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Autore: Anna Wanderer Love    10/08/2013    4 recensioni
Mi chiamo Rachel e sono l'Oracolo del dio Apollo, il Sole. Ciò che provo per lui è più di un semplice affetto... almeno credo. E lui? Cosa prova lui per me?
*Storia scritta da Anna Love e giascali*
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Apollo, Rachel Elizabeth Dare
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era l’alba, e la ragazza era in piedi nella sua casa, davanti a una tela immacolata, con un pennello in mano. Si morse il labbro e prendendo un respiro profondo iniziò a tracciare una curva sinuosa sulla tela. Era in piedi sull’erba umida del prato, scalza.

L’alba colorava d’oro la superficie del mare, proprio ciò che lei stava ritraendo con le sue mani abili. Era concentrata sulla sua opera. Man mano che i secondi passavano il dipinto somigliava sempre più al paesaggio reale davanti ai suoi occhi incantati. Rachel alzò lo sguardo e si perse per un minuto ad osservare le onde lambire la spiaggia chiara del Campo, ancora profondamente addormentato. Si riscosse dai suoi pensieri e i suoi occhi si posarono sul pennello che impugnava, macchiato di blu. Si chiese per la prima volta in quel giorno e l’ennesima in quei mesi perché era toccato a lei quel compito che le piaceva tanto, che la lasciava libera di essere se stessa, ma che era così gravoso...

Un ricciolo rosso le sfuggì dalla coda e rimbalzò sulla sua fronte, e una mano amorevole si allungò a rimetterlo dietro al suo orecchio. Rachel sussultò e si voltò, per incrociare dei caldi occhi dorati.

-Signore- sussurrò. Lui le sorrise dolcemente.

-Sembri stanca, Rachel. Dovresti dormire invece di dipingere. E’ per questo che oggi la tua opera non è all’altezza di quello che sai fare?- Chiese il dio, osservando il suo dipinto.

Rachel avvampò di vergogna mista a disappunto.

-Io sono sempre all' altezza delle mie capacità- replicò la ragazza, arrossendo ancor di più per la rabbia. Apollo notò con un sorriso che il rosso del viso della giovane Oracolo era quasi della stessa sfumatura dei suoi capelli. Poi, con aria un po' incantata, si accorse che l’alba le stava tingendo la pelle di una strana sfumatura di rosso, mista al rosa, che rese la ragazza ancor più bella.

- Ah, si? - Chiese ironico il dio. - Allora perché quell' albero sembra disegnato da un bambino di tre anni che ha avuto un ictus?

Rachel preferì non rispondere e continuò a dipingere, ma non poteva sapere che Apollo non era disposto ad essere ignorato dal suo Oracolo.

Soprattutto mentre stava dipingendo lui, il Sole, il suo simbolo, praticamente.

-E poi cos'è quello? Dovrei essere io? Ma non lo sai che il Sole splende, e "non emana una tenue luce"? - Disse con una voce petulante.

-Be’, io non sapevo che si lamenta anche di come viene dipinto- mormorò sottovoce Rachel, mentre un piccolo sorriso le compariva sul volto.

-Cosa?

Il sorriso si allargò e Rachel non fece niente per fermarlo.

-Niente- rispose.

-Se vuoi, posso farti prendere lezioni da una delle mie muse per migliorare- disse arrogante il dio. In quel momento Rachel si rese conto, con un sorriso, che Apollo probabilmente avrebbe potuto essere l'unica... persona che potesse dire di avere una musa. Ma andava bene paragonato ad una persona? Lui non era mortale, lui era un dio. Il dio che l'aveva scelta come suo Oracolo.

-Non esiste nessuna musa della pittura, come potresti aiutarmi, allora? Ammesso che ce ne sia bisogno, ovvio, cosa che non esiste.

Apollo ghignò divertito e a Rachel ci volle tutta la sua forza di volontà per non comportarsi come le altre semidee del Campo che gli morivano dietro, anche se le capiva, in fondo.

-Allora hai studiato la mitologia greca, quella su di me, poi. Ne sono onorato- il ghigno rimase ancora lì, sul suo bellissimo viso da splendente e immortale ventenne.

Rachel arrossì ancora.

-Meglio documentarsi sulle cose che sono a stretto contatto con noi che non saperne niente, no?

-Perché ti scambierei per una figlia di quella secchiona d'Atena se non sapessi che sei una mortale?- Chiese ironico il dio.

-Perché sono molto intelligente- replicò la ragazza, posando il pennello e pulendosi le mani un po' sporche di vernice sui suoi jeans.

-Come sei modesta, dolcezza.

Rachel non badò neanche al fatto di come l'avesse chiamata, ormai c'era abituata, piuttosto badò a quello che il dio aveva detto prima di quel "dolcezza".

-Io sono molto modesta, signore, a differenza di altri che conosco.

-Non ti conviene insulare un dio, dolcezza, potrei sempre trasformati in una enchiladas e darti in pasto all'attuale nuovo membro del Consiglio dei Satiri Anziani.- Disse, riferendosi chiaramente a Grover.

Rachel impallidì, sapeva quanto piacessero al giovane satiro le enchiladas. Apollo la scrutò per qualche istante, poi il suo sorrisetto si addolcì.

-Tranquilla, non ti trasformerei mai in un enchiladas. Poi chi reciterà le profezie?

-C'è sempre la mummia, no? - Disse Rachel con un leggero sorriso sulla labbra, contenta.

-La mummia non dipinge- mormorò contrariato Apollo. -E poi se ti ho scelta ci sarà pur sempre un motivo, no?

-E quale sarebbe?

-Mi piace guardarti mentre dici che sei in un qualche modo legata a me - rispose il dio con un accenno di un sorriso insicuro nel suo volto.

Rachel arrossì e Apollo ridacchiò soddisfatto, osservando i suoi lunghi capelli rossi.

-Rachel- disse con voce gentile, accostandosi a lei e allungando la mano sopra la sua. Era molto più grande. Rachel trattenne il respiro.

-Aggiungi un po’ di rosa, qui. E oro.

E, senza aggiungere altro, il dio si chinò a sfiorare la guancia della ragazza con un lieve bacio e sparì. Dopo qualche istante, Rachel portò la mano tremante al volto e sfiorò il punto dove le labbra calde di Apollo l’avevano sfiorate. Scottava.

   
 
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