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Autore: Reh Machine    05/08/2013    1 recensioni
Francia, Parigi 1650
Bernadette, una giovane nobile donna, è costretta a trascorrere una vita poco profonda e superficiale. Una vita, nella quale non sente di essere la protagonista. "Ma c'è un istante, nella vita di tutti, in cui l'unica sensazione che si prova è la libertà". Lei riuscirà a vivere quel momento.
Genere: Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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Il baciamano
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Francia, Parigi 1650


<< Bernadette, non mi ripeterò una terza volta. Indossa il vestito che la governante ha posizionato sul letto. Non voglio fare tardi all’evento. Solo poche famiglie aristocratiche hanno avuto l’onore di essere state invitate, ed io non ti permetterò di sabotare questa prestigiosa occasione. >>

Prestigiosa occasione per chi? Penso.

<< Non sarà una festa diversa dalle altre, alle quali mi costringi a partecipare ogni volta. >> Ribatto io, più e più volte. << Gli unici nobili presenti avranno oramai raggiunto una veneranda età. Cosa dovrei rappresentare io? >> Aggiungo.

<< Signorina Bernadette, credo che dobbiate seguire le parole di vostra madre. Lei sa ciò che è meglio per voi. >> Si intromette la cameriera, afferrandomi delicatamente le mani e portandole verso il suo grembiule ancora lindo.

<< Ben detto Helene! >> Dice mia madre con aria a dir poco fiera e determinata.

<< Veramente, signora, sarei Celine. Signora. >> Contesta la cameriera voltandosi verso l’indisponente figura. Nel contempo, la giovane ed insicura Celine abbassa lo sguardo
verso l’orlatura del lungo vestito indossato da mia madre. Tale vestito non permette alle avvenenti scarpe, indossate da mia madre, di mostrarsi. Mia madre ritiene che
qualsiasi donna mostri, anche solo per dimenticanza, i piedi seminudi derivino da un ceto di non nota importanza. Anche perché, avere la maggior parte del corpo coperto da tessuti e
stoffe ricamate significa, almeno nel nostro mondo, che si è benestanti e che di conseguenza si hanno abbastanza denari per procurarsi vesti e accessori.

<< Sicura di non chiamarti Helene? Non ha importanza. Aiuta mia figlia a prepararsi. >> Ripete sfacciata Jeannine, mia madre. << Ti aspetto nella carrozza, figliola.
Non consumare altro tempo, mi raccomando. >>
Conclude.

<< Non credo di riuscire a respirare ancora. >> Esprimo con un filo di voce.

<< Oh signorina. E’ forse troppo stretto il corsetto? Signorina? >> Chiede Celine amorevole.

<< Non mi riferisco al corsetto Celine. Non respiro a causa della vita che conduco, anzi, che mia madre mi impone di condurre. Capisci? >> Le spiego, mentre le lascio stringere ancora un po’ il corsetto.

<< Signorina, sua madre si comporta cosi solo perché le vuole bene. Immagino … >> Espone la sua opinione. << Magari avessi avuto una madre cosi vicina a me, quando ero una giovane. >> Racconta con un particolare sorriso sul volto. Vuole forse rincuorarmi? 

<< Giovane? Credi forse di essere anziana, Celine? >> Le rido riflessa allo specchio. << Ma tua madre? >> Chiedo, incuriosita. << Te l’avrei chiesto tempo fa, ma come sai mia madre non tollera che socializzi con voi servitori. >> << Cioè, con voi domestici. >> Mi correggo.

<< Mia madre non la vedo da oltre 15 anni. A quei tempi ero giovane. A quei tempi ero come lei, signorina. Pelle limpida e delicata, priva di cicatrici. Vita sottile e seno prosperoso. A quei tempi conducevo una vita libera. >> Comincia a raccontarmi Celine.

Dopo svariati minuti, trascorsi ad ascoltare la voce della ancora giovane cameriera, mi presto a raggiungere mia madre. Salgo sulla carrozza.
Attendo i complimenti da parte di mia madre, i quali giungono puntuali e rifletto sulle ultime parole di Celine: “conducevo una vita libera”. È quello che vorrei fare anche io.
Svegliarmi una mattina e non avere progetti, vivere alla giornata. Fare ciò che desidero fare quel determinato giorno.

