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Autore: memi    15/02/2008    13 recensioni
"E di sicuro quegli occhi azzurri, un po’ troppo severi, stanno leggendo qualcosa sul suo volto che si ostinano a rinnegare. Sora vorrebbe chiedergli cosa ci vede, ma semplicemente il nodo alla gola le impedisce di parlare. Ma forse, è solo paura la sua, perché quel volto infondo non l’ha mai capito. Neanche ora, mentre la guarda dalla porta con quel suo cipiglio impertinente che fa tanto imbestialire Taichi, la sua mente annebbiata dalla febbre riesce a focalizzare la questione. Perché il punto è proprio quello, no? È scritto tutto in quegli occhi, lei lo sa, però non è certa di saper leggere quel linguaggio criptato tanto bene come lui. Tanto più che adesso proprio non è in forma per certe cose, già è un miracolo che riesce a reggersi in piedi.
Maledetta febbre – vorrebbe gridare – ma tra tanti giorni proprio oggi che c’è il sole dovevi venire?"
Ambientata dopo Digimon 01, una chicca per tutti quelli che come me credono fermamente nel Sorato.
Genere: Generale, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sora Takenouchi, Yamato Ishida/Matt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Imbronciato

Imbronciato

 

“Yamato?!”

Alza un sopracciglio ramato, Sora, incurante di mostrare la propria sorpresa. Beh, non è che sia mai stata una brava attrice, lei. Troppo sensibile per certe cose, le bugie gliele leggono in faccia come un libro aperto.

E di sicuro quegli occhi azzurri, un po’ troppo severi, stanno leggendo qualcosa sul suo volto che si ostinano a rinnegare. Sora vorrebbe chiedergli cosa ci vede, ma semplicemente il nodo alla gola le impedisce di parlare. Ma forse, è solo paura la sua, perché quel volto infondo non l’ha mai capito. Neanche ora, mentre la guarda dalla porta con quel suo cipiglio impertinente che fa tanto imbestialire Taichi, la sua mente annebbiata dalla febbre riesce a focalizzare la questione. Perché il punto è proprio quello, no? È scritto tutto in quegli occhi, lei lo sa, però non è certa di saper leggere quel linguaggio criptato tanto bene come lui. Tanto più che adesso proprio non è in forma per certe cose, già è un miracolo che riesce a reggersi in piedi.

Maledetta febbre – vorrebbe gridare – ma tra tanti giorni proprio oggi che c’è il sole dovevi venire?

 

“Stamattina non eri a scuola”, dice ad un tratto lui, il volto sempre amabilmente imbronciato.

E Sora arrossisce, chissà perché, a quelle parole. Forse è solo salita la febbre. O forse è quel broncio perenne a farla sentire così?

È così sciocco, dopotutto. Non era stata lei a sorridere quando aveva sentito il citofono, mentre già si preparava una ramanzina per la totale mancanza di puntualità da fare a Taichi? Sempre lei a sentirsi un po’ più sollevata perché quella testaccia alla fine era andata a trovarla e magari, con un po’ di fortuna, a portarle pure gli appunti della mattina. Ancora lei, poi, a stupirsi di ritrovare quel viso corrucciato anziché del volto caldo e un po’ scanzonato di Taichi.

Ma allora perché non riesco ad esserne delusa?!

“Cos’è, hai la febbre per caso?”, e Yamato è sempre Yamato, con quei suoi modo burberi e da orso bruno che tanto la fanno arrabbiare e divertire insieme.

Cosa credi che ci faccia in pigiama a quest’ora, sennò?”, lo sfida con lo sguardo Sora, vagamente scocciata da quel suo atteggiamento.

Ehi, non gli ha chiesto mica lei di passare a trovarla! Il pensiero la fa avvampare e si accorge solo ora di essere ancora in pigiama. Chissà come deve sembrare ridicola a quegli occhi oltremare… Buffo, con Taichi non si è mai posta quel genere di problema. Taichi non faceva mai caso al suo abbigliamento, neanche se si fosse presentata alla porta vestita da coniglio bianco. Semplicemente era troppo svampito per badare a certe frivolezze. Ma Yamato…

Yamato ci badava? Oh, e lei aveva indossato quello stupido pigiama con gli orsacchiotti. Perché non aveva pensato a cambiarsi prima di andare ad aprire?

