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Autore: Emi Nunmul    06/08/2013    2 recensioni
ChanYeol aveva diciotto anni, compiuti da poco, quel Natale, e YiFan venti, anche lui compiuti di recente. I genitori di entrambi fuori casa, a festeggiare chissà dove e a ritornare chissà quando.
La mattina era stata un agglomerato di messaggi dolci, in cui non mancavano di chiamarsi amore, intanto che ChanYeol era rimasto a letto fino a mezzogiorno, ed intanto che YiFan aveva girovagato per quella casa senza neanche un addobbo, reggendo una tazza di caffè che era andato raffreddandosi lentamente. E poi le sigarette che lasciava distrattamente a consumarsi nel posacenere poggiato vicino al camino. ChanYeol si rigirava nel letto, YiFan leggeva un giornale, ChanYeol ogni tanto sentiva di addormentarsi, YiFan pensava a che regalo fare al compagno quel giorno, ChanYeol non cessava di piangere e pensare, YiFan si apprestava ad ascoltare questa canzone dei Jazzyfact, Always Awake. Pensava che ChanYeol avesse davvero buon gusto in fatto di musica, intanto che sedeva alla sua scrivania, col computer davanti, l'ennesima sigaretta fra le dita a creare riccioli grigi sempre diversi ed in movimento.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chanyeol, Chanyeol, Kris, Kris
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pagina autore.

NdA
Quasi non ho voglia di scrivere le note, anche perché, dopo aver terminato questa cosa oggi, ho esaurito tutte le mie energie per compiere qualsiasi altra azione. In più, non pubblico qualcosa da non ho neanche idea quanto, quindi mi sento un po’… Boh, semplicemente male, penso.
Comunque, questo scritto l’ho iniziato precisamente a gennaio. Esatto, a gennaio. Generalmente una cosa simile l’avrei finita in due giorni, ed invece c’ho messo otto mesi, perché non riuscivo a riprenderla fra le mani, per i più svariati motivi. L’ho finita perché avevo necessità di liberarmene, nonostante non sappia quanto stia facendo bene a pubblicarla qui. Ma, alla fine, il distacco con quello che c’è scritto qui è già avvenuto da un po’, quindi immagino sia ok.
Spero possa piacervi, nonostante sia una one-shot senza alcun tipo di pretesa.
Byeong. ~
















 

Park ChanYeol.

 

Il suo nome spiccava sulla copertina di quel quadernetto, scritto in grande, calligrafia tondeggiante, nell'angolo in basso a destra, a coprire la coda del gatto stampato sul cartoncino. Lo stesso gatto che, una volta, aveva accompagnato ChanYeol durante una delle sue fughe notturne, lasciando passi roventi dietro di sé, mentre percorreva le strade che sceglieva con cura, in modo da non dover incrociare lo sguardo di nessun passante, in modo che nessuno potesse ricordargli che stava sbagliando di nuovo.

 

YiFan aprì il quadernetto, la sua espressione severa che non perdeva un colpo, neanche in un momento come quello. Ma le mani, le dita sottili, gli sudavano, le sentiva appiccicose, creando una fastidiosa sensazione a contatto con la carta - come se non sentisse già abbastanza fastidio dentro di sé.

 

Chiunque tu sia, se hai trovato questo quaderno, vuol dire che, ciò che è accaduto la notte di Capodanno, non è stato un incidente. Ho davvero deciso di dirvi "Ci vediamo" e la colpa non è di nessuno.

 

Park ChanYeol voleva vivere disperatamente, assaporare anche il dolore che ne consegue, ma lui non lo sapeva. Quello di cui era consapevole, era che, in realtà, negli ultimi cinque anni aveva mentito senza ritegno. Perché Park ChanYeol rideva tanto. Se qualcuno si sentiva morto dentro, poteva guardarlo sorridere e sentire di star tornando "di qui". Perché il sorriso di Park ChanYeol non era solo un sorriso "bello", "luminoso". Il sorriso di Park ChanYeol era tutto quello che lui stesso era. Un insieme di cose belle che aveva cercato di esasperare per non permettere ad esse di venire inghiottite dalle troppe cose brutte. Ed il sorriso di Park ChanYeol era, così, tristemente allegro, splendidamente grigio ed in seguito nero.

 

Sono sul treno e sono le quattro del mattino. Ho sonno. Sono stanco. Tanto. Non so cosa si sia rotto così malamente per non poter essere più recuperato.

 

YiFan continò a leggere, l'espressione immutata che però prense ad essere ancora più contratta, come se i muscoli facciali avessero continuato ad essere tirati da qualcuno per poi rompersi, strapparsi, mutare in qualcosa di doloroso.

