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Autore: DK in a Madow    06/08/2013    3 recensioni
ST. JIMMY VIVE
Non seppe spiegarsi il perché, ma alla vista di quelle parole, un brivido gli spaccò la schiena, facendolo correre verso le porte scorrevoli del rottame che rimaneva fermo sulle rotaie. Saltò a bordo come un bambino che ha appena visto il mostro sotto al letto, stringendo forte tra le mani la tracolla della custodia della sua chitarra.
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Delirio introspettivo nato da Are We The Waiting. Chiedo perdono.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Billie J. Armstrong
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The rails of demons.

 

 

Camminava.

Sempre che quell’ondeggiare sghembo a culo stretto e ginocchia piegate possa definirsi camminare. Più che altro calpestava l’asfalto e la ghiaia che ricoprivano la strada che portava alla stazione di Berkeley, l’afa d’inizio agosto che faceva appiccicare al suo petto minuto la maglietta nera e alquanto stinta che portava addosso, i jeans che già da qualche tempo sarebbero dovuti essere pasto per le pattumiere insieme alle Converse altrettanto logore. Un disastro poco più che adolescenziale, ecco.

Un piccolo disastro con una chitarra sulle spalle, che si muoveva in una città somigliante a un buco di culo, in una mezzanotte che aveva spento anche gli ultimi lampioni che avrebbero dovuto illuminare la facciata lercia e sudicia della stazione, dove alla scritta Berkeley mancava una “e”. Sbadigliando, si avvicinò all’entrata, gli occhi che lacrimavano per il sonno, oltre che per una dose generosa di marijuana fumata poco prima, la sensazione di rilassamento era un invito a buttarsi sul primo materasso disponibile.

Entrò nell’edificio illuminato da tre misere luci al neon, grande quanto sei cessi pubblici messi insieme e altrettanto pulito, e si guardò intorno. Era da solo, il che non lo sorprese. La biglietteria e i suoi vetri rotti era deserta e così decise di uscire da quella nicchia soffocante, dirigendosi ai binari, desolati e bui anche quelli. Volse lo sguardo in alto e le sue iridi smeraldine si scontrarono con le stelle di un cielo limpido, la luna un sorriso folle a forma di mezzaluna era l’unica insieme a quei punti di sospensione a illuminare quello scenario da film dell’orrore.

- Sembra il dimenticatoio di Dio. – sussurrò il ragazzo tra sé e sé, prima di sentire un rumore alle sue spalle, chiedendosi se fosse il rantolo di un morente o un colpo di tosse. Si voltò di scatto, spaurito, e vide che alle sue spalle, di fianco all’uscio della stazione, vi era un vecchio barbone rannicchiato per terra, i vestiti consunti, la barba incolta e i capelli bianchi e unti appiccicati alla fronte, le labbra che stringevano una sigaretta, circondato da una mezza dozzina di bottiglie di birra ormai vuote, proprio come il suo sguardo.

- Che cazzo guardi, figlio di puttana? – imprecò, la voce roca da fumatore incallito, la rabbia di un cane randagio. Il giovane staccò lo sguardo, non aveva voglia di stare a sentire le imprecazioni di un vecchio demente ubriaco marcio. Così, tornò a guardare i binari, il muro di fronte che li separava dall’aperta campagna, dalla quale arrivava solo puzza di piscio e fogna, quando all’improvviso sentì il rumore del treno che si faceva sempre più forte man mano che si avvicinava. Si fermò a qualche metro di distanza dove si trovava, la luce dei fari inondò fastidiosamente la scena, tanto che il ragazzo dovette premersi una mano contro gli occhi. Prima di avviarsi verso il treno, guardò un’ultima volta il muro di fronte a sé, la sua attenzione richiamata da una scritta scarlatta come il sangue, che spiccava in mezzo alla miriade di murales che percorrevano i mattoni mangiati dalla muffa.

 

ST. JIMMY VIVE

 

Non seppe spiegarsi il perché, ma alla vista di quelle parole, un brivido gli spaccò la schiena, facendolo correre verso le porte scorrevoli del rottame che rimaneva fermo sulle rotaie. Saltò a bordo come un bambino che ha appena visto il mostro sotto al letto, stringendo forte tra le mani la tracolla della custodia della sua chitarra. Si sedette su uno dei tanti sedili vuoti e rotti, sul lato sinistro del treno, e si costrinse con tutte le sue forze a non guardare quella scritta che spiccava dal finestrino opposto, scrutando da quello di fianco a lui la vecchia spugna randagia vomitare anche l’anima sul marciapiede dove si trovava poco prima.

