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Autore: Liaris_Giu_1D    07/08/2013    1 recensioni
Un amore impossibile in un mondo in cui niente è impossibile. Possono un cacciatore e la sua preda innamorarsi?
Lui: Bryan
Lei: Alexis
Lui: lo spietato cacciatore di sirene
Lei: principessa sulla terraferma e sirena carnivora in acqua.
Tratto dal prologo:
"Era un cacciatore, ne ero certa e il fatto che aveva appena ucciso una mia sorella senza scrupoli me lo confermò."
Tratto dal primo capitolo:
Bryan
"Era affascinante, non avevo mai visto una donna tanto bella. Forse fu proprio questo a farmi capire che non era una semplice donna"
Alexis
"Non mi toglieva gli occhi di dosso e io, d'altronde non staccavo i miei da lui, era il cacciatore che avevo visto, ne ero più che certa."
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CAPITOLO 3

 
Mia mamma si bloccò, come paralizzata smettendo di nuotare. Si voltò lentamente verso di me, un’espressione indecifrabile sul suo volto.
“Cosa?” chiese semplicemente, come se non avesse capito bene.
“L’ho incontrato per la prima volta al ballo, è il fratello di Diana, Patricia e Lana, ma non sapevo che fosse un cacciatore. L’ho visto per la prima volta di sfuggita durante una delle mie uscite e ha sparato ad una nostra sorella. Poi l’altra sera l’ho incontrato per la seconda volta e quando mi ha baciato la mano sono svenuta, come mi hai detto che è successo a te con papà. Ecco perché poi Vale mi ha portato da voi.” Sussurrai, quasi timorosa.
Mia madre mi si avvicinò piano, un’espressione dolce e materna sul viso. Mi poggiò delicatamente una mano sulla spalla e parlò: “Amore mio, sono così felice che finalmente hai scoperto chi era il ragazzo, uomo, destinato a te, ma sono così dispiaciuta che sia un cacciatore. Ti racconterò due storie simili alla tua, se le vorrai sentire.”
Annuii e lei cominciò: “Avevo una sorella, più grande di me di due anni, Eflia. Tua zia Eflia era destinata ad un cacciatore. Si odiavano ma al contempo si amavano. Lei non sapeva che fare, nostra madre era assolutamente imparziale e nostro padre non sopportava l’idea di vedere la sua figlia maggiore legata ad un cacciatore, un disprezzatore della nostra razza, un assassino. Lei impazzì, combattuta tra l’amore per il suo uomo e la decisione del padre. Il suo amato si era ricreduto sulle sirene e aveva giurato di non uccidere mai più nessuna di noi. Ma comunque nostro padre non si fidava e tua zia, in un momento di assoluta follia afferrò un coltello e lo piantò nel cuore del cacciatore, uccidendolo. Appena si riebbe e vide il cadavere del suo amato cacciatore estrasse il coltello e si uccise a sua volta, incapace di sopravvivere senza il ragazzo a lei destinato. Morirono entrambi quel giorno e nostro… Mio padre fu distrutto dal dolore e dai sensi di colpa. La nonna era l’ombra di se stessa, pallida e dimagrita. Io incontrai tuo padre due mesi dopo la morte di mia sorella e il nonno non disse nulla, approvò in silenzio e non discusse, accettando il fatto che era un umano. Non ha mai più ritrovato il coraggio di disprezzare quel che il legame unisce.”
Rimasi colpita, sconvolta da quella storia. Avevo una zia di cui non sapevo nulla che si è suicidata dopo aver ucciso l’uomo che amava. Guardai mia madre terrorizzata che potesse accadere anche a me una cosa del genere e lei mi fissò truce. Sentii i miei occhi riempirsi di lacrime che andarono disperdendosi nell’acqua salata. Mia madre sorrise piano, rassicurante.
“Non ti ho raccontato questa storia per spaventarti, nemmeno per dimostrarti che è sbagliato cercare di dividere ciò che il destino vuole unire, no. Te l’ho raccontata per farti capire che l’amore tra cacciatori e sirene non è mai facile. Ma vuoi sentire una storia a lieto fine tra una di noi e uno di loro?” chiese sorridendomi.
Annuii, volevo essere rassicurata.
Mia madre sorrise.