 

YiFan lesse i messaggi che ChanYeol aveva lasciato prima alla madre, dicendo che non le avrebbe chiesto scusa, perché non sarebbe stato mai abbastanza, e che le voleva bene, ma che sarebbe stato improbabile credergli, a quel punto.

Lesse il messaggio che aveva lasciato al suo migliore amico, Byun BaekHyun. Ed in quel momento Wu YiFan si chiese cosa avrebbe pensato, come avrebbe reagito ChanYeol, a sapere che Baekhyun s'era tolto la vita, senza esitazioni, il primo giorno dell'anno, con i polsi tagliati in profondità, cadendo con un rantolo a terra e reggendo nella mano destra un foglietto scritto in caratteri agitati. « Perché lui non sa ancora quanto lo amo. »

 

YiFan continuò a leggere. Note per qualche altro amico, qualche altro ricordo, molto vago, scritto fra le righe e mirato a squarciare l'anima di chi legge, dei destinatari di quelle parole. E Wu YiFan aprì la bocca, alla ricerca urgente di ossigeno, e serrò gli occhi, stringendo i denti, cercando di far fronte alla fitta insopportabile che si fece sentire con prepotenza al petto, quando vide il suo nome scritto in blu sul foglio.

            Fate scegliere a Kris i pezzi da mettere al mio funerale. Lui sa.

 

Dopo quelle ultime righe, solo una pagina bianca.
YiFan attese di uscire dalla casa del suo ormai defunto compagno per continuare a leggere oltre quello spazio bianco che, in quel momento non aveva altro che farlo sentire maledettamente vuoto, come a ricordargli cosa aveva perso.

 

 

Park ChanYeol, una volta, aveva deciso di uscire di casa in piena notte. Nulla di assurdo, per lui, che non aveva paura di niente - almeno non delle ombre di uomini malintenzionati che si annidano nella notte. ChanYeol, quando soffocava, varcava la soglia, sentendosi improvvisamente libero, improvvisamente calmo. Con le cuffie nelle orecchie, si beava dell'aria gelida di dicembre o quella mite di luglio. Comunque, le righe che stava leggendo YiFan, seduto al tavolino di un locale, con un piano bar particolarmente  straziante, si riferivano ad una notte di dicembre.

 

 

Non sono uno di quei ragazzi la cui storia prevede che vengano salvati dalla musica o da qualche altro miracolo provvidenziale.

YiFan prese a ricordare le parole disperatamente calme che ChanYeol stesso gli aveva detto tempo prima, fra giacconi pesanti, sciarpe morbide e mani intrecciate.


--

 

 - Se avessi potuto, sarei diventato un musicista. -

YiFan si voltò con una punta di stupore alle parole dalla sfumatura rassegnata dell'altro. A quanto pare, certe ferite non guariscono mai, e quelle di ChanYeol continuavano a bruciare dolorosamente, seppur in silenzio. E YiFan lo sapeva. Ma, per quanto ne fosse al corrente, sentir parlare il compagno di note tristi e di strumenti che diventavano il prolungamento dei suoi arti, lo stupiva sempre un po'. D'altronde, avevano speso buona parte della loro vita a parlarne; gli pareva abbastanza. Lo lasciò continuare.

 - Sarebbe stato bello, - diceva, e ad ogni parola pronunciata da Park ChanYeol, Wu YiFan avrebbe intervallato con pensieri come "lo so" oppure "me lo ricordo".

 - Sarebbe stato bello, - ripeté, - ma non ci credevo neanche io stesso quando dicevo di volerlo diventare. -

YiFan gli strinse appena la mano, ed intanto guardò il cielo. Amburgo era una bella città, così diversa da Seoul, poi... E le nuvole cariche di neve parevano nascondere segreti diversi, che lui aveva ancora solo pochi giorni per comprendere. In ogni caso, appena sgattaiolati da una delle uscite d'emergenza dell'albergo, entrambi avevano riposto negli immensi batuffoli bianchi il loro segreto: erano letteralmente scappati, decidendo di rimanere per un'intera giornata fuori, senza neanche avere la benché minima idea della scusa che avrebbero messo su con i professori.

Ed ora camminavano per questo parco che era per qualche motivo deserto, ascoltavano il rumore dei loro anfibi sulla neve, facevano attenzione a non scivolare e a non inciampare, e YiFan, come sempre, teneva aperti i collegamenti con la mente di ChanYeol.

