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Autore: HuGmyShadoW    13/02/2008    10 recensioni
Una dolce, zuccherosa storia di San Valentino...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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14 Febbraio.


“Che schifezza, San Valentino…”.                                                                                             
Angelica era distesa a pancia in giù sul letto della sua stanza con un’aria imbronciata sul viso e una scatola mezza vuota di cioccolatini davanti.                                                                                                
Afferrava i dolci con gesti bruschi, prendendoli con la punta delle dita, e se li lanciava in bocca. Finora aveva sempre fatto centro.
Annoiata, gettò un’occhiata distratta alla finestra: il sole splendeva e il cielo azzurro era trasparentemente terso. Una meravigliosa giornata di Febbraio.
-Ehi, che fai lì?-.
Una voce delicata interruppe il corso malinconico dei suoi pensieri. Angelica si voltò. Sulla porta, le braccia conserte e una borsa a tracolla, Elisa, sua sorella, la fissava con rimprovero.
-Secondo te? Non vedi che mi sto divertendo da morire?!-, rispose con voce strascicata facendo un ampio gesto con le mani, il sarcasmo che le fuoriusciva
da ogni poro.
Elisa si appoggiò allo stipite della porta, e stringendosi nelle spalle, domandò:
-Devo andare al supermercato … Mi accompagni?-.
Angelica sbuffò:
-E perché? Non credo mi … No, aspetta! Mi serve un mascara nuovo!-, e balzò in piedi all’istante, spargendo sulla coperta tutti i cioccolatini. Si preparò velocemente, mentre, dal corridoio, Elisa la guardava sorridente.

-Che devi prendere?-, chiese Angelica sporgendosi oltre la spalla della sorella per leggere la lista che quest’ ultima teneva in mano. Elisa la nascose dietro la schiena, e rispose:
-Be’, carne, verdura, frutta…- .
-Maddai! Che schifo! Compriamo le patatine, i biscotti… Oh, ho anche finito la Nutella!-, esclamò con foga Angelica.
-Se la signorina stasera vuole mangiare passato di verdure e scaloppina di pollo ci serve la verdura e anche la carne! Non posso impanare i biscotti con la Nutella!-., replicò Elisa alzando un sopracciglio.
Angelica si illuminò in viso, e fermandosi di botto davanti alla macelleria, si voltò a guardare la sorella con aria furbetta.
Elisa si affrettò ad interrompere immediatamente i pensieri di Angelica:
-No! No! Non ci pensare nemmeno! Non cucinerò mai una porcheria del genere! Già oggi ti verranno tutti i brufoli con la tonnellata di cioccolatini che hai ingoiato!-, sibilò pungente afferrando una confezione di riso.
Angelica le fece una linguaccia e si avvicinò allo scaffale dei cosmetici.
-Mia cara, intanto io non ingoio, e poi…-, e afferrò un tubetto color carne. -Per questo hanno inventato il fondotinta!-, e sorridendo, lo lanciò nel carrello.
 Elisa alzò gli occhi al cielo e riprese la sua ricerca, annotando mentalmente di comprare anche la confezione maxi di cioccolata.

Angelica, intanto,  si aggirava come un’anima in pena lungo tutto il supermercato. Ogni tanto si avvicinava curiosa a uno scaffale, ma subito se ne allontanava, delusa.
Improvvisamente, si fermò e si guardò intorno. Il piccolo negozietto era semivuoto, tranne due coppie, una di signori molto anziani, l’altra di due ragazzi.
Angelica strizzò gli occhi per osservare meglio gli ultimi: erano entrambi molto alti, magri, e indossavano sciarpe, berretti e cappelli nonostante il tepore dell’ambiente.
Con la scusa di prendere un pacchetto di patatine, la ragazza si avvicinò a loro, circospetta.
Finse di osservare la scadenza del primo pacchetto che agguantò, ma in realtà lanciava continue occhiate a quei strani clienti. Sembrava discutessero animatamente a bassa voce. Avevano entrambi un viso molto delicato, anche se purtroppo era quasi interamente nascosto dalle sciarpe, che erano avvolte talmente strette attorno ai loro colli che Angelica si stupì non stessero soffocando.
All’improvviso, uno di loro, quello di schiena, si voltò, esasperato probabilmente da qualcosa che l’altro gli aveva detto, e vedendo che la ragazza lo stava fissando, si rigirò subito, calcandosi ancora più giù il cappello sugli occhiali da sole. Fece un cenno di avvertimento all’altro, che si zittì e guardò a sua volta Angelica, stupita. Parve quasi impallidire sotto l’imponente bardatura. Poi, insieme, si avviarono frettolosamente dietro lo scaffale dei sottaceti. Angelica era sconcertata da tutte quelle misure da agenti segreti.
Sbatté con rabbia il pacchetto di patatine sullo scaffale, e marciò decisa verso il punto da cui erano spariti i due ragazzi.
Girò l’angolo, ma...
Il corridoio era deserto. I due erano svaniti nel nulla.
Irritata, Angelica fece più volte il giro del minuscolo supermercato, ma non trovò più quella coppia così strana...
Si scontrò quasi con sua sorella, invece, che aveva terminato le compere e la stava cercando per andare a pagare.
-Ma dov’eri finita?! È mezz’ora che ti sto cercando!-, la apostrofò irritata Elisa.
Angelica fece uno stanco gesto con la mano, e affiancandosi alla sorella, borbottò:
-Lascia perdere...-.
Elisa la fissò interrogativa, ma la sorella non si voltò, quindi si strinse nelle spalle e prese a dirigere il carrello stracolmo verso le casse.

