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Autore: Horrorealumna    11/08/2013    8 recensioni
"Noi, quali le foglie che la stagione di primavera dai molti fiori genera non appena crescono ai raggi del sole, ad esse simili godiamo per il tempo di un cubito dei fiori di giovinezza, dagli dei non sapendo né il bene né il male; ma già ci stanno vicino le nere Parche, reggendo l’una il termine dell’odiosa vecchiaia, l’altra quello della morte: il frutto della giovinezza dura un attimo, quanto sulla terra si diffonde il sole. Ma quando il termine di questa stagione sarà passato oltre, allora l’esser morto è meglio della vita."
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Caesar Flickerman, Claudius Templesmith, Presidente Snow
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'You Better Watch Out'
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I Nostri 41esimi Hunger Games

 
 

L'Ascesa di Atropo

 
"Noi, quali le foglie che la stagione di primavera dai molti fiori genera non appena crescono ai raggi del sole, ad esse simili godiamo per il tempo di un cubito dei fiori di giovinezza, dagli dei non sapendo né il bene né il male; ma già ci stanno vicino le nere Parche, reggendo l’una il termine dell’odiosa vecchiaia, l’altra quello della morte: il frutto della giovinezza dura un attimo, quanto sulla terra si diffonde il sole. Ma quando il termine di questa stagione sarà passato oltre, allora l’esser morto è meglio della vita."

Mimnermo

 
 

- Dobbiamo andarcene da questo posto - continuava a mormorare Elizaveta ai suoi compagni, il pomeriggio del loro vero primo giorno nell’Arena - Giuro di sentire il loro respiro dietro il collo. Ci stanno dando la caccia, ci scommetto.
Jay le stava accanto, come sempre, annuendo vigorosamente con la testa agli altri. Alexandra aveva suggerito al gruppo di parlare di questo tipo di argomenti lontano dal bosco che li circondava: se davvero i Favoriti erano alle loro calcagna, avrebbero dovuto cercare nascondiglio, o almeno non far sentire quello che stavano dicendo.
- Allora dove andremo? - chiese piano Nicholas, avvicinandosi alla ragazza e lasciando Rosalie a giocherellare con le bacche nere e le corolle campanulate dai vividi colori. Chloe le stava accanto, ascoltando attentamente ciò che gli alleati stavano progettando.
- Non lo so, Nicholas! - sibilò Eliza, accigliandosi - Ma sento che non siamo al sicuro qui.
- Ha ragione - si intromise Jay a bassa voce.
- No. Se ci muoviamo... intendo... come facciamo a sapere dove siamo diretti!? Questa Arena è enorme. Qui siamo al sicuro. Abbiamo cibo e per ora non possiamo... - continuò imperterrito l’altro ragazzo, curvandosi all’indietro e prendendo un lungo respiro.
- Tu non capisci: io me ne vado, che a te piaccia o no! - protestò Eliza.
Un’ombra avvolse il ragazzo del Distretto 12; Rose gli massaggiò piano la schiena con una mano, in modo affettuoso, e disse:
- Fa’ come ti dice lei, Nick.
 