Si accorse con una certa meraviglia di essere preoccupata da quello che quegli occhi potevano intendere. Era già passata da allegra dodicenne a imbranata colossale? Forse sì, e il suo volto doveva essere bordeaux, se lo sentiva. Magari aveva anche gli occhi lucidi e i capelli arruffati, giusto per completare l’opera. Oh, voleva scomparire. Ma perché Yamato era lì?

 

Yamato non è mai venuto a casa mia.

 

Don't know much about your life [Non so molto della tua vita]

Don't know much about your world but [Non so molto del tuo mondo ma]

 

“Tieni”

È di nuovo la voce sua a riportarti alla realtà. Così bassa e profonda che non sembra per niente la voce di un dodicenne.

E Sora abbassa la testa, un po’ intontita dall’aspirina e dal mal di testa, e il suo cuore fa una capriola senza avvertimenti quando capisce che è venuto a portarle i suoi appunti.

 

Don't want to be alone tonight [Non voglio restare da sola stanotte]

 On this planet they call earth [Su questo pianeta che tutti chiamano Terra]

 

La Takenouchi alza lo sguardo, soffermandosi ad osservare la sua figura a tratti persino severa.

Il fisico asciutto, il filo di muscoli messo in risalto dalla maglietta bianca con le maniche verde, i polsini a lambire i polsi ossuti, le mani chiuse a pugno, i capelli biondissimi e irti di come quando erano a Digiworld, gli occhi azzurri un po’ vacui e forse persi in un mondo a sé stante, le labbra strette in un filo…

E il cuore batte un po’ più forte, stupidamente. Non dovrebbe essercene motivo, dopotutto, perché a lei non è mai interessato lui, no? Perché lei aveva sempre avuto gli occhi solo per Taichi, e a quel biondo non aveva lasciato nemmeno lo spazio per farsi conoscere.

 

“G-grazie”, balbetta lei, abbassando lo sguardo da quegli occhi troppo attenti per illudersi di nascondergli le proprie vibranti emozioni. “N-non ce n’era bisogno”

“Lo so”, ribatte lui, sorprendendola per la seconda volta nel giro di poco e costringendola suo malgrado ad alzare quegli occhi di miele per puntarli sul suo volto incolore. “Non l’ho fatto per te”

Lo dice veloce e, per la prima volta, distogliendo lo sguardo.

“No?”

Cos’è quella nota nella sua voce?

“No”

E quella di lui? Magari è solo la sua immaginazione ad averla avvertita.

Chissà, magari se Sora gli avesse permesso di farsi conoscere meglio, avrebbe capito che era una menzogna quella maschera indossata ad arte. Ma lei questo non lo sa, non può capirlo, o forse non vuole capirlo mentre gli lancia un’occhiata di quelle in grado di mettere a tacere chiunque, persino Taichi. Chiunque, appunto, ma non lui che invece si ostina a tenere quello sguardo da un’altra parte senza riuscire a dissimulare il lieve rossore sulle sue gote.

“E allora perché l’avresti fatto, sentiamo!”, incrocia le braccia al petto Sora, un po’ petulante e un po’ saccente, ma decisamente amabile.

E Yamato arrossisce, senza motivo apparente, cercando di nascondere i propri occhi ai suoi incuriositi.

“Me l’ha detto il professore”, dice alla fine, in un sussurro che spegne qualcosa là in fondo al cuore della ragazzina.

Che stupida, che si era aspettata dicesse? Davvero si era aspettata qualcosa? E allora cos’è quella sensazione nel petto? Disfatta? Delusione?

“Beh, grazie allora”, e la voce si indurisce, i muscoli del viso si contraggono severi e la testa non smette di girare.

 

Si aspetta che lui se ne vada a quel punto, come fa sempre, eppure ciò non rientra nelle intenzioni di Yamato come pare. Se ne sta lì, sulla porta, il volto ancora girato da un’altra parte e le mani strette a pugni. Chissà a cosa sta pensando…

Un bambino testardo e indisponente, capace di stuzzicare solo con lo sguardo, senza fare niente di particolare. Ma non è sfidata che si sente lei in quel momento, no. È piuttosto una sensazione di attrazione, quasi, come se ci fosse stata una calamita invisibile ad attirarla verso quel volto un po’ perso. E ha voglia di conoscerlo meglio, di sorridergli, di vedersi sorridere…

Che stupidaggine. Deve essere la febbre.

