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Autore: Lady ONeill    07/08/2013    2 recensioni
[Tratto dalla fanfic]
L’entrata di Giuliano, e poi l’inferno. Era tutta una congiura contro di noi. Contro la mia città, mia moglie e la mia famiglia. Mi avvicinai a Clarice, indicandole il portone a lato della chiesa. Era terrorizzata, cercava di mantenere la calma, ma non ci riusciva. Mi si stringeva il cuore in una morsa dolorosa.
Genere: Drammatico, Fluff, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarice Orsini, Lorenzo Medici
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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L’entrata di Giuliano, e poi l’inferno. Era tutta una congiura contro di noi. Contro la mia città, mia moglie e la mia famiglia. Mi avvicinai a Clarice, indicandole il portone a lato della chiesa. Era terrorizzata,  cercava di mantenere la calma, ma non ci riusciva. Mi si stringeva il cuore in una morsa dolorosa.
 
-Correte! Portate in salvo le nostre bambine!-
 
Le urlai prima di stringerla per un attimo, mentre prendevo la spada dal fodero.   Ero pronto anche a morire per proteggere la mia famiglia e per la mia città. Le vidi correre via, la bambina più piccola stava in braccio a Clarice, piangendo spaventata, mentre lei cercava di controllarle tutte e tre. Mi riscossi, e mi girai, Francesco Pazzi stava per colpirmi, ma lo schivai per un pelo. Mi girai verso Clarice mentre freddavo un uomo con un colpo alla gola. Quanto sangue si sarebbe sparso quel giorno in chiesa? Molto, e di molti innocenti. Non avevo più la certezza di nulla.  Non badai molto alle altre persone, ma cercavo di non fare uccidere altri innocenti. Avevo perso di vista Clarice, ma non era uscita, sentivo i pianti delle bambine in mezzo a tutto quel frastuono di lame ed urla. Perché aspettava tanto? E poi vidi. Due cardinali si erano avvicinati a loro, e stavano per ucciderle tutte e quattro; se non fosse stato per l’apparizione di Lucrezia. Mentre lei uccideva un cardinale, io uccidevo l’altro, lasciando via libera per scappare.
Ma Clarice non scappò. Lasciò le bambine a Lucrezia e corse verso di me, proprio mentre un uomo stava per trafiggermi con la spada, lei si mise in mezzo, prendendo il colpo per me. Facendomi da scudo. Ora sentivo la rabbia scorrere dentro di me, quando uccisi quell’uomo per poi prendere il corpo quasi senza vita di Clarice. Stava piangendo, tremava e perdeva troppo sangue, anche per essere curata. Dovevo piangere perché lei scosse la testa, sorridendo. O almeno, provandoci.
 
-Non piangete. Sarò sempre con voi, ogni volta che penserete a me, sarà come se fossi lì, a stringervi la mano, come se fossi lì a dirvi che tutto andrà bene e che un giorno saremo felici.-
 
Sussurrò lei, accarezzandomi il volto. Ed era in quel momento che compresi cosa voleva dire ‘non capirai mai quanto è importante qualcuno, fin quando non lo perdi’. Non avevo mai amato Lucrezia, no, quella che mi spingeva da lei era passione, ma non amore. Io amavo Clarice, la donna che avevo sposato quando era a malapena una ragazzina, l’avevo fatta soffrire ogni istante della sua vita: strappandola alla casa natale, tradendola, considerandola seppur per un attimo, la spia di Roma!Ma ora mi rendevo conto che avevo agito stupidamente, e che ora non sarei più riuscito ad andare avanti senza di lei, senza la mia ancora di salvezza che lei era. Mi stringeva la mano, debolmente, ma me la stringeva, voleva farmi sentire che c’era, anche moribonda, lei c’era per me. E ci sarebbe sempre stata, nel mio cuore.  Nei miei pensieri, negli occhi color ghiaccio delle nostre figlie. Lei non se ne sarebbe mai andata. Le posai un ultimo bacio sulle labbra, ma non ricevetti risposta, era troppo debole. Potevo sentire il suono del cuore che si spezzava, e la sete di vendetta che si faceva spazio in me. L’avrebbero pagata. Tutti loro, dal primo all’ultimo. Non mi sarei dato pace, per nulla al mondo.
 
-Vi amo, Clarice.-
 
Sussurrai, stringendomela al petto, non mi importava se il suo sangue bagnasse la mia casacca, non mi importava. Era tutto finito, se n’era andata, con un ultimo respiro, ed un ultimo sorriso, sarebbe stata in un posto migliore. Non ci sarebbe più state le sue risate, i suoi sorrisi, i suoi baci. Quei baci che mi facevano girare la testa dalla dolcezza e dall’amore con cui erano dati. I suoi abbracci, finiti, solo un ricordo. Non ci saremmo più addormentati l’uno accanto all’altro dopo aver fatto l’amore. Quelli ora erano tutti ricordi, ricordi che mi facevano male, almeno quanto mille lame arroventate nel cuore. Non volevo lasciarla lì, meritava un funerale, meritava di essere ricordata come la gran donna che era: una moglie leale. Meritava di vivere, mentre io no, meritavo solo di morire per il dolore che le avevo fatto provare durante gli anni di matrimonio. Nessuno avrebbe mai preso il suo posto, non l’avrei mai permesso. 
  
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