“ La mia domestica preferita, una dolce ragazzina di poco più di quindici anni, timida e riservata, salì in superficie per una commissione: recuperare delle erbe medicinali che sott’acqua non crescono. Camminava a testa bassa quando finì addosso ad un giovane ragazzo più grande di lei di circa quattro o cinque anni. Gli svenne tra le braccia e lui la portò con se, a casa sua. Si prese cura di lei, curandola e aiutandola a rimettersi in sesto. Dopo quasi un mese lui cominciò a sentire dolori sempre più forti alla gola e un giorno cadde addirittura a terra tenendosi la gola per il troppo dolore. Lei, capendo ciò che stava succedendo, prese tutto il coraggio che possedeva e lo baciò, annullando all’istante i dolori dell’uomo che non riuscì a fare a meno di manifestare i suoi sentimenti e il suo desiderio per quella ragazza, che l’aveva colpito fin da subito. Si raccontarono tutto quella notte, mentre si scoprivano a vicenda, unendo i loro corpi e le loro anime. Lui le disse di essere un cacciatore e lei gli confessò di essere una sirena. A nessuno dei due importava cosa fosse l’altro, l’unica cosa che volevano era stare insieme e da quel giorno lo fecero. Tornarono una sola volta a palazzo, un anno dopo, una fede al dito e un bambino in fasce in braccio. La mia domestica mi raccontò questa storia e io ne rimasi colpita. Sai ora dove sono quei tre? Sono la duchessa Liza, il duca Hylder e loro figlio Alexander.” Mia madre concluse il suo racconto facendomi un occhiolino. La guardai incredula.
“Dite davvero? Io non credevo che… Wow… È una storia così bella…” sussurrai. Mia madre sorrise. Conoscevo quella famiglia, Alexander era un mio grandissimo amico e compagno di giochi fin dall’infanzia, non credevo che suo padre fosse un ex cacciatore.
Com’è strana la vita, a volte, unisce ciò che noi vogliamo separare e separa ciò che noi vogliamo unire. Sorrisi guardando mia madre.
“Forza, andiamo che il nonno ci aspetta” mi sorrise riprese a nuotare.
“Lexi bella, figlia mia, sappi che non mi opporrò alla tua unione con quel ragazzo, a patto che mi dimostri il suo valore. Tuo padre mi ha informato della proposta di farci aiutare dai cacciatori nell’imminente battaglia e sono certa che tu hai già contattato il tuo cacciatore… Cosa ti ha risposto? Cosa vuole in cambio?”
Sorrisi: mia madre era una donna che andava dritta al punto, senza troppi giri di parole.
“Madre, mi conoscete fin troppo bene e sapete che odio rimandare quel che posso fare subito, perciò si, ho già chiesto l’aiuto del cacciatore e ho promesso un’ingente somma di denaro a coloro che ci aiuteranno. Ma a lui ho promesso che cercherò un modo per scindere il legame che pesa ad entrambi. Voi sapete se esiste un modo?”
Avevo ripreso ad usare il voi per rivolgermi a lei, visto che eravamo in un territorio prossimo a Byon, la città sott’acqua su cui un giorno avrei regnato. Mio fratello avrebbe infatti ottenuto il trono sulla terraferma mentre io quello sott’acqua, come prevedevano le leggi della terraferma secondo cui al primogenito spettava la corona.
“No, mia cara, purtroppo non conosco un modo, forse il nonno lo conosce. Ma sappi che noi non potremmo mai dividere ciò che il destino ha deciso di unire, un modo per rimetterli insieme lo troverà sempre.” Disse piano mia mamma mentre raggiungevamo i cancelli d’ingresso dell’enorme città di coralli. Due guardie dalla coda verde e con una lancia in una mano presidiavano l’ingresso e appena ci videro arrivare si esibirono in un inchino aprendo gli enormi cancelli formati da tantissime spugne di mare. La vista che ci si presentò fu uno spettacolo unico e mi fermai qualche secondo ad ammirare il mio regno.
Era una città vera e propria, come quelle in superficie ma formata interamente di coralli, spugne di mare, anemoni, alghe e altre miriadi di specie marine. La strada era lastricata da spugne, le case più grandi erano di corallo e, al posto dei fiori che sulla terra si trovavano nelle terrazze, qui c’erano vasi di anemoni rigogliosi.
Sirene dalle code di tutti i colori sfrecciavano o nuotavano piano dirette chissà dove. Vari gruppetti di maschi sostavano davanti ai bar e fischiavano al passaggio delle ragazze più belle.
Sorrisi e raggiunsi velocemente mia madre che era qualche metro più avanti. I gruppetti che prima facevano apprezzamenti vari si zittivano al nostro passaggio salutandoci con inchini rispettosi e sorrisi ammirati. Io rispondevo a tutti coloro che ci salutavano con un sorriso e un saluto mormorato mentre mia mamma sorrideva gentile a tutti.
In poco raggiungemmo il palazzo reale, un’enorme costruzione interamente composta dai coralli più rari e preziosi del regno, con varie decorazioni di conchiglie e alghe che formavano disegni intricati su tutta la facciata e rendevano uniche le altissime torri. Sorrisi guardando lo stemma del mio regno al centro della facciata principale, sopra il grande portone: una corona d’argento con una pietra azzurra al centro su uno sfondo bianco, con fili azzurri e blu che sembravano nascere dagli angoli dello stemma e si intersecavano tra loro e si moltiplicavano. Una cornice blu scuro con fili azzurri circondava lo sfondo bianco della corona e in alto, al centro, vi era la scritta bianca con contorni blu che recitava il motto di famiglia: “Reclama Te Stesso”.