- Ogni tanto spero ancora che possa succedere. Dico, sai, appassionarmi così tanto alla musica da avere la determinazione per poter imparare da solo ed andare avanti... Ma non succederà. E per quanto creda di essere bravo in qualcos'altro, poi devo ricredermi. Devo anche ricredermi di aver trovato qualcosa che possa aver rimpiazzato o almeno eguagliato la musica in quel senso. -

- Lo sai che io amo come scrivi, ChanYeol. -

- Solo perché, in fondo, sei a pezzi quanto me e quindi puoi considerare qualcosa di più o meno sensato tutte le cazzate che scrivo. -

Park ChanYeol spiegava che, secondo lui, scriveva davvero cazzate e che, per questo, fino ad allora, nessun editore a cui avesse presentato i suoi lavori avesse deciso di dargli una possibilità, nonostante la grammatica, la forma ed il lessico a dir poco perfetti. Tutti dettagli che, probabilmente, non dovevano far differenza a trovarsi davanti a certi discorsi, a certe storie non comuni. Non comuni per un diciottenne, non comuni per uno come lui, fra l'altro.


--

Wu YiFan scosse appena la testa, lasciando che il vortice di pensieri lo mollasse per un attimo. Fece terminare la tempesta di ricordi con l’immagine di loro due uniti sotto le coperte della loro stanza d’albergo, quella notte, ad Amburgo. Ricordò che fu una delle volte più belle. Le mani, ormai, non erano più mani, ma solo meravigliosi strumenti che guarivano le anime altrui. I respiri avevano un qualcosa di eterno ed inafferrabile. Tristemente inafferrabile. Perché in tutto quello c’era qualcosa di dannatamente malinconico. Erano malinconiche le coperte color vinaccio e le lenzuola morbide, era malinconica la neve che cadeva lenta in contrasto al loro disperato annaspare, erano malinconiche le luci, era malinconico l’essere e il non essere più da qualche parte, era malinconica la notte, come lo era il loro tentativo di afferrarsi, rendersi conto di non riuscirci e rinunciarci, lasciare che le cose andassero in maniera quasi normale, ma bearsi e trovare pace nella consapevolezza che, almeno per una volta nella loro vita, avevano entrambi trovato qualcuno che avesse desiderato vivere l’io dell’altro, respirarlo, farlo proprio.

Non andò ancora avanti nel pensare, semplicemente perché non voleva ancora rendersi conto di aver fallito.
Continuò a leggere, con un’espressione turbata, il volto ormai diventato una maschera dolorosa, con lo sguardo ormai troppo stanco e troppo duro, con la pelle non più perfettamente curata come tempo prima.

 

Non so fare bene nulla. Vien fuori che non sono bello, ma già ne ero consapevole. Le cicatrici, o meglio, i segni – perché quelle non sono cicatrici – su di me stonano, perché non sono bello, perché non sono nulla. Sono sempre stato il nulla, pensando di essere qualcosa, e vien fuori, ancora, che in realtà non sono mai stato, forse. Per cui, per quanto riguarda me, la persona col mio nome, non va bene stare male, perché c’è chi ne ha di più e ci sono io che, sotto sotto, dicono, non ne ho affatto. Perché ci sono io che, così brutto, non ho il diritto di abbellirmi col dolore.

 

Non riuscì quasi credere a ciò che si ritrovò a leggere. Poggiò il quaderno sul tavolino e lasciò il peso del suo corpo contro lo schienale della sedia. Buttò giù il resto del suo drink – qualcosa di cui non conosceva neanche il contenuto – e fece andare la testa all’indietro, chiudendo gli occhi. Per un attimo tutto parve girare, si mischiarono i pensieri e le immagini, e tutto quello che desiderò fu catapultarsi nel suo letto – non accogliente, comunque – e non uscirne più per chissà quanto tempo. Poi decise di tornare in sé, tornare alla dura realtà, e continuare a passare in rassegna ciò che stava leggendo.
Prese a ricordare di nuovo.

 

ChanYeol aveva diciotto anni, compiuti da poco, quel Natale, e YiFan venti, anche lui compiuti di recente. I genitori di entrambi fuori casa, a festeggiare chissà dove e a ritornare chissà quando.
La mattina era stata un agglomerato di messaggi dolci, in cui non mancavano di chiamarsi amore, intanto che ChanYeol era rimasto a letto fino a mezzogiorno, ed intanto che YiFan aveva girovagato per quella casa senza neanche un addobbo, reggendo una tazza di caffè che era andato raffreddandosi lentamente. E poi le sigarette che lasciava distrattamente a consumarsi nel posacenere poggiato vicino al camino. ChanYeol si rigirava nel letto, YiFan leggeva un giornale, ChanYeol ogni tanto sentiva di addormentarsi, YiFan pensava a che regalo fare al compagno quel giorno, ChanYeol non cessava di piangere e pensare, YiFan si apprestava ad ascoltare questa canzone dei Jazzyfact, Always Awake. Pensava che ChanYeol avesse davvero buon gusto in fatto di musica, intanto che sedeva alla sua scrivania, col computer davanti, l'ennesima sigaretta fra le dita a creare riccioli grigi sempre diversi ed in movimento.

