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Autore: bibersell    05/08/2013    2 recensioni
Eravamo diventati entrambi bambini. Sull’albero c’erano le nostre iniziali: J&S . Il tempo ci aveva riunito, la morte ci avevo legato. Ora saremmo stati di nuovo insieme. Insieme in questo luogo stupendo che era il paradiso.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccomi qui, seduta su una sedia bianca di plastica, con i gomiti poggiati sul tavolo in marmo davanti a me a riflettere sul mio primo ricordo. Un signore vestito tutto di bianco, con dei larghi pantaloni di lino e una camicia del medesimo tessuto, era entrato nella stanza in cui trovavo e aveva poggiato sul tavolo un foglio bianco. Lo presi e vidi che l’inchiostro macchiava solo poche righe; “Racconta il tuo primo ricordo” dicevano. Avrei dovuto scrivere il mio primo ricordo su quel foglio.
Chiusi gli occhi e aprii la mente. Iniziarono a scorrere svariate scena della mia vita, come dei flashback sempre più vecchi, che riguardavano un tempo lontano. Rividi l’ultimo natale trascorso a casa dei nonni, il mio primo giorno da liceale, quando mio padre mi regalò la mia prima bici e imparai a sciare.
Ma nessuna di quelli lo sentivo come il mio primo ricordo.
C’è ne era uno più profondo e personale, me lo sentivo.
Riaprii gli occhi e mi guardai attorno. Era tutto bianco. Le pareti della stanza, la sedia, l’abito che indossavo, erano rigorosamente bianchi.
Bianco, il colore che ricollegavo alla purezza e all’innocenza.
Da quando ero entrata in quel posto mi sentivo leggera. Percepivo l’animo leggero come una piuma. Come se io fossi la piuma che volava leggiadramente e arrivava al suolo senza produrre alcun suono.
Le palpebre erano così leggere che si chiusero avvolgendo i miei occhi.
Lo vidi, vidi lui, il mio primo ricordo. Era diverso da tutti gli altri, questo aveva un nome. Un nome che non dimenticherò mai. Quello del mio primo amico.
Era seduto su degli scalini di pietra. Indossava una maglietta a giro maniche rossa. Aveva lunghe ciocche bionde che gli contornavano il collo. La prima volta che lo vidi era una calda giornata di metà agosto.
Mi avvicinai e mi sedetti al suo fianco.
-Ciao, io sono Sam. Tu come ti chiami?. Dissi con una voce squillante da bambina.
-Justin. Mi rispose il giovane al mio fianco con un sorriso che gli illuminava il viso.
Subito pensai che aveva il sorriso più bello che avessi mai visto. – Quanti anni hai?. Continuò lui.
- Cinque, tu?. Dissi mostrando la mano con le cinque dita sollevate.
- Anche io. Ti va di giocare con me?. Mi chiese alzandosi da uno dei gradini della scalinata in pietra.
Mi alzai dopo di lui e gli risposi con il sorriso sulle labbra. -Si, mi va.
Quel giorno incontra il mio primo amico, il mio primo migliore amico. Passavamo tutti i giorni insieme. Per sei lunghi anni fummo inseparabili.
Ricordo che ogni mattina mi veniva a svegliare. Entrava nella mia cameretta, si sedeva affianco al letto e aspettava che aprissi gli occhi.
Giocavamo tutto il giorno con le nostre bici, facevamo delle gara di velocità, fingevamo di essere i ciclisti più veloci al mondo. 
Amavamo le biciclette, passare le giornate a gareggiare. Ma forse amavamo semplicemente passare del tempo insieme.
Ricordo quando il padre di Justin gli regalo il suo primo catenaccio. Era grigio e di plastica. Lui venne da me saltellando per la gioia e mi disse che avrebbe messo quel catenaccio vicino alla sua bici, così nessuno avrebbe potuto rubargliela.
Ricordo anche quando usò quello stesso catenaccio sulle nostre bici. Io ero arrabbiata con lui per un morivo che non ricordo.
Quel giorno Justin legò le bici e mi disse mostrandomi le chiavi del lucchetto:- Se non fai pace con me le nostre bici rimarranno legate.-Io non voglio fare pace con te. Slega la mia bici. Dissi sbuffando e incrociando le braccia al petto.- No se non fai pace con me. Ribatte lui. Io mi girai e ritornai a casa mia.
Lui mi seguì e mi chiese scusa. Aprì il catenaccio e staccò le nostre biciclette. Io ero felice di ciò che aveva fatto, così lo perdonai.
Salimmo sulle nostre bici e pedalammo fino a casa sua.
Aveva un grande giardino e al centro c’era una tenta verde e rossa da campeggio. Vi entrammo e passammo l’intero pomeriggio a parlare all’interno della tenda.