Era la Corona Perduta, il più potente manufatto del regno delle sirene. Era andata perduta più di cent’anni fa, nessuno sapeva nulla se non che era stata rubata. Da chi, resta ancora un mistero. Sorrisi scambiando un’occhiata con mia madre ed entrammo. All’interno, il palazzo era bellissimo. Mia nonna e mio nonno, i sovrani, amavano mantenere una forma umana all’interno del castello, per cui appena si entrava era obbligatorio riprendere sembianze umane, data la mancanza di acqua.
Gli arredamenti erano di un pregiato legno della terraferma e richiamavano lo stile moderno antico del castello sulla terraferma. Immediatamente il mio sguardo cadde su mia nonna Camille che parlava animatamente con delle serve.
Era una donna arzilla, capelli grigi sempre in rodine, espressione sicura di sé e dolcezza e fierezza negli occhi verdi, vestiti sempre eleganti e portamento fiero. Sorrisi vedendola che si voltava verso di noi e si illuminava in un sorriso venendoci incontro.
L’abbracciai e sorrisi.
“Ciao nonna” dissi e lei mi sorrise per poi abbracciare mia madre.
“Oh tesoro, chi è lui?” mi domandò dopo essersi staccata da mia mamma. La guardai confusa e lei si spiegò.
“Chi è il fortunato che ha avuto l’onore di essere legato a te?” la guardai con la mascella che  quasi toccava terra.
“Su, chiudi la bocca, non è educato tesoro” mi rimbeccò poggiandomi due dita sul mento e chiudendomi la bocca. Sorrisi e decisi di rispondere.
“Nonna, ma come fai a saperlo?” il sorriso materno che mi rivolse mi fece quasi arrossire mentre pronunciavo queste parole.
“Bambina mia, la luce che hai negli occhi è la stessa che ha tua madre da quando è legata a tuo padre ed è la stessa che ho io da quando sto con tuo nonno. Il legame illumina lo sguardo di chi ha trovato la sua anima gemella.” Mi fece l’occhiolino e sorrisi imbarazzata.
“Un cacciatore, nonna. Lui è… Un cacciatore.” Sussurrai abbassando lo sguardo. “Ci odiamo a pelle, come può essere che siamo destinati?” domandai quasi disperata.
“Cara, non sempre quello che ci dice il cervello corrisponde a ciò che vuole il cuore. Gli occhi vedono una cosa, il cuore un’altra.” Mi rispose accarezzandomi dolcemente una guancia.
“Su, ora andiamo a parlare con tuo nonno, ho come la sensazione che devi chiedergli qualcosa.” Disse tornando la regina fiera e sicura.
Io e mia madre la seguimmo attraverso quei corridoi che conoscevo come le mie tasche. Poi mi ricordai che indossavo solo il costume da bagno e Camille annuì in risposta al mio sguardo. Cambiai direzione lasciando le due donne a proseguire la loro strada. Mia madre era andata a cambiarsi mentre parlavo con mia nonna.
Sovrappensiero finii addosso a qualcuno dopo aver svoltato velocemente imboccando un altro corridoio.
“Oh, perdonami, non ti avevo visto” quella voce la conoscevo. Alzai lo sguardo incontrando quello verde di un ragazzo che conoscevo bene. Barbetta marrone incolta, capelli dello stesso colore perfettamente disordinati, sigaretta tra le dita e fisico… Ehm, ben piazzato, diciamo.
“Alexander” dissi.
“Alexis” esclamò sorpreso.
“Quando sei tornata?” chiese abbracciandomi. Ricambiai l’abbraccio ridendo.
“Cinque minuti fa” ridemmo entrambi. “Stavo andando a cambiarmi, mi accompagni?” annuì e cominciammo a camminare uno di fianco all’altro verso le mie stanze. Gli raccontai le ultime novità, compreso del legame e lui mi raccontò che aveva trovato anche lui la sua anima gemella.
“Te la farò conoscere, mi ha accompagnato per chiedere a tuo padre se ci può sposare lui, sai, ci tenevamo…”
“Oh ma che cosa dolce!” dissi con gli occhi a cuoricino abbracciandolo di nuovo. “E così lo scapolo più ambito del regno sommerso si sposa, eh?” chiesi maliziosa staccandomi dall’abbraccio. Lo vidi arrossire leggermente e sorridere imbarazzato.
“Già, Séraphine mi ha cambiato.” Sorrisi vedendolo con gli occhi sognanti mentre pronunciava questa frase.