Ma le parole di mia madre interrompono i miei audaci pensieri. << Conosceremo uno degli uomini più noti di questi tempi, cara. Si cordiale. >>

<< Gabriel de Rochechouart? Se non mi sbaglio, madre. >> Le chiedo, conoscendo, tuttavia, già la risposta.

<< Esattamente. Il duca di Mortemart. Quale magnificenza. >> Risponde lei, osservando fuori dalla carrozza. In attesa di raggiungere il quartiere dove si terrà la cerimonia in
onore di Gabriel e del suo nuovo titolo “duca di Mortemart”, assegnatoli successivamente la morte del padre. Il quartiere in questione è Grenelle. Una piccola zona, composta da
poche ma egregie dimore, confinante a delle boscaglie.

Una volta arrivate, siamo accolte dal personale di servizio del nuovo duca, e veniamo accompagnate nella sala principale da nobili, poco noti al mio udito, ma pur sempre nobili.

Come temevo, sono in una sala circondata da persone distinte e anziane. Non sono sorpresa. Mia madre, una volta notato il duca, va a presentarsi, ma non da sola. Infatti, mi afferra per
uno dei miei esili polsi e mi conduce di fronte al proprietario di casa.

<< Gabriel de Rochechouart, signore. Vorrei presentarle mia figlia, Bernadette Lemaire. >> Annuncia mia madre, interrompendo il dialogo tra il duca e un ospite.
<< E sua madre, Jeannine Lemaire. Siamo veramente onorate di essere qua, dinnanzi a lei, per congratularci di persona. >> Conclude cosi.

<< E’ un onore anzi per me. Trovarmi di fronte due cosi rare bellezze parigine. >> Ammicca il duca. << Jeannine. >> Continua, baciando la mano a mia madre.
<< E Bernadette. Cosi giovane! >> Appoggia i suoi danneggiati baffi sulla mia mano.

<< Ha solo 20 anni, effettivamente. >> Dice mia madre, portando una mano in prossimità della mia guancia.

<< Tra qualche anno, dunque, la vedremo a fianco a qualche bel conte. >> Continua ad ammicare.

Sono a disagio. << Vogliate perdonarmi. Ho bisogno di una boccata d’aria pura. >> Evitando altri discorsi insulsi, chino la testa e mi allontano.
Mentre mi dirigo verso il terrazzo, l’orchestra comincia a suonare improvvisamente. Allora, mi volto verso gli strumenti, e i miei occhi vengono catturati da un violinista dall’aria annoiata.
Mi soffermo qualche istante ad ammirarlo. Se pur annoiato, sembra essere portato per suonare quel determinato strumento. Lo armeggia con viziosa grazia.

Terminato il primo brano, il giovane violinista sposta lo sguardo dal suo strumento verso di me. A quel punto percorro quei pochi passi ed esco sulla terrazza, per evitare di distrarlo.
Mi appoggio alla ringhiera murata ed osservo il cielo stellato. E’ una di quelle sere, nelle quali si riescono a vedere entrambi i carri e anche svariate costellazioni meno conosciute.
Successivamente, porgo la mia attenzione alla luna. Questa sera la luna è piena ed di un meraviglioso color corallo. Quando una voce da dietro mi costringe a voltarmi.

<< E’ uno spettacolo sublime! >> Esclama un uomo.                                                                                                   
Riesco a riconoscerlo solo una volta che raggiunge la ringhiera murata. La luce della luna gli illuminava l’intero volto. È’ un volto elegante e sofisticato. È il violinista.    

<< È incantevole! >> Ricambio l’esclamazione, sollevando gli occhi al cielo.                           

<< Veramente mi riferivo a lei, fanciulla. Ma anche la luna al suo fascino stasera. >> Afferra la mia mano destra, la avvicina alle labbra e la bacia.
<< Il mio nome è Olivier Dumont, leggiadra signorina. >>

<< Bernadette Lemaire. >> Arrossisco. Avvicino la mano baciata al petto.