Innervosita, Angelica voltò con rabbia un angolo, a testa bassa, e...
-Aaaaah!!!-.
SPLASH!
-Scheiße!!-.
-Che ca...!!-.
-Ma cos…!!-.
In meno di due secondi, quattro vite furono sconvolte.

Angelica si ritrovò a terra, il sedere dolorante e la maglia zuppa di liquido arancione.
Sopra di lei, in un intrico di gambe e braccia, un ragazzo si massaggiava il petto e guardava sconvolto la pozza di liquido che si spandeva copiosa da una bottiglietta rovesciata. Esclamava disperato:
-Mein orangesaft! Nein! Mein orangesaft!-.
In piedi, evidentemente sorpresi, Elisa e un altro ragazzo osservavano la scena, mantenendosi a debita distanza dal lago colorato sul pavimento.
Angelica, che cominciava a sentire le gambe addormentarsi per il peso dello sconosciuto, sbottò:
-Vuoi alzarti o devo aspettare che faccia notte?!-.
Il ragazzo si rizzò subito in piedi, rosso da capo a piedi, gli occhiali e il cappellino di traverso. Si scosse di dosso la polvere, mentre lunghi, morbidi capelli scuri gli nascondevano il viso. Se li scostò e balbettò alla ragazza che si rizzò subito in piedi, barcollante:
-Entschuldige mich! Ehm... Ich...-.
Angelica lo fissò, stupita:
-Ma sei tedesco?-.
Il ragazzo la guardò confuso, visto che la giovane aveva parlato in italiano. Lei capì, e si affrettò a tradurre:
-Scusa... Ti ho chiesto se eri tedesco... Sai, io e mia sorella siamo italiane, ma ci siamo trasferite in Germania da tempo sufficiente per capire bene tutte e due le lingue...-, spiegò.
“Ma a che gli racconto la mia vita a fare?!”, pensò sbalordita di sé Angelica.
Lui, più sollevato ora che capiva ciò che la ragazza gli stava dicendo, rispose:
-Sì, siamo tutt’e due tedeschi, io e mio fratello...-, disse allegramente indicando con un gesto della mano il ragazzo, che fece solo uno scocciato cenno di saluto alzando il mento.
-Be’, allora, io sono...-, si presentò il ragazzo, ma il fratello gli batté sulla spalla e scosse la testa. Il moretto si voltò verso di lui, e ripresero a litigare sottovoce, gesticolando verso le due ragazze.
Infine, il primo giovane si voltò di nuovo verso le ragazze, sbalordite, e domandò cautamente:
-Ma... voi non ci conoscete?-.
Le sorelle si gettarono una breve occhiata, e risposero in coro:
-No, mai visti!-.
Il ragazzo sorrise, e dopo un altro minuto di borbottii con il fratello, si rigirò, e finalmente si presentò con un sorriso enorme stampato sul viso:
-Dicevo... Io sono Bill e lui è mio fratello gemello Tom...-.
Per la prima volta, Elisa prese la parola, e osservò timidamente:
-In effetti vi somigliate parecchio...-.
Bill sorrise dolcemente.
Angelica tese il braccio a stringere l’esile mano del ragazzo, e si presentò a sua volta molto scioltamente:
-Io sono Angelica, ma preferirei essere chiamata Angie... Lei è mia sorella Elisa, che però viene detta da tutti Eli... Molto piacere...-.
Quando Elisa si allungò a stringere la mano a sua volta al moretto, arrossì, e allentò la stretta quasi subito. Bill le regalò un altro dei suoi magnifici sorrisi. Mentre ritirava la mano, Elisa notò che le unghie del ragazzo erano dipinte di nero e bianco. Questo la fece sorridere a sua volta.  
Tom, che era rimasto in disparte, imbronciato, diede un altro strattone al giubbotto di pelle del ragazzo, e Bill sbuffò. Con un altro sorriso, si rivolse ancora una volta alle ragazze. Aprì le braccia, e con un’espressione a metà tra lo scocciato e il divertito, sospirò:
-Be’... Devo andare...Mi ha fatto piacere conoscervi...-, si voltò. –Arrivederci...-.
Tom era già un bel po’avanti, e Bill si affrettava a seguirlo, quando...
-Ehi bello!-. Una voce arrabbiata lo fece voltare.
Angelica indicava con la mano la sua maglia nera che esibiva al centro una larga macchia giallo-arancione. Anche Tom si girò.
-Secondo te io posso andare in giro così?!-, domandò retorica la ragazza.
Bill esitò, aprendo già la bocca. Guardò prima Angelica, poi Tom, che pareva abbastanza divertito. Allora sorrise:
-Casa nostra è proprio qui vicino...-, e fece un cenno con la mano avviandosi verso l’uscita del supermercato.