« Avrei voluto che fossi qui, stamattina. »
« Ci sarò domani. »

Per entrambi non c'erano regali sotto l'albero, non c'erano caotiche cene, non c'erano una moltitudine di parenti di cui magari non ricordavano neanche il nome. Per YiFan c'era il grigio ed un'assenza perenne e per ChanYeol c'era semplicemente un giorno consumato nella maniera sbagliata, così come una vita letteralmente sprecata.

Fu la serata perfetta. YiFan ricordava bene d'averlo portato in un ristorante giapponese dove aveva prenotato settimane prima ad insaputa del più piccolo, in modo da non avere sorprese quella sera. Fu solo quando ebbe chiuso la chiamata con quelli del ristorante che si ricordò che a Natale rimangono tutti a casa, in famiglia. Poco male. ChanYeol, il suo Yeollie, non era una consolazione. Era tutto quello che non aveva mai avuto. Era la sua famiglia, il suo amante, il suo migliore amico e qualsiasi altra cosa assieme la quale, sapeva, avrebbe potuto benissimo vivere anche sotto un ponte. Perché, per YiFan, ChanYeol poteva rendere il verme più viscido qualcosa di bellissimo. Tutto il resto erano fronzoli, meri suppellettili, delle aggiunte, se Park ChanYeol sorrideva. Se Park ChanYeol gli sorrideva.
Tuttavia, non erano ancora sotto un ponte, non c'erano vermi né altri particolari disgustosi, e si amavano potendo godere - purtroppo con limiti troppo ristretti - di una certa tranquillità. YiFan, appunto, pensava che la loro tranquillità si limitasse per davvero soltanto al non dover pensare a come sopravvivere, sotto il punto di vista pratico, ad un nuovo giorno. Per cui, sapendo quanto lui andasse matto per la cucina giapponese, decise di fargli quel piccolo regalo.

Andò a prenderlo sotto casa sua alle otto in punto, nella sua Mercedes nera tirata a lucido, come sempre. Attese qualcosa come trenta secondi, esattamente il tempo che a ChanYeol servì per infilare il giubbotto, prendere il regalo, le chiavi, il cellulare ed uscire dal cancello di quella casa singola modesta ed anonima. Tutto in tempo record, decisamente.
YiFan aveva atteso in macchina per quel breve tempo rendendosi conto d'aver acceso una sigaretta inutilmente, quando lo sentì aprire la portiera dopo neanche un minuto.
- Tieni, - disse subito ChanYeol, in un tono quasi brusco, saltando i saluti o qualsiasi altro panegirico e porgendogli un pacchetto rosso. O almeno così sembrò a YiFan, che l'aveva guardato con la coda dell'occhio.
Non fece troppo caso alle maniere di ChanYeol. Sapeva che, in casi come quelli, non sarebbe stato in grado di mettere su una scenetta da film. Quindi, si voltò a guardare quello che presumeva fosse il suo regalo. Era una scatoletta incartata con cura. Non era certamente delle dimensioni di quelle che contengono anelli o qualsiasi cosa che vagamente vi somigliasse, e ne fu in qualche modo sollevato.

Aprendo il pacchetto, ricordava YiFan, bevendo ora l'ultimo sorso di un Tom Collins, si era ritrovato davanti ad un orologio che qualche mese prima aveva visto esposto alla vetrina di una gioielleria, mentre lui e ChanYeol erano usciti per una passeggiata in centro. Era un orologio argento, di quelli che davvero solo uomini con una certa agiatezza potevano permettersi, con una montatura un po' massiccia, che al polso dava decisamente quel tocco in più a chi lo indossasse. Ed era anche abbastanza costoso. Lo aveva visto, aveva fatto un commento, ma non ci si era soffermato più di tanto.
Quando poggiò il bicchiere con il Tom Collins sul tavolo, rimase a fissare l'orologio tenuto al polso. Se fosse stato a casa sua, già un po' più brillo, probabilmente l'avrebbe letteralmente tirato via e lanciato contro il muro, o chissà cos'altro. ChanYeol aveva messo da parte per mesi i soldi - che i genitori gli concedevano mensilmente - per poterlo acquistare. Ed ancora YiFan non sapeva come sentirsi a riguardo. ChanYeol aveva poco per . Davvero poco, qualche felpa, due pantaloni ed un paio di scarpe. Certamente YiFan aveva apprezzato quel gesto, ma da un lato gli faceva una gran rabbia.