Ma la febbre non ti fa venire le farfalle allo stomaco, o no?!

E lui continua a pensare, imperscrutabile. A cosa, poi?

“Dovresti essere a letto”, esordisce ad un tratto lui, constatando una realtà dimenticata mentre con gli occhi va a cercare di nuovo il suo volto.

Sora arrossisce, per l’ennesima volta. Pare che non riesca a fare altro, ultimamente. Un altro sintomo della febbre?

“Beh. Qualcuno doveva pur aprire, no?”, dice cercando di essere gentile, mettendoci dentro anche un bel sorriso sincero.

Poi lui la guarda, però, e di quella spontaneità non rimane che un vago sentore attutito dalla consapevolezza di non poter resistere a quegli occhi tremendamente azzurri. Terribilmente profondi.

 

“Non c’è tua madre”

 

È una domanda?

“No”

“D’accordo”

Cosa?”

E lui è già entrato, portandosi dentro quella scia di menta e pino che è il suo odore.

“Non puoi stare da sola”

 

You don’t know about my past and [Tu non conosci il mio passato e]

I don’t have a future figured out [Io non ho immaginato un futuro]

And maybe this is going too fast [E forse questa cosa sta andando troppo in fretta]

And maybe it’s not meant to last [E forse non è destinata a durare]

 

È così strano avere Yamato in casa che il cuore non riesce ad abituarsi e nemmeno le gambe, con il loro incedere incerto, sembrano poi reggere tanto bene la novità. Forse è ancora la febbre, ma ti sembra davvero che lui sia troppo Yamato per stare lì. Come un oggetto di lusso che non c’entra niente con te, con la tua vita, ma che allo stesso tempo non puoi fare a meno di rimirare e di sentirti orgogliosa di averlo comunque lì, tra le tue cose ordinarie.

Con Taichi è diverso. È tutto diverso. Con lui certi pensieri nemmeno ti sfiorano. Con lui sei rilassata, a proprio agio, perché infondo lo conosci da sempre e forse per questo te ne sei innamorata? Lui ti dà sicurezza, perché qualsiasi cosa accada tu sai che girandoti, è il suo volto a sorriderti che troverai.

Ma adesso non c’è tempo per simili sciocchezze perché Yamato è già avanzato nel soggiorno, incurante di non aver ricevuto nessun invito, e Sora non può fare altro che seguirlo, imbarazzata.

“Davvero, non… Non è necessario che tu rimanga. La mamma tornerà a momenti e…”, è una bugia, lo sa, non è brava a mentire e di questo ne è consapevole anche lui.

Perché la fissa a quel modo? Che significa quel sopracciglio alzato, un po’ canzonatorio? Vorrebbe saperlo, Sora, ma semplicemente non lo sa. Dopotutto, se ne rende conto adesso più che mai, lui non lo ha mai conosciuto davvero. Sempre troppo intenta a preoccuparsi di Taichi per rivolgere uno sguardo a Yamato. Le viene quasi da piangere, da terribile sentimentalista che è.

 

But [Ma]

 

“Non l’ho fatto per te”, ripete di nuovo lui, il tono più leggero di prima.

“No?”

Lui non vorrebbe arrossire, ma lo fa, e lei che non avrebbe dovuto notarlo non può fare a meno di sentire dei brividi di fronte a quel rossore improvviso. Che senso ha tutto quello?

“No”

“Ah”, sospiro, la mano destra a cercare il braccio sinistro e il volto, incredibilmente cupo, a voltarsi verso un punto indefinito delle sue ciabatte. “Allora perché…?”

Yamato scrolla le spalle, con un ghigno sottile e appena percettibile che rende il suo volto ancor più impertinente di prima. Anche così, sarebbe adorabilmente da prendere a schiaffi.

“Taichi mi ammazza se ti lascio sola”, risponde vago lui, e lei non capisce se lo abbia mandato lì proprio il ragazzo o se sia venuto di sua spontanea volontà.

Ma tanto…che cambia? Forse, solo qualcosa nel suo cuore, proprio lì dove batte il soffio della vita.

 

What do you say to taking chances? [Che ne dici di rischiare?]

 

Probabilmente Yamato ha un’altra idea di compagnia.

