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Autore: POlicOlOr    07/08/2013    5 recensioni
Poteva Snow avere un cuore? Forse sì, magari no.
Però in qualche modo doveva amare, visto che amava Lei.
E avrebbe fatto di tutto per proteggerla. Per salvarla.
Sarebbe anche stato disposto a morire, per Lei.
La sua piccola rosa bianca.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Presidente Snow
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Rosa Bianca

Rosa bianca

Era finita.
Snow si chiese come avesse fatto a finire in quella situazione. Ormai non c'era più via di fuga, niente posti dove scappare ancora, nessun nascondiglio dove rifugiarsi un'ultima volta. Non che gliene importasse, certo; la sua vita aveva perso significato da anni. Forse da quando era diventato Presidente di Capitol City, chissà. All'inizio gli era sembrata una cosa magnifica; quanto lo divertiva organizzare gli Hunger Games. Le sue arene, le sue regole, i suoi Giochi.

Il dolore delle manette lo riportò alla realtà, volente o nolente. Lo sguardo gli cadde su un fiore che aveva sul petto, proprio sul cuore.
Una rosa bianca. E vedendola sorrise.
In fondo, Coriolanus Snow un cuore ce l'aveva. Forse piccolo, forse insignificante, addirittura microscopico, ma ce l'aveva. E quando si rese conto che il suo era un sorriso sincero, sorrise ancora.
Due veri sorrisi in un giorno, avrebbe dovuto scriverselo.
Delle urla giunsero alle sue orecchie, distraendolo di nuovo dai suoi pensieri. Lo sguardo ancora inconsciamente posato sulla rosa.
Che buffo. In quella situazione c’era finito solo per quel minuscolo fiore. E, forse, anche il suo minuscolo cuore aveva contribuito.

Ricordava come se fosse ieri il giorno in cui la sua vita perse definitivamente senso: era comodamente seduto nella sua poltrona di pelle, nel suo lussuoso e ornato ufficio, mentre osservava distrattamente la diretta delle mietiture di quell’anno, proiettate sulla parete di fronte a lui. Quelle mietiture, come tutte le altre, non meritavano la sua attenzione. Anzi, stava quasi per interrompere la trasmissione, quando sentì il grido di una volontaria trapassargli i timpani. Sgranò gli occhi e, con orrore, vide che era il distretto 12. Non poteva essere... Di sicuro c'era qualcosa di sbagliato. Avrebbe perfino ammesso di essere stato lui a sbagliare, se fosse servito a cambiare gli eventi. Ma ormai era troppo tardi. Le mietiture erano giunte al termine, e lo schermo si era spento con l'affievolirsi dell'inno.
Il suo stesso inno.
Lei era in pericolo. Offrirsi volontari nel distretto più povero del Paese non era assolutamente normale... E lui sapeva che quello era solo l'inizio.

Snow riaprì gli occhi. Mentre pensava doveva averli aveva chiusi, ma scattarono subito all'ascoltare una voce femminile, anziana e anche un po' sbrigativa, come se non vedesse l'ora di finire il suo noioso discorso per poter vederlo morire.
Snow sghignazzò beffardo davanti alla patetica ingenuità di quella donna, tornando a immergersi nel suo angolo di ricordi più remoto, quello che quella vecchia e viscida serpe non era riuscita a strappargli via.

Lui per quei Giochi aveva fatto di tutto. Aveva cercato di cambiare gli eventi. Lei doveva salvarsi. Non avrebbe mai permesso che si mettesse in pericolo. Ma i suoi piani presero fuoco nel momento in cui quel visionario di Caesar Flickerman annunciò gli “Innamorati Sventurati del Distretto 12”.
Snow era disperato. L'ennesima anomalia, non l'aveva previsto. Ora non sapeva se sarebbe riuscita a proteggerla. Ma doveva. Non avrebbe permesso al suo piccolo fiore di appassire senza lottare.
Il suo piano rinacque dalle ceneri. E continuò.
Dopo giorni (che a lui parvero anni) passati ad osservare l'arena, ce la fece. Più o meno.
La salvò, anche se momentaneamente.
Ma Snow... Lui non era un ingenuo. Non si aspettava che finisse così. Sapeva che erano appena cominciate le insurrezioni. E solo perché Seneca l'aveva permesso. Era esattamente come la prima volta... E le immagini dei Giorni Bui fecero capolino nella sua mente, silenziosi, insinuandosi nei piccoli spazi di speranza che ancora vivevano in lui, l'uomo senza cuore.
Eppure, perfino lui sapeva che la sola cosa più forte della paura era proprio la speranza. Lo sapeva bene.
Finché lui viveva, finché la speranza non l'avesse abbandonato, avrebbe lottato.

Stavolta Snow riaprì gli occhi di sua volontà. La megera aveva quasi finito di parlare. Il pubblico era in delirio. Pensavano che sbarazzandosi di lui avrebbero risolto tutti i loro problemi. Poveri illusi. Lui aveva semplicemente fatto ciò che avrebbe fatto un uomo qualsiasi per proteggere la persona che ama. Aveva lottato. E doveva venir punito per questo? Per non aver smesso di credere?
No, assolutamente ingiusto.
Sghignazzò di nuovo. Lui che parlava di giustizia...
I ricordi presero ancora il sopravvento.