Sophia ripercorreva i suoi passi con estrema cautela e con un silenzio degno di una regina del crimine, insieme alla sua piccola alleata. Lavinia Harmonia sospirò, nel bosco:
- Siamo arrivati?
- Shhh! - la zittì la Favorita - Siamo QUASI arrivati... erano a pochi metri da qui, probabilmente a cercare cibo. Quei due...
- Uccidiamoli senza pensarci su - suggerì la bambina, certa che le telecamere l’avrebbero  inquadrata all’istante, dopo quella spietata affermazione - Tagliamo la gola a tutti quei luridi ragazzini.
- Questo, mia cara, non è possibile. “Attenetevi al piano” ha detto Diego. E non ci tengo ad essere di nuovo picchiata da quell’odioso ragazzo. Ora, stai zitta.
La grotta fu subito davanti ai loro occhi.
- Guarda un po’ - gongolò Sophia, sorridente - I topolini sono in trappola.
- E presto i gatti avranno di che divertirsi - rise Lavinia alla compagna, passando nella mano destra il pugnale che aveva portato con sé. Il piano che i Favoriti avevano escogitato alla Cornucopia, dopo le notizie di Sophia, aveva acceso i loro animi e ridato un po’ di brio al Gioco. Non si prevedevano, per il momento, spargimenti di sangue e uccisioni. La loro era simile alla politica del terrore: spaventarli... e spaventarli fino...
Diego aveva detto agli altri di non preoccuparsi. “Saranno loro a venire da noi, a trovare la morte”. Il loro attacco sarebbe stato preciso e terribile; su questo nessuno aveva dubbi.
Le ragazze erano state mandate per un’ultima breve perlustrazione, proprio dove le loro vittime si trovavano; Sophia aveva memorizzato la strada, battendo i tronchi che sorpassava con un colpo di spada, proprio come i cervi marcavano il loro dominio. E proprio come una creatura della foresta, si era acquattata insieme alla Bambina dei Coltelli - come era conosciuta nel Distretto e in quasi tutta Panem - dietro un masso, non molto lontana dalla banda di Eliza. C’era qualcosa, in quella strana ragazza, che l’aveva fatta andare tutt’altro che in brodo di giuggiole. Era bella quanto lei, popolare - stranamente - come lei e aveva messo su la sua strana combriccola di “AntiFavoriti”. L’aveva minacciata, per l’alleanza con Alexandra. E lei l’aveva vinta.
Si rassomigliavano parecchio però... anche nell’aspetto. Dopotutto non sarebbero mai andate d’accordo: solo gli opposti si attraevano, no?
- Vai, Lavinia - sussurrò Sophia, immersa nei suoi pensieri - E attenzione alle foglie secche. Ricordati cosa ti ha detto Diego e non fare niente di stupido.
Lavinia si esibì nella sua migliore boccaccia e, dopo una risatina infantile, partì, verso l’entrata della caverna; il pugnale nella mano... fu poi piantato in una fessura delle rocce, silenziosamente, in modo che nessuno se ne fosse accorto. Colse brevi strani spezzoni di un loro discorso, ma non capì granchè.
- Pssst! - le fece cenno la compagna, per ritornare indietro.
Alla Cornucopia.
Pronti.
 
- Il terremoto è cessato - affermò Felix, seduto tra Mezzanotte e Xaber, sotto un’abitazione in cemento, semi-diroccata. Avevano corso davvero tanto, arrivando a superare persino uno strano pozzo grande il quadruplo di loro e senza fondo. Xaber era stato il più provato dalla vicenda: si teneva la testa tra le mani, gli occhi sbarrati dal terrore e la bocca socchiusa. Per quanto l’alleata avesse provato a calmarlo non ci era pienamente riuscita; il ragazzo continuava ad ansimare e a sussurrare parole senza senso.
- Come sta Xaber? - chiese dopo qualche minuto di silenzio il giovane.
- Ce la fai a parlare, ora? - chiese Mezzanotte all’amico, battendogli piano la schiena, come una madre fa al proprio bambino dopo aver mangiato.
- Come... come avete fatto... non sentire... tutte quelle grida... ? - borbottò incredulo Xaber tremante - Continuavano a chiamarmi... disperate...
- “Disperate”? - ripeté Nott, curiosa e preoccupata allo stesso tempo.
- Erano voci... voci di donne... donne... - riprese Xaber - E non chiamavano solo me...
- Non pensarci ora - lo rassicurò Felix. Si mise in piedi, carico di forza, sebbene soffrisse la fame - Non ti riconosco più. Dov’è finito quel ragazzo che ho conosciuto a Capitol City. Sei più forte di un mucchio di vocine... sei Xaber. Alzati, e sii te stesso. Ancora.
Non sapeva da che angolo remoto dell’anima quelle parole erano uscite. Ma vide un debole sorriso comporsi sul volto dell’amico, che smise di tremare e chiuse gli occhi, placido.
 