Probabilmente per lui significa starsene lì, su quel divano, a guardare punti imprecisi di fronte a loro senza dirsi una sola parola per sciogliere la tensione (come in effetti stavano facendo).

Probabilmente.

 

O forse era lei che aveva un’idea sbagliata di compagnia?

Non lo sapeva. Il suo unico termine di paragone era Taichi e, infondo, poteva anche essere il ragazzo ad essere esagerato in quelle occasioni con tutte le sue chiacchiere, no?

Forse.

 

“V-vuoi qualcosa da bere?”

“No. Grazie”

“Ah. Okay”

Avanti Sora, puoi fare di meglio!

“Sei sicuro?”

Non è esattamente quello che avevo in mente, ma comunque è sempre un inizio, no?

“No”

Cos’è, le legge anche nel pensiero adesso?

“No, vuoi da bere?”

“No, grazie”

“Oh”

Di nuovo quel silenzio, a cui lei non riusciva ad abituarsi. Ha voglia di parlare, perché non riesce a capirlo? È costretta in casa con solo la sua compagnia, perché non può sforzarsi ad essere un discreto oratore per una volta?!?

“Com’è andata oggi, a scuola?”, riprova di nuovo lei, mordicchiandosi il labbro per vincere la tentazione di voltarsi a fissarlo.

“Solito”

E stavolta non ce la fa ad impedirsi di guardarlo, senza più sapere se prenderlo a schiaffi o se abbracciarlo di slancio per quei suoi atteggiamenti provocatori. E gli verrebbe voglia di additarlo e di fargli sapere che dire qualche parola in più non lo ucciderà di certo, però quel volto l’ha un po’ paralizzata. Non si è mai accorta, o non ci ha semplicemente mai fatto caso prima d’ora, di come fosse perfetto il suo viso. Appena imbronciato, forse, ma dopotutto senza il suo broncio Yamato non sarebbe più stato Yamato.

 

What do you say to jumping off the edge? [Che ne dici di saltare nel burrone?]

 

“Beh?”, lui si volta a scrutarla con cipiglio un poco sorpreso, avendo avvertito su di sé i suoi occhi di miele, e lei distoglie lo sguardo imbarazzatissima.

“N-niente”, biascica.

Che grama figura che ha fatto…

Ma perché davanti a lui devo sempre apparire così imbranata?!

Si domanda, senza chiedersi però il motivo di tutta quella preoccupazione.

 

Never knowing if there’s solid ground below [Senza sapere se sotto c’è terreno solido]

Or a hand to hold [O una mano da stringere]

Or hell to pay [O un mucchio di guai]

 

“Sei tutta rossa”, la sua voce profonda e un po’ troppo bassa la riscuote ancora dai suoi pensieri.

Sora alza lo sguardo e il suo cuore ha un tuffo quando si accorge dei suoi occhi azzurri così vicini ai propri. Quando si è alzato? Non l’ha sentito muoversi. Non l’ha nemmeno visto chinarsi di fronte a lei, proprio davanti al suo volto per osservarlo con quelle pietre preziose e arcane.

“È…sa-sarà la… Deve essere la…”, ma non riesce a terminare la frase perché la sua mano fredda sulla sua fronte bollente le blocca in gola ogni altra vuota parola.

Non ricordava il suo tocco. Non ricordava neppure la sensazione che lascia la sua pelle. Nemmeno la dolcezza della sua mano. Ed è così fredda e pallida che al confronto la sua pelle sembra quella di un pellerossa. Ed è così liscia che ha paura quasi che possa scivolare via dalla sua fronte da un momento all’altro, spezzando quel tocco gentile e talmente raro.

 

Si può fermare il tempo?

 

“Scotti”, dichiara ad un tratto Yamato, dopo aver ponderato per un istante sulla situazione.

Sora arrossisce ed è solo merito alla febbre se lui non capisce che è per imbarazzo. Ma la mano scivola via alla fine e lei non può fare nulla per impedirlo. Solo, rimanere a guardarlo.

“Dovresti essere a letto”, ripete lui, fissandola con quegli occhi incredibilmente azzurri.

“N-non fa niente”, risponde lei, sorridendo perché dopotutto quel loro modo di parlare la diverte.