“Francese? Io adoro il francese!” esclamai e lui rise di gusto.
“Si, è francese, l’ho conosciuta mentre vagavo per la costa della Francia e ci siamo scontrati.”
“Sono svenuta e si è preso cura di me finché non mi sono svegliata, ci siamo presentati e abbiamo iniziato a parlare. Non so quando ho scoperto che, legame a parte, mi sono innamorata di lui.” Disse una bellissima ragazza bionda mentre ci raggiungeva con passo elegante e accento francese che rendeva bellissimo il suono di ciò che diceva. Era davvero molto bella, occhi verde marrone molto chiaro e lineamenti delicati. Mi ritrovai a sorridere mentre lei si rifugiava tra le braccia di Alexander con naturalezza. Si abbracciarono e rimasero con un braccio attorno all’altro anche quando sciolsero l’abbraccio.
“Ser, lei è la principessa Alexis. Lexi, lei è Séraphine, la mia fidanzata.” Ci presentò Alex. Feci per stringere la mano della ragazza quando mi abbracciò. Ricambiai felice. Ero contenta che fosse lei la ragazza destinata al mio migliore amico, mi stava simpatica.
“Oh, Alexander mi ha parlato così tanto de toi! Tu est trés trés belle! Il n’a pas menti!*” disse e rimasi affascinata dal suo perfetto accento francese.
“Oh… Ehm, merci beaucoup.” Risposi titubante. Lei mi sorrise e tornò ad abbracciare il suo ragazzo.
“Mi piacerebbe conoscerti meglio, sai, mi ha detto Alexander che sei praticamente una sorella per lui.”
Amavo l’accento francese, non mi sarei mai stancata di dirlo.
“Adoro il tuo accento, sai?” le chiesi e lei ridacchiò per poi battere le mani contenta.
“Et J’adore ton accent! Est-tu d’accord, Alex?”
Lui scosse la testa. “Preferisco il tuo di accento, sono d’accordo con Alexis, mon amour”
Vidi Séraphine fare una smorfia. “Il tuo accento est terrible! Non parlare più en francais, s’il te plaît.” Disse allontanandosi da lui e tutti ridemmo.
“Oddio ragazzi, mi piacerebbe veramente rimanere ma ho un’udienza con il nonno!” esclamai ricordandomi improvvisamente del perché mi trovavo qui.
“Va pure, tornerai a trovarci o dobbiamo venire noi sulla terraferma a darti linvito per le nozze?” domandò Alex sorridendo e abbracciandomi. Abbracciai anche Séraphine e ridendo dissi. “Verrò, forse” ridemmo nuovamente.
“Ok, io vado, ciao piccioncini!” li salutai allontanandomi verso le mie stanze. Entrai e mi fiondai all’armadio, recuperando dei pantaloni lunghi e un maglione a maniche lunghe. Faceva freddo sott’acqua, soprattutto a queste profondità. Ripercorsi la strada verso l’ufficio del nonno e bussai piano prima di entrare. Il camino acceso alla mia destra riscaldava l’ambiente e gli dava un aspetto accogliente. Davanti al camino, rivolte verso di esso c’erano due poltrone imbottite sulle quali da piccola mi accoccolavo mentre il nonno mi raccontava storie. Di fronte a me una finestra da cui si vedevano pesci di tutte le taglie che nuotavano tranquilli e guardie che presidiavano l’ingresso del giardino. Alla mia sinistra la scrivania del nonno e dietro di essa tutto il muro era ricoperto da una libreria che si interrompeva solo per lo spazio necessario ad ospitare un quadro con la foto della Corona Perduta. Sopra il camino, alla stessa altezza a cui era posto il quadro con la Corona, vi era quello del mio bisnonno, Re Jilmer.
Mia madre e mia nonna erano sedute sulle poltrone e mio nonno era alla scrivania.
“Ciao nonno” esclamai andando ad abbracciarlo.
“Xsisa cara come va?” feci una smorfia andando a sederti a terra davanti al fuoco, abbracciando le ginocchia e tirando giù le maniche, tanto da coprire le mani. Fissavo il fuoco mentre rispondevo.
“Nonno, lo sai come va, mamma te l’ha raccontato, vero? Siamo prossimi ad una guerra, la mia squadra sta lavorando per selezionare nuovi ragazzi da addestrare che non avranno un anno intero per imparare, avranno si e no tre mesi per diventare perfette macchine da guerra. Sono legata ad un cacciatore a cui ho chiesto una cosa praticamente impossibile che sono sicura, più o meno, non farà e gli ho promesso in cambio una cosa che non posso dargli.”
La mia voce si affievoliva ad ogni parola che pronunciavo e finii per nascondere il viso nelle ginocchia che strinsi ancora di più al petto. Ero disperata, nulla andava per il verso giusto e io stavo perdendo la mia classica freddezza, il mio sangue freddo, quello che mi caratterizzava in situazioni come questa.