William e Markus, intanto, seppur inconsapevolmente, giravano sperduti nella stessa città, a due poli diversi. Forse in cerca di risposte. Ma come potevano non capire in che luogo gli Strateghi li avevano abbandonati a loro stessi? L’intera Arena... le rovine... il bosco... la piantagione di olivi... il sole cocente e gli strani volatili...
Furono investiti, a metà giornata, da un’ondata di caldo torrido e da una strana visione.
Una collina, poco meno grande e alta di quella che aveva come cima la Cornucopia e il rifugio dei Favoriti si ergeva in mezzo ad una città fantasma, fatta di casette piccole e semplici, di strade battute e di desolazione. E sopra di essa... vi era quello che aveva tutta l’aria di assomigliare ad un tempio.
William era alle porte della città... nervoso... teso... pronto a tutto. Quella non era un’Arena come tutte le altre. Infatti, superato il campo coltivato, diretto a quella meravigliosa e strana collina, fece uno spiacevole incontro. Un incontro non del tutto umano. Alla porta delle mura della città, altissime e imponenti vi erano due strane creature. Creature simili a grossi gatti pelosi e dai denti appuntiti. Due leoni. Alle porte di una città... due leoni... proprio due enormi, spaventosi e affamati leoni.
Alla vista di William, le bestie presero ad agitarsi come pazzi e a tirare fuori gli artigli e i denti, ruggendo forte, costringendo il ragazzo a trovare un’altra via. Le catene che li tenevano ancorati alle alte mura di pietra cingevano il loro collo, bloccandogli anche la respirazione e rendendoli solo più nervosi.
- Cosa diavolo ci fanno due leoni qui! Porco... - imprecò William allontanandosi dai felini.
In compenso, Markus, che non era entrato in città per i campi coltivati aveva evitato quell’incontro ravvicinato coi leoni. Si aggirava per la città, con l’arma nella mano e promesse di vendetta per la testa. Ma la sua attenzione, invece di essere proiettata sulla strana agorà che si trovava davanti, fu catturata... ammaliato da uno strano pozzo, che sembrava chiamarlo...
Markus... Markus... Markus... Markus...
Dolci... soavi... limpide... sensuali voci...
Il pozzo era abbastanza profondo. Provò a tirarci giù un sasso e non lo sentì atterrare, né sull’acqua, né su altro.
Profondo... ma quelle voci dovevano pur avere un’origine...
Per un attimo, gli sembrò, tra quella moltitudine di voci e richiami, di suoni e canzoni, di aver riconosciuto il tono di Alexandra. Ciò gli aveva fatto salire il sangue al cervello. Sorrise, calmo, affacciandosi alla sporgenza del posso, gridando. L’eco sembrò non cessare mai.
 
- Usciremo stanotte... senza ombra di dubbio - sussurrò Alexandra ad Eliza, una volta conclusa la discussione. E l’amica sembrava parecchio arrabbiata.
- Non mi importa... se qualcuno non è d’accordo viene lasciato indietro. Non possiamo rischiare tutti la nostra vita, per la salvaguardia di una sola. O si adatta o è finita - sospirò lei - Ho creato questo gruppo insieme a Mike... lui avrebbe voluto che rimanessimo uniti.
- E’ il cuore che lo spinge a parlare così. Così come il tuo cuore ti esorta a stare insieme a Jay - l’ammonì Alex, assumendo uno strano cipiglio e camminando cauta verso l’entrata della grotta - Anche io proteggerei la persona che occupa i miei pensieri.
- Jay non occupa i miei pensieri... non più di tanto, Alex! Parli in modo strano... Rose ti ha contagiata?
La ragazza rise all’affermazione dell’amica e la precedette, per poi affacciarsi insieme a lei, a scrutare la foresta.
- Io ti seguirò Eliza - rifletté solennemente.
- Grazie... lo faccio per proteggervi - le rispose - Non intendo venire infilzata da qualche Favorita.
- E anche Jay e Chloe non ci abbandoneranno...
Ma Elizaveta non le prestava più ascolto. I suoi occhi erano puntati al cielo e, dopo un secondo carico di tensione e di silenzio, venne accecata da un bagliore, proveniente dalla roccia che li avvolgeva, all’entrata della caverna. Un pugnale, di ottima fattura, dal manico tempestato di topazi e rivestito d’oro, era piantato nella roccia. In quel momento, l’immagine della minuscola e letale Favorita del Distretto 2 si impresse nella sua mente. Il suo piccolo e sadico sorrisetto, seppur immaginario, bastò a procurarle un brivido involontario.
Il sole stava tramontando.
Le tenebre stavano calando, così come l’ombra dei Favoriti.
Il cielo rosso fuoco sembrava macchiato di sangue.
- Eliza... ? - la chiamò piano Jay.
Ma lei rimase immobile, mentre sentiva Alexandra indietreggiare tremante al sicuro. No. Non erano al sicuro.
- Ce ne andiamo. Ora - sussurrò tesa Eliza afferrando la mano del ragazzo e correndo a prendere il necessario per la precipitosa fuga.
 