--


Chiuse il quadernetto per un po', il gatto che, sulla copertina, ripreso di profilo e col muso rivolto in alto, sembrava contemplare chissà cosa. Con il bicchiere ormai vuoto, tenuto a mezz'aria di fronte le labbra, YiFan gli mandava delle occhiate quasi minacciose, per qualche motivo. Dopo un po' distolse lo sguardo e si mise a seguire con distrazione dei video musicali che passavano alla tv da svariati pollici dall'altra parte del locale. Fissava i cantanti e gli attori dei video senza davvero riuscire a seguire la trama delle vicende che in alcuni casi venivano raccontate. Di colpo aveva iniziato a sentire un'insolita stanchezza, un peso, come se qualcuno lo stesse spingendo contro il tavolo, in modo da appoggiarvisi e prendere a dormire lì. Unita a quello, vi era un'improvvisa riluttanza nel volersi realmente concentrare sul mondo, nel volersene interessare. Tutto quello che sentiva, in realtà, era la pioggia scrosciante che si stava abbattendo su Seoul quella sera. Ma chissà, poteva anche essere l'alcool.
Fin quando non iniziò a distinguere delle note famigliari provenire proprio dalla tv. Non aveva mai visto il video, e poco gli importava, ma la melodia era quella, e si comportò come un bel coltello infilato nel fianco. Un'espressione tangibile del fatto che quel dolore era reale, che non poteva lasciarsi andare sul tavolo - né da nessun'altra parte - e dormire, e neanche che poteva sfuggire al mondo, per quanto la presenza di Park ChanYeol indugiava anche in quelle forme così sottili. Ed intanto che Muneojyeo dei Dear Cloud andava alla tv, YiFan, con voce sorprendentemente tremante, chiamò il cameriere e si fece portare dello sherry.


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In realtà non fu la serata perfetta, quella di Natale. La cena fu deliziosa, quell'imbarazzante felpa con le orecchie da gatto che per scherzo aveva deciso di regalare a ChanYeol gli calzava a pennello - ed in qualche modo sembrava anche piacergli. Il ciondolo apribile a forma di cuore lo aveva oltremodo adorato ed aveva letto la frase contenuta al suo interno con occhi lucidi, ma decidendo di non versare lacrime.

« Your words, your gaze... Inside your heart there is a weapon hidden that gets just through me.
Your life, your traces, your everything, piercing me again. » 



Aveva saltato un « We became different » alla fine di quel biglietto. Perché loro non erano diversi. Loro erano un tutt'uno. Erano un completamento, nonostante fossero anche incredibilmente simili. E seppur con parole semplici e scarne, in qualche modo YiFan voleva fargli capire che lo rendeva debole, seppur in maniera positiva.
Tuttavia, c'era quell'orologio che lo disturbava in modo insolito. E ci fu l'improvviso, violento distacco da colui che lo completava.
Natale non era mai stata una bella festa.

Per le undici tornarono a casa. A casa di ChanYeol. Entrambi concordavano nel pensare che casa di YiFan fosse eccessivamente fredda e spoglia. Nonostante usufruisse di oggettistica estremamente economica, la madre di ChanYeol aveva avuto un certo gusto, una certa cura ed un certo amore nell'arredare quella casa non troppo grande e che a YiFan - e a suo modo anche al compagno - faceva venire in mente delle storie di un'infanzia vissuta nella dolcezza e nel calore, fra biscotti alla cannella appena sfornati, latte caldo, cartoni animati, libri delle fiabe ed abbracci. Eppure, lì aleggiava anche qualcosa di sgradevole. Non tanto presente come un appuntito sassolino nella scarpa, ma neanche meno insistente di un minuscolo insetto che fa prudere appena la nostra pelle. Era qualcosa che bisognava notare e, a quel punto, diveniva opprimente. Tuttavia, lo si poteva anche nascondere sotto l'ammasso di biscotti, latte,  cartoni animati, libri ed abbracci.
In definitiva, a YiFan quella casa piaceva.

Alle undici e dieci erano sul morbido e caldo divano del salotto, un bel plaid a coprire i loro corpi, intenti a lasciare che il mondo andasse avanti, che bambini, madri, padri, parenti ed amici si scambiassero i loro regali, che allegre risate si affievolissero e che il tempo non scorresse più su una linea ben dritta e definita, ma che si disperdesse in frammenti così piccoli da riuscire a rimanere fermi anche per un'eternità. Nascondevano e soffocavano ogni singola cosa che fosse esterna alla loro bolla attraverso baci lenti e profondi, a preannunciare una notte piena di loro stessi e di un amore che avrebbe potuto trascendere qualsiasi tipo di descrizione romanzesca.
ChanYeol cercava costantemente le mani di YiFan. Lui non esitava un solo istante nello stringergliele per non lasciarlo andar via, ma portarlo con sé ogni volta di più, consapevole di necessitare di quel suo pezzo mancante per poter continuare a vivere e non accontentarsi di esistere.