“Dovresti”, replica ancora Yamato, tenace, e dalla sua ostinazione non è difficile capire che non si muoverà dalla sua posizione.

“Va bene”, acconsente infine lei quando lui si alza per consentirle di fare lo stesso.

 

What do you say? [Che ne dici?]

What do you say? [Che ne dici?]

 

La testa affonda nel cuscino, i capelli ramati sparsi dappertutto a delineare deliziose trame sulla fodera bianca. Come hai fatto a resistere in piedi per tutto quel tempo?

Adesso che è nel letto, Sora non riesce proprio a capacitarsi di come abbia fatto a sorreggersi sulle gambe quando le sente così fiacche.

Infondo, pensa con un sorriso velato mentre Yamato senza preavviso si siede su un pizzo del letto, ha avuto ragione lui alla fine.

 

I just wanna start again [Io voglio solo ricominciare]

Maybe you could show me how to try [Forse tu potresti mostrarmi come provarci]

 

“Yamato?”, lo chiama lei dopo poco tempo di silenzio.

È inutile, la tentazione di parlare e di fare quelle domande è troppo forte per resistere. Non è mai stata una persona taciturna, ma neppure una gran chiacchierona come Taichi. Deve essere l’influenza a farle quell’effetto.

 

“Uhm?”

 

Sora tentenna per un istante, girandosi su un fianco per poterne vedere il profilo perfetto e sempre, dannatamente imbronciato.

Perché sei qui?”

La domanda è spontanea, tanto quanto lo è il suo cuore carico di emozioni. Chissà, forse nemmeno le risponderà. Forse si limiterà a sbuffare, o ad alzare le spalle. Forse.

Vale la pena tentare, no?

 

Maybe you could take me in [Forse tu potresti prendermi dentro]

Somewhere underneath your skin [In qualche posto sotto la tua pelle]

 

“Non l’ho fatto per te”

“No?”, domanda con il cuore in gola lei, in quel discorso che sembra divertirsi a ripetersi.

“No”

E allora perché…?”

Perché hai la febbre”

 

Già.

 

E allora perché non la guardi in volto, eh Yamato? Perché quello sguardo basso? Perché quel lieve rossore?

 

What do you say to taking chances? [Che ne dici di rischiare?]

What do you say to jumping off the edge? [Che ne dici di saltare nel burrone?]

 

“Puoi anche andartene, se vuoi”

La voce di Sora è particolarmente dura, ma Yamato non può scavarle negli occhi perché lei li ha chiusi proprio per nasconderli a lui. E lei non può scorgere così sul suo viso quell’espressione contrita che l’ha scalfita, sfuggendo per un attimo a quel perenne finto distacco verso tutto e tutti.

“Non sei obbligato a restare”, ribatte ancora la Takenouchi, caparbia.

Vuole ferirlo, come lui ha ferito lei l’istante prima. Che cosa sciocca, tutto sommato. Lei non dovrebbe neanche sentirsi ferita. A lei non è mai importato cosa pensasse lui prima d’ora. O no?

 

Lei non ha avuto occhi che per Taichi, fino ad ora.

 

“Voglio restare”

E sbarra gli occhi, Sora, insicura di aver sentito bene. Ma Yamato è ancora lì e la sta fissando con i suoi intensi occhi azzurri che tanto le fanno battere il cuore. Non sta mentendo, anche se lui è più allenato di lei in quello.

 

Never knowing if there’s solid ground below [Senza sapere se sotto c’è terreno solido]

Or a hand to hold [O una mano da stringere]

Or hell to pay [O un mucchio di guai]

 

È una sua impressione, oppure Yamato è arrossito?

Forse sono solo gli occhi lucidi per via dell’influenza a farle vedere cose che non ci sono. Ma il punto è, allora: per quanto tempo ha avuto l’influenza? Sora non se lo ricorda. Non è nemmeno sicura che le sia venuta solo oggi. Le pare di vedere annebbiato da tempo immemore.

Ma dove sono finite tutte le altre emozioni? Tutti gli altri sentimenti? Da quando è iniziato a cambiare qualcosa, in lei?

Strano. Non se n’è neppure accorta, prima. Non ci ha mai fatto caso.

Eh. Sono tante le cose a cui non ha fatto caso, in effetti.

