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Autore: firstmarch    08/08/2013    5 recensioni
E se il mondo fosse invaso dagli zombie?
E se due ragazzi cercassero di sopravvivere?

Cross-over tra Justin Bieber e World War Z.
Genere: Horror, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ashes.
(A cross-over between Justin Bieber and World War Z. )



Uscii dal nascondiglio cautamente, passo dopo passo, cercando di non fare rumore. Lì, sul quel tetto, non vi era nessuno zombie, ma non appena avessi fatto un passo falso, l'edificio sarebbe iniziato a tremare per via dell'orda di mostruose creature che avrebbero cercato di raggiungermi. Cinque minuti prima avevo assistito al suicidio di un soldato, proprio su quel tetto. Parlava da solo, a bassa voce. Non appena si era reso conto di essere stato morso, aveva estratto la pistola con la silenziosa e si era sparato in bocca. Io invece ero lì da cinque giorni e se avessi voluto essere ancora sicura -si fa per dire- avrei dovuto andarmene di lì a poco. New York era stata invasa da una settimana e durante quel lasso di tempo non mi era ancora capitato di vedere un altro essere umano. A parte durante l'invasione, ovviamente. Forse fu quello a darmi il coraggio di avanzare tra i detriti e raggiungere l'uomo, o forse fu solo la curiosità.
Erano quattro giorni che scoppiavano bombe a New York. Che il soldato fosse lì per quello?
In quel caso sarei morta: ero troppo vicina alla bomba e , se anche fossi riuscita a scappare, non sarei andata lontano con un milione di zombie alle calcagna.
Non appena vidi il volto dell'uomo rabbrividii. Stava già iniziando a trasformarsi quando si era ucciso. Tra le mani aveva una piccola scatoletta metallica, sulla quale dei numeri facevano il conto alla rovescia.
Sei minuti e cinquantasei secondi dopo sarebbe scoppiata una bomba, proprio lì. Avevo quasi deciso di prendere la pistola e farla finita pure io -almeno non sarei diventata come quegli esseri rivoltanti- quando mi accorsi del piccolo auricolare che portava il soldato. D'istinto lo estrassi dal suo orecchio per poi portarlo al mio.
Parlai con voce rauca e il più piano possibile, sperando che chiunque ci fosse dall'altra parte non avesse già interrotto il collegamento.
“C'è nessuno?”, mi risposero delle interferenze. Riprovai.
“Parlo dalla cinquantunesima strada, un soldato è morto, c'è nessuno?”
Altre interferenze. Stavo per togliermi l'aggeggio quando sentii debolmente una voce.
“Soldato Kelfort, mi riceve?”, scattai come mai nella mia vita.
“Il soldato Kelfort è morto, sono...sono Natalie Breath. Ho la bomba, esploderà tra poco più di sei minuti. Ditemi cosa devo fare e lo farò, basta che mi tiriate via da qui”, parlai tutto d'un fiato. Chiunque ci fosse dall'altra parte era al sicuro e quella era la mia unica certezza, la mia unica possibilità. Ci fu solo silenzio per un paio di interminabili secondi, poi la voce rispose. Ora era quella di un uomo.
“Ascoltami, ragazzina, quella bomba farà fuori mezza New York, perciò dovrai portarla ai piedi del palazzo su cui ti trovi, tornare lì sul tetto e attendere che l'elicottero destinato per il soldato Kelfort venga a prenderti. Ti siamo grati per ciò che fai, ma vedi di sbrigarti o non ci sarà tempo per farti arrivare il passaggio.”
Non ci fu bisogno che mi dicesse altro. Sfrecciai giù per le scale in punta di piedi, rabbrividendo e fermandomi ogni qualvolta sentivo un rumore o ne facevo io.
L'edificio era di dodici piani, perciò quando arrivai a terra avevo i polmoni doloranti. Non pensai neanche di prendere l'ascensore, troppo rumore.
Una volta uscita da lì, presi coraggio e mi diressi verso il centro della cinquantunesima strada, con la scatolina in mano. Stavo per appoggiarla sull'asfalto caldo quando vidi due occhi che mi fissavano, nascosti nel bar dall'altra parte della strada. Uno zombie? No, non sarebbe stato così discreto, così immobile. Posai la bomba a terra per poi dirigermi lentamente verso il bar. Controllai di avere la pistola con la silenziosa nella cintura dei jeans che, purtroppo, non era fatta apposta per sostenerla.
Non osai aprir bocca, mi avvicinai solo di qualche passo, controllando che non fosse uno zombie, anche se ne ero piuttosto sicura. Prima che potessi avvicinarmi di più, dall'entrata del bar diroccato uscì un ragazzo della mia età, la maglia stracciata, i pantaloni sporchi e il viso con una ferita sulla tempia. Alzò le braccia, dichiarandosi innocente...o non contagiato. Gli feci segno di avvicinarsi, ma, quando vidi che lo stava facendo troppo rumorosamente, dovetti bisbigliargli di fare piano. Lui annuì, poi riprese la camminata, raggiungendomi al centro della strada. Gli indicai la bomba, controllando quanto tempo ci restasse. Sì, non lo avrei lasciato lì a morire. Lui si protese per prenderla, ma io lo fermai.
“No, seguimi”, gli dissi all'orecchio.
Dovette fidarsi di me, forse poteva fare solo quello. Ci incamminammo verso l'edificio per poi risalire ad un'andatura più veloce. Eravamo al settimo piano quando il ragazzo inciampò, malconcio com'era. Scivolò sui gradini, produsse un rumore troppo forte per i miei gusti. Le mie paure si confermarono quando sentì, in lontananza, i versi degli zombie in arrivo.
“Merda!”, lo spronai a correre fino in cima, mentre dalle finestre ormai rotte potevamo vedere la cinquantesima strada strabordare di quei cosi schifosi. Mancava ormai un minuto o poco meno all'esplosione e l'elicottero non era ancora nei paraggi.
“L'elicottero?! Avete promesso!”, gridai, sperando che dall'altra parte dell'auricolare fossero collegati.
“Guarda su!”, il ragazzo mi distrasse, indicando un punto nel cielo: l'elicottero. Sarebbe arrivato in tempo? Li avrebbero salvati? In pochi secondi era sopra di loro, con una scaletta abbassata per permetterci di salire. Ormai gli zombie erano entrati nell'edificio, il tetto stava davvero tremando.
“Vai!”, urlai al ragazzo per sovrastare il rumore degli zombie e dell'elicottero. Da lassù si affacciavano tre soldati armati fino ai denti, pronti a colpire.
“Prima tu!”, ribatté lui.
Lo guardai male e lo spinsi verso la scaletta. Fuori la pistola, verso l'entrata sul tetto. Mi permisi un paio di volte di guardare su per vedere com'era messo il ragazzo, mentre i passi -si fa per dire- degli zombie diventavano più veloci e più vicini.
“Veloce!”, gli urlai. Era a poco più di metà scaletta quando il primo di quegli esseri sbucò sul tetto e io gli sparai dritto in testa. Lo colpii e quello stramazzò a terra, dibattendosi ancora mentre altri cominciavano a riversarsi sul tetto. A quel punto mi aggrappai alla scaletta e iniziai a salire il più velocemente possibile. Dopo i primi dieci pioli mi girai ancora per sparare ai due zombie in testa al gruppo, colpendone uno al petto e l'altro alle gambe. Ripresi la salita ansimando, fino a scontrarmi contro il ragazzo.
“Muoviti, cazzo!”, gli urlai contro dandogli una spinta verso l'alto. I soldati stavano sparando contro gli zombie che cercavano disperatamente di raggiungere la scaletta.
Il ragazzo fu trascinato sull'elicottero, poi venne il mio turno. Non appena toccai il pavimento del veicolo lasciai che i miei nervi si rilassassero, mentre la scaletta veniva tagliata e il mezzo prendeva quota, allontanandosi dall'edificio, dagli zombie e da New York.
“Abbiamo trenta secondi!”, urlò qualcuno.
Venni sollevata e costretta a rimanere in piedi da braccia forti e poco delicate. Mi perquisirono, sequestrandomi poi la pistola del soldato Kelfort. Fecero lo stesso con il ragazzo, constatando che lui era pulito. Finalmente ci lasciarono sedere, chiedendoci i nomi e, a me, anche l'auricolare.
Lo allungai al primo soldato che trovai, per poi dire loro come mi chiamavo. 
“Nome completo, signorina”
Dovetti scavare nella memoria per ricordarmi il mio secondo nome, ma alla fine mi venne in mente.
“Natalie Claire Breath”
“Justin Drew Bieber”
Mi girai verso il ragazzo, pensando che avrebbe avuto bisogno di un bagno e di riposo, era davvero messo male.
“Grazie per avermi salvato, Natalie”
Fu la prima volta che lo vidi sorridere.


“Nat, chiamano dalla base”
Justin mi svegliò e io mi resi conto del tugurio in cui eravamo. Aspettavamo istruzioni su come muoverci da quattro giorni, in una casa quasi diroccata a sud di Manchester, in campagna. Qui gli zombie non avevano trovato pane per i loro denti. Eravamo bloccati lì perché l'attacco di massa programmato per Londra era fallito e quasi la metà degli agenti e dei soldati erano stati trasformati. Eravamo riusciti a rubare una macchina ancora funzionante durante il massacro ed eravamo giunti lì, in mezzo al niente. 
“Rispondi tu”, borbottai io, tornando a dormire. Non lo facevo da tre giorni.
“Vogliono te”, disse quasi amaramente.
Due mesi prima ci avevano arruolato nelle difese, dopo aver contribuito alla distruzione di metà New York...e dopo la nostra insistenza. Non so perché, ma pensai che Justin si sarebbe rintanato in una delle basi a largo della costa orientale, invece aveva voluto fare squadra con me, combattere contro gli zombie. Forse perché gli avevano portato via la famiglia e cercava una sorta di vendetta. Ma ciò che era successo a lui era successo a molti altri, me compresa. L'unica persona con me imparentata sopravvissuta era mio zio, trasferito a nord di Los Angeles.
Se qualche generale o comandante doveva parlare con la nostra unità, chiedevano sempre di me. Vedevano Justin come un debole, forse per la sua “presentazione” a New York. Aveva però dimostrato di essere tutt'altro in diverse occasioni, ma ancora non lo vedevano di buon occhio.
“Breath”
“Abbiamo bisogno di voi a Londra. La città è stata parzialmente sgombrata, ma dovrete comunque correre il pericolo”
A parlare era il comandante Davis, col suo forte accento inglese.
“Aspetti, ci sta dicendo che non è sicura? E vuole che noi la attraversiamo?”
“Sì, Breath, sto dicendo questo. Ogni unità disponibile ci servirà”
“Vi servirà per cosa?”
“E' capace di fare solo domande, soldato? Abbiamo un piano, sappiamo come combatterli”
Mi ci volle un secondo per rispondere.
“Ci mettiamo in marcia, venite a prenderci oltre il fiume, se potete”
“La base è appena oltre il ponte, saremo lì”
La comunicazione si interruppe e io iniziai a racimolare le nostre cose, prima che Justin potesse fermarmi.
“Che stai facendo?”, disse subito, infatti. Era a così pochi centimetri dal mio viso che potevo sentire il suo respiro su di me.
“Hanno un piano, a Londra. Andiamo là”
“E' sicuro?”, mi chiese lui allontanandosi.
“Non c'è niente di sicuro, di questi tempi”, si rassegnò, erano comunque ordini.
Indossai gli anfibi e la cintura per le due pistole che mi portavo sempre dietro, Justin fece lo stesso, mentre io lo guardavo di sottecchi. Mi ritrovavo spesso con lo sguardo fisso su di lui, ogni tanto mi aveva anche beccata, ma io facevo finta di niente.
Una volta, alla base, avevamo dovuto dormire nello stesso letto, per via della poca disponibilità dei posti letto. Mi ero svegliata con la mano destra stretta alla sua, ma l'avevo tolta prima che lui potesse svegliarsi e accorgersene.
Non c'era posto per le tenerezze, lì.
Una volta pronti uscimmo dalla casa, salimmo sull'auto e il nostro viaggio verso Londra iniziò.
A circa due chilometri dalla città dovemmo scendere e abbandonare il veicolo; se non l'avessimo fatto ci avrebbero sentiti sicuramente.
“Ok, abbiamo due possibilità: correre fino allo sfinimento non appena entriamo a Londra oppure avanzare lentamente fermandoci di tanto in tanto in qualche appartamento”
Lui mi guardò con le sopracciglia aggrottate.
“Non ti lascerò correre come un'idiota in mezzo agli zombie, Nat”
Alzai gli occhi al cielo.
“Avanziamo lentamente, poi facciamo uno sprint verso il ponte”
“Vediamo come si mettono le cose, non discutere, voglio arrivare alla base vivo, insieme a te”
“D'accordo, d'accordo”, feci finta di non aver sentito quel “insieme a te” e iniziai a camminare.
Tutto rimase tranquillo durante quella mezz'ora, ma avrei scommesso che si potesse sentire il mio cuore battere a velocità folle. Non era la prima volta che andavo in contro agli zombie, ma adesso eravamo solo io e Justin contro un numero imprecisato.
L'avanzamento silenzioso e cauto diede i suoi frutti: potemmo vedere, in generale, quanti fossero. Se non fosse stata sgombrata sarebbe stato impossibile passare di lì, ma per fortuna rimanevano solo pochi zombie ad ogni strada. Bisognava tenersi nell'ombra e ogni tanto entrare in qualche negozio in rovina. Procedemmo così per un altro paio di chilometri, mettendoci più del doppio del normale. Quando fummo finalmente in vista del ponte, feci un segno a Justin, come per ricordargli del nostro accordo.
“Non ti azzardare”, bisbigliò.
“Sono lontani, possiamo farcela. Veloci e silenziosi”, ribattei io.
“Natalie, non farlo”
“Fidati, seguimi”, prima che potessi correre via mi afferrò per un braccio e mi avvicinò a sé.
“Non farti trasformare, Nat”
Poi mi baciò e per un secondo tutto svanì. Zombie, armi, paura. Esistevano solo le sue labbra sulle mie, come fosse un addio. Non lo sarebbe stato, non lo avrei permesso. Quando ci separammo lo guardai un instante negli occhi castani, promettendogli silenziosamente che saremmo sopravvissuti. Poi corsi fuori dal nascondiglio, verso il ponte. Sentii Justin seguirmi, mentre alcuni versi degli zombie risuonavano nell'aria.
Mi voltai e notai quanti fossero. Molti erano rimasti negli edifici, ecco spiegato perché ne avevamo visti molti meno.
“Cazzo”
Continuai a correre, sentendo il respiro affannarsi e i polmoni bruciarmi, ma ormai ero arrivata.
Vedevo la base, potevo raggiungerla...ma caddi, inciampai rovinosamente su dei detriti e allora seppi che non ce l'avrei mai fatta.
“Corri!”, gridai a Justin, dietro di me, “non fermarti, idiota!”
“Nat!”, si girò verso di me mentre avanzava. Lo vidi rallentare, ma lo fulminai con lo sguardo.
“Vai avanti, Cristo, vai avanti!”
Vide l'orda di zombie arrivare, ma si protese verso di me.
“Corri, corri!”, poi corse e finalmente potei lasciarmi cadere del tutto sull'asfalto. Lo vidi arrivare alla base, vidi le porte aprirsi per accoglierlo, lo vidi girarsi verso di me e piangere, poi si richiusero.
Gli zombie mi sfrecciarono accanto, veloci e disumani, ma non arrivarono mai in tempo per prenderlo.
Solo dopo qualche minuto mi resi conto che nessuno si era avventato su di me, nessuno mi vedeva, ero invisibile. Poi uno zombie mi colpì alla testa involontariamente e io caddi nel buio.


“Scarlattina, Natalie, niente di grave, ma l'avevi appena contratta”
Mi ero appena risvegliata, mi trovavo nella base londinese, Justin era vicino a me, sembrava incazzato, non mi guardava. C'era anche un medico, mi stava parlando.
“Non capisco”
Il dottore sospirò, poi si spiegò.
“Siete stati chiamati perché è stato trovato un modo per poter combattere gli zombie. Quel modo consiste nell'ammalarsi: per i non-morti siamo così invisibili, perché loro cercano vittime sane, fresche, non quelle avariate. Noi mangiamo la carne sana o quella malata? Tutto ciò ha un senso, ed ecco perché non ti hanno vista e non ti hanno morsa, Natalie, eri infetta”
Mi passai una mano sulla testa, gemendo.
“Oh, quello è un trauma cranico lieve, ma non devi preoccuparti”
Era troppo da assimilare, troppo, ma decisi di stare bene e chiesi al medico di lasciarci soli. Lui non obiettò.
“Ti sei quasi fatta trasformare”, ringhiò Justin.
“Ma sono ancora umana, te l'avevo promesso”, dissi il più dolcemente possibile. Era arrabbiato con me.
“Per un momento credevo che tu fossi...come loro”
Poggiai una mano sul suo braccio, lui non lo scostò. Presi coraggio e gliela passai sulla guancia, obbligandolo a guardarmi.
“Mi dispiace, Justin, mi dispiace”
“Mi hai quasi ammazzato, stupida”
Gli sorrisi, era così bello anche da arrabbiato.
“Non scherzare, la guerra è appena iniziata”
Gli feci segno di avvicinarsi e potei finalmente stringerlo di nuovo. Rimanemmo così, tra baci e carezze fino a quando Justin non fu contattato dai superiori.
Adesso era tutto perfetto, anche se ero consapevole che non sarebbe durato a lungo. Mi sarebbe bastato, avevo una guerra da combattere.


 

Spazio autrice.
La mia prima os, uaaaau!
Non avrei mai pensato di scriverne una, lol
Bene, per chi non avesse visto World War Z, gli zombie sono tutt'altro che lenti, infatti quando sentono un rumore ne sono attratti e cercano inevitabilmente di raggiungerne l'origine.
"Rincorrono" gli umani per morderli e quindi contagiarli, trasformarli come loro, non per mangiarli.
Beh, se vi piace o avete delle critiche, lasciatemi una recensione:)

   
 
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