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Autore: H97S    08/08/2013    2 recensioni
Mentre sto camminando , mi distraggo a guardare i palloncini appesi sul soffitto messi a formare il nome della nostra scuola e vado a sbattere contro qualcuno.
''Cazzo, mi hai rovesciato il punch addosso. Vuoi guardare dove metti i piedi?''
In un altro momento avrei risposto a tono, ma ora non lo faccio, perché nell’istante che il mio braccio tocca il suo, sento una scossa.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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“Never mind, I’ll find someone like you,
  I wish nothing but the best for you, too,
  Don’t forget me, I beg,
  I remember you said”

Non importa, troverò qualcuno come te,Ti auguro solo il meglio,Non dimenticarmi, giuro …. Someone like you, Adele. Fantastica canzone, una delle mie preferite. Mi piace sentirla quanto ho tempo libero e girovago solitario. Dove mi trovo adesso non passa quasi mai nessuno, era un pezzo di terra di un mio vicino. Ci venivo sempre quando ero bambino. Ancora mi ricordo la prima volta che ci passai. Era il 10 giugno, avevo sette anni. Il sole scottava sulla pelle, faceva un caldo assurdo. Era  il giorno dopo che era finita la scuola. Finalmente finita.

Avevo fatto passare le pene dell’inferno quell’anno a mia madre: non volevo studiare, proprio non mi andava giù. Copiavo a tutti i compiti, facendomi anche scoprire come un imbecille,rispondevo male alla maestra e scappavo di scuola. A ricreazione una volta, mentre pensavano andassi al bagno, mi sono diretto verso la porta di uscita, chiusa ovviamente. C’era una piccola colonna lì (me la ricordo ancora chiaramente) ma abbastanza grande da potermici nascondere dietro. Ero uno scricciolo. Come un assassino, ho aspettato che l’ignara preside (la vittima) entrasse per poter scappare da quella prigione. Come un razzo, sono uscito fuori e ho iniziato a correre. Quando mi ha visto, mi ha urlato contro e mi ha seguito finché non ne ho potuto più. Dopo appena mezz’ora mi sono ritrovato mia madre in classe a chiedermi perché l’avevo fatto. Ne era valsa la pena.

 Questi miei atti di ribellione, mi portarono inevitabilmente a una brutta fine: la punizione. Non potevo uscire di casa per tutto l’anno. Questo ci riporta al 10 giugno. Potrete capire come, con quel caldo, non riuscissi a stare dentro casa. Non dopo aver passato 4 mesi nella mia cameretta, che ai miei occhi era diventata più simile a una prigione. Chiesi per favore a mia madre, quasi piangendo, di lasciarmi fare un giro in bicicletta. Anche solo lungo il muretto del giardino, che era appena 4 metri. Lei mi guardò e mi rivolse un lungo sguardo. Poi mi sorrise e dichiarò la mia libertà. Presi la mia mountain bike rossa fuoco, e scappai più veloce che potevo, immaginando di non dover tornare più. E pedalavo, pedalavo verso l’orizzonte con il vento sulla faccia,era così forte e così piacevole, che un po’ per fastidio un po’ per gusto chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare dalla corrente.  Era fantastico, mi sentivo come un puledro selvaggio che corre per le distese infinite della sua terra senza guardare indietro, perché senza regole e restrizioni.

 Ma poi un sasso si conficcò nello zoccolo, il puledro zoppicò e cadde a terra dolorante. Una voce, indubbiamente umana, lo chiamò e lo riportò alla realtà. Tanto veloce come ne era entrato. E il dolore si presentò più forte, come il fatto che ero a terra con ginocchio sbucciato e dita piene di sangue a una decina di metri dalla strada, in un prato pieno di fiori, di alberi e di natura.

 Era senza recinzione, facile immaginarsi come ci fossi finito.  Con gli occhi chiusi ero finito fuori dal’asfalto, fino a quel prato, pieno di sassi.

''Bambino, piccolo, Ti sei fatto male?’‘ ‘‘Come stai? Mi senti? Sei pieno di sangue.‘‘

Alzai lo sguardo. Un uomo mi guardava preoccupato. Aveva i capelli… no, non aveva molti capelli. Con il passare del tempo dovevano essergli caduti lasciandogli uno spazio vuoto al centro. I pochi che gli rimanevano erano concentrati nella parte  dietro della nuca, come succede a molti uomini. Erano grigi, ma non troppo. Un nero sfocato, segno che la vecchiaia vera e propria non era ancora arrivata. Nonostante questo la  faccia era coperta di cicatrici e la sua espressione era segnata dal dolore, non uno di adesso, ma uno vecchio e permanente. Doveva avere molti meno anni di quello che sembrava. Metteva paura. Si, paura. Sembrava quel marinaio che aveva perso la gamba contro una balena ed era pronto a vendicarsi.

Mi alzai e cercai di scappare, allontanarmi da quell’estraneo. Ma mi faceva male, e avevo solo sette anni, e iniziai a urlare. Mi portò dentro casa con sé per medicarmi,contro la mia volontà. Niente odiavo e odio di più di essere costretto a fare qualcosa.