Però vorrebbe rimediare, perché c’è ancora tempo per farlo, no? E quel biondo, sempre così indisponente, potrebbe anche imparare a conoscerlo, proprio come ha fatto Taichi prima di lei.

Già, Taichi…

Il pensiero vola a lui, a quel bambinone un po’ troppo cresciuto che si dimentica persino di portarle gli appunti. Eppure in qualche modo è sempre lui il primo a riuscire a capire le cose. Chissà come fa, poi. Sora gli ha invidiato spesso quella sua peculiarità, e lui nemmeno se ne accorge di averla certe volte. Perciò gli vuole così dannatamente bene. Così tanto che a Digiworld gli era bastato un suo sorriso per sentirsi a casa, perché Taichi era un po’ la sua famiglia con quel sorriso confortante a portata di mano. E lei da brava digiprescelta dell’amore se ne era innamorata, così, e forse un po’ se l’era aspettato che accadesse.

Stare con lui equivaleva a stabilità, perché per qualsiasi cosa c’era sempre lui a proteggerla, a buttarsi a capofitto per aiutarla. Oh, e lei aveva così dannatamente bisogno di stabilità con suo padre così lontano e sua madre così indaffarata a prendersi cura di lei (che ironia della sorte).

Ma poi c’era l’altra parte della medaglia, quella poggiata sulla maglietta e che difficilmente esce alla luce del sole.

Yamato.

Perché quei due erano l’uno l’opposto dell’altro, eppure legati inscindibilmente. E tanto era stabile Taichi, quanto imprevedibile Yamato.

Il castano non aveva avuto bisogno di bussare alla sua porta, perché era già dentro.

Il biondo non aveva suonato e basta, arrivando senza preavviso a sconvolgere gli equilibri.

E allora c’è da chiederselo se davvero questo significhi qualcosa, o se è solo un altro capriccio dell’influenza, mentre il sole alle spalle di lui inizia a tramontare e l’arancio dei raggi si confonde con il dorato dei suoi capelli spinosi.

 

What do you say? [Che ne dici?]

What do you say? [Che ne dici?]

 

Non si è neanche accorta di aver chiuso gli occhi, se solo non avesse sentito quel fruscio di lenzuola e il peso di lui farsi sempre più vicino.

Così li sbarra, miele nel cielo, avvampando nel notare quanto fosse maledettamente vicino adesso. E la sua mano così vicina alla sua che basta un minimo gesto per poterla sfiorare.

“Sora?”

“S-sì?”

Perché non può essere imparziale come lui? Perché dalla sua voce non riesce a fare a meno di trasparire la propria agitazione? Oh, è agitata?

“Niente”, dice e abbassa di nuovo lo sguardo, così abile nel celare le proprie emozioni.

Di nuovo quella sensazione, a strisciarle nel petto e a provocarle quello spasimo involontario. Cos’è? Possibile che sia ancora…delusione?

Decide di non pensarci, di chiudere gli occhi e di lasciare che quel dolce torpore le lambisse il corpo, per quanto mera astrazione. Bizzarro come una camera che hai avuto da una vita, possa farti sentire così protetta da lasciarti col fiato sospeso, proprio tra la gola e i polmoni. Ma forse non è la stanza. Forse è Yamato.

Che assurdità.

Pensi, mentre non riesci a fare a meno di sorridere, dentro e fuori.

 

E quasi non si è resa conto di essersi assopita, se solo non avesse sentito la sua mano sfiorare la propria, risvegliando senza saperlo tutti i suoi sensi.

“Non l’ho fatto per te, Sora”, dice, la voce così profonda da entrarle dentro a smuovere qualcosa d’indefinito. “L’ho fatto per me”

 

And I’ve had my heart beaten down [E il mio cuore è stato maltrattato]

But I always come back for more, yeah [Ma io sono sempre tornata indietro per avere di più, yeah]

There’s nothing like love to pull you up [Non c’è nulla come l’amore per tirarti su]

When you’re lying down on the floor there [Quando sei là sul pavimento]

 

Il cuore batte, fa strani scherzi in quel petto scarmigliato, e sale la voglia di ridere così incontrollabile che a fatica si trattiene.

Cosa? Vorrebbe chiedergli cosa ha fatto per sé, di che sta parlando. Ma non osa neppure aprire gli occhi.

Non vuole rovinare quel momento, non vuole interrompere quella confessione, non vuole che lui smetta di parlarle.