Era fine agosto quando lui mi disse che si sarebbe trasferito.
Ci trovavamo sotto un alto roseto, l’uno di fronte all’altro.
Quel giorno faceva particolarmente caldo. I miei biondi boccoli erano attaccati alla pelle che rimaneva scoperta.
Lui si scostò una ciocca di capelli che gli ricadeva sulla fronte e mi disse:-Un giorno ci sposeremo. Ti voglio sposare. Io non dissi nulla. Rimanemmo a guardarci e poi me ne andai.
Dai quel giorno non lo rividi più. Almeno così credo. Passarono sette anni. Le porte della sua casa erano chiese, lui non c’era più, se ne era andato.

Lo rividi ad una festa. Avevo diciotto anni. Lo riconobbi immediatamente, non era cambiato. Era sempre lo stesso ragazzino dai lunghi capelli biondi, gli occhi nocciola e un sorriso capace di illuminare l’universo.Anche lui riconobbe me. Ci guardammo, capimmo chi eravamo. Ma nessuno dei due parlò. Nemmeno un ”ciao”. Solo degli sguardi, che erano più eloquenti delle parole stesse.
Eravamo fatti così, timidi. Lo sapevamo che nessuno dei due avrebbe parlato ed eravamo consapevoli che quella sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo visti. Ma a noi bastava. Avremmo conservato quell’immagine per sempre.  
Quella fu l’ultima volta che lo rividi, ma non l’ultima volta che lo pensai. Per me era stato il mio primo amico, forse anche il mio primo amore.

È strano come una semplice richiesta possa scaturire tutti questi sentimenti.  Avrei dovuto semplicemente raccontare il mio primo ricordo, cacciarlo da una dei tanti cassettini della memoria e riportarlo su carta.
Ma il mio primo ricordo era troppo grande, pieno di troppi sentimenti per  scriverlo. C’era troppa gioia, malinconia per quei momenti trascorsi e amore.
Un signore entrò. Era lo stesso che mi aveva portato il foglio che adesso tenevo in mano.-Sam  hai rammendato il tuo primo ricordo?. Disse l’uomo-Si, padre.  Il mio primo ricordo è Justin. Dissi alzandomi dalla sedia e avvicinandomi all’uomo vestito di bianco. Assomigliava ad un angelo, ma d’altronde Dio non poteva avere altro aspetto.- Bene. Seguimi ti riporterò dal tuo primo ricordo. Disse Dio. Lo segui al di fuori della stanza.
C’era una grande prato verde pieno di fiori e grandi querce. In cielo svolazzavano tanti angeli con delle lunghe e lucenti ali bianche.  
Sotto un albero c’era una bambini di cinque sei anni all’incirca. Che giocherellava con un filo d’erba.
All’improvviso sentii che la forza e la giovinezza prendevano possesso del mio corpo. Mi sentii come una bambina.
Il bambino che stava seduto sotto l’albero l’avevo già visto. Era Justin. Eravamo diventati entrambi bambini.
Sull’albero c’erano le nostre iniziali: J&S .
Il tempo ci aveva riunito, la morte ci avevo legato. Ora saremmo stati di nuovo insieme. Insieme in questo luogo stupendo che era il paradiso.


 
  
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