Il giovane poggiò la testa sul vetro e chiuse gli occhi, mentre il treno si allontanava verso Oakland. Si sarebbe ridotto anche lui così, lo sapeva, e pensandoci confidò a se stesso che non si trattava solo del fatto che un giorno avrebbe detto “Ciao, sono Billie Joe”  ritrovandosi tra gli Alcolisti Anonimi. Non era solo quello. La sua vera paura era quella di scoprirsi diverso di fronte allo specchio, gli occhi vuoti come quelli del povero randagio, la speranza che li aveva abbandonati man mano che la solitudine li aveva annebbiati. La paura di rimanere solo lo fotteva da sempre, da quando aveva scoperto il dolore della morte, e questo sembrava quasi un lasciapassare per l’autodistruzione.

Eppure, un’ancora di salvezza c’era. L’aveva costruita lui nel corso degli anni, tra le parole buttate su un foglio di quaderno e gli accordi imparati sulla tastiera della Fender che suo padre gli aveva regalato. La sua musica, quella che avrebbe condiviso di nascosto con sua sorella per convincerla a mettere una buona parola con sua madre, affinché lui e Mike si potessero esercitare nel salotto della loro casa. Già, Mike, la catena che lo teneva stretto all’ancora e Billie sapeva che non si sarebbe mai spezzata, proprio come il loro legame. Lo avrebbe aiutato a restare a riva, lontano dall’abisso di guai che spesso lo attiravano; guai dalla voce suadente, come sirene che si preparano a farti annegare, la stessa sensazione che Billie aveva provato leggendo quella scritta sul muro. Sembrava quasi una profezia, come se dicesse “è solo l’inizio, il tuo demone continuerà a vivere e ti ridurrai così, come quel vecchio”.

- Devo smettere con quella roba. – sussurrò a se stesso il giovane, sconvolto dai suoi stessi ragionamenti intricati e confusi, ma le sue paure e le sue inquietudini, i suoi demoni appunto, lo aiutavano da sempre a creare, come a cercare forza dalle proprie debolezze. Era un ragazzo strano, che a mezzanotte prende il treno per tornare a casa dopo una serata passata in compagnia di se stesso, a fumare un po’ e credere di esser scappati dal mondo almeno per un paio d’ore. Poi tornava a casa, magari con un foglio stropicciato e scarabocchiato da sbattere sotto il naso adunco di Mike che dormiva tranquillo sul divano e che doveva necessariamente alzare il culo per mettersi a suonare con quel metro e un cazzo del suo amico.

Il treno si fermò e a Billie sembrò di aver passato una notte intera su quei binari, quando poi erano passati pochi minuti. Quando scese, tornò a guardare le stelle e per un attimo gli venne in mente l’immagine di lui da piccolo, immerso nelle coperte, in attesa che suo padre gli raccontasse qualche favola, di quelle che aveva imparato a sua volta da piccolo, quando gli uomini sognavano le stelle e i grattacieli dovevano costruirli.

Scosse la testa e cancellò l’immagine. O meglio, la nascose, come quando si raccoglie la polvere dal pavimento e per pigrizia, invece di buttarla, la si nasconde sotto il tappeto. Sai che c’è, ma fai finta di essertene dimenticato. E Billie era così; temeva le sue stesse paure, ma si lasciava sopraffare, ignorando il fatto stesso che stesse cadendo giù, negli abissi.

Tanto arrivava sempre qualcuno a salvarlo.

Tanto, una volta sceso dai binari dopo esser scappato dalla città per l’ennesima volta, quel qualcuno lo aspettava all’uscita della stazione, col volto stanco e sorridente sotto i capelli lunghi e platinati.

La sua ancora di salvezza.

 

 

 

 

 

Angolo della pazza:

Salve. :3
Ultimamente provo nostalgia per i bei tempi passati in questa sezione e così mi ritrovo a scrivere boiate come questa. Non so, ho avuto l’idea di questa cosa riascoltando per l’ennesima volta Are We The Waiting e, boh, spero solo non faccia così schifo.
Ah, tranquilli, nessun riferimento a 22/11/’63. No, no, per carità. :3
Un'ultima cosa, ma non meno importante.
Se volete bene a questo fandom, seguite Stry e Jimmy. Bisogna leggere le loro storie per capire com’è che si dovrebbe scrivere. Il loro progetto Daily Bike e i singoli progetti personali che portano avanti dovrebbero essere d’esempio per tutti coloro che passano da queste parti.  Ergo, seguite le loro opere! ^^
Un abbraccio,
Franny
   
 
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