<< Stare là dentro può essere estenuante. Sbaglio, forse? >> Mi domanda.

<< Non sbaglia affatto. Non vorrei sembrarle superficiale, ma è una sala composta da persone alquanto in là con l’età. Non riesco a sentirmi a mio agio. >> Gli spiego, sbraitando leggermente.

<< Non è superficiale, è giovane. Ha pienamente ragione … >> Siamo interrotti da un secondo uomo.

<< Olivier, sei qui! Il direttore d’orchestra ti cercava. >> Dice l’uomo, voltandosi stupito verso la mia persona.
<< E questa bella donna chi è mai? Il motivo della tua distrazione, magari? >> Domanda sfacciato.

<< Io non volevo … >> Mi interrompe l’affascinante Olivier.

<< Di a Paul che per stasera a terminato. Porterò questa giovane donna asfissiata a fare una passeggiata, lontana dalle urla e dagli sguardi molesti. >> Dichiara.

A quelle parole l’amico ci abbandona, strizzando l’occhio al compare musicista. Mi sento afferrare per il bacino ed accompagnare soavemente giù per il giardino. Percorriamo per svariate volte il sentiero lungo la fontana longitudinale posizionata al centro del parco, poi mi lascia accomodare su una panchina di pietra. Su questa panchina mi sposta una ciocca di capelli rossi, la quale si era separata dalle altre ciocche raccolte in una acconciatura. Fatto ciò, si avvicina e mi ruba un semplice e delicato bacio. Mi sorride malizioso, ma non accontentandosi del singolo bacio, porge le sue secche labbra sulle mie per una seconda volta. Il secondo bacio dura decisamente più secondi, in questo arco di tempo riesco a rendere le sue labbra più umide e delicate.

<< Sei la creatura più bella che Dio abbia mai creato! Ne sono convinto. >> Mi sorride.

<< E lei è, probabilmente, la creatura più provocante che abbia mai incontrato. >> Replico.

<< Probabilmente ha ragione. >>  Continua a sorridere. << Credo sia il momento. >>

<< Il momento? >> Chiedo con aria interrogatoria.

Si alza dalla panchina, mi tende la mano. Lo seguo, alzandomi dal sedile. Mi bacia per la seconda volta durante quella serata la mano destra e si allontana senza emettere una parola. 
Io rimango per qualche istante disorientata. Ma riprendo, tuttavia, la strada per tornare alla sala. Giunta a metà strada, mi sento afferrare da dietro e spingere qualcosa di duro e tagliente dietro il collo nudo.

<< E’ uno spettacolo sublime. >> Sento sussurrare nel mio orecchio.

Non faccio in tempo ad omettere un singolo suono, che sento una lama fredda ed infinita nel mio collo. Sento scendere la lama. Mi accascio a terra dal dolore.
L’uomo alle mie spalle mi segue a terra, e continua l’incisione fino ad arrivare a metà schiena. Concluso il taglio, lo vedo passare di lato a me guardandomi morire lentamente.

Non resisto. Sono morta, cosi. Senza alcun motivo? Sento il sangue penetrare nella stoffa del vestito. Sento il sangue scendere su tutta la schiena. Sento la sensazione della fine.
Sento che nessuno mi costringerà a vivere.

<< Adesso, sarai libera. >> Sono le ultime parole che il giovane uomo mi pone, inchinandosi e baciandomi per una decisiva volta la mano.

Mentre emetto il mio ultimo respiro distesa a terra, mi accorgo che una donna, dalla chioma familiare, si avvicina ad Olivier. I due si scambiano dei brevi abbracci.
Lui le avvolge il braccio intorno alla schiena e proseguano verso le urla di gioia e di gratitudine. La donna si volta verso di me, come per controllare la situazione e … la riconosco.

Con le mie ultime forze sussurro: << C-celine ? >>  


 

Questa storia l'ho scritta circa 2 anni fa, ma era dispersa tra le innumerevoli cartelle del mio pc.
Oggi l'ho ritrovata! Yeeh Siate clementi. E' di 2 anni fa. lol

*Baciamo le mani*

  
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