Giustizia. Probabilmente non era stato molto giusto creare l'edizione della memoria apposta per quell'occasione. Ma per salvare Lei, quello ed altro.
La sua rosa continuava a germogliare, e lui continuava a vivere. La speranza stava prendendo il sopravvento sulla paura.
Era convinto che con le regole di quell'anno avrebbe estirpato la cosa alla radice, come faceva per il suo orto; eliminava ogni minaccia per i piccoli boccioli.
Era vero: aveva sbagliato qualcosa durante il tour dei vincitori. Doveva essere più chiaro, in effetti. Ma ormai era fatta, e comunque aveva avuto modo di vederla ancora, il suo fiore crescente.
Ma a metà di quella follia che sembrava funzionare, si rese conto troppo tardi del grave errore che aveva commesso. Che sciocco. Aveva abbassato un attimo la guardia... E quell'attimo gli era stato fatale.
Ancora una volta i Giorni Bui tornarono a bussare alla porta della sua memoria; ma Snow non li avrebbe fatti entrare. Avrebbe continuato a proteggere Lei. L'avrebbe fatto fino alla morte. Anche dopo, se necessario.
Perché per quanto minuscolo potesse essere il suo cuore, era comunque in grado di amare. E Snow amava quella creatura. Così energica, determinata e forte... La invidiava anche, ma non lo avrebbe mai ammesso.
Alla fine dei Giochi, aveva dato ordine di portarla in salvo al suo fidato assistente Plutarch. A qualsiasi costo.
Ma cosa aveva fatto, quella testa calda di ragazza? Era rimasta. E perfino Plutarch lo aveva deluso. Era passato anche lui dall'altra parte.
A quel punto era deciso: sarebbero stati lui e Lei contro tutto il mondo.
La ribellione arrivò un po' più tardi, come ormai aveva previsto. Le anomalie... Era stato avvertito e non aveva saputo cogliere l'occasione.
Alla fine si presentò davanti alla sua porta, la dolce donna che si faceva chiamare Coin. Perfino il suo nome gli faceva ribrezzo. Gli aveva proposto un affare. Snow si dovette trattenere dallo sputarle in faccia; se avesse accettato, Lei ne avrebbe pagato le conseguenze. La sua stessa vita, di Lei, sarebbe risultata inutile. Snow conosceva fin troppo bene la raccapricciante mente di quella donna e i suoi piani. Se si fosse arreso davanti a un distretto teoricamente distrutto non se lo sarebbe mai perdonato. Rifiutò, e fu guerra.
Grosso errore. Passò molto tempo in ansia, rimuginando tra sé e sé.
Lei era più esposta che mai. Non gli interessava nient'altro. Né quel ragazzo del 12, né la prigioniera del 7 e nemmeno la pazza isterica del 4. Aveva attenzione solo per l'incolumità della sua rosa bianca.
Quando la guerra volse al termine, venne catturato. Venne addirittura incolpato delle bombe che avevano ucciso i bambini nel suo stesso prato. Insolenza. Fosse stato per lui, li avrebbe salvati, ma non aveva potere nemmeno nel suo stesso palazzo, quando i paracadute caddero.
Ma non era stato solo uno spreco, uccidere quei bambini. Per lui era diventato il più grave delitto esistente. Sradicare prematuramente un germoglio rigoglioso dal terreno per farlo a fette. No. Non avrebbero dovuto farlo. E che era sempre stato uno sbaglio riproporre ogni anno gli stessi Giochi, l'aveva capito a sue spese. Troppo tardi per tornare indietro. Troppo presto per cambiare gli eventi. Non poteva farci niente. Poteva solo sperare. Sperare che Lei non fosse tra le bombe. Sperare che la strega non portasse in atto il suo piano. Sperare...

Ma ora non gli importava più. Proprio il giorno prima di essere condannato, l'aveva vista. Ci aveva parlato. Stava bene. La sua rosa stava diventando grande e, nonostante il dolore che lui stesso aveva creato, sarebbe cresciuta lo stesso.
A differenza di una certa, vecchia erbaccia secca. Ne era certo: lui aveva vinto. Quella, invece, aveva perso miseramente.
Snow rise quando la Coin cadde dalla balconata. Rise talmente tanto che rischiò di strozzarsi con il proprio sangue. Ma ne valeva la pena. L'aveva salvata, Lei, in un modo o nell'altro. Andando per tentativi. Fallimenti. Speranze. L'ultima cosa che Snow vide fu una treccia di capelli castani, sbiadita dai ricordi. I suoi capelli.


Rosaleigh Snow, la sua nipotina dai capelli scuri e la pelle di carta, dagli occhi che sembravano piccoli oceani e dalla bocca a forma di rosa; l'unica che aveva visto del buono in un povero vecchio malato di potere, l'unica che lui avesse mai amato, era ancora viva.

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Angolo autrice (?) *Sì, chiamiamola così*
Buon salve, ma anche buon giorno, buon pomeriggio, buona sera e buon pranzo.
POlicOlOr chiede venia per aver pubblicato questa cosa fatta di lettere accatastate insieme senza un minimo ordine.
Ma in realtà, non so perché ho scritto proprio di Snow.
Ci sarebbero stati miliardi di personaggi più interessanti di lui, eppure... Mi sembrava che il suo personaggio meritasse una storia, e una fine, più decorosa. L’ho pur sempre apprezzato di più della Coin.
(…sul serio, mi dispiace se non è proprio il massimo).
Adesso evaporo via prima che possiate picchiarmi, e giuro che non darò più fastidio a nessuno. *Bugia, tornerò in qualche altro fandom a rompervi i boccini*.

#POlicOlOr dice ciao (e vi supplica di lasciare una recensione e di non lasciarla da sola a fare la muffa).

  
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