Alle undici e trentacinque, ChanYeol era rimasto a guardare YiFan stando un palmo dal suo viso, con riccioli castani che gli davano un po' fastidio agli occhi, ma che non aveva voluto scostare, convinto che avrebbero potuto celare quello sguardo così trasparente.
Dal canto suo, YiFan riuscì a percepire una nota scura provenire dagli occhi color cioccolato del compagno. Fu probabilmente quello il momento in cui si rese conto che Park ChanYeol gli apparteneva molto meno di quel che credeva, che tutti i suoi sforzi nel tenerlo attaccato all'esistenza - effimera o meno che fosse - continuavano ad essere probabilmente vani. Tutto quello che riuscì a fare fu guardarlo con occhi semplicemente innamorati, ed a loro modo devastati - perché anche Wu YiFan poteva ridursi in pezzi. E sollevò una mano, con lentezza, portandola a sfiorare il viso altrui, intanto che sentiva il suo sguardo freneticamente calmo diventare via via più pressante.
« Facciamo il bagno? »

--

Le note di Muneojyeo terminarono alla tv, ma YiFan non aprì gli occhi. Rimase con la schiena abbandonata contro il legno della sedia e le braccia mollemente poggiate ai braccioli imbottiti. La musica si fermò lasciando spazio ad un vuoto oltremodo inquietante, permettendo a pensieri e ricordi di diventare martellanti, di fare un gran fracasso.
Si era fermato a leggere il quadernetto in un punto in cui ChanYeol si era rivolto ad un loro amico, Do KyungSoo, chiedendogli di continuare a scrivere un romanzo di cui gli aveva fatto leggere le bozze. La richiesta includeva anche che uno dei due protagonisti riuscisse a sorridere genuinamente, almeno una volta, per quanto grande potesse essere l'alone nero che si portava dentro, ed anche che nella vita potesse riuscire a combinare grandi cose.

            Fa' che scriva, balli e canti. Fa' che sia felice, come volevo esserlo io.

Wu YiFan abbandonò quel locale portandosi dietro una bottiglia di brandy. Una volta in macchina, constatando che non veniva giù neanche una goccia d'acqua, risalì per buona parte dell'Han, fino ad un punto dove non passava troppa gente. Lì bruciò il quadernetto, lasciando che la cenere fosse portata via dall'acqua. Acqua che Park ChanYeol diceva di amare, perché poteva lavare momentaneamente via ogni tipo di sporco.

Alle due di notte, tre quarti dell'alcool contenuti in quella bottiglia erano in circolo nel suo corpo, e lui era abbandonato sul pavimento della sua stanza, poggiato al freddo armadio in metallo. Era già diventato un pallido riflesso di quello che Wu YiFan appariva agli altri. Ma come poteva lui stesso essere a colori, se tutto quello che lo circondava appariva come un amalgama senza senso di sfumature di grigio prive di vita?

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ChanYeol iniziò a preparare la vasca da bagno: acqua calda, quasi bollente, ma non insopportabile, schiuma, tanta schiuma, dovuta ad una quantità industriale di bagnodoccia al patchouli che BaekHyun gli aveva regalato per il compleanno. Niente candele; non ne aveva. Però la luce calda proveniente dal salone, oltre il piccolo disimpegno, dava il suo contributo, assieme alle colorate e fioche luci prodotte dallo stereo, impostate in modo che cambiassero lentamente.
Il profumo intenso, speziato ed avvolgente del bagnoschiuma riusciva ad arrivare alle narici di YiFan anche mentre era in camera di ChanYeol, a girare in tondo, nervoso, al buio, intento a discutere, seppur in maniera in qualche modo pacata, col padre. Solo quella sera, però. Probabilmente entrambi erano ben consapevoli del fatto che, almeno quel giorno, potevano risparmiarsi urla ed imprecazioni, veleno e parole come stilettate al cuore.

Pochi minuti dopo, YiFan s'era immerso nell'acqua calda. ChanYeol l'aveva aspettato con calma, immobile, con gli occhi chiusi e le gambe portate al petto. Riprese a guardare davanti a sé quando sentì il compagno raggiungerlo fra la schiuma e, una volta sistemati in maniera da stare comodi, ChanYeol con la schiena poggiata al petto altrui, si voltò per poter posare lo sguardo sul suo volto. YiFan fu graziato di un breve e flebile sorriso troppi secondi dopo che i loro sguardi si erano incontrati. Per tutto il tempo prima, si era ritrovato davanti ad un'espressione piatta che, proprio perché non diceva nulla in particolare, forse diceva tutto. E l'unica cosa che riuscì a fare fu avvolgerlo con le sue braccia, nel tentativo di ritrovare un certo conforto ed una certa tranquillità in quei momenti che, durante gli anni, si erano ritrovati a ripetere più e più volte.