“Ma bambina mia, i tuoi soldati sono ottimi combattenti e saranno in grado di trasformare quei ragazzi in perfette macchine da guerra, come dici tu, in poco tempo, vedrai. E poi ci siamo noi. Lo so che nessuno è al corrente della nostra esistenza ma possiamo far sparire miracolosamente intere imbarcazioni di soldati nemici, se vuoi. E poi ho ottimi combattenti tra le mie schiere che se la cavano anche sulla terraferma, potrei cederti qualche battaglione. Non serve necessariamente l’aiuto dei cacciatori, anche se sono scuramente all’altezza dei tuoi migliori soldati, considerando il duro allenamento a cui sono sottoposti.” A quella dichiarazioni mi alzai di scatto raggiungendo mio nonno che era comodamente seduto alla scrivania ad analizzare carte di chissà che genere.
“Nonno, è impossibile che dei semplici contadini cresciuti nella miseria siano in grado di eguagliare la mia squadra. È un’offesa per i miei combattenti.” Dissi, arrabbiata.
“Mia cara, tu hai mai visto un cacciatore combattere nel pieno delle sue facoltà? Senza freno alcuno alla sua potenza?” domandò il nonno abbassando le carte che aveva in mano e fissandomi con sguardo duro. Abbassai lo sguardo e scossi la testa.
“Ti consiglio di provare ad osservare la grazia che uno di loro è capace di combinare alla forza durante un combattimento. Non ti accorgeresti nemmeno di quanto sono veloci, saresti morta in poco più di un minuto, se solo si mettessero d’impegno.” Lo sguardo di mio nonno era duro, come se lo avessi offeso nel profondo. Poi ricordai. Il duca Hylder, l’ex cacciatore era molto amico di mio nonno, nonostante la differenza d’età.
“Perdonate nonno, non intendevo offendere i cacciatori”
“Però è quello che hai fatto, bambina. Ma non te ne faccio una colpa, sei solo molto stressata ultimamente.” Il suo sguardo si era addolcito.
Feci un pallido sorriso mentre tornavo a sederti di fronte al fuoco, nella stessa identica posizione di prima.
“Comunque non resta altra scelta, dire a Bryan che non posso scindere il legame.” Sussurrai sconfitta poggiando il mento sulle ginocchia.
“Mia cara, un modo per scindere il legame vi è eccome!” esclamò mio nonno. Mi voltai di scatto verso di lui, sorpresa.
“Cosa? Io non ne sapevo niente!” protestai. Mi accorsi solo in quel momento che mia madre e mia nonna erano uscite, lasciandoci soli. Il nonno sorrise guardandomi.
“La Corona Perduta. Solo quella può dividere due cose che sono state unite. Ma attenta, una volta che il legame sarà scomparso, non potrete mai più toccarvi. Altrimenti il legame scatterebbe immediatamente e potrete dire addio ad ogni altra possibilità di neutralizzarlo. Il legame diventerebbe più forte di qualsiasi altro. Comincerebbe a tirarvi uno verso l’altro, inconsapevolmente comincerete a cercarvi in ogni secondo. I tuoi pensieri saranno i suoi, le tue emozione saranno le sue. Qualsiasi cosa tu stia facendo, lui saprà esattamente dove sei e che fai e viceversa. Sarà quasi un incubo che vi terrà svegli anche la notte. Ma tutto questo accadrà solamente se cercherete di rimanere lontani, di rinnegare il potere del legame e l’amore che sboccerà inevitabilmente. Se deciderete spontaneamente di toccarvi nuovamente, dovrete essere sicuri dei vostri sentimenti, o sarà un inferno. Solo nel caso in cui vorrete ricreare il legame, allora esso avrà effetti meno potenti, la tua mente sarà la sua per un tempo determinato, quello che serve perché ognuno di voi sappia esattamente tutto sull’altro, poi il legame tornerà ad essere come quello che state provando ora, ma molto più potente.” Mio nonno sembrava un’enciclopedia vivente quando faceva così, parlava senza quasi prendere fiato ripetendo le esatte parole che venivano usate nel libro da cui erano tratte. Annuii concentrata. Poi espressi i miei dubbi con un’unica domanda.
“Dove si trova, ora, la corona? Da quello che viene raccontato in proposito, è scomparsa più di cent’anni fa…”
Il sorriso furbo che mi rivolse il nonno mi mise quasi paura.
“È questo il bello, nipote. La Corona decide da sola a chi mostrarsi. Per trovarla ci sono milioni di indizi che si possono seguire, sta solo a te capire quali sono fasulli e quali veri. La Corona è più vicina ma anche più lontana di quello che pensi.” Mi fece  l’occhiolino concludendo e alzandosi dalla sedia. Mi si avvicinò e mi posò la mano sulla spalla sorridendo gentile.