Beatriz aveva fame. Davvero fame. E sete.
Se aveva pensato che quei fiori fossero stati commestibili... si era davvero sbagliata. Ora si trovava accanto a Joy. Lo era sempre stata.
La ragazza del Distretto parlava nel sonno, sul prato, con petali bianchi e rosa di fiori nella mano destra e uno zainetto nella sinistra.
Non ho il cuore di ucciderla” pensò Triz osservandola pietosa “Non se ne accorgerebbe nemmeno”.
La ragazza dai fulgidi capelli scuri era stata troppo precipitosa. Forse. O anche per lei, la fame aveva preso il sopravvento persino sulla ragione.
- Mi chiamano... mi chiamano - si lamentò spaventosamente Joy, sudando copiosamente, mentre il sole accennava a tramontare -  Basta. Mamma... falli smettere! Mi sono addosso... ahhh!
Si contorceva disperata, come una formica in trappola, e un rivolo di sangue era preso a scendere dal suo naso; gli occhi chiusi... la carnagione pallida. Qualunque cosa avesse mangiato non doveva averle fatto bene. E non accennava nemmeno a risvegliarsi.
- Non posso... - gemette Beatriz. Osservò la ragazza, incosciente e lamentosa.
- Sorelle? Sorelle? Dove siete! Salvatemi! - gridò l’ossessa.
Il lago.
Dietro di lei.
E una ragazzina dai lunghi capelli rossicci.
Con una pietra in mano.
Alle sue spalle.
Connie Stevenson, debole per l’intera giornata passata vagando e con una manciata di pinoli come pranzo, senza una meta precisa, sola e senza alcun conforto, era proprio a pochi metri da quella scena. Era arrivata tardi però, e pensò ingenuamente che Joy fosse appena stata stordita dalla ragazza dai capelli viola. Non esitò a lanciarle un sasso, indirizzato verso la testa, per paura che quella si rivoltasse anche contro di lei. Il masso, più simile ad un mattone, era stato raccolto dalla bambina non molto lontano da là, preso ai piedi di un enorme pozzo, sulla sponda sud del lago. Accanto alla scena del “crimine”.
L’oggetto colpì Beatriz, cogliendola di sorpresa, ma non le arrecò gravi danni. Solo un bernoccolo sulla nuca.
- Ehi! - esclamò Triz osservando la piccola ragazzina alle sue spalle, che si dileguò in tutta fretta, paurosa della sua ira, sbattendo per sbaglio contro il pozzo e rischiando di cascarci dentro.
 
Xaber, per la gioia di Capitol e degli alleati, era tornato quello di un tempo, simpatico e solare: le voci, a parer suo, erano svanite e aveva ripreso a fare ciò che sapeva fare meglio. Sperare. E la sua gioia fu immensa, più di quella di Nott e Felix, quando, dal cielo, vide cadere un minuscolo paracadute, con un enorme “4” stampato sulla tela.
- Sì! Sì!! Finalmente il cibo! - gridò euforico, evidentemente affamato dopo quella brutta esperienza. E, dato che era il crepuscolo, un leggero languorino aveva colpito tutto il gruppo - Cibo! Cibo! Grazie, mio mentore! Grazieeee!
Anche Mezzanotte sorrise all’oggettino:
- Ok, ma non gridare così. Vuoi che ci scoprano?
- Che mi importa!? Ahh! - esclamò il ragazzo fortunato - Non sapete che bontà... il cibo del mio Distretto. Spero che venga da là.
Ma purtroppo, lo stomaco dei tre dovette ancora aspettare. Perché il pacco che il paracadutino trasportava, lungo e affusolato, non aveva l’aria di contenere qualcosa di commestibile.
- Forse - suppose innocentemente Felix - E’ una specie di panino...
- Formato famiglia? - rise Mezzanotte, sarcastica.
No.
Non lo era affatto.
Era una lancia, il regalo degli sponsor. Dalla punta acuminata a letale.
Annesso un minuscolo bigliettino recava scritto:
 

“L’arma ce l’hai, la gente ti ama.
Vedi di tirare fuori i coglioni!
-T “
 

- Potevi risparmiarcela... la lettura a voce alta, Xab - lo ammonì Mezzanotte sfiorando la lancia.
- Viene dalla mia mentore - disse lui - “Tirare fuori i coglioni”?
- Non letteralmente - rifletté Felix, piccolo piccolo.
- Questo lo sapevo, genietto!
 