-Vi ringrazio davvero per la vostra gentile e soprattutto volontaria ospitalità!-, esclamò Angelica dirigendosi verso il bagno, gettando la giacca sul divano mentre passava e comportandosi come fosse a casa propria, insomma, senza un filo di imbarazzo.
Bill rispose debolmente, un po’ spiazzato dal suo comportamento:
-...Ma figurati...-.
Elisa, invece, si manteneva a distanza da ogni mobile, quasi avesse paura di sporcarli.
Mentre si sentì la porta del bagno chiudersi sbattendo, Bill si voltò verso la ragazza, che sussultò quando gli occhi nocciola del giovane, così puliti e profondi, si fissarono sui suoi, verdi e gentili.
Arrossendo leggermente, distolse lo sguardo, e tanto per fare qualcosa, andò ad appendere la giacca all’attaccapanni nell’ingresso. Si guardò attorno, riprendendo finalmente a respirare: la casa era molto grande, ariosa e soleggiata. Un po’ fredda, forse...
Prese ad osservare incantata la luce giocare fra le pareti chiare e specchiarsi nel pavimento. Quello stesso, dispettoso raggio di sole che faceva rilucere di argento e oro i suoi capelli neri.
Incuriosita, si avvicinò a una finestra per spiare fuori, quando...
-Ti piace?-.
La voce calda e chiara di Bill la fece sobbalzare. Si voltò con il cuore che le batteva forsennatamente nel petto, frenato solo dalle costole nella sua fuga verso la libertà.
-C-cosa?-, domandò, confusa.
Bill sorrise e allargò le braccia, come a voler abbracciare tutta la stanza:
-Questa casa! Come ti sembra?-.
Elisa arrossì violentemente, e balbettò, confusa da una domanda del genere:
-Oh! B-be’... Sì, è molto... molto bella!-.
Avrebbe voluto avere a portata di mano una colonna su cui sbattere la testa per non aver articolato una frase migliore di un bimbo di tre anni.
Bill, però, esibì un sorriso ancora più largo e dolce, evidentemente divertito del tenero imbarazzo della ragazza, ed Elisa si perse nel luccichio meraviglioso di quegli occhi nocciola che le sembrava di conoscere da una vita.
Bill le si avvicinò (Elisa rischiò di crollare a terra), e con un sussurro, le propose, incatenandola a sé con uno sguardo di puro miele e fuoco:
-Ti va di fare il giro della casa?-.

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Angelica chiuse l’acqua, scostò la tenda della doccia, uscì gocciolando sul tappetino e si avvolse in un grande asciugamano azzurro. Ne prese un altro, più piccolo e bianco, e cominciò a frizionarsi velocemente i lunghi capelli biondi.
Si chinò per raccogliere la biancheria che aveva gettato a terra e in quel momento, udì un prolungato e decisamente vicino, fischio d’ammirazione.
Si rialzò, e perfettamente e suo agio, scorse Tom, entrato chissà quando, ora appoggiato allo stipite della porta, che la fissava con un sorriso malizioso stampato sul viso.
Lo ignorò, e ricominciò ad asciugarsi i capelli, forse solo un po’ scocciata.
Tom, sereno, chiese invece:
-Fai palestra?-.
Lei nemmeno si voltò e rispose:
-Danza classica e moderna... Da dieci anni-, annunciò anticipando l’evidente prossima domanda del ragazzo. Lui sorrise, e affermò, leccandosi il piercing argentato al labbro:
-Si vede...-.
Finalmente, Angelica si voltò a guardarlo, inchiodandolo al muro con uno sguardo verde smeraldo, e sorridendo a sua volta, sussurrò, sempre più vicina:
-Se vuoi ti faccio vedere qualche mossa...-.
Tom rimase interdetto un momento, poi ridacchiò piano, alzando un sopracciglio: gli piaceva, quella ragazza...