“Buonanotte nipote.” Sussurrò per poi chinarsi a baciarmi la fronte ed uscire dallo studio. Mi accoccolai sulla poltrona, rannicchiandomi su me stessa.
Bryan, mi senti?
Pensai, non sapevo perché ma avevo voglia di sentirlo, dopo una giornata così faticosa.
Alexis.
Il mio nome pronunciato dalla sua voce nella mia testa. Sentii un brivido percorrermi la schiena accorgendomi di quanto bello sembrasse il mio nome se a pronunciarlo era lui.
Che fai?
Una domanda idiota e scontata, la mia.
Mi sto allenando, ho appena finito di cenare. Tu?
Mi persi qualche secondo a guardare le fiamme che ardevano nel camino. Era un controsenso pensare che ci fosse del fuoco sott’acqua, eppure eccolo qui, davanti a me.
Niente di interessante. Vorrei vederti mentre ti alleni, un giorno di questi, mi è stato consigliato di osservare un cacciatore all’opera, senza freni alla sua forza.
Percepii chiaramente che stava sorridendo anche se non era qui.
Con piacere principessa. Vieni qui e mi vedrai.
Rimasi sorpresa da quell’affermazione. Era pericoloso, sentivo, dai pensieri precedenti di Bryan, che era nel luogo dove c’erano almeno altri tre cacciatori, oltre a lui. Eppure era così eccitante l’idea di andare a trovare il nemico nella sua tana.
Dimmi dove sei, arrivo il più velocemente possibile.
Avevo deciso, era fatta. Mi alzai velocemente e corsi fuori dallo studio del nonno per raggiungere l’ingresso. Alexander e Séraphine erano lì nell’ingressso, abbracciati e parlavano con calma. Mi avvicinai sorridendo e li salutai.
“Alex, Séraphine, potreste avvertire voi mia madre che torno in superficie ma non vado al castello, sono di fretta.” Sorrisi cercando di non far capire che stavo, sicuramente, per cacciarmi nei guai.
“Certo, ciao Lexi, ci vediamo presto per consegnarti l’invito.” Mi abbracciarono entrambi e li salutai per poi uscire dal palazzo dopo essermi spogliata nell’ingresso. Mi trasformai e cominciai a nuotare.
Siamo nel bosco a sud del castello.
Sorrisi indirizzandomi verso la direzione che Bryan mi aveva indicato.
Posso arrivarci a nuoto in poco tempo, poi mi dovrai guidare.
Sorrisi aumentando la velocità muovendo più velocemente la coda.
 Ti vengo a prendere sul limitare del bosco dalla parte del mare e ti accompagno.
In poco tempo vidi l’immagine distorta della luna attraverso l’acqua.
Sono già qui.
Pensai mentre emergevo dall’acqua e mi portavo i capelli bagnati indietro con le mani e poi me le passavo sul viso.
Ti sto guardando. Emersione dall’acqua con stile, ti do un otto e mezzo scarso, puoi fare di meglio.
Risi cominciando a muovere piano la coda per avvicinarmi alla riva e rimanere can la testa in superficie. Eccolo lì, solo dei pantaloni bagnati di una tuta addosso e ancora tutto gocciolante. Sorrisi mentre sollevavo la coda all’indietro sopra il pelo dell’acqua e poi la riemergevo in acqua con una spinta molto forte e mi ritrasformavo. Mi guardò ammirato mentre mi alzavo in piedi e camminavo verso di lui, in costume da bagno e come se emergessi dall’acqua, come avevo fatto.
Piano lo raggiunsi e mi strizzai i capelli con le mani salutandolo.
“Vieni”
Una sola parola. Lo seguii attraverso la boscaglia e sbucammo in una grandissima radura con una piscina altrettanto grande. Il dislivello di quest’ultima ricordava quello del mare. Notai varie armi a t5erra e due persone in un angolo. L’unica luce era quella della luna che rischiarava la radura. I due ragazzi si avvicinarono lentamente e riconobbi i due fidanzati con cui stava parlando Bryan e di cui avevo chiesto a sua sorella. Shane e Adara, mi sembra si chiamassero.
“Ragazzi, lei è Alexis, la principessa. Alexis, loro sono Shane e Adara, altri due cacciatori” ci presentò Bryan.
“Piacere” dissi senza paura.
“Il piacere è nostro, principessa” disse la bionda, Adara. Sorrisi.
“Perché è qui?” domandò Shane fissando in modo indecifrabile Bryan accanto a me. Lui si strinse nelle spalle.
“Le ho detto che poteva venire per vederci all’opera.”