- Non vedo l’ora di affondare la lama dentro le viscere di uno di quei polli! - esclamò Diego, all’interno della Cornucopia, a Brandon, che come lui aveva montato la guardia sulle provviste e che aspettava che le ragazze avessero finito di riposarsi, magiare e pulirsi.
- Già...
- La notte ci aiuterà a mimetizzarci. Sophia, ricordati di legarti i capelli. E portate le armi che più sapete maneggiare.
- Sarà... - azzardò Brandon.
- Sarà senza ombra di dubbio la caccia più emozionante della nostra vita.
Prendere di mira uno per volta, ucciderlo e passare all’altro. Più ne crepavano, meglio era, per loro. I superstiti sarebbero stati una preda agile; “il lupo” aveva detto Diego, in uno dei suoi momenti più filosofici “non attacca mai da solo... accerchia il nemico, lo intrappola, gli nega le vie di fuga, ci gioca un po’ e poi lo attacca alla gola, dritto e sicuro, a recidergli il collo e a vederlo morire”.
- Stanotte... noi siamo i lupi!
Brandon rimase zitto. Quasi inorridito... e non se lo aspettava.
 
Un pianto disperato e un urlo colpirono le orecchie di Jay, subito dopo l’avvertimento di Eliza. Proveniva dall’interno.
Nicholas era chino su un incosciente Rosalie, con accanto una pallidissima Chloe, che piangeva a dirotto.
- Che succede, Nick? - chiese Alexandra, avvicinandosi preoccupata.
- Non lo so - pianse il ragazzo - Ha iniziato a respirare a fatica... e dopo un po’ mi ha anche sussurrato che le bruciava la gola. Oddio... Rose... Rose! Sveglia! Svegliati!
Chloe continuava a piangere.
I lunghi capelli biondi di Rosalie White furono messi ai lati della fronte e una mano si avvicinò a controllarle la temperatura corporea. Fu Jay, solo toccandole la mano, che esclamò:
- E’ bollente! Cazzo...
Eliza si avvicinò furtiva al corpo della poveretta; in effetti, sembrava lei stessa emanare calore. Le palpebre rivelavano appena orbite vuote e striate di rosso. Nelle mani stringeva un mucchio di fiorellini e qualche bacca, racchiuse in campanule bianche e viola. Ne aveva un po’ sparsi tra i capelli, un altro po’ sul petto, all’altezza della gola, dove minuscole bolle e chiazze bianche affioravano velocemente.
- Atropa - sussurrò pensierosa.
- Che... ? - chiese Jay.
- BELLADONNA! ATROPA BELLADONNA! Una delle piante più velenose di questo mondo, Jay!
Alexandra trattenne rumorosamente il respiro, allontanandosi dalla ragazza e dall’innamorato.
- No. Non può essere! - sussurrò Nick nervoso.
Rose cominciò a farfugliare qualcosa. Parole senza senso. Poi il suo respiro si fece più corto. Sempre di più...
- Non ti avvicinare! - lo avvertì Eliza - La belladonna è letale anche se non ingerita!
La bocca era secca. Ma non sudava.
Il cuore le batteva troppo forte.
Poi le convulsioni presero il sopravvento del suo corpo.
- No... non può essere... le avevo dato io quei fiori.
Nick la scosse, la baciò, la chiamò forte. Un rivoletto di liquido rosso le cadde dalla bocca fino al mento e poi scese lentamente verso il petto di Rose.
Poi il suo respiro gracile e leggero cessò, dopo aver sussurrato inconsciamente il nome dell’amato più volte. Infatti il suono, all’esalazione dell’ultimo respiro fu un semplice e tragico...
- Ni-cholas...
E il cannone sparò, mentre un urlo sconvolse l’Arena.
 
 

 

ANGOLO AUTRICE
Ti prego, Mixi non odiarmi. D:
Ho davvero amato Rose, veramente. E quando l’ho pescata poche settimane fa mi si è spezzato il cuore e non volevo farla soffrire più di tanto. E’ una specie di capitolo solo per lei, questo, dato che sembra che una specie di guerra sia alle porte. Un capitolo sull’altra mia fic arriverà senza indugi, promesso.
Ed eccoci qua :) Sono stata buona, solo un morto.
Ma i prossimi faranno meglio a guardarsi le spalle e voi tenetevi pronti a qualche bella sorpresa. Sorpresona! Come sapete i prezzi sono aumentati di 10 $.
E dato che Rosalie è morta,
K_T_EVERDEEN, puoi scegliere un altro da sponsorizzare e a cui, con recensioni, darai una mano.
Non mi resta altro che salutarvi... anche perché sono distrutta xD
Scusate eventuali errori di battitura o cose del genere, se ci dovessero essere e... a presto! :)
Roooar! Gruppo Fb: https://www.facebook.com/groups/105660009631170/

 
Ordine delle Morti:
Rosalie White (12)
 
Requiescat in pace...
 

   
 
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