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Autore: agatha    09/08/2013    2 recensioni
Non sempre nella vita le cose vanno come vorremmo... Ci sono lezioni di vita che fanno crescere, persone che inaspettatamente ci aiutano al di là degli errori commessi. Presto lo scoprirà anche Louis Napoleon.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Luis Napoleon, Nuovo personaggio, Pierre Le Blanc
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ho iniziato a scrivere questa long quasi due anni fa e da allora si è evoluta ed è cresciuta in un modo che non avrei mai immaginato (Berlinene ne sa qualcosa *___*)

Premetto che la Francia e i nostri francesini non erano in cima alla lista delle mie preferenze in CT. Non lo so come sia successo. Sono stati loro, è stato Napoleon a scegliere me non viceversa e mi sono trovata invischiata e legata a loro senza neanche accorgermene *___*

In teoria non è AU perché ho seguito il manga, partendo dalla fine del Torneo di Parigi (amo quel torneo) però è spostata avanti nel tempo, come se tutto fosse successo intorno ai 20/21 anni dei protagonisti (difatti è Under 21) per avere “più spazio di manovra” quindi ho messo “What if…”

Altra nota è che usare El Cid Pierre era davvero troppo strano, ho mantenuto il nome usato nell’anime Pierre Leblanc che gli dona decisamente di più.

La mia creatura, il mio pg originale Juliet, deve essere letto “Juliè”, tanto per capirci.Vi auguro buona lettura sperando di farvi apprezzare questo mio “mondo” e, in primis, Louis che è l’ammmore *__*



***********************************************************************************

 
“Ora, per la squadra della Francia, si porta davanti al dischetto il quinto rigorista, il bomber Louis Napoleon. Durante la partita il suo terribile tiro, il Cannon Shot, è sempre andato a segno. Eccolo che sistema il pallone con fare sicuro. L’arbitro si appresta a fischiare. Napoleon fa qualche passo indietro, carica il piede destro e scaglia la palla verso il portiere giapponese Wakashimazu.

 Colpo di scena! Dopo quattro rigori andati a segno, ecco che l’estremo difensore nipponico ha fermato il potente tiro del bomber della Nazionale, Louis Napoleon!
 
Il quinto rigorista ha fallito.
La Francia è stata eliminata.
 
…fallito.
…eliminata.”
 
Louis si svegliò di soprassalto. Con un colpo di reni si mise seduto mentre apriva la bocca in cerca di ossigeno, ancora scosso per quelle immagini. Una mano artigliò il lenzuolo, che era scivolato per terra, su un fianco del letto. Purtroppo quello che appena sognato non era stato solo un incubo bensì l’ennesima volta in cui riviveva la semifinale contro il Giappone.
 
Magari fosse stato solo frutto della sua fantasia, si sarebbe scocciato ma poi avrebbe liquidato tranquillamente la faccenda, archiviandola come un innocuo fastidio.
Invece la realtà era diversa.
La Francia, la sua amata Nazionale, aveva realmente giocato quella partita ed aveva realmente perso.
Perso.
Già questo era un colpo duro da digerire. Di nuovo tornò la sensazione di vuoto nel petto.
Dio, come faceva male.
 
Scrollò il capo per allontanare quel pensiero e scalciò le lenzuola con le gambe, infastidito dal contatto con il tessuto di cotone che gli trasmetteva un senso di oppressione, come se lo stesse ingabbiando. La stanza era immersa nel buio. Solo il quadrante luminoso della radiosveglia illuminava debolmente la stanza, creando un effetto di ombre piuttosto lugubri. Faceva anche maledettamente caldo, sentiva i capelli appiccicati alla testa e un velo di sudore su ogni centimetro di pelle. Possibile che quel cazzo di condizionatore non funzionasse?
Sbuffò sonoramente, con la voglia di spaccare tutto quello che poteva capitargli sottomano.
Non c’era una cosa che filava per il verso giusto!
Perché?
“Ma vaffanculo!” mormorò in tono di stizza, per scaricare parte del nervoso.
 
Scese dal letto, per qualche secondo le piastrelle fresche del pavimento gli dettero un po’ di sollievo. A piedi nudi, indossando solo un paio di boxer, raggiunse la cucina e aprì il frigorifero.
Sbatté gli occhi, abituati all’oscurità, quando la luce interna dell’elettrodomestico si accese.  Prese una lattina di birra e con un gesto secco l’aprì, portandosela subito alla bocca. Ingoiò un lungo sorso ghiacciato e, subito dopo, fece un verso schifato guardando la marca.
Ci mancava solo una birra scadente, probabilmente portata da qualcuno della squadra e rimasta lì fino a quel momento. Sorrise amaramente e sollevò il contenitore a mo’ di brindisi.
“Napoleon fai schifo, ti meriti di bere qualcosa altrettanto merdoso”
Detto questo bevve di nuovo. Considerò che, tutto sommato, non era poi così male mentre una sensazione di fresco gli accarezzava la gola e poi scendeva, sempre più giù, fino alla stomaco.
Sempre con la lattina in mano tornò verso il soggiorno e accese la luce. Sollevò lo sguardo in alto verso il condizionatore.
Che coglione.
Era spento, ecco perché l’appartamento sembrava un forno.
 