“Naturalmente, quello che vedrò qui rimarrà qui. Volevo solo cimentarmi in uno scontro alla pari con un cacciatore esperto.” Mi affrettai ad aggiungere. Inaspettatamente i tre sorrisero.
“Mia cara, allora sei nel posto giusto.” Ammiccò Shane. Ero confusa, non capivo proprio questi ragazzi. Prima mi odiano a morte e non vogliono vedermi e poi mi invitano direttamente a casa loro. Bryan e Shane cominciarono a correre e si tuffarono nella piscina velocissimi. Adara li seguì dopo poco e decisi che non volevo essere da meno. Mi avvicinai lentamente al bordo e mi tuffai in modo impeccabile trasformandomi nell’esatto istante in cui il mio corpo toccava l’acqua. Riemersi dopo poco con grazia, facendo uscire prima il viso e facendo in modo che i capelli bagnati rimanessero indietro e non mi finissero sul viso. Nuotai leggermente e mi voltai verso i tre che ora erano fermi e mi guardavano ammirati.
“Che c’è, non avete mai visto una sirena trasformata?” domandai seccata facendo scendere la coda e mettendomi in posizione eretta nell’acqua alta.
“No.. cioè si, ma mai così da vicino e al di fuori di un combattimento” balbettò Adara. Sorrisi.
“Oh beh, avete di fronte il più bell’esemplare del mio regno, non poteva capitarvi di meglio come… Ehm.. Prima volta?” dissi ridendo piegandomi all’indietro per far risalire la coda in modo che potessero vederla sotto la luce della luna.
“Wow” sussurrò Bryan.
“Sorpreso?” chiesi visibilmente divertita dalla sua reazione. Si ripresero tutti e tre in fretta dallo stupore e mi fissarono tutti con un mezzo sorriso. Senza preavviso, Adara mi si scagliò contro. Era rallentata visibilmente dall’acqua ma potei notare con sorpresa che si muoveva veloce lo stesso. M’immersi rapidamente e passai sotto di lei afferrandole i piedi e risalendo tenendoli con le mani. Lei urlò mentre veniva inevitabilmente sbilanciata e finiva con la testa sott’acqua. Riemerse subito, dopo essersi ripresa dalla sorpresa per quella mossa inaspettata. Mi venne incontro e provò a colpirmi con un pugno. Di nuovo m’immersi e lei fece lo stesso. L’unica differenza era che io ero in grado di muovermi a velocità quasi normale e respiravo sott’acqua, mentre lei no. Ero decisamente in vantaggio. Cominciammo a lottare senza freni, usando tutte le tecniche che conoscevamo. Dopo mezz’ora abbondante, riuscii ad imprigionarla e vinsi l’incontro. Esultai mentre mi appoggiavo con le braccia al bordo della piscina e allungavo la coda dietro di me.
“Ma tu non eri bionda?” mi domandò Bryan confuso. Sorrisi.
“Complimenti per lo spirito d’osservazione. I miei capelli cambiano colore in base alla trasformazione. Quando sono umana sono bionda e quando sono sirena mora.” Spiegai facendo leva sulle braccia per uscire dall’acqua. Mi ritrasformai in meno di un secondo ed eccomi in piedi.
“Ti va un combattimento ad armi pari sulla terraferma?” mi chiese Bryan avvicinandosi con due spade in mano.
Annuii e presi una delle spade dalla sua mano. Mi misi in posizione di difesa e aspettai, lasciando che fosse lui il primo a colpire. Scattò in avanti con un affondo e prontamente misi l’arma di traverso per fermare il suo colpo. All’ultimo secondo la lama si abbassò per risalire in un fendente dal basso. Velocemente saltai all’indietro per poi fare una giravolta su me stessa con la spada tesa. Lui fece appena in tempo ad allontanarsi che subito ripartii all’attacco e le lame si scontrarono per la prima volta con il classico rumore di acciaio contro acciaio. Ritirai la lama e girando nuovamente su me stessa con la punta della spada verso l’alto mi preparai a colpirlo con un affondo laterale. Lo parò con non poco sforzo e subito spinse con la spada verso la mia sfidandomi in una prova di forza. Ci avvicinammo sempre più, le spade a dividerci e un’espressione impassibile sul volto di entrambi.
“Non ho ancora cominciato a duellare sul serio” affermò lui fissandomi dritto negli occhi.
“Nemmeno io se è per questo” risposi impressi maggiore forza sulla lama e lui si allontanò. Rimase qualche secondo a studiarmi prima che il vero combattimento iniziasse. E allora cominciammo a danzare, una danza vecchia di secoli la cui musica erano i nostri respiri appena affannati e il clangore delle lame che si scontravano.
Era quasi un’ora che andavamo avanti così, la mezzanotte era passata da un pezzo, quando all’improvviso i colpi di Bryan divennero meno potenti e persero di frequenza. Diminuii a mia volta l’intensità del combattimento mentre lo guardavo.
