti i tentativi di Lady Emma di far sposare la sua piccola e dolce Bonnie con il facoltoso Lord Radcliffe”, recitò in tono altisonante, portandosi una mano al petto mentre io cercavo di non ridere e Sean appariva non poco perplesso.
“Vuoi che ti strozzi adesso o aspetto che Sean sia distratto?”, la minacciò.
Li seguii con un sorriso, ma con la mente già proiettata al momento in cui avrei rivisto Bradley.  Stavo salendo nell’auto di Sean, nei sellini posteriori insieme ad Amy, quando sentii il telefono vibrare. Inarcai le sopracciglia quando notai un messaggio da un numero che non avevo tra quelli memorizzati sulla rubrica, ma non potei che sorridere nel comprenderne il mittente.
 
So che sarebbe poco professionale dirlo, ma spero che perdonerai tale sfrontatezza, Milady. Non vedo l’ora di recitare con te. Buon pranzo e a presto.
 
 To be continued…
 
Eccoci qua finalmente, buon Luglio a tutti :)
Come è divenuto ormai evidente, la revisione della fanfiction vedrà un numero superiore di capitoli rispetto alla versione originale che si fermava al 13°. Non saprei ancora dire esattamente quanti saranno per giungere alla sua conclusione: devono accadere ancora diverse cose da Febbraio a Giugno e non aggiungo altro ;) Ancora meno prevedibile è la data in cui presumibilmente riuscirò a finire questo progetto che ha superato di gran lunga le mie aspettative, rispetto alle intenzioni originali. Ringrazio di cuore Evil Queen che è la mia più grande sostenitrice e che è stata autrice lei stessa di molti cambiamenti significativi di questa versione di gran lunga superiore alla precedente. Grazie a tutti dell’attenzione ;*
Kiki87
 
[1] Spero non vi dispiaccia ma a questo capitolo ho pensato di associare una canzone decisamente più briosa e allegra del solito ;) Potete sentire il brano originale qui.
[2] Tenete sempre conto che si tratta di un’Accademia prestigiosa, quindi Sara, anche se non è iscritta, non si presenta alle prove con le sneakers e la tuta da ginnastica. Anche perché, diciamolo, Morgana di certo non glielo permetterebbe ;D
[3] Non ho trovato molte fotografie degli ambienti di questa Accademia, purtroppo, quindi sto inventando :D
[4] Vi ricordo che il primo incontro tra Sara e Bradley è avvenuto nel mese di Dicembre, prima che lei tornasse in Italia per le festività, ed è stato raccontato nel capitolo 9.
[5] Si tratta del maestro pasticciere più famoso in Italia ma ha ottenuto diversi riconoscimenti anche all’estero ed è noto anche come personaggio pubblico da quando appare in Master Chef Italia. E’ verosimile che anche in Scozia si sia sentito parlare di lui, soprattutto gli appassionati di pasticceria come il nostro Neville e la sua mentore.
[6] Dal primo libro di Harry Potter si sa che Silente è goloso di ghiaccioli al limone quindi ho immaginato che una torta simile fosse appropriata :D
[7] Vorrei anche vedere, considerando che sono stati colleghi in “Merlin” :D Devo confessarvi che all’inizio della prima stagione, pensavo pure che avrebbero avuto dell’ottimo potenziale come coppia, nonostante i miti arturiani che raccontano del matrimonio con Ginevra.
[8] Fate conto che Neville è una delle persone con cui Sara ha stretto un’amicizia più profonda, tanto che spesso è incluso nella sua compagnia del weekend.  Quindi conosce ormai per nome gli insegnanti dell’Accademia che sente citare più spesso.  
[9] Neanche a farlo di proposito Matthew Lewis è alto 1.83, esattamente come Bradley. Tenete conto che è dall’altra parte del bancone su cui c’è una pedana, quindi tecnicamente in quel momento dovrebbe sembrare più alto :D
[10] Per chi non lo ricordasse, sempre nel capitolo 9, alludevo all’auto di Silente, una Ford Anglia a cui ha dato questo nome :D
[11] Una delle protagoniste di Gossip Girl, interpretata da Leighton Meester, nota per il suo caratterino acceso e il suo impeccabile gusto nel vestire e la passione per la moda. E’ stato Dan Humphrey, un altro dei personaggi interpretato da Penn Badgley (che forse conoscete come protagonista della serie Netflix, “You”) a coniare la bellissima definizione di “dittatrice del gusto” che credo sia perfetta anche per la nostra Morgana ;)
[12] Per il look di Bradley mi sono ispirata a questo recente photoshoot. Credo che si commenti da solo *_*
[13] Credo che non ci sia bisogno di spendere parole sul romanzo più famoso della Austen, pubblicato nel 1813.
[14] Si tratta del romanzo pubblicato nel 1815. E’ curioso che la Austen disse della protagonista: "Sto per descrivere un'eroina che non potrà piacere a nessuno, fuorché a me stessa".
[15] Non ho definito nel dettaglio la trama dello spettacolo, ma tenete conto che William è il figlio naturale di un barone che aveva una relazione extraconiugale con una nota cantante di Londra. Dopo varie vicissitudini viene ingiustamente accusato di furto e giunge alle colonie come galeotto, finendo per lavorare per la famiglia di Elisabeth. Soltanto in punto di morte, per ravvedersi dei propri peccati, il padre di William lo riconoscerà e il suo avvocato giungerà nella colonia, verso la fine dell’opera, per rivelare che è l’unico erede del titolo e del patrimonio di famiglia.
[16] Protagoniste del secondo romanzo più noto della Austen, “Ragione e sentimento”, pubblicato nel 1811.
[17] Protagonista dell’omonimo romanzo di Charles Dickens, pubblicato nel 1837.
[18] Spero che nessuno di voi si offenda se ho attribuito a Emma questa connotazione “negativa”. In questo intreccio mi è funzionale come “nemesi” ma ci tengo sempre a ribadire che si tratta di una mia interpretazione dell’attrice stessa ;)
   
 
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