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-E questa è l’ultima stanza, signorina, il secondo soggiorno...-, comunicò Bill con voce pomposa aprendo un’ennesima porta. Elisa ridacchiò, poi avanzò leggera in mezzo alla stanza e prese a guardarsi intorno, meravigliata.
-Questa casa è veramente enorme...-, mormorò, il naso al soffitto affrescato.
Bill le si avvicinò piano, ridendo a fior di labbra.
-Ti piace davvero l’arte!-.  
Elisa  non rispose, e continuò a vagare con il viso rivolto verso l’alto, incantata dalle fini pennellate, e non si accorse di urtare un vaso appoggiato su un austero tavolino di mogano. Si riscosse all’istante, e si slanciò in avanti per cercare di afferrare il soprammobile prima che questo si frantumasse a terra. Ma prima delle sue, due mani forti e sottili, molto curate, si strinsero attorno all’oggetto, rimettendolo al sicuro in un batter d’occhio. Elisa alzò lo sguardo, stupita della velocità del ragazzo, e arrossì ancora una volta, sicura di aver fatto una pessima figura. Ma Bill rise, e disse allegramente:
-Non sai quante volte capita a me!-.
Allora anche la ragazza si sciolse, e ridendo si avvicinò di più al giovane, che fece lo stesso. I loro visi risplendevano, i loro occhi persi gli uni negli altri.
Davanti al vaso di porcellana, non c’era più una fredda e muta parete, ma due piccoli cuori che battevano fortissimo.
Elisa chiuse lentamente gli occhi, e protese un po’ le labbra verso l’alto. Era bellissima. Non aveva più paura, il timore l’aveva abbandonata. Era pronta a tutto...
Bill si abbassò, piegando la testa di lato, prese le mani tremanti della ragazza fra le sue e chiuse gli occhi. Nonostante si conoscessero da poco, sapevano di avere... qualcosa... che nessun altro possedeva. Una scintilla era scattata da quando i loro sguardi si erano incontrati per la prima volta, e nonostante il tempo decisamente poco in cui avevano parlato di sé, capivano di sapere già tutto dall’altro.
Le loro labbra ormai erano a pochi millimetri le une dalle altre, le menti di entrambi si erano spente e un raggio di sole rincorreva le loro candide fantasie.
Un momento, un battito di cuore. Un secondo, una nuova speranza. Un attimo, il Paradiso.

-Eccovi dov’eravate finiti! Vi abbiamo cercato dappertutto!-.
Bill ed Elisa si allontanarono bruscamente l’uno dall’altra, come avessero preso una scossa elettrica. Stavolta fu Bill ad urtare il vaso, ed Elisa ad afferrarlo appena in tempo con la punta delle dita.
Bill, livido, si voltò verso i due ragazzi che erano appena entrati facendo sbattere la porta, sfaldando quel magico momento, e... dovette battere più volte le palpebre: sulla porta, con un identico atteggiamento sfrontato, due Tom li fissavano, uno stesso sorrisetto malizioso sul viso. Bill era sbalordito e confuso. Fu Elisa a chiarire il mistero, esclamando:
-Angie! Ma come ti sei conciata?!-.
Allora, il moretto riconobbe la ragazza dai capelli biondi, la sorella di Elisa, che indossava i vestiti di suo fratello: maglia extra-large, jeans più e più volte arrotolati sopra le scarpe, fascia, berretto e coda alta. Solo il piercing e i dread potevano distinguerli... Oltre al fatto che lei era un femmina e Tom un maschio, ovvio!
Angelica fece una mezza piroetta, e allargando la maglia, ridacchiò:
-Ti piaccio? Tom mi ha prestato qualche suo vestito... Non avrai pensato che mi sarei messa ancora la maglia e i jeans sporchi di succo di frutta!-, esclamò, guardando come scandalizzata la sorella. Tutti scoppiarono a ridere, e Bill si scordò della momentanea furia verso i ragazzi.
Elisa si avvicinò alla sorella, ma prima che potesse aprire bocca, Tom, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, chiese:
-Rimanete a cena, vero?-.
Elisa si voltò per ribattere, ma il sorriso speranzoso di Bill le dissipò all’istante tutti i pensieri. Sospirò, e sorridendo, annunciò:
-Sì, certo, grazie!-.

