Nota
dell’autrice: più che una vera e propria fanfic,
questa sciocchezza è da considerarsi un piccolo e delicato cammeo a quella che
sarà sempre la mia coppia preferita. Spero che vi piaccia.
IL FIORE
DI CAMPO
Alzò una mano al cielo e ne ammirò l’immensità.
Il fulgido indescrivibile azzurro lo sconvolse e lo accecò, più intenso della
medesima luce del sole che mai come in quei giorni era stato abbagliante.
Tanto da farlo star male, tanto da costringerlo
a distogliere uno sguardo che in comune con quell’astro aveva il colore
dell’oro.
Guardò in basso e vide la grandezza di quel
prato in cui s’erano fermati a riposare, senza riuscire ad intravederne una
fine che si stendeva oltre l’orizzonte. La brezza scompigliò i suoi corti
capelli castani, e lui la sentì fresca e riposante contro la sua pelle, e
avrebbe tanto desiderato potersi stendere e dormire.
Non c’erano fiori su quel prato, soltanto la
finezza di un’erba verdissima fin dove potevano vedere i suoi occhi.
Si chinò, toccandola con le dita, e la sentì
morbida come il vello di un gattino.
Mosse ancora qualche passo, e guardandosi
attorno s’accorse d’essere rimasto solo. Non se ne dispiacque poi molto, e
annusò l’aria senza percepirne altro che la limpidezza.
Era un luogo splendido, come mai ne aveva visti
altri.
E in quel momento, abbassando il capo, scorse
un unico, dorato fiore di campo.
Cresciuto lì, selvatico e solo, in un luogo che
non ammetteva altri come lui. E la pena per quel fiore si mescolò ad un’intima
tenerezza, mentre lo sfiorava.
Sanzo non c’era ancora, con
loro.
Non sapevano dove fosse, ma lui sapeva in cuor
suo che non potevano essere lontani. Mai erano stati lontani, mai. Sanzo era sempre con lui, in ogni suo singolo pensiero e
movimento.
In silenzio e sorridendo guardò ancora quel
fiore di campo, e gli venne in mente che glielo avrebbe voluto regalare.
Fece ancora un passo sotto un cielo blu
zaffiro, e quando infine il vento spirò lui si voltò e vide che era lì.
Vide che era lì, e che lo guardava come aveva
sempre fatto.
Ne sentì l’odore, quell’odore particolare
d’incenso e tabacco, ne vide la veste candida, vide le sue chiome scintillare
come stelle nella luce.
Vide quegli occhi meravigliosi, che avevano il
colore dell’ametista ancora in parte chiuso nella roccia, che erano sempre
tanto freddi e di cui lui mai aveva avuto paura.
Non era a lui che quegli occhi avrebbero fatto
del male.
Fu allora che sorrise, e il suo viso s’illuminò
come incantato.
Colse il fiore di campo, senza fare alcun
rumore, e gli parve di sentirlo tintinnare fra le dita come di gioia.
Era come un piccolo, delicato bocciolo di vetro
dal colore vivo.
Gli si avvicinò, e mano a mano che correva
aumentava il suo passo, finché l’affanno oltre alla gioia gli fece battere
teneramente il cuore.
Gli guardò il volto affilato, bello com’era
sempre apparso al suo sguardo, e in quel momento gli porse il fiore di campo.
Lo tese con una mano, lasciando l’altra sospesa
e vuota nell’aria.
Vibrò, la sua anima, quando sentì quelle dita
adorate posarsi sulle sue e prendere il fiore, senza usare alcuna parola. E
quella mano vuota che indugiava nell’aria venne riempita dalla pelle candida di
quel volto sottile ed amato, sfiorandogli le guance senza sforzo.
Lo stormire dell’erba non cessò, così come non
cessò il brillio del sole.
Non venne meno il suo calore e neppure il vento
fresco si fermò, e a lui, Son Goku,
rimase solo quello.
Immobile nel tempo, senza alcun pensiero, il
suo cuore si spostò e si mosse, alla ricerca della metà che gli era propria e
che da troppo tempo era scomparsa, e finalmente poté baciare il sole con le
labbra.
Il calore, la luce, fu inondato e tutto fuse,
nel candore accecante dell’alba che non avrebbe mai perdonato.
Aprì gli occhi, scosso dal sonno, e vide il
buio. Ma quando il vento fresco risuonò, lo sentì intatto: il lieve tintinnar
del fiore di campo.
FINE