È così dolce la sua voce che gli verrebbe voglia di sgridarlo, perché davvero la fa sentire troppe poche volte.

“Sono un egoista”

 

So talk to me, talk to me like lovers do [Allora parlami, parlami come fanno gli amanti]

 

Ma Yamato si alza, senza preavviso, come a sempre. E il movimento di Sora è così repentino che a stento si rende conto di averlo fatto, di avergli preso la mano.

È così fredda che sembra priva di vita, ma il suo sguardo azzurro è così vivo che sembra quasi un controsenso. Il battito che arriva alle orecchie, la testa che pulsa e qualcosa a strizzarle lo stomaco.

“Ya-Yamato”, farfuglia, perché proprio non è capace come lui a rimanere imparziale.

Eppure, ciò nondimeno, l’effetto è quello che è sul volto stanco di Ishida che si passa la mano, quella libera, nei capelli appuntiti ma così invidiabilmente morbidi. Chissà perché vorrebbe essere lei quella mano, vorrebbe accarezzare lei quelle spighe dorate. Anche se è una cosa piuttosto sciocca da pensare.

 

“Non l’ho fatto per te”, dice lei, in una bizzarra inversione di ruoli.

Yamato sorride sotto quella scorsa da duro e, stando al gioco, si avvicina alla sponda del letto.

“No?”

Il tono di voce tranquillo e sempre un po’ canzonatorio.

“No”, replica Sora, in un sorriso che sa più di mille parole.

E lui arriccia le labbra in un ghigno, provocatorio, che lo fa apparire di nuovo imbronciato. Ma non importa, alla fine. Yamato è così.

 

È inutile. Non sono proprio brava con le bugie.

 

Yeah walk with me, walk with me like lovers do [Sì cammina con me, cammina con me come fanno gli amanti]

Like lovers do [Come fanno gli amanti]

 

“L’ho fatto perché sono egoista”, continua lei, il coraggio di dire quelle cose pescato chissà dove. “E… E volevo restassi con me”

Adesso è arrossita, Sora, impietosamente. Ma che valore può avere dopotutto essere arrossita o meno?!

E Yamato sorride, anche se impercettibilmente, perché lui non è proprio bravo a sorridere. Forse lei potrebbe insegnargli come si fa, e in cambio lui potrebbe insegnarle a mentire così bene.

 

What do you say to taking chances? [Che ne dici di rischiare?]

What do you say to jumping off the edge? [Che ne dici di saltare nel burrone?]

 

Sora non avrebbe mai pensato che stare con Yamato potesse significare provare simili emozioni.

Si sentiva così bene, così protetta da trovare persino incredibile il fatto di essere da sola con lui forse per la prima volta dopo l’esperienza di Digiworld. Com’è possibile?

Senza preavviso, appunto.

 

Forse se non avesse avuto la febbre, lui non sarebbe mai andato a portarle i suoi appunti e probabilmente adesso non sarebbero ancora lì a tenersi la mano, senza bisogno di parole. Anche se lei vorrebbe tanto potergli chiedere la vera ragione della sua visita, il vero motivo. Il suo motivo. Infondo, non gliel’ha ancora detto il perché di quell’egoista.

Poi però pensa che lui non le avrebbe risposto comunque, magari sviato, magari scrollato le spalle, magari sbuffato. O no?

È che lei non lo conosce così bene come credeva, alla fine. Forse, non l’ha mai conosciuto veramente.

Però…

Si può sempre rimediare, giusto?

 

Never knowing if there’s solid ground below [Senza sapere se sotto c’è terreno solido]

Or a hand to hold [O una mano da stringere]

Or hell to pay [O un mucchio di guai]

 

Intanto Yamato si è seduto di nuovo, sempre così maledettamente vicino da provocarle tanti stupidi brividi. Che motivo hanno di esistere?! Sarà la sua mano, ancora stretta nella sua, che lui non si decide a sottrarre. Chissà, magari fa piacere anche a lui quel contatto. Oppure ha solo paura di ferirla, togliendola.

Quante cose possono celare quegli occhi di ghiaccio?

Come si fa a decrittarli?

Con Taichi è più facile. È tutto più facile. Lui è così estroverso che sarebbe impossibile non riuscire a capire cosa frulla in quella testa castana.