Muneojyeo si ripeteva fra altre tracce casuali, tutte dello stesso stampo, con melodie che suonavano simili, strumenti e voci che evocavano immagini e tempi idilliaci e decisamente fittizi per essere vissuti dal vero. Tuttavia, la perfezione era lì, fra i loro corpi caldi e come fusi insieme, fra l'acqua conciliante di una tranquillità inesauribile ed inespugnabile, fra la voce profonda di ChanYeol che rispondeva con i suoi soliti sottintesi che, ormai, YiFan decifrava alla perfezione, dopo aver fatto scivolare fuori dalle sue labbra qualche nuova confessione o qualche antica e confortante convinzione.
E le bollicine scoppiavano, imbarazzate, ad ogni nuovo bacio rovente, ad ogni tocco leggero o più avvolgente. Scoppiavano, scoppiavano...
Always Awake si ripeteva, si ripeteva You, Remaining As Beautiful Memories, si ripeteva Canine dei the god and death stars, si ripeteva... E le bolle scoppiavano, una dopo l'altra, in fretta, e le note andavano, come andavano loro, impegnati nel viaggio per il loro universo, per i loro io.

« We became different. »

Un 'Ah' di dolore abbandonò le labbra di ChanYeol, ora seduto davanti al compagno, fra le sue gambe. YiFan non si allarmò, ma cercò di individuare il motivo di un lamento così secco, e tagliente. Curandosi di scostare subito gli occhi dal viso inspiegabilmente contratto di ChanYeol, tirato in un'espressione pre-pianto, con le palpebre serrate, prese a far vagare lo sguardo altrove, finché esso non si posò sulla propria mano, tenuta stretta attorno ad una coscia dell'altro. Allentò immediatamente la presa. Non batté ciglio, non disse nulla. Restò a fissare profondi tagli di un rosso vivo fra i singhiozzi sommessi dell'altro.
Da quel momento, le scuse silenziose ed il pianto di Park ChanYeol, divennero la colonna sonora di ogni loro azione futura.

Ma  Wu YiFan non sapeva che il suo tempo per rimettere insieme i pezzi di ChanYeol e dipingere un futuro era ormai passato, senza preavviso.

--

Poco più di una settimana fa. Tutto quello era accaduto poco più di una settimana fa, in un trascorrere di eventi inesorabile, impossibile da fermare, come un treno lanciato a tutta velocità sulle rotaie ed in procinto di deragliare da un momento all'altro. Tutto ciò che ora restava ad YiFan, erano solo ferraglie e superstiti, lui fra di essi. Tuttavia, il conducente di quel treno, ChanYeol, aveva portato con sé tutto ciò che YiFan non avrebbe mai potuto recuperare e tentare di mettere insieme. Rimanevano solo ferite sgorganti sangue vivo che aveva come l'orribile impressione che non si sarebbero mai e poi mai rimarginate.
Tutto quello che riusciva a fare, nel profondo di quella notte, in un luogo senza più un nome ed in un tempo senza più una collocazione su una linea retta, era fissare un buio profondo che continuava a girare, provocandogli una nausea destinata a permanere chissà per quanto. La sensazione del freddo pavimento sotto le sue mani era come la prova tangibile di una realtà inflessibile.

--

Furono giorni simili ad una veglia. Non era più un conto alla rovescia di giorni, ore, minuti ed insulsi secondi per l'anno nuovo. Era una sensazione tramutata in una delle loro solite convinzioni, solo che, stavolta, era una convinzione che portava con sé un orribile presagio. ChanYeol, in alcuni giorni, era in fibrillazione. In altri, sembrava inspiegabilmente felice. Ed YiFan era intrattabile, oppure più silenzioso del solito. Delle giornate venivano vissute come se fosse un dono prezioso, altre con la svogliatezza di coloro che non hanno più da prendersi cura di nulla.

Capodanno fu una bella giornata. YiFan e ChanYeol girarono per le strade deserte del paesino, più a nord rispetto a Seoul, dove s'era trasferito il loro amico JongDae. Ad un tratto, ChanYeol si era fermato ed aveva deciso di togliere le scarpe, perché diceva che camminava più comodo scalzo. Ne conseguirono battute, prese in giro, frecciatine e risate, ed YiFan aveva più volte rischiato di lanciare le buste con le bottiglie di spumante chissà dove.
Fu una serata di baci lievi sul balcone di quella casa su due piani, al freddo, senza aver voluto indossare i giacconi. Si riscaldavano a vicenda, e le voci allegre di BaekHyun, JongIn, MinSeok e ZiTao, provenienti dall'interno, contribuivano largamente. Si udivano anche i rimproveri di KyungSoo e JoonMyun. Ad ognuno di essi, ChanYeol ed YiFan si guardavano qualche istante e sorridevano. E poi c'era Lu Han che si affacciava alla finestra, li richiamava dentro, sorridendo in maniera gentile. JongDae, ad ogni loro ricomparsa, faceva allusioni e battute di ogni tipo, senza risultare cattivo, e l'atmosfera tornava ai livelli di un sogno ovattato. YiXing e SeHun si godevano lo spettacolo in silenzio, ed YiFan finiva con il fare lo stesso, lasciando che ChanYeol usufruisse appieno di tutta quella meraviglia, risultando, così, solo un pilastro rassicurante dietro di lui. O, almeno, ci sperava.

