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Autore: MilesRedwing    08/08/2013    1 recensioni
La zia Quickdraw e Nonna Sparrow, due personaggi dai libri ispirati a pirati dei caraibi, due donne molto simili e due agguerrite piratesse. Come è cominciata la loro storia? Quante avventure hanno passato insieme? E perché si odiano al punto di non potersi vedere senza abbordare l'una la nave dell'altra?
Un grazie speciale a FannySparrow che mi ha dato l'ispirazione per questa mia prima long con le sue Famiglia, dalla raccolta del capitano e Noose- Accalappiati, di cui sono appassionata, grazie, Fan! ^.^
Ah, buona lettura e figli maschi
Milletta
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Silenzio. Le assi non scricchiolavano più, l’acqua non sciabordava, le vele non cigolavano.

In quella notte spettrale la chiglia era piombata nel silenzio e la nave era ferma. L’ancora sulla sabbia.

Non c’era vento. Neanche una maledetta bava.

Teneva gli occhi bassi e lo sguardo vitreo si rifletteva in quell’insulso avanzo di rum affogato nel rimorso.

“Bastardo.” La sua voce roca si incupiva e saliva cercando di auto commiserarsi.

“Morire senza lasciare traccia di quel dannato forziere.” Sbuffava, girava gli occhi e poi fermava lo sguardo pensosa negli angoli più remoti della cabina per tirare fuori un misero nulla da quella rabbia che le attorcigliava in una morsa le viscere e la bile. Avery era morto. Il più folle e più dannatamente astuto bucaniere che avesse mai minacciato era ormai cenere. Stanca.

Accaldata. Buttò da una parte il compasso e si attaccò alla bottiglia semivuota per poi gettarla in un angolo e continuare a impazzire. Forse non era stato un buon piano. No, affatto. Quella mattina le tornò alla memoria.

“Dimmi dove si trova, Avery. Dillo e ti risparmierò la vita.” La

lama cozzava strusciando contro la gola del capitano, i suoi occhi neri guizzavano da una parte all’altra della caverna, ordini alla ciurma, minacce, spari, poi silenzio. Uno sguardo. Aveva fatto cenno di no, avrebbe negato la sua stessa vana esistenza per quel tesoro e Mildred lo sapeva.

Di certo lo avrebbe fatto. E avrebbe fatto di più.

“Dimmi il suo nome, sporco pendaglio da forca ... dimmi il suo nome, degenerato ... se è chi penso che sia …” Quelle parole che le erano uscite dalla bocca, il suo cenno col capo, la sua improvvisa e inspiegabile sincerità.

Come se la morte potesse cambiare qualcosa. Lei ci sperava davvero. Come sperava che quella negli occhi di Avery fosse pura menzogna.

“Non riuscirai a trovarla, nemmeno lei sa cosa le ho lasciato.” Un affondo.

Un ultimo respiro soffocato in una buona dose di personale soddisfazione.

Buio.

La rabbia negli occhi della capitana. La paura negli occhi della ciurma al posto del riso e della gozzoviglia.

La terribile Mildred, la temuta capitana era colta da brividi di terrore. La spada ancora sporca del sangue di Avery, il cappello sul freddo pavimento di pietra.

“Alle barche”.

 

Il rum era finito. Doveva prendere una decisione.

Si era rivelato sin troppo facile recuperare una boccetta di veleno dalla casa di Tia Dalma, fare vela sino a Tortuga e raccattare quella perdigiorno scansafatiche di sua sorella Quickdraw.

Era sempre stata determinata a raggiungere i suoi scopi.

Non come tutti gli altri.

Quella famiglia di degenerati, pazzi e bastardi.

Sparrow, pensò. Sventura più grande non le sarebbe mai potuta

capitare.

Sua madre era una prostituta, che da sempre si vendeva al miglior offerente e che dopo aver messo al mondo lei e sua sorella era fuggita su un mercantile vestita da uomo.

Suo padre era un pirata, l’aveva protetta, le aveva dato una casa. Ma era fuggito alla prima occasione, una mappa, un tesoro, navi della Compagnia.

Non che le fosse mai mancato troppo quel figlio di una buona donna.

Non che lo avesse mai amato.

Quello che aveva se l’era costruito da sola, con la forza della sua schiena e col sudore della sua fronte.

Aveva combattuto per essere libera, aveva combattuto per predare e saccheggiare in quello straccio di mondo in cui si era trovata a vivere.

Aveva cresciuto Quickdraw, le aveva insegnato tutto, l’aveva addestrata alla pirateria. E lei aveva preferito tenere Mcfleming, il nome di quella sciagurata della madre scappare di casa, seguire Avery per i sette mari e poi finire chissà in quale bettola a racimolare pezzi da otto come cameriera.

No, non l’avrebbe mai perdonata.

Era diventata pirata nobile dell’Oceano Atlantico a poco più di vent’anni e ancora ne portava il vessillo, fiera come pochi.

Vedersi portare via tutto per il capriccio di due amanti codardi non era nei suoi piani.
 

Di certo non si sarebbe fermata davanti a una ragazzina.

Di certo non si sarebbe fermata davanti a sua sorella.

L’avrebbe torturata, se necessario.

Le avrebbe fatto del male.

A costo di uccidere anche lei le avrebbe sottratto il segreto, le avrebbe estorto il luogo di quel dannato tesoro.

Anche a costo di vedere morire la parte più pura della sua anima nera.

Un ghigno beffardo le si dipinse in volto.

Una volta preso tutto quell’oro che avrebbe fatto per prima cosa?

I capelli scuri le caddero sugli occhi, li scostò, spalancò la porta della cabina e a spada sguainata disse al nostromo: “Portate la prigioniera.”

Sarebbe stata temuta in eterno.

Avrebbe ottenuto quello che sin dal principio doveva essere suo.

Il suo nome sarebbe diventato leggenda.
E verso quell'orizzonte decise di salpare.

 

 
 

 


 

 

 
  
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