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Autore: Kolja    11/08/2013    4 recensioni
Vent'anni dopo la fine della rivolta.
Una casa, due bambini bellissimi.
Amore.
Felicità.
#Everlark
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Potresti vivere altre cento vite e ancora penseresti di non meritarmi.

 
Ho aperto la porta d’ingresso di casa. Casa Mellark.. ancora mi fa impressione. Strofino gli scarponi sul tappetino, scrollando via la neve in eccesso. Lascio il cappotto ancora inumidito sull’attaccapanni nell’atrio.
Un dolce profumo mi avvolge. Così dolce, così intenso.
La piccola dorme sul divano, il giovanotto in una culla accanto al fuoco del camino. Li saluto con un lieve bacio.
E poi vado in cucina, e la vedo, intenta a tagliare le verdure per lo stufato. Di solito cucino io, ma quello è lo stufato preferito di Rue Primrose e lo vuole cucinare a tutti i costi lei. Avvolgo il suo corpicino, piccolo ma forte, con le mie braccia, da dietro. Posiziono la testa nell’incavo del suo collo. Ci lasciamo qualche secondo per rilassarci.
“Ehi, sono tornato.” sussurro al suo orecchio. 
“Lo so bene” ridacchia. E come non potrebbe avermi sentito? Il suo orecchio da cacciatore funziona ancora benissimo e la mia gamba di metallo non fa poco rumore. 
Mentre lei ancora taglia le verdure sul tagliere, cerco di prendere un pezzo di sedano dal gruppo di verdure già tagliate. Non va tutto secondo i piani. Il coltello tocca la punta del mio indice, causandomi un piccolo taglietto, da cui esce solo una piccola goccia di sangue. 
Il suo viso, da allegro e calmo, si trasforma in terrore e angoscia, il suo sorriso si tramuta in una smorfia.
“No, no, no, no, no,no.” Quasi trema. “Non volevo. Io.. io.. scusa. Scusa, scusa, scusa”
“Ehi” la guardo dritta negli occhi e la faccio sedere sullo sgabello più vicino. “Non è niente, è solo un piccolo taglietto. Ho sofferto pene ben peggiori.” Sorrido, è un sorriso con lo scopo di far sorridere lei.
E, almeno questo, sembra aver funzionato. 
“Riesco sempre a rovinare tutto”, sussurra.
“Te lo ripeto, non è niente,” bagno il taglio, che un po’ brucia, sotto l’acqua corrente del lavandino e lo avvolgo in una striscetta di carta assorbente, un frutto di Capitol City, davvero utile. “Vedi? Riparato, non corro nessun rischio.”
Il suo sguardo rimane perso nel vuoto. Sta in silenzio e poi parla, non c’è tremolio nella sua voce, a differenza di prima: “Sai, una volta Haymitch mi ha detto: ‘Potresti vivere altre cento vite e ancora non lo meriteresti.’ Si riferiva a te, gli avevo creduto già dall’inizio, ma ora me ne rendo veramente conto. “
La guardo, noto il suo cambiamento. Nell’arco di vent’anno è passata dalla ragazza in fiamme che mi ha quasi rotto la mano per aver dichiarato a tutto Panem il mio amore per lei, a una donna, all’apparenza fragile, che pensa di non meritarmi, per uno stupido taglietto, poi.
Prendo le sue mani tra le mie. “Guardami. Ehi, dolcezza. Guardami” i suoi occhi grigi si impiantano nei miei azzurri. 
“Tu credevi a Haymitch?” dico “Probabilmente era ubriaco quella sera. Il problema adesso è: Potresti vivere altre cento vite e ancora penseresti di non meritarmi. Ma non è così! Assolutamente! Io non ti meritavo e ancora non mi rendo conto di aver accanto a me la donna che amo alla follia. Basta però con la storia del ‘meritarsi’. Anzi, sai una cosa? Non ci siamo meritati tutto questo, due splendidi bambini, dopo tutto quello che abbiamo patito? Noi ci meritiamo la felicità e soprattutto tu la meriti.”
“Tu sei la mia felicità” dice.
“E tu la mia. Allora perché non dovresti meritarmi?” il mio tono rimane calmo e dolce.
Ridacchia. Poi si avvicina fino a baciarmi. È un bacio che mi ricorda il primo che ci siamo scambiati nell’arena dei settantaquattresimi Giochi della fame.
“Tu mi ami, vero o falso?” dice, e la frase mi fa sorridere.
“Vero”, e riprendo le sue labbra sulle mie.
Ci siamo meritati questa felicità.


 
  
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