YiFan, alle quattro e mezza del mattino, aveva terminato di accompagnare a casa YiXing, BaekHyun, JongIn e KyungSoo. Nella macchina era calato il silenzio. ChanYeol era diventato ermetico, inavvicinabile, pronto a sputare qualsiasi tipo di frase spiacevole se mai YiFan avesse tentato di chiedergli qualcosa. Ed era successo, quando, poco dopo lo scoccare della mezzanotte, ChanYeol aveva iniziato a piangere senza alcun motivo apparente, in silenzio, chiuso in bagno. YiFan si era ritrovato semplicemente spaesato, come se fosse stato tagliato fuori dal suo ruolo. Per anni ed anni, non era mai successo che ChanYeol non gli avesse permesso di avvicinarsi a lui, in qualsiasi senso. Un'altra avvisaglia, un altro punto nero su una tela già ampiamente macchiata.

ChanYeol scese dall'auto e poi rimase a guardarlo, dal finestrino, per svariati secondi. YiFan poteva giurare che fosse in procinto di riprendere a piangere ma, d'un tratto, i suoi occhi non dissero più nulla per davvero. Brividi lo attraversarono facendolo trasalire, alla realizzazione che ChanYeol sembrava come essersi spento. Il suo modo di camminare verso il cancello di casa fu meccanico, degno di un automa. E non ci fu un bacio, un saluto, uno sguardo pieno del più semplice ed infinito amore. Amore, forse, effimero.

Alle dieci e qualcosa del mattino, YiFan fu brutalmente svegliato dallo squillo insistente ed urgente del telefono di casa, e lui, da persona precisa e diligente qual era, s'apprestò a rispondere nonostante il richiamo sin troppo forte del suo letto.
Il corpo di ChanYeol era stato trovato senza vita in prossimità di un cavalcavia vicino la sua abitazione. Si era lanciato da esso, frantumandosi il cranio a contatto con le rocce. Aveva lasciato degli indizi scritti su un quadernetto poggiato sulla sua scrivania. Sua madre non poteva parlare perché era stata presa da un attacco psicotico.
Si era sentito dire questo, YiFan, da un poliziotto che scandiva le parole come se fosse stato dotato di voce computerizzata. Tuttavia, lui non disse nulla. Riagganciò e tornò a letto, sapendo che si trovava all'interno di un terribile incubo e, in realtà, non si era mai svegliato.

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Dieci anni dopo, YiFan si era spostato dal pavimento della sua stanza, nella casa dei suoi genitori, alla vasca del bagno della casa che, invece, condivideva con sua moglie e due figli. A quanto pare, però, la sveglia che lo avrebbe fatto ridestare da quell'incubo, stava tardano a suonare.
Quella sera di Natale, chiese a sua moglie se poteva lasciarlo da solo e portare i bambini a cena fuori. Non giustificò la sua richiesta assurda in alcuna maniera, e di rimando ebbe una concessione fra mille imprecazioni. Lui, tuttavia, non udì assolutamente nulla.
Così, per le undici di sera, quando non vi era ancora nessuno, in casa, a parte lui, preparò la vasca da bagno, riempiendola d'acqua calda e bagnoschiuma al patchouli, a formare tanta, tanta schiuma. Poi spense quasi tutte le luci ed accese un vecchio stereo con su un vecchio CD, vecchie canzoni, vecchie voci e vecchie storie.
Quando s'immerse, l'acqua risultò dannatamente fredda, contribuendo a fargli realizzare che, effettivamente, era diventato più debole di quanto credesse, per non parlare di quanto si sentiva ridotto ad un semplice involucro di carne vivente. Poi, riconobbe le note iniziali di Muneojyeo.
Le rughe che avevano iniziato a farsi strada sul suo viso non c'erano più, i suoi capelli erano di nuovo biondi, più lunghi, le sue orecchie ancora adornate da svariati piercing. La vasca da bagno, invece, era più piccola, il Natale sembrava essere Natale - un Natale molto personale e particolare, a dire il vero. Nell'aria, si sovrapponeva anche un lieve profumo di cannella. Lui viveva e respirava e, fra le sue braccia, stringeva qualcuno. Qualcuno dai capelli color caramello, ricci, con un sorriso così felice da poter sembrare semplicemente stupido. Qualcuno con cicatrici diventate prova che era stato salvato, e che stava rimanendo nell'universo e nel tempo che lui ed YiFan avevano creato assieme, respirando l'uno la vita dell'altro.

YiFan restò a stringere ChanYeol finché la sveglia, liberatoria, non suonò.

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