Quella sera fu la più bella della vita di tutti.
Fra il ridere di Tom che aveva provato a cucinare, presentandosi con mezz’ora di ritardo, infarinato da capo a piedi, il viso rosso e lucido dal vapore, con una specie di grumo pastoso e molle color marrone-nero tra le mani che doveva essere una torta al cioccolato e caramello, e che nessuno aveva osato toccare; fra lo spavento di Bill che, preparando la tavola, si era fatto distrarre da Elisa che gli aveva sorriso, e aveva appiccato fuoco ai capelli sporgendosi troppo su una candela; fra la cena, allegra, divertente, sciolta, mai priva delle battute di Tom e delle risate di Angie, le battaglie di cibo, le pulizie generali e infine i due film, la serata volò via talmente in fretta che quando arrivarono le undici nessuno riusciva a capacitarsi di come il tempo avesse potuto scappare così in fretta. Sembravano tutti vecchi amici di lunga data, e invece si conoscevano solo dal pomeriggio. Entro sera, però, tutti avevano imparato a intendersi, e ormai erano inseparabili.

I ragazzi Kaulitz avevano insistito perché le sorelle rimanessero a guardare un ultimo film, e sia Angie che Eli avevano dovuto accettare. In realtà, nessuna delle sue voleva veramente andarsene...
A mezzanotte, improvvisamente, Bill levò lo sguardo dallo schermo, lanciò una breve occhiata dall’orologio a pendolo al volto di Elisa, e alzandosi in piedi, le tese una mano:
-Eli, per favore, vieni con me...-.
Lei lo fissò, un cuscino stretto al petto e una ciotola di popcorn in mano, accigliata:
-Bill, ma perché? Sono nel pieno dell’azione...-, protestò indicando lo schermo.
-Non fare storie, per piacere! Sbrigati, dai!-, insistè il ragazzo quasi saltellando sul posto.
Elisa sbuffò, e si alzò un po’ controvoglia ad abbandonare la sua commedia.
Bill le prese la mano e iniziò a tirarla fuori dalla stanza.
Angelica sorrise, osservando le scarpe della sorella svanire oltre la soglia, e ridacchiando, si voltò verso Tom dicendo:
-Secondo me Bill ha in mente qual...-.
Ma non concluse nemmeno la frase, perché un paio di labbra fresche, morbide, saporite, premute gentilmente sulle sue, ingoiarono le sue parole. Angelica, sorpresa, rimase immobile, ma subito sorrise, chiuse gli occhi e si abbandonò al dolce bacio di Tom. Lei gli cinse il collo con le braccia, e lui le mise la mani dietro la schiena, attirandola a sé. Si stesero sul divano tiepido, e per un momento, Tom si staccò. Sorrise a sua volta, e sussurrò fra le labbra della ragazza: -Era tanto che ti aspettavo...-. E stavolta, furono le sue di parole a essere dolcemente perse da un profumato bacio di Angelica.

-Bill, fa freddo quassù!-, si lamentò Elisa.
Nel frattempo, Bill aveva condotto la brunetta in cima al tetto, attraverso la mansarda e poi fuori dalla soffitta.
Bill non la ascoltò. Camminando con attenzione sulle precarie tegole, si tolse la giacca e la appoggiò a terra, poi vi si sedette sopra, e con un garbato strattone, fece sedere anche Elisa accanto a sé.
Lei protestò ancora, dolce testarda:
-Bill, non capisco veramente il motivo di questo tuo comportamento misterioso! Cosa mai ci potrebbe essere...-.
E si interruppe. Il ragazzo aveva alzato un dito verso il cielo, e quello che Elisa vide le mozzò il fiato.
Una tempesta di stelle cadenti inondava il cielo intero, gettando bagliori d’argento su ogni cosa. Erano decine, forse centinaia, di astri celesti incantati quelli che illuminavano gli occhi di smeraldo della ragazza.
Elisa era a bocca aperta, gli occhi lucidi e una mano sul cuore: mai aveva provato un’emozione di simile gioia.
Bill la osservò sorridente, e prendendole la mano, le sussurrò all’orecchio:
-Esprimi un desiderio...-.
Elisa, un’espressione di serena tranquillità sul viso, chiuse gli occhi, pensando intensamente, e dopo qualche secondo li riaprì. Stelle lucenti occhieggiavano da quel verde puro e buono.
-Fatto...-, disse semplicemente, e si appoggiò al petto caldo di Bill, sicura che quell’innocente sogno si sarebbe sicuramente avverato molto presto.


   
 
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