“Bryan! Bryan che hai!?” urlò qualcuno dietro di me. Immediatamente mi voltai e vidi Adara sul limitare della foresta. Accanto a lei, Shane guardava preoccupato l’amico che stava duellando con me. Abbassai la spada e lo costrinsi a fare lo stesso, afferrandogli un polso. Faticava a deglutire e sul suo viso comparve un’espressione di dolore.
Alexis!
Un urlo nella mia testa. Bryan mi guardava mentre si portava piano una mano alla gola. In quell’stante capii.
“Acqua! Aiutatemi a portarlo in acqua!” urlai prendendo un braccio di Bryan e mettendomelo sulle spalle. Shane si precipitò verso di noi e Adara lo seguì. Shane afferrò l’altro braccio del ragazzo e cominciammo a camminare portandolo con noi. “Acqua di mare, dobbiamo portarlo nell’Oceano!” dissi in preda ad una specie di crisi di panico.
Che sta succedendo? Perché l’acqua di mare? Non posso trasformarmi! Non mi sono mai trasformato prima, non può essere così avanzato il legame!
Urlò nella mia mente.
Sta calmo, ok? So quello che faccio!
Cominciavo ad essere irritata, oltre che spaventata.
E allora spiegami a cosa serve portarmi in mare!
Sbuffai cercando di andare più velocemente e notando che le gambe di Bryan stavano cominciando a strisciare sul terreno, invece di muoversi come pochi minuti prima.
L’acqua aiuta, se ti bacio mentre siamo in acqua non rischio di trasformarmi e cadere a terra.
Risposi stizzita scambiando un’occhiata preoccupata con Shane: anche lui aveva notato che Bryan non muoveva più le gambe.
Cosa significa?
Chiese. Arrossii di botto.
Le emozioni che un bacio scatena può essere in grado di farmi trasformare all’istante e, se siamo in acqua c’è meno probabilità che io cada a terra. E poi tu dovrai comunque provare a respirare sott’acqua, mio caro, perciò perché non subito?
Chiesi mentre cominciavo ad intravedere gli ultimi alberi. Ma era un’impressione mia o quando ero arrivata la strada era più breve?
Quindi adesso noi… Cioè, noi ci baceremo?
Sembrava un bambino. Arrossii ancora di più.
N, balleremo la conga in acqua!
Risposi sarcastica. E ridacchiai tra me e mentre scendevamo sulla spiaggia con Bryan che ormai era un peso morto, quasi.
La conga? Ma che cazzo dici? Ti pare questo il momento di scherzare?
Sbuffai.
 Si, ci baceremo, è l’unico modo per farti passare il male alla gola.
Un respiro tremante gli sfuggì dalle labbra e lo vidi fare una smorfia di dolore. Finalmente, dopo quelli che sono sembrati secoli, raggiungemmo l’acqua e io e Bryan cominciammo a nuotare, lasciando Shane sulla riva a guardarci. Lo trascinai, quasi, fino a dove l’acqua era profonda e nessuno dei due toccava il fondo. Mi avvicinai e lo fissai negli occhi.
Su, fallo.
Lo spronai.
Lo guardai e lui si avvicinò, poggiando le mani sulle mie guance e avvicinando lentamente il viso al mio. Le sue labbra si posarono sulle mie e dimenticai tutto, c’eravamo solo io e lui, Alexis e Bryan, solo noi. 



Ehilà! 
Come va? Scusate l'immenso ritardo ma mi sono innamorata del libro La Sedicesima Luna e poi ieri è nata la figlia della cugina di mio papà e siamo tutti felicissimi! *-* 
Vabbuò, torniamo al capitolo... Che ve ne pare? Io ho deciso che non faccio commenti... A proposito, ecco la traduzione di quelle frasi in francese: 
Séraphine: "Oh, Alexander mi ha parlato così tanto di te! Tu sei molto molto bella! Non ha mentito!"
Alexis: " Oh... Ehm, grazie mille" 
Séraphine: " E io adoro il tuo accento! Sei d'accordo, Alex?" 
Alexander: "Mon amour = Amore mio"!  (Ma questo è ovvio XD) 
Séraphine: " Il Tuo accento è terribile! Non parlare più in francese, ti prego!" 

Ok, a voi i commenti su tutto, vi lascio le foto dei personaggi: 

Alexander e Séraphine: 



I nonni: 



Ed ecco lo stemma di famiglia (Fatto da mia sorella): 



Poi, ho provato a fare il trailer video, ditemi se fa schifo, io provo a lasciarvelo :) 

 http://www.youtube.com/watch?v=1_sRm6PLBnA&feature=youtu.be

V
ado, 
VI ADORO!
Baci, 
Giu.
  
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