‘‘Sai, io ti conosco.’‘ mi disse ‘‘Sei il figlio di Sophie. È una mia vecchia amica, la tua mamma. Ci conosciamo da una trentina d’anni ormai. Lei era soltanto una ragazzina, poco più grande di te.’‘

‘‘Ma quanto gli assomigli. Anche a lei piaceva stare all’aria aperta,sai? Correva come una forsennata su questi stessi campi. Appartengono alla mia famiglia da sempre. Un giorno mi ricordo che mio padre la vide qui. Non se ne era mai accorto, nonostante venisse quasi tutti i giorni. Io stesso lo sapevo da tempo. Non lo capii mai, ma si arrabbiò e le disse di andarsene con non tanto belle parole. Tua madre si mise a piangere e scappò via. Mi dispiacque molto. Il giorno dopo la andai a trovare e le portai un mazzo di fiori, che avevo raccolto in giardino, per scusarmi. Siamo diventati molti amici’‘

Non gli credetti. Non so perché, ma non potevo accettare che mia madre fosse amica con un tipo così. E c’era qualcosa nella sua storia, che.. non mi piaceva affatto. E poi non me lo aveva mai detto. Mi aveva fatto conoscere molte delle sue amiche, perché ci erano venute a trovare o anche semplicemente perché eravamo passati davanti alle loro case.  Eravamo passati mille volte da quelle parti, davanti quel prato. Ogni volta che uscivamo di casa. Mai una parola. Così decisi che mentiva. E glielo dissi. Una qualità che so di potermi attribuire è la sincerità. E poi non mi stava neanche simpatico. Credo dipendesse dal fatto che dovevo stare fermo mentre mi passava l’acqua ossigenata, che faceva male.

‘‘Non ti credo. Mamma non me lo ha mai detto’‘

‘‘E perché non dovresti credermi? Nella vita, devi sapere che non sempre potrai dire tutto, comunque. Le nostre strade si sono separate molti anni fa. Non aveva motivo di parlarne’‘

Non capivo proprio, cosa stava dicendo? ‘‘ Cosa significa?’‘

‘‘Oh, non importa. Capirai.’‘

Quante volte l’avevo sentita quella frase. E mi urtava, ma proprio tanto. Decisi di restare in silenzio.

‘‘Ma dimmi, come hai fatto a cadere? Hai preso un sasso?’‘

Il più assoluto silenzio. Ero sinceramente determinato a tener chiusa la bocca.

‘‘Perché non rispondi? Piccolo? Il gatto ti ha mangiato la lingua?’‘

‘‘Non parlo con gli sconosciuti’‘

Rise di cuore. ‘‘Oh, ma l’hai appena fatto’‘

‘‘…’‘

‘‘Ah, sei proprio forte. Ribelle, vorresti non avere regole e sembrare un duro. Sono queste le persone migliori, quelle che hanno un animo più dolce’‘ ‘‘Facciamo così, ti do il mio permesso di venire nel mio giardino sempre, e potrai fare come vuoi. Non ti darò più fastidio’‘ E mi lasciò il ginocchio. ‘‘Vai pure, o resta, se vuoi. Sei libero. Ma ricorda che di là c’è un bel bicchiere di Coca cola e che io ho un sacco di storie da raccontarti. Le vuoi sentire?''

Restai, non so perché. Forse ero solo curioso. Ma mi divertii con lui, mi insegnò molte cose e divenne un ottimo ascoltatore. Quando iniziarono a mancare i miei fu molto prezioso. Gli ho voluto bene sul serio.

Purtroppo è morto qualche anno fa. Non aveva figli, ne moglie. I parenti spariti nel nulla. Era solo, totalmente. Non aveva lasciato testamento. Cosa volesse non lo sapeva nessuno, le sue ultime volontà morte con lui. Il terreno, della sua famiglia da secoli, è stato preso dallo stato. Fine di una dinastia. Non che lo volesse nessuno, una brutta terra buona solo per il prato e un casale quasi a pezzi non interessa. C’è stata un asta alla sua morte. Nemmeno un offerta. O meglio, si, una. Un uomo l’ha comprata ad un prezzo stracciato, ci ha piantato qualche albero e siccome non fruttava soldi  l’ha abbandonato. È da due anni che non torna. Meglio, davvero.
 
 Ora è il mio posto preferito, dove posso riflettere e starmene in pace. In teoria sarebbe un delitto: violazione di proprietà privata. In teoria. Ma a chi vuoi importa? La giustizia non esiste più ormai.

Ciao a tutti, questa è una storia che sto scrivendo da un pò ormai, e ho finalmente deciso di pubblicarla. Spero vi piaccia, anche se so che l'inizio è un pò noioso. Credo che domani pubblicherò subito il secondo capitolo, così potrete farvi un'idea più precisa. Per favore, recensite e fatemi sapere cosa ne pensate. Ho un'autostima molto bassa, e so che se non lo farete finirò per cancellarla subito. Recensite, please. Sono aperta a critiche e miglioramenti. Baci,
-L

  
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