Yamato no. Yamato è diverso. Con lui è tutto più…strano. Persino il battito del cuore è diverso. È più accelerato, ecco.

E forse, chissà, un giorno avrebbe accantonato il suo amore per Taichi e rivalutato ciò che provava per Yamato.

Senza preavviso. Giusto.

 

What do you say? [Che ne dici?]

What do you say? [Che ne dici?]

 

Oppure, era già cominciata e non se ne era neppure accorta.

Colpa della febbre, sì.

Le annebbiava la vista, le intorpidiva le membra, le ubriacava la mente, anche se non si era mai sentita tanto lucida come in quel momento.

 

E lui si ostinava a rimanerle seduto affianco, senza la voglia di dire alcunché, le braccia abbandonate sulle gambe lunghe e la mano fredda ancora avvolta da quella calda di lei.

E sulle labbra quell’adorabile broncio. Così…

Imbronciato.

 

Don't know much about your life [Non so molto della tua vita]

Don't know much about your world [Non so molto del tuo mondo]

 

 

 

Note: volevo semplicemente ringraziare tutti coloro che hanno letto questa one-shot un po’ particolare ambientata l’anno successivo a Digimon 01. Non è stato affatto facile descrivere il Yamato di quei tempi, decisamente più introverso e scontroso di quello di Digimon 02, perciò spero davvero di esserci riuscita. Che altro dire? Oh, beh, il motivo di questa fanfiction credo sia dovuto all’insonnia (Sae‼ Ti ricordi, vero? ^.-), alla splendida canzone riproposta che mi fa sempre sognare (senza sapere che anche la mia sorellina Sae l’ha utilizzata per una delle sue fanfiction! Ehi best, ormai ci leggiamo nella mente, proprio, eh?) e al sorato, senza cui la mia immaginazione non avrebbe senso di esistere. Diciamo che l’intento era quello di scrivere un po’ come sia iniziata tra loro, cosa ha fatto cambiare idea a Sora che da Taichi va ad innamorarsi poi del nostro caro Yamato. Anche perché, non so voi, ma nella mia mente bacata regna questa idea per cui Yamato si sia innamorato di Sora ben prima di lei. Ho sempre pensato che in qualche modo già in Digimon 01 lui abbia iniziato a vederla sotto un altro aspetto, non lo so, per certi sguardi o frasi non dette. E perciò in questa storia Yamato non va a trovarla proprio per i compiti, ma perché è un “egoista”, come si autodefinisce, in quanto lo fa diciamo più per se stesso che non per altro. Spero si sia capito il mio contorto ragionamento. @.@ Perciò…

Dedico questa fanfiction a tutti coloro che, come me, credono che Yamato e Sora siano destinati a stare insieme.

Detto questo non mi resta che ringraziare, come sempre, la mia sorellina Sae per il supporto e per l’incoraggiamento (senza di te sarei persa, lo sai no?), Sora89 per l’affetto con cui legge le mie fanfiction (sorato forever, giusto? ^.^), HikariKanna perché comunque trova sempre il modo per farmi sorridere (e per starmi vicina! Grazie, sei un tesoro!), DarkSelene89Noemi per la dedizione e la profonda pazienza con cui aspetta i miei aggiornamenti (sono pronti, lo giuro! E anche tu devi aggiornare, eh!), Kalie anche se non ci conosciamo poi molto per l’interessamento (scrivimi, scrivimi, scrivimi!), Kari89 perché nonostante sia una taiora convinta si appresta sempre a leggere le mie fanfiction sorato, DenaDena perché senza i suoi commenti non sarebbe lo stesso (sei un tesoro! ^.^), infine ma non ultime Beamerkecope, Apochan e Addison perché non smettono mai di seguirmi nonostante gli impegni (maledetta università‼). E poi, ovviamente, un caloroso grazie va a tutti coloro che apprezzeranno, commenteranno o semplicemente leggeranno questa cosina, senza di cui non avrebbe senso scrivere nulla alla fine.

Grazie ancora e alla prossima! Baci!

Memi J

 

[La canzone è “Taking Chances” di Celine Dion. Digimon e i suoi personaggi non mi appartengono ma sono © copyright del rispettivo autore e della casa. In entrambe i casi, comunque, non vengono ivi da me utilizzati a scopo di lucro ma per puro diletto.]

 

  
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