Socchiuse gli occhi facendo roteare lo sguardo per tutta la stanza. Dove diamine aveva lasciato il telecomando? Lo trovò incastrato tra le pieghe del divano.
“Fantastico. Un’altra perla da aggiungere alle sfighe del grande Napoleon” disse, roteando con una mano il telecomando, rivolto ad un immaginario pubblico.
Si lasciò cadere all’indietro, sul soffice divano e schiacciò il tasto di accensione. Con un sibilo il condizionatore cominciò ad emettere soffi di aria fresca. Louis chiuse gli occhi, sospirando di piacere.
Finalmente qualcosa che funzionava nel verso giusto.
 
 
*****
 
Quando riaprì gli occhi constatò, sorpreso, che anziché essere passati pochi minuti, ormai era giorno inoltrato. Stava per maledirsi per essersi addormentato sul divano ma si sentì così svuotato da non aver voglia nemmeno di prendersela con se stesso. Spense la luce e aprì le tende, lasciando che la stanza venisse inondata di luce.
Era una splendida giornata di sole.
Guardando il cielo azzurro considerò che, forse, aveva esagerato quella notte. Il buio aveva ingigantito tutti i suoi pensieri.
 
Si era chiuso in se stesso evitando il contatto con i suoi compagni di squadra. Nei giorni precedenti Ferreri lo avevano chiamato, dicendo di aver organizzato una specie di rimpatriata prima che la Nazionale si disperdesse per le vacanze estive. Sul momento si era mantenuto sul vago, dicendo che avrebbe fatto loro sapere se era ancora in città o se contava di partire per il meritato riposo. Al telefono Michel era sembrato così “normale”, non aveva fatto nessun cenno all’eliminazione della Francia né al fatto che, facendosi parare quel rigore, fosse stata tutta colpa sua. Questo comportamento l’aveva spiazzato. Insomma, per lui era ormai un chiodo fisso, possibile che gli altri se ne fossero dimenticati? In ogni caso aveva già deciso di non presentarsi, gli bruciava ancora troppo.
Si era sempre considerato superiore a molti suoi compagni di squadra, lui era più veloce, più scaltro ed era il bomber della nazionale, che sbaragliava tutti con il Cannon Shot. Come poteva adesso guardarli in faccia sapendo che loro avevano battuto Wakashimazu, segnando e lui, come un pivello, si era fatto respingere il tiro?
Cazzo.
Non esisteva che lo guardassero con compassione, pensando povero Louis facciamogli il favore di invitarlo.
Scosse il capo energicamente. Non avrebbe permesso loro di prenderlo per il culo, di farsi guardare dall’alto in basso. In quel momento squillò il telefono e lui lasciò partire la segreteria.
 
“Louis ciao, sono Pierre. Nessuno ha notizie di te, come stai? Volevo farti sapere che mi fermerò una settimana qui a Parigi. Ci vediamo per bere qualcosa insieme? Fatti sentire mi raccomando, ho delle novità da raccontarti. Ci conto. Il mio numero ce l’hai, ciao.”
 
Il calciatore era rimasto in piedi, immobile, a fissare la luce luminosa rossa che indicava la registrazione del messaggio, mentre risuonavano nella stanza le parole del suo capitano. Lo aveva piacevolmente sorpreso quella telefonata, aveva sempre ammirato Pierre e realizzare che qualcuno si preoccupava per lui fu una piacevole sorpresa, come una sensazione di calore che riempì quel vuoto che sentiva dentro. Con uno scatto raggiunse il tavolino e sollevò il telefono. Lo avrebbe richiamato e si sarebbero messi d’accordo per incontrarsi in qualche locale, bere qualcosa e magari rimorchiare.
Ecco, questo era quello di cui aveva bisogno.
Era stato un idiota a rinchiudersi tra quelle quattro mura come un eremita. Lui era Louis Napoleon, era nato per fare festa, stare in compagnia, al centro della scena. Compose il numero ma, prima di schiacciare l’ultimo tasto, un’immagine si sovrappose a tutto il resto.
Gli occhi del suo capitano.
Ricordava in modo così nitido il viso di Pierre. L’aveva fissato negli occhi e gli aveva detto “lascio tutto nelle tue mani”, con uno sguardo serio ma carico di fiducia. E lui si era sentito onorato e orgoglioso come non mai.
 
Scosse il capo più volte mentre i suoi occhi ritornavano cupi e la bocca si serrava in una linea sottile. No, non si meritava l’amicizia di Pierre dopo quello che aveva fatto. Doveva prima scontare il suo errore, lasciare che il suo orgoglio guarisse e poi sarebbe tornato tutto come prima. Era solo questione di tempo prima di poter di nuovo rialzare il viso senza temere che qualcuno si azzardasse